Giurisprudenza - COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE TRIESTE - Sentenza 02 dicembre 2015, n. 454

Tributi - Accertamento - Determinazione sintetica del reddito - Art. 38, comma 4, DPR 600/73

 

Svolgimento del processo

 

La ricorrente impugnava gli avvisi di accertamento con i quali l'Ufficio provvedeva alla determinazione sintetica del reddito, anni 2006-2008, in base alle disposizioni di cui all'art. 38, comma 4 DPR 600/73 rettificando i redditi per imposta Irpef ed addizionale regionale e comunale Irpef, per complessivi euro 153.439, 00, tenendo conto dei beni e servizi di cui era stata accertata la disponibilità in capo alla ricorrente.

La contribuente eccepiva violazione e falsa applicazione dell'art. 38 DPR 600/73, irrazionalità dei risultati dell'accertamento ed omessa ed insufficiente motivazione.

In particolare, lamentava violazione e falsa applicazione dell'art. 38 DPR 600/73, irrazionalità delle risultanze dell'accertamento stesso ed omessa e/o insufficiente motivazione. Chiedeva l'annullamento degli atti impugnati con vittoria di spese. Si costituiva l'Ufficio che contestava punto per punto quanto dedotto dalla parte e concludeva per la conferma della legittimità del proprio operato con vittoria delle spese di giudizio.

La Commissione Tributaria Provinciale di Gorizia con sentenza di data 5/3-3/4/2014 respingeva il ricorso compensando le spese.

I giudici di prima istanza, riprendendo brevemente i punti salienti della controversia in oggetto, evidenziavano che spettava al trustee dimostrare la provenienza del denaro con cui ha acquistato l'immobile di Sagrado.

In caso contrario, la provenienza del denaro si presume del trustee, tanto più che è stata la ricorrente stessa a trarre gran parte degli assegni per un ammontare di euro 425.865,00, utilizzati per il pagamento al momento dell'acquisto.

E se è pur vero che la disciplina fiscale relativa al trust attribuisce allo stesso la qualità di soggetto passivo d'imposta, altrettanto vero è che nella fattispecie, ciò che viene maggiormente in rilievo, è che l'accertamento sintetico è stato effettuato rilevando la disponibilità dell'immobile e l'esborso del denaro fatto in prima persona per il suo acquisto, denaro della cui provenienza o del fatto che si trattasse di dotazione del trust la ricorrente non ha dato alcuna prova.

Inoltre, la ricorrente pur avendo un immobile di sua proprietà, ha stabilito la residenza principale nell'immobile in questione, sostenendone le spese e, per quanto emerge dagli atti, ne ha il pieno possesso.

In relazione poi all'acquisto di un altro terreno edificabile effettuato dalla ricorrente, lo stesso è stato considerato, al netto del mutuo, quale incremento nel 2006, ma la successiva cessione è stata considerata in diminuzione per il 2008.

Pertanto, corretta risulta la determinazione effettuata dall'Ufficio anche su questo punto, mentre gli altri elementi utilizzati dall'Ufficio ai fini dell'accertamento, non sono stati specificamente contestati nel ricorso.

Appella la ricorrente che ribadisce l'illegittimità degli avvisi impugnati per violazione dell'onere della prova.

In particolare, la parte osserva di aver eccepito la circostanza che l'Ufficio non poteva inserire tra i parametri quale spesa per incremento patrimoniale l'intervenuto acquisto dell'immobile sito in Sagrado, in quanto immobile acquistato in nome e per conto del trust Giada, nella sua qualità di trustee del detto trust.

Tale situazione è dunque pacifica, riconosciuta pure dai giudici di primo grado, ed in ossequio all'onere della prova, ove l'Ufficio avesse inteso disconoscere l'esistenza del trust e comunque riferire l'acquisto alla ricorrente, avrebbe dovuto darne la relativa prova.

Ulteriore doglianza è l'omessa pronuncia su questioni decisive per il giudizio.

Infatti, i giudici di prima istanza si sono fermati all'esame della sola eccezione relativa alla voce incremento patrimoniale dell'immobile in oggetto, ignorando ed omettendo di decidere sugli altri autonomi vizi dell'atto, quali: l'assenza del presupposto applicativo in quanto la ricorrente aveva presentato la dichiarazione dei redditi per l'anno d'imposta 2006 e 2007; l'omesso contraddittorio preventivo che prevede l'obbligo di invitare il contribuente a comparire e ciò non risulta essere stato fatto; la natura di presunzione semplice, nel senso che ormai vi è giurisprudenza di diritto consolidata sul fatto di attribuire alle risultanze dell'accertamento per standard la natura di presunzione semplice, ribadendo l'aspetto centrale del contraddittorio.

In sostanza, le risultanze devono essere verificate in base alla situazione concreta e relativa al singolo soggetto accertato, poiché il risultato del redditometro non costituisce in sé stesso la dimostrazione della fattispecie evasiva.

Nel caso in oggetto, è indiscutibile sia l'assenza di una catena argomentativa, così come l'assenza di ulteriori dati concretamente riferibili al contribuente, esterni alla mera astratta risultanza reddito metrica, sia l'assenza del contradditorio. La ricorrente evidenzia anche incongruenza, illogicità e carenza di prova del procedimento adottato con conseguenza arbitrarietà delle risultanze.

Infatti, nel caso in oggetto, l'Ufficio ha preso in considerazione per l'anno 2006 le spese sostenute negli anni successivi ed ignorato i redditi degli anni precedenti capovolgendo così il meccanismo legale e la logica sottostante ed alterando le risultante reddituali; e così anche per gli ulteriori due successivi anni d'imposta.

Conclude per la riforma dell'impugnata sentenza nel senso di annullare integralmente gli avvisi impugnati con vittoria di spese di entrambi i gradi di giudizio.

Si costituisce l'Ufficio che richiama integralmente quanto già sostenuto in primo grado soffermandosi in particolare sui seguenti punti.

L'Ufficio ribadisce che sulla compravendita dell'immobile di Sagrado la ricorrente nulla ha provato sul fatto che detto immobile sia stato acquistato mediante provviste riferibili a trust stesso, le quali, al contrario, non erano certo sufficienti ad emettere gli assegni bancari utilizzati per il pagamento dell'importo complessivo di euro 425.865,00.

Nulla dunque è stato provato dalla ricorrente e ciò perché è di tutta evidenza la probabile natura simulata del trust in oggetto, istituito legalmente ma strumentalizzato a fini elusivi.

In relazione all'assenza del presupposto applicativo, l'Ufficio evidenzia che presupposto dell'accertamento non è l'omessa presentazione della dichiarazione, ma la disponibilità dei beni indice di capacità contributiva, nonché il sostenimento di spese per incrementi patrimoniali.

Sull'omesso contraddittorio preventivo, l'Ufficio osserva che l'obbligo del contraddittorio è stato introdotto nell'ordinamento solo con il D.L. 78/2010, norma che come disposto dalla Suprema Corte non può retroagire. Inoltre, la Corte di Giustizia ha stabilito che chi eccepisce il difetto di contradditorio, ha l'onere di allegare i temi che avrebbero potenzialmente ampliato il quadro istruttorio, ma che non è stato posto nelle condizioni di introdurre, cosa che la ricorrente non ha fatto.

Sulla natura di presunzione semplice, l'ufficio ribadisce che vi sono varie e recentissime sentenze della Corte di Cassazione che dispongono che l'Ufficio può legittimamente determinare il reddito del contribuente sulla base degli indici previsti dai decreti ministeriali del 1992 senza necessità di fornire prove ulteriori rispetto alla effettiva disponibilità dei beni previsti dal redditometro.

Quindi, la disponibilità in capo al contribuente di beni considerati dal redditometro, costituisce presunzione legale di capacità contributiva con conseguente onere a carico del contribuente di superare le risultanze del calcolo reddito metrico mediante dimostrazione che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore.

Infine, sull'incongruenza, illogicità e carenza di prova, l'Ufficio ribadisce la correttezza del proprio agire in quanto gli incrementi imputati ai diversi anni d'imposta non possono in alcun modo essere similari, stante il fatto che il quinquennio di osservazione è di volta in volta diverso.

Conclude per la conferma dell'impugnata sentenza con la rifusione delle spese di entrambi i gradi di giudizio.

 

Motivi della decisione

 

Si accoglie, in quanto fondato, l’appello della ricorrente.

Per dirimere la controversia in oggetto, si reputa opportuno delineare brevemente la figura del trust e del trustee.

Il trust è un istituto di origine anglosassone in forza del quale un soggetto, il trustee, gestisce uno o più beni conferitigli da altro soggetto, il disponente, per uno scopo prestabilito nell’interesse di uno o più soggetti (beneficiari) o per uno scopo specifico.

Il trust è riconosciuto anche in Italia ma non è un soggetto giuridico come una società o una persona fisica, rappresenta, invero, un rapporto giuridico in forza del quale determinati beni o diritto sono sottoposti al controllo del trustee affinché quest’ultimo li amministri.

Ora, nel caso in esame, succede che la ricorrente, quale trustee del costituto Trust Giada, ha acquistato un immobile in Sagrado, che, come risulta chiaramente da contratto di compravendita, veniva acquistato in nome della ricorrente, in qualità appunto di trustee, e quindi per conto del trust Giada.

Partendo dunque dalla definizione del trust e delle peculiarità che lo contraddistinguono, i beni posti sotto il controllo del trustee, e di cui quest’ultimo ne diviene il titolare gestendoli ed amministrandoli nell’interesse di uno o più beneficiari, non fanno parte del patrimonio personale del titolare (trustee) poiché costituiscono una massa patrimoniale separata e distinta. Dunque, nel corso che interessa, preso atto della costituzione del trust e che nemmeno l’Ufficio ha posto in contestazione, risulta infondata l’imputazione alla sig.ra A. in proprio dell’acquisto dell’immobile in S., eseguito per conto del trust.

Infatti, che l’acquisto sia stato eseguito non in proprio ma in qualità del trustee del Trust di Giada è documentalmente provato dall’atto di compravendita, non comprendendo in quale altro modo la ricorrente potrebbe provare ulteriormente tale circostanza.

Pertanto, tale acquisto deve essere ritenuto assolutamente irrilevante e non può essere preso a base dei calcoli reddituali inerenti la ricorrente, poiché patrimonio anche fiscalmente distinto e separato da quello personale.

Da tale premesse, consegue che l’onere probatorio di una diversa circostanza rimane in capo all’ufficio, cosi come spetta al medesimo di provare un’eventuale inesistenza fiscale dei Trust al fine di presumere una titolarità del bene in capo alla contribuente, al fine di presumere la deduzione dell’incremento patrimoniale e quindi un maggiore reddito.

A questo punto è opportuno altresì soffermarsi sulla procedura utilizzata dall’Ufficio, l’accertamento sintetico ai sensi dell’art. 38, comma 4 DPR 600/73, le cui risultanze scaturiscono dall’elaborazione automatica dei dati inseriti.

Invero, nel tempo vi è stata una certa evoluzione giurisprudenziale, sia di merito che di legittimità che si è progressivamente orientata dalla parte del contribuente in relazione alla qualificazione della presunzione derivante dall’applicazione del redditometro che, ovviamente, si riflette sull’onere della prova contraria incombente sul contribuente e sull’ampiezza dello stesso.

In effetti, sul punto l’orientamento della Corte di Cassazione è alquanto oscillante, ora a favore del contribuente, ora più restrittivo: si ritiene comunque di potere affermare che progressivamente si è consolidato il principio per cui il redditometro costituisce un insieme di presunzioni semplici che, quindi, ammettono da parte del contribuente la possibilità di fornire prove contrarie circa l’insussistenza di quanto asserito dall’Ufficio (vedi sentenza n. 13289/2011, n. 2355/2012 e n. 8706/2013).

Nel caso in esame, l’Ufficio ha valorizzato, ai fini del redditometro, unicamente l’immobile acquistato in Sagrato che non appartiene alla contribuente: tale circostanza è stata provata dalla ricorrente, da qua l’insussistenza del procedimento adottato dall’ufficio.

Alla soccombenza segue la condanna dell’ufficio alla rifusione delle spese di giudizio del presente grado.

P.Q.M.

Accoglie l’appello della contribuente e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata annulla gli avvisi di accertamento di cui è causa; condanna l’Ufficio, Agenzia delle Entrate di Gorizia, alla rifusione delle spese di lite di questo grado per complessivi € 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre accessori di legge.