Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 11 dicembre 2015, n. 25019

Tributi - Cartella di pagamento ex art. 36-bis DPR 600/73 - Plusvalenze da cessione di partecipazioni indicate nella dichiarazione dei redditi - Omesso versamento dell’imposta sostitutiva - Errata imputazione all’anno d’imposta precedente l’effettivo realizzo - Emendabilità - Nullità della cartella

 

Svolgimento del processo

 

In data 25/05/05 il sig. M.S., proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Padova nei confronti dell’Agenzia delle entrate - Ufficio di Padova1 e dell'Equitalia S.p.A., avverso cartella esattoriale per redditi IRPEF relativi all'anno 2000 (omesso o carente versamento di imposta sostitutiva su plusvalenze per cessione di partecipazioni, relativi interessi e sanzioni), notificata il 2 marzo 2005, chiedendo che venisse dichiarata l'illegittimità della cartella stessa per violazione dell'art. 36-bis DPR 600/73; la decadenza della potestà di riscossione; la mancata sottoscrizione e indicazione del responsabile del procedimento; la violazione dell'art. 81 comma 1 lett. c) TUIR e dell'art. 2 D. L.vo 544/92; violazione dell'art. 82 comma 8 TUIR.

La cartella trovava fondamento nella circostanza che in data 31 agosto 2000, il sig. S. con scrittura privata autenticata cedeva la propria quota di partecipazione nella società I. s.r.l., pari al 40% del capitale sociale, alla società di diritto belga "I.S.S. N.V.", con sede in Bruxelles (ISS N.V.).

Quale contropartita, la Società acquirente si obbligava a far intestare al S. n. 11.625 azioni della sua capogruppo, la società di diritto del Delaware "I.S.S. Inc.", con sede in Atlanta (USA).

L’art. 3.1 del contratto prevedeva e che "l’Acquirente farà in modo che I.S.S. Inc. trasferisca ed intesti, quanto prima, ai Venditori...le azioni I.S.S." e valutava le azioni oggetto del trasferimento al sig. S. "ai fini esclusivamente fiscali in Euro 856.181,25" ; tale cifra era stata evidenziata dal contribuente nella dichiarazione dei redditi dell’anno 2000 giustificando così l’emanazione della cartella esattoriale impugnata dal contribuente stesso; che, tra l’altro, asseriva di aver erroneamente indicato la cifra nella denuncia dei redditi dal momento che le azioni S. erano I.S.S. state a lui trasferite solo nel 2001 e il loro effettivo valore al momento del trasferimento era risultato molto inferiore alla cifra indicata nel contratto.

Con sentenza n. 210/07/05 del 22 novembre 2005 il ricorso veniva respinto in quanto il giudice di primo grado riteneva che la cartella fosse la conseguenza della dichiarazione mod. Unico 2001 redatta dal contribuente senza alcuna rettifica di dati da parte dell'Ufficio; il termine per rendere esecutivo il ruolo era stato prorogato al 31/12/05 dall'art. 1 comma 2-octies DL 143/03; la sottoscrizione della cartella e l'indicazione del responsabile del procedimento non costituiscono elementi previsti dalle norme vigenti a pena di nullità; la plusvalenza sarebbe stata originata dalla cessione di una quota sociale, e in base alla valutazione di questa quota le parti avevano concordato il numero di azioni da trasferire; gli effetti si erano realizzati al momento della sottoscrizione del contratto e non al momento della trascrizione della titolarità delle azioni (come indicato nelle istruzioni del mod. Unico 2001).

Proponeva appello il contribuente, reiterando tutte le eccezioni esposte nel primo ricorso, chiedendo la riforma della sentenza di primo grado e, in via principale, l'annullamento della cartella in questione, in via subordinata, che l'ammontare dell'imposta venisse determinato con riferimento al valore delle azioni nel momento in cui erano divenute negoziabili, con riduzione ad un terzo delle relative sanzioni

La Commissione Tributaria Regionale del Veneto -Mestre con sentenza 6 luglio 2009 n. 52 così decideva:

Preliminarmente la Commissione, in relazione all'eccezione sollevata dall'Ufficio in udienza, sull’inammissibilità del ricorso già in primo grado, trattandosi di una modalità irrituale di rettifica della dichiarazione dei redditi, osserva che trattasi di eccezione che dagli atti non risulta essere mai stata presentata dall'Amministrazione finanziaria; essa pertanto va respinta, come chiesto dal difensore del contribuente nella stessa udienza. Per il resto, l'appello presentato da M.S. deve essere parzialmente accolto. Rileva infatti la Commissione che: per quanto riguarda il motivo d'appello relativo alla decadenza dell'Amministrazione finanziaria dal potere di liquidazione, in violazione dell'art. 36-bis DPR 600/73, esso va respinto, considerando che la pretesa tributaria è stata formulata non procedendo ad una rettifica dei dati della dichiarazione del contribuente, ma in base ai dati forniti proprio dal contribuente stesso; con la stessa motivazione va respinta la contestata legittimità della cartella per il mancato invio al contribuente di una previa comunicazione sul risultato del controllo, poiché, nel caso in questione l'Amministrazione finanziaria si è limitata a rilevare il mancato versamento di un'imposta già indicata in dichiarazione dal contribuente.

Per quanto riguarda i motivi di appello connessi alla regolarità formale della cartella, essi vanno tutti respinti, condividendo questo Giudice le ampie motivazioni contenute in proposito nella sentenza di primo grado impugnata, ed alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 58 del 23/2/09 che ha dichiarato inammissibile l'eccezione di legittimità costituzionale dell'art 36 comma 4ter del D.L. 248/07 conv. con mod. dalla L. 31/08.

Restano pertanto da valutare i motivi d'appello relativi alla corretta applicazione degli artt. 81, comma 1 lett. e) e 82, comma 5 TUIR, nonché dell'art. 5, comma 1 del D. L.vo 461/97 (oggi abrogato).

In merito va respinto il motivo con cui si ribadisce il carattere permutativo dell'operazione, escludendo quindi la tassabilità della plusvalenza; infatti gli elementi contenuti nel contratto prodotto dallo stesso contribuente ne definiscono chiaramente la qualificazione come compravendita.

Si osserva inoltre: per giurisprudenza costante "... La dichiarazione dei redditi affetta da errore, sia esso di fatto che di diritto, commesso dal dichiarante nella sua redazione è, in linea di principio, emendabile e ritrattabile, quando dalla medesima possa derivare l'assoggettamento del dichiarante ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che, sulla base della legge, devono restare a suo carico..." (Cass. Civ. sez. trib. 14/5/03 n. 7422) e "... il contribuente che ... abbia commesso un errore ... può legittimamente richiedere il rimborso dell'eccedenza d'imposta cui Io stesso abbia dato luogo, essendo gli errori del contribuente emendabili, sia in virtù di un principio generale del sistema tributario, sia in virtù dei principi costituzionali di capacita contributiva e di buona amministrazione, nonché del princìpio della collaborazione .e della buona fede, che deve improntare i rapporti tra l'Amministrazione finanziaria ed il contribuente..." (Cass. Civ. sez. trib. 25/2/08 n. 4755); l'art. 53 della Costituzione stabilisce che tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche "... in ragione della loro capacità contributiva..." la Corte Costituzionale (sent. 229 dell'11/6/99) ha statuito che "... il principio sancito dall'art. 53 cost., ha carattere oggettivo, riferendosi ad indici concretamente rilevatori di ricchezza e non già a stati soggettivi di affidamento del contribuente..."; come riportato dalla stessa Amministrazione nelle controdeduzioni all'appello, nelle istruzioni alla dichiarazione Unico 2000 si legge che "... la plusvalenza si intende realizzata nel momento in cui si perfeziona la cessione a titolo oneroso delle attività finanziarie ... ", ma viene anche precisato che "... in genere tale momento coincide con il trasferimento della proprietà delle attività stesse ..." per cui la stessa Amministrazione, che ha redatto le istruzioni, sembrerebbe essere consapevole del fatto che possano esistere situazioni diverse da quelle -ivi ipotizzate; in altre disposizioni relative a "redditi diversi" contenute nel TUIR si rinvengono riferimenti a "... corrispettivi percepiti nel periodo d'imposta ..." ovvero "... per l'ammontare percepito nel periodo d'imposta"; dalla documentazione depositata dal contribuente in sede di appello, non contestata dall'Ufficio, sembra accertato che le azioni in questione non avrebbero potuto essere negoziabili (e quindi monetizzabili) prima del 31/8/01, e che le stesse sono state effettivamente vendute dal S. solo nel 2004, realizzando un valore complessivo di € 203.345,66; considerato che il valore indicato "a fini esclusivamente fiscali" nella scrittura privata 31/8/2000 era di € 856.181,25 e che, a fronte di tale realizzo, l'imposta da pagare sarebbe stata di € 229.081,17, il contribuente, se avesse "monetizzato " subito la plusvalenza dichiarata, avrebbe incassato ben € 627.100,08; il fatto che tale realizzo non sia avvenuto, in evidente contrapposizione ad ogni ragionevole interesse dell'acquirente delle azioni, deve far supporre che effettivamente il vincolo annuale indicato dal S. era reale e che pertanto la sua capacità contributiva "oggettiva" si è realizzata solo il 31/8/01.

Da tali considerazioni discende anche la necessità di procedere ad una corretta applicazione dell'art. 2 comma 2 del D. L.vo 462/97, con la riduzione ad un terzo delle sanzioni irrogate.

Conseguentemente il giudice di seconde cure accoglieva parzialmente l'appello e, in riforma della sentenza di primo grado, dichiarava che l'ammontare dell'imposta da iscrivere a ruolo doveva essere determinato dall'Amministrazione finanziaria applicando il prezzo di borsa delle azioni I.I.S. Inc. al momento in cui sono diventate negoziabili; statuiva altresì che l'ammontare delle sanzioni amministrative dovute venisse ridotto ad un terzo e che gli interessi fossero dovuti sino all'ultimo giorno del mese antecedente a quello dell'elaborazione della comunicazione con cui l'Agenzia delle entrate avrebbe dovuto rideterminare le somme dovute.

Ricorre per cassazione l’Agenzia delle Entrate deducendo un unico motivo; resiste con controricorso il contribuente che ha anche proposto cinque motivi di ricorso incidentale.

 

Motivi della decisione

 

E’ pregiudiziale l’esame, nell’ordine, dei motivi quinto, primo e secondo del controricorso.

Il quinto motivo del controricorso è infondato.

Infatti si deve osservare che essendo stata la cartella emessa recependo le (erronee) indicazioni contenute nella denuncia dei redditi non sussisteva alcun obbligo della Amministrazione di attivare il contraddittorio con il contribuente attraverso un "avviso bonario" di contestazione.

Del pari infondati (anzi più propriamente inammissibili per irrilevanza) sono i motivi primo e secondo con cui il controricorrente lamenta che i giudici di merito non abbiano inquadrato il contratto fra il sig. S. e la "I.S.S. N.V." nella figura giuridica della permuta.

La giurisprudenza di questa Corte ha infatti condivisibilmente affermato che anche dal contratto di permuta possono derivare plusvalenze tassabili (sentenza n. 1427 del 25 gennaio 2006; relativa alla pennuta di cosa esistente -un terreno-con cosa futura cioè parte un fabbricato da realizzarsi sul terreno in questione).

Viene a questo punto in esame il ricorso principale in cui la Amministrazione deduce violazione e falsa applicazione degli art. 81 lettera c) e 82 comma 5 del TUIR.

Anch’esso è infondato posto che è pacifico in causa che le azioni I.I.S. Inc. sono entrate nella disponibilità del sig. S. solo nel 2001, e il giudice di seconde cure ha affermato con motivazione logica e non contestata in questa sede che comunque la cifra indicata nella denuncia dei redditi 2000 come corrispettivo della operazione economica posta in essere, era erronea per eccesso.

Inoltre, il Collegio ritiene di aderire alla giurisprudenza di questa Corte secondo cui è emendabile , in via generale, sin in sede processuale, qualsiasi errore, di fatto o di diritto, contenuto in una dichiarazione resa dal contribuente all'Amministrazione fiscale, anche se non direttamente rilevabile dalla stessa dichiarazione; ciò per l'impossibilità di assoggettare il dichiarante ad oneri diversi e più gravosi di quelli che, per legge, devono restare a suo carico, in conformità con i principi costituzionali della capacità contributiva (art. 53 Cost.) e della oggettiva correttezza dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.).Ciò anche in considerazione della natura della dichiarazione, che non si configura quale atto negoziale e dispositivo, ma reca una mera esternazione di scienza o di giudizio, modificabile in ragione dell'acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione sui dati riferiti, e costituisce un momento dell'iter procedimentale volto all'accertamento dell'obbligazione tributaria II termine annuale di cui al d.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8-bis, in tale contesto ermeneutico soggetto a interpretazione tassativa, ha esclusivamente riguardo alla presentazione della dichiarazione integrativa finalizzata all'utilizzo in compensazione del credito eventualmente risultante (Così, da ultimo, le sentenze n. 23052 del 11 novembre 2015 e n. 21968 del 28 ottobre 2015).

Meritano invece accoglimento, così come proposto dal Pubblico Ministero, i motivi terzo e quarto del controricorso in cui si lamenta che il giudice di merito non abbia tratto le debite conseguenze giuridiche del fatto che la plusvalenza tassabile si era formata non nell’anno 2000 bensì nell’anno 2001.

Come già si è detto, è pacifico in fatto che attraverso il contratto stipulato nell’anno 2000 non era avvenuto l'immediato trasferimento al sig. S. della azioni I.I.S. Inc. (fonte di possibile plusvalenza); ma la controparte "I.S.S. N.V." aveva solo assunto l’obbligo di procedere al trasferimento, in quanto, come sottolinea la sentenza impugnata, le azioni in questione non erano nel 2000 ancora negoziabili ; sono perciò state trasferite solo nel 2001.

La plusvalenza si è quindi - in ipotesi - realizzata nel 2001 (si veda anche sotto questo profilo la sentenza n. 1427 del 25 gennaio 2006)e la cartella impugnata risulta erronea; la controversia può quindi essere definita con l’accoglimento del ricorso introduttivo del contribuente.

Poiché il contenzioso è stato cagionato da un errore del contribuente si stima opportuno compensare le spese al 50% il residuo viene liquidato come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso principale accoglie - per quanto di ragione- quello incidentale e decidendo nel merito accoglie il ricorso introduttivo del contribuente. Compensa per il 50% le spese del presente grado e condanna la ricorrente principale alle spese per il residuo che liquida in € 7,500 oltre al rimborso al controricorrente del contributo unificato.