Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 09 dicembre 2015, n. 24915

Tributi - IVA - Omesso o tardivo versamento - Condono ex articolo 12, comma 2-ter, della L. n. 289/2002 - Disapplicazione - Contrasto con gli obblighi previsti con la normativa comunitaria

 

Svolgimento del processo

 

L’Agenzia delle entrate ricorre contro la Società V.M. s.p.a. per la cassazione della sentenza con cui la Commissione Regionale della Sicilia, confermando la pronuncia di primo grado, ha dichiarato illegittimo il provvedimento di diniego opposto dall’Ufficio all’istanza di condono avanzata dalla società contribuente ai sensi dell’articolo 12, comma 2-ter, L. 289/2002 in ordine ad un ruolo relativo ad IVA 1997.

La sentenza gravata disattende la tesi dell’Ufficio secondo cui il ruolo in oggetto non sarebbe stato condonabile in quanto affidato al concessionario il 10.12.01 e, dunque, oltre il termine del 30.6.01 fissato dall’articolo 1, co. 2, lett. C), d.l. 143/03. La Commissione Tributaria Regionale fa spropriala tesi della sentenza di primo grado secondo cui il ruolo in questione - che dalla cartella di pagamento risultava essere stato omesso, reso esecutivo e trasmesso (ai sensi dell’art. 2 del D.M. n. 321/1999) in data 30.12.2000 - doveva intendersi consegnato in data 10.1.01, per il disposto dell’articolo 4 del citato D.M. 321/99, alla cui stregua "per i ruoli trasmessi al CNC fra il giorno 16 e l’ultimo giorno del mese, la consegna al concessionario si intende effettuata il giorno 10 del mese successivo". Il giudice di secondo grado, peraltro, corrobora la propria adesione all’argomentazione del primo giudice con il rilievo che la società contribuente, aderendo al condono, aveva accolto un invito formulato dal concessionario, cosicché il diniego risulterebbe contrario al principio di collaborazione e buona fede nei rapporti tra amministrazione e contribuente fissato dall’articolo 10 L. 212/00.

Il ricorso dell’Agenzia delle entrate si articola in due motivi.

Con il primo motivo, l’Ufficio svolge una duplice censura, lamentando, da un lato, la nullità della sentenza per omessa pronuncia ai sensi degli artt. 112 e 132 c.p.c., e, dall’altro, la violazione della normativa comunitaria. In particolare il ricorrente sostiene, quanto alla prima censura, che la Commissione Tributaria Regionale avrebbe omesso di esaminare il motivo di appello con il quale l’Ufficio aveva chiesto al giudice di secondo grado di rigettare il ricorso contro il diniego di condono per la non applicabilità all’IVA dell’articolo 12 L. 289/2002 e, quanto alla seconda censura, che nella specie il giudice di secondo grado, trattandosi di un ruolo relativo all’IVA, avrebbe dovuto disapplicare di ufficio l’articolo 12 L. 289/02.

Con il secondo motivo, l’Ufficio contesta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 12 della legge n. 289/2002, in relazione dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., in quanto il ruolo a cui si riferiva la domanda di condono era stato affidato al concessionario il 12.12.01, oltre il termine del 30.6.01 fissato dall’articolo 1, co. 2, lett. c), d.l. 143/03.

La società contribuente si è costituita con controricorso, deducendo preliminarmente l’inammissibilità dei motivi di ricorso proposti dalla difesa eriale, in ragione della mancata impugnazione della ratio decidendi fondata sull’affidamento generato nella società contribuente dell’invito a proporre istanza di condono ex art. 12 L. 289/2002 alla stessa rivolto dal Concessionario della riscossione.

La causa è stata discussa all’udienza del 9 luglio 2015.

 

Motivi della decisione

 

Il ricorso va accolto, la sentenza gravata va cassata e la causa va decisa nel merito con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente avverso il diniego di condono.

Ciò per la ragione, pregiudiziale ed assorbente dell’esame della ammissibilità e fondatezza dei singoli motivi di ricorso, che la fattispecie riguarda un ruolo avente ad oggetto somme dovute a titolo di imposta IVA e relative sanzioni (come riconosciuto dalla società contribuente a pagina uno del controricorso), cosicché il disposto dell’art. 12 della legge n. 289/2002 va nella specie disapplicato per contrasto con la VI direttiva n. 77/388/CEE del Consiglio,del 17 maggio 1977, alla stregua di un’interpretazione adeguatrice imposta della sentenza della Corte di Giustizia CE 17 luglio 2008, in causa C-132/06 (Cass. S.U. 3674/10).

La disapplicazione deve essere disposta anche d’ufficio ed anche in sede di legittimità, come questa Corte ha già avuto modo di precisare (sent. N. 8110/12), onde assicurare la piena applicazione delle norme comunitarie aventi un rango preminente rispetto a quelle dei singoli Stati membri. A tanto induce, infatti, il principio di effettività, enunciato nell’art. 10 del Trattato CE, che comporta l’obbligo per il giudice nazionale di applicare il diritto comunitario in qualsiasi stato e grado del processo, senza che possano ostarvi preclusioni procedimentali o processuali, o - come nella specie - il carattere chiuso del giudizio di cassazione (Cass. S.U. 26948/06, Cass. 19546/11).

Il ricorso va quindi accolto e la sentenza grava va cassata; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente.

Le spese di compensano per l’intero giudizio.

 

P.Q.M.

 

Accogli il ricorso, cassa la sentenza gravata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente.

Compensa le spese per l’intero giudizio.