Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 04 dicembre 2015, n. 24776

Tributi - Accertamento induttivo - Documentazione extracontabile rinvenuta in sede di verifica fiscale - Presunzione di cessioni in nero - Disconoscimento dell'intero impianto contabile e della percentuale di redditività - Onere della prova

 

Svolgimento del processo

 

L'Agenzia delle Entrate accertava nei riguardi della Si.di. Piccolo sistema distributivo innovativo s.r.l. maggiori ricavi conseguiti nell'anno d'imposta 2004, sulla base di documentazione extracontabile rinvenuta dalla guardia di finanza in sede di verifica fiscale.

A seguito di opposizione della società, l'adita Commissione tributaria provinciale di Napoli annullava l'accertamento.

L'appello dell'Agenzia delle Entrate avverso la sentenza di primo grado veniva accolto dalla Commissione tributaria regionale della Campania per ciò che attiene alla effettività della presunzione di ricavi in nero, desunta dalla documentazione extracontabile. Tuttavia la commissione rideterminava il maggior reddito della società sulla base della differenza tra i maggiori ricavi e i maggiori costi, considerando la redditività dell'1,9 % alla stregua di dato incontroverso.

Contro la sentenza d'appello, depositata il l'8-10-2013, l'amministrazione ha proposto ricorso per cassazione retto da due motivi. La società ha replicato con controricorso e ha proposto tre motivi di ricorso incidentale.

A questi l'amministrazione a sua volta ha replicato con controricorso.

 

Motivi della decisione

 

I - Il ricorso principale consta dei seguenti motivi.

Col primo, deducendo violazione e falsa applicazione dell'art. 39, l° comma, lett. d), del d.P.R. n. 600-73, 54 del d.P.R. n. 633 del 1972, 2700 cod. civ., l'amministrazione censura la sentenza per aver affermato essere incontestata la percentuale di redditività dichiarata dalla contribuente. La commissione non avrebbe tenuto conto che nel disconoscimento dell'intero impianto contabile, dovuto al riscontro di documentazione extra, dovevasi considerare implicito anche il disconoscimento di quella percentuale di redditività.

Col secondo, deducendo violazione e falsa applicazione dell'art. 132 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, n. 4, l'amministrazione reputa la statuizione d'appello comunque censurabile quanto alla determinazione della ridetta percentuale di redditività, per motivazione apparente. Non sarebbe stato indicato, in particolare, dove e quando una simile percentuale era stata così quantificata e, soprattutto, sulla base di quali elementi.

II - È fondato il primo motivo del ricorso principale, e tanto determina l'assorbimento del secondo.

Per consolidato principio, in tema di accertamento di ricavi la documentazione extracontabile, costituita da appunti personali dell'imprenditore, rappresenta un elemento indiziario dotato in sé dei requisiti di gravità, precisione e concordanza prescritti dall'art. 39 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. Il riscontro di simile documentazione legittima l'accertamento del reddito su base induttiva e, in questi casi, incombe necessariamente e solo al contribuente l'onere di fornire la prova contraria (cfr. tra le tante Sez. 5^ n. 25610-06, n. 24051-11, n. 20094-14).

E' di intuitiva evidenza che la affermazione di maggiori ricavi, desunta da documenti extracontabili, include la contestazione di quanto in concreto emergente dalla contabilità, e dunque non può considerarsi - per la contraddizione che non consente al tempo stesso legittima (come dichiaratamente affermato dalla commissione tributaria) e tuttavia limitata a elementi diversi dalla percentuale di redditività dichiarata dall'imprenditore.

Affermare che il ritrovamento di documenti extracontabili costituisce "una presunzione grave precisa e concordante che giustifica l'operato dell'ufficio", e nel contempo sostenere esser l'ufficio onerato della contestazione di tutti i differenti elementi contabili dichiarati dall'imprenditore (tra cui appunto la percentuale di redditività), si risolve in una falsa applicazione dell'art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973.

III. - Col ricorso incidentale la società articola a sua volta tre motivi.

Col primo, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 345 cod. proc. civ., 58 d.lgs. n. 546 del 1992 e 132 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, nn. 3 e 4, cod. pro. civ., censura la sentenza per aver deciso illegittimamente la causa sulla base di un documento - il quaderno posto al fondo della presunzione di ricavi - prodotto dall'amministrazione per la prima volta in appello.

Il motivo è manifestamente infondato.

A prescindere dal fatto che tale circostanza è del tutto assertoria, giacché dalla sentenza essa non risulta affatto e giacché nel ricorso la connessa situazione non è documentata, giova dire che in tema di contenzioso tributario l'art. 58, 2° comma, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, fa salva la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti in appello anche al di fuori degli stretti limiti consentiti dall'art. 345 cod. proc. civ.

Tale attività processuale va semplicemente esercitata - stante il richiamo operato dall'art. 61 del citato d.lgs. alle norme relative al giudizio di primo grado - entro il termine previsto dall'art. 32, l° comma, dello stesso decreto, ossia fino a venti giorni liberi prima dell'udienza con l'osservanza delle formalità di cui all'art. 24, l° comma.

Unicamente codesto è il termine da ritenersi, anche in difetto di espressa previsione legislativa, di natura perentoria (cfr. tra le tante Sez. 5^ n. 2787-06, 655-14, n. 3661-15).

Nel caso di specie e nel ricorso incidentale affermato che la documentazione posta a base della decisione era stata depositata per la prima volta "con la proposizione dell'appello"; donde in ogni caso la produzione era consentita.

IV. - Col secondo motivo del ricorso incidentale, deducendo violazione e falsa applicazione dell'art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973, la società censura la sentenza per aver attribuito rilievo probatorio al suddetto documento senza considerare che in esso mancava il carattere di presunzione grave, univoca e concordante, essendosi trattato di un quadernone inidoneo a certificare la presenza di una contabilità parallela.

Il motivo è inammissibile perché privo di autosufficienza e perché integrante, in verità, un sindacato di merito.

La commissione tributaria ha dedotto l'esistenza della presunzione dall'analisi della "documentazione a supporto", e così ha dimostrato di avere esaminato quella documentazione nel suo specifico contenuto.

La società in modo del tutto assertorio assume che il quaderno (nel che si sostanziava la documentazione detta) non aveva la portata della contabilità parallela, giacché il contenuto del documento cui si allude non è stato riportato.

In simile condizione di genericità, la censura si risolve in una diversa prospettazione dei fatti, inammissibile in questa sede di legittimità.

V. - Col terzo mezzo, infine, la società deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 132 cod. proc. civ., per inesistenza della motivazione della sentenza d'appello, o comunque per motivazione apparente, in ordine al perché dovevasi ritenere legittimo l'operato dell'ufficio sotto il profilo dell'idoneità del quaderno a produrre, con ragionevole certezza, l'esistenza del fatto ignoto.

Il motivo è del tutto infondato.

Da quanto appena sopra esposto emerge che la sentenza impugnata reca strutturalmente la motivazione.

Né ricorrono gli estremi della motivazione apparente.

Difatti riferendosi al "brogliaccio" trovato dalla guardia di finanza, al quale l'ufficio aveva attribuito la portata di documentazione extracontabile, la commissione tributaria ha confermato tale valutazione dicendo di aver "analizzata la documentazione a supporto".

In tal modo, per quanto sinteticamente, essa ha indicato gli elementi giustificativi del suo convincimento, siccome desunti dal diretto esame del documento.

Da qui l'autoevidenza della ragione per cui la documentazione aveva a costituire una presunzione grave, precisa e concordante.

VI. - In conclusione, l'impugnata sentenza va cassata in accoglimento del primo motivo del ricorso principale.

Segue il rinvio alla medesima commissione tributaria regionale della Campania, la quale rinnoverà l'esame della questione nel motivo indicata uniformandosi al principio di diritto esposto al superiore punto II.

La commissione provvederà infine anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbito il secondo; rigetta il ricorso incidentale;

cassa l'impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla commissione tributaria regionale della Campania.

Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale.