Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 11 dicembre 2015, n. 48948

Stranieri - Espulsione - Misura alternativa alla detenzione - Violazione dell'art. 13, co. 3-quater, D.Lgs. n. 286/1998

 

Ritenuto in fatto

 

1. Il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Torino, con sentenza del 30/6/2014 ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di M.K. e D.S., in ordine ai reati loro rispettivamente ascritti (artt. 74 e 73 d.P.R. 309\90), perché espulsi dal territorio nazionale anteriormente alla richiesta di rinvio a giudizio.

Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torino, deducendo il motivo di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2. Con un unico motivo di ricorso deduce la violazione di legge e, segnatamente, dell'art. 13, comma 3-quater d.lgs. 286/1998, in relazione all'art. 16 d.lgs. 286/1998, in quanto l'espulsione era stata decretata come misura alternativa alla detenzione e non quale espulsione amministrativa, applicando così la causa di improcedibilità anche con riferimento ad espulsione diversa da quella disposta ed eseguita si sensi dell'art. 13 d.lgs. 286/1998.

Rileva, inoltre, che il giudice, pur dando atto del tenore letterale della disposizione applicata, l'avrebbe comunque ritenuta analogicamente applicabile anche nel caso in esame sulla base di precedenti pronunce della Corte Costituzionale e di questa Corte che assume, tuttavia, come impropriamente richiamate , risultando determinante la inequivocità del dato normativo.

Insiste, pertanto, per l'accoglimento del ricorso.

 

Considerato in diritto

 

1. Il ricorso è fondato nei termini di seguito specificati.

Il Giudice dell'udienza preliminare, nell'impugnato provvedimento, ha ritenuto applicabile il disposto dell'art. 13, comma 3-quater d.lgs. 286/1998, il quale stabilisce che, nei casi previsti dai commi 3, 3-bis e 3-ter del medesimo articolo, il giudice, acquisita la prova dell’avvenuta espulsione, se non e' ancora stato emesso il provvedimento che dispone il giudizio, pronuncia sentenza di non luogo a procedere, anche nell'ipotesi di espulsione ordinata, ai sensi dell'art. 16, comma 5 del medesimo decreto legislativo.

Tale ultima disposizione prevede, infatti, che, nei confronti dello straniero, identificato, detenuto, che si trova in taluna delle situazioni indicate nell'articolo 13, comma 2, il quale deve scontare una pena detentiva, anche residua, non superiore a due anni, sia disposta l'espulsione.

2. Il giudice del merito fonda il proprio convincimento sulla medesima finalità delle due disposizioni e, cioè, evitare la celebrazione di dibattimenti inutili e garantire comunque il diritto di difesa dell'imputato ed evidenzia, oltre alla natura comunque amministrativa di entrambi i provvedimenti di espulsione ed al richiamo, contenuto nell'art. 16, all'art. 13, comma 2, anche una sentenza della Corte Costituzionale (ordinanza n. 143 del 3-7 aprile 2006) ed una pronuncia di questa Corte (Sez. 1, n. 29161 del 24/6/2008, P.M. in proc. Enobakhare, Rv. 240481).

Osserva infatti il G.U.P. che la Corte Costituzionale avrebbe esplicitamente ammesso la possibilità di interpretazioni estensive dell'art. 13, comma 3-ter d.lgs. 286/1998 al fine di evitare esiti manifestamente non ragionevoli, mentre la sentenza 29161/2008 di questa Corte, riferendosi al caso di uno straniero fermato alla frontiera e subito respinto, ha ammesso l'applicazione analogica, in «bonam partem», del menzionato art. 13, comma 3-ter.

Il Pubblico Ministero ricorrente contesta, come si è detto in premessa, la correttezza delle conclusioni cui è pervenuto il giudice del merito, con argomentazioni che il Collegio ritiene condivisibili.

3. Invero, il richiamo alle pronunce dianzi ricordate non risulta particolarmente significativo, perché la Corte Costituzionale ha menzionato la possibilità di interpretazioni estensive della norma in esame con riferimento alla lettura fornitane anche dalla giurisprudenza di questa Corte e secondo la quale essa è applicabile, in base ad un'interpretazione logico-sistematica, oltre che letterale, anche nei casi in cui il P.M. abbia formulato una richiesta diversa da quella di rinvio a giudizio o da altra forma di promovimento dell'azione penale, prevista dall'art. 405, comma primo, cod. proc. pen. (cfr. Sez. 1, n. 35843 del 19/9/2007, P.M. in proc. Kamberi, Rv. 237314; Sez. 1, n. 30465 del 4/5/2004, P.M. in proc. Hoxha ed altro, Rv. 229794).

Si tratta, tuttavia, di casi sempre riferiti ad ipotesi di espulsione amministrativa disposta in base all'art. 13 d.lgs. 286/1998.

Per ciò che concerne, poi, l'applicazione analogica in «bonam partem» cui è pervenuta altra Sezione di questa Corte, si verte in ipotesi del tutto diversa rispetto a quella relativa al caso in esame.

4. Ritiene inoltre il Collegio che dai precedenti richiamati, non strettamente pertinenti alla questione qui esaminata, non possano trarsi suggerimenti interpretativi mutuabili, poiché, come osservato correttamente nell'atto di impugnazione, il tenore letterale della disposizione non può essere superato mediante una lettura estensiva, effettuata facendo ricorso al criterio interpretativo della intenzione del legislatore, come avvenuto nei casi in precedenza richiamati, perché, in quello sottoposto all'attenzione del G.U.P. il legislatore aveva chiaramente manifestato la propria volontà attraverso la contestuale modifica apportata agli artt. 13 e 16 del d.lgs. 286/1998.

Invero, la legge 30 luglio 2002, n. 189 «Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo» è intervenuta contestualmente sulle richiamate disposizioni, cosicché l'esplicito richiamo, nell'art. 13, comma 3-quater, ai soli casi previsti dai commi 3, 3-bis e 3-ter, deve ritenersi voluto, come voluta deve anche ritenersi la mancanza di richiami ad altre disposizioni e, segnatamente, al successivo articolo 16.

Neppure rileva, ai fini di una diversa lettura della norma, il richiamo, contenuto in tale ultima disposizione e valorizzato dal giudice del merito, al comma 2 dell'art. 13, presente nell'art. 16, comma 5, il quale, anzi, conferma che il legislatore, nell'apportare le modifiche, ha tenuto conto delle diverse disposizioni.

5. Deve pertanto affermarsi che l'ambito di operatività del comma 3- quater dell'art. 13 d.lgs. 286/1998 è limitato ai soli casi di cui ai commi 3, 3-bis e 3-ter del medesimo articolo e non può essere esteso anche ai casi di espulsione a titolo di sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione disposta ai sensi dell'art. 16 del medesimo d.lgs.

Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Torino.

 

P.Q.M.

 

Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Torino.