Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 01 dicembre 2015, n. 24438

Lavoro - Mancata assunzione con la qualifica di fabbro - Danno biologico-esistenziale - Illegittimità - Accertamento

Svolgimento del processo

Con il ricorso dì primo grado R.A.A. aveva convenuto in giudizio il Teatro M.V.B. di Catania ed aveva domandato l'accertamento dell'illegittimità della sua mancata assunzione con la qualifica di fabbro, area tecnica - 4° livello, per le stagioni teatrali 2001/2002 e 2002/2003, la condanna del Teatro convenuto alla reintegrazione nel posto di lavoro ed al pagamento delle retribuzioni non corrisposte fino alla effettiva alla reintegrazione, la dichiarazione di responsabilità del Teatro, ex art. 2043 c.c. del danno biologico-esistenziale e la condanna al risarcimento del danno, la conversione del rapporto a tempo indeterminato con sosta stagionale.

Il Tribunale di Catania aveva respinto il ricorso.

Avverso detta sentenza aveva proposto appello il R. per chiederne la riforma integrale. L’Ente Autonomo Regionale Teatro M.V.B., costituitosi aveva concluso per il rigetto dell’appello.

Con la sentenza n. 857/2011 depositata in data 24.10.2011 la Corte di Appello di Catania ha respinto l’appello ed ha dichiarato l’integrale compensazione delle spese del giudizio.

Per quel che oggi rileva, questi i passaggi argomentativi-motivazionali che sorreggono la decisione.

L’art. 16 della legge n. 56 del 1987, al quale rinviavano l’art. 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001 e la legge regionale n. 12 del 1991, dispone che le assunzioni da parte delle pubbliche amministrazioni (compresi gli enti pubblici non economici tra i quali era incontestatamente ricompreso il Teatro M.V.B. di Catania, il quale aveva rivestito personalità giuridica di diritto privato soltanto nel periodo compreso tra marzo e dicembre 2002) dei lavoratori da inquadrare nei livelli retributivo-funzionaii, per i quali non è richiesto il titolo di studio superiore a quello della scuola dell’obbligo, devono avvenire sulla base di selezioni effettuate tra gli iscritti nelle liste di collocamento ed in quelle di mobilità che abbiano la professionalità eventualmente richiesta e i requisiti previsti per l’accesso al pubblico impiego. La norma prevede anche che i lavoratori sono avviati numericamente alla selezione secondo l’ordine delle graduatorie risultante dalle liste delle circoscrizioni territorialmente competenti.

Il Teatro aveva, pertanto, del tutto legittimamente attivato la procedura di avviamento al lavoro con richiesta numerica, specificando il nominativo dei soggetti che avevano prestato servizio negli anni precedenti ai fini dell’eventuale diritto di precedenza, e, altrettanto legittimamente, aveva stipulato i contratti a tempo determinato con i soggetti avviati.

Era privo di rilievo il richiamo della circolare ministeriale n. 29/1989 perché questa aveva ribadito l’applicazione dell’art. 16 della legge 28.2.1987 n. 56, quanto ai lavoratori da inquadrare nei livelli retributivo-funzionali, per i quali non è richiesto il titolo di studio superiore a quello della scuola dell’obbligo.

La circolare, poi, aveva precisato che la valutazione in ordine alla necessità di assumere tale personale, previo avviamento numerico sulla base di selezioni effettuate tra gli iscritti nelle liste di collocamento ed in quelle di mobilità, rientrava nell’autonoma ed esclusiva responsabilità dell’amministrazione o dell’ente che aveva formulato la richiesta.

La questione del possesso di un titolo di studio superiore a quello della scuola dell’obbligo non era stata riproposta.

Rimanevano assorbite le altre questioni.

Era infondato l’appello incidentale con il quale il R. aveva domandato la conversione del rapporto a termine in rapporto di lavoro a tempo indeterminato ostandovi, per il disposto dell’art. 36 del decreto legislativo 368/2001, la natura di ente pubblico non economico del Teatro.

L’intento elusivo, desunto dal lavoratore dalla mancata assunzione e dalla programmazione delle assunzioni con intervalli convenzionali tra un limitato gruppo di lavoratori, doveva essere escluso perché la terza riassunzione consecutiva, assunta come illegittimamente omessa al solo fine di evitare la stabilizzazione, non era imputabile al Teatro e perché dalla sola circostanza che le assunzioni a termine fossero state rinnovate in occasione delle varie stagioni teatrali non poteva desumersi l’elusione della legge 230/1962, che all’art. 1 prevedeva la possibilità di apporre un termine di durata in relazione alla speciale natura dell’attività lavorativa derivante dal carattere stagionale dell’attività.

La peculiarità delle questioni esaminate giustificava la compensazione integrale delle spese dei due gradi del giudizio.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso in Cassazione il R., formulando quattro motivi. Il Teatro M.V.B. ha depositato controricorso non validamente notificato alla parte ricorrente.

 

Motivi della decisione

 

Con il primo motivo il ricorrente denunzia, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. violazione e falsa applicazione della L.R. 16.4.1986 n. 19, art. 11, in relazione all’art. 1 nn. 8 e 9 del CCNL; violazione e falsa applicazione della L.R. n. 10/2000, titolo 6° art. 5 in relazione all’art. 1 nn. 8 e 9 del CCNL; violazione e falsa applicazione del D.Lgs 68/2001 art. 23; falsa applicazione dell’art. 16 L. 56/1987 in relazione all’art. 1 nn. 8 e 9 del CCNL.

Rivendicando il diritto ad essere assunto per chiamata nominativa, il R. sostiene che la Corte aveva errato nel ritenere che la fattispecie dedotta in giudizio fosse regolata dall’art. 16 della legge 56/1987, oggetto di rinvio da parte dell’art. 35 del D.Lgs 165/2001 e della legge regionale 12/1991.

In primo luogo perché la Corte di appello aveva applicato il D.Lgs 368/2001 che era entrato in vigore il 24.10.2010, successivamente al 7.8.2001, data di inoltro della richiesta di avviamento all’UPLMO. Sostiene che doveva trovare applicazione la Legge della Regione Sicilia 15.5.2000 n. 10.

In secondo luogo perché, anche a volere ritenere applicabile il D.Lgs. 368/2001, e il conseguente rinvio alla legge 56/87, la Corte aveva errato nel ritenere applicabile l’art. 16 di detta legge e non invece, l’art. 23 della medesima legge.

Il ricorrente richiama la circolare 4.4.1989 n. 29, applicativa del DPR Consiglio dei Ministri del 27.12.1988, nella parte in cui era stato chiarito che l’assoggettabilità o meno alla normativa in argomento rientrava nella autonoma ed esclusiva responsabilità dell’amministrazione o dell’ente che formula la richiesta; richiama anche la circolare applicativa del D.Lgs. 368/2001 che aveva, al pari dell’art. 23 del D. Lgs 368/2001, conservato, sia pure provvisoriamente, l’efficacia delle clausole dei contratti collettivi nazionali fino alla loro naturale scadenza, così facendo salve, anche nella vigenza della nuova normativa, le ipotesi di legittima apposizione del termine ivi indicate, con la conseguenza che il riferimento alle stesse esonerava il datore di lavoro dal fornire ulteriori giustificazioni.

Invoca l’art. 1, commi 8 e 9 del CCNL Enti Lirici e Sinfonici e la Legge della Regione Sicilia 16.4.1986 n. 19 istitutiva dell’Ente Autonomo del Teatro, la Legge della Regione Sicilia 15.5.2000 n. 10, nella parte in cui rinvia alla contrattazione collettiva in materia di assunzioni a tempo determinato, l’art. 10 commi 9 e 10 del D.Lgs 368/2001, per l’ipotesi in cui fosse stato ritenuto applicabile, nella parte in cui prevede che la contrattazione collettiva individua il diritto di precedenza nell’assunzione presso la stessa azienda e con la medesima qualifica a favore dei lavoratori che abbiano prestato attività lavorativa con contratto a tempo determinato nelle ipotesi previste dall’art. 23 comma 2 della legge 28.2.1987 n. 56.

In conclusione, deduce che le assunzioni a termine sono espressamente regolate dall’art. 23 della legge 56/1987 e non dall’art. 16 della stessa legge per rivendicare il diritto ad essere assunto per chiamata nominativa e che i documenti trascurati dalla Corte avrebbero condotto all’accoglimento delle domande di esso ricorrente in quanto provavano che il Teatro nelle stagioni successive a quella del 200/2001 .

Con il secondo motivo il ricorrente denunzia, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa mi fatto controverso e decisivo per il giudizio, che individua nel fatto che il Teatro aveva comunicato all’UPLMO i nominativi dei lavoratori che avevano lavorato a tempo determinato ai fini del diritto di precedenza, deducendo che i documenti trascurati dalla Corte avrebbero condotto all’accoglimento delle domande di esso ricorrente in quanto provavano che il Teatro nelle stagioni successive a quella del 2000/2001 aveva proceduto ad assunzioni nominative.

Con il terzo motivo il ricorrente, denunzia, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2059, 2087 c.c. in relazione all’art. 11 del D.Lgs 368/2001 e all’art. 32 della Costituzione sostenendo che dalla mancata assunzione e dalla conseguente mancata percezione delle retribuzioni ne era conseguito danno materiale e morale.

Con il quarto motivo, denunzia, ai sensi dell’art. 360 n. 1 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione dell’accordo quadro sul lavoro a Tempo determinato in data 18.3.1999 allegato alla direttiva del Consiglio 1999/70/C.E. del 28.6.1999 e dell’art. 49 del D.L. 25.6.2008 n. 112; violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2043, 2059, 2087, c.c. in relazione all’art. 32 della Costituzione; violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1227, 2729 c.c.

Sostiene che era stata violata la disciplina dei contratti a termine contenuta nella legge 230/1962 perché il Teatro aveva fatto ricorso ai contratti a tempo determinato in assenza dei presupposti di cui all’art. 1 lett. e); perché non era stato rispettato tra un contratto e l’altro l’intervallo di tempo previsto dalla legge; perché il numero complessivo dei contratti a tempo determinato era superiore al limite percentuale previsto dalla contrattazione collettiva; perché era palese lo scopo fraudolento del contratto a termine volto a creare un vincolo sostanzialmente indeterminato per il solo lavoratore.

Il ricorrente richiama la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea sez. II in data 7.9.2006 n. 180; deduce che il danno da mancata assunzione prescinde dall’accertamento medico legale e invoca la sentenza della Corte Costituzionale n. 214 del 2009 e la sentenza di questa Corte di Cassazione n. 3305 del 2012.

Sul primo motivo di ricorso

I diversi profili di censura sono infondati.

Va premesso che ha acquisito autorità di giudicato, per l’assenza di qualsivoglia motivo di censura, la statuizione con la quale la Corte territoriale ha affermato che la natura di ente pubblico non economico del Teatro M.V.B. di Catania ( pg 10 sentenza penultimo capoverso) non era stata contestata e che il Teatro aveva rivestito la qualità di ente con personalità giuridica di diritto privato soltanto nel periodo compreso tra marzo e dicembre 2002.

Tanto precisato, la denunziata violazione del principio di irretroattività della legge non coglie nel segno perché la Corte di appello non ha fatto applicazione delle disposizioni contenute nel D.lgs 368/2001, ma ha fatto applicazione della disposizione contenuta nell’art. 16 della legge 56/1987 limitandosi ad osservare che a detta disposizione facevano espresso rinvio il D.Lgs 30.3.2001 n. 165 e la Legge Regionale n. 12 del 1991.

Va osservato che il decreto legislativo 165/2001, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 106 del 9.5.2001, è entrato in vigore il 24.5.2001, successivamente, quindi, all’inoltro della richiesta di avviamento all’UPLMO - avvenuta il 7.8.2001 - ed a quella relativa alla stagione teatrale 2002/2003.

Sono infondati gli altri profili di doglianza sopra sintetizzati, che investono il Collegio dell'esame della questione relativa alla sussistenza del diritto del R. ad essere assunto con chiamata nominativa e, pertanto, pongono l’interrogativo sulla portata delle disposizioni contenute negli artt. 23, come modificato dall’art. 9 bis del D.L. 148 del 1993, convertito in legge dalla legge 236 del 1993.

Ai fini della ricostruzione del complesso quadro normativo, nel quale sono intervenute le leggi dello Stato e le leggi della Regione Sicilia, che disciplina le assunzioni a tempo determinato dei lavoratori da adibire a mansioni per le quali non sia previsto titolo professionale e da inquadrare nei livelli per i quali è richiesto il solo requisito della scuola dell'obbligo, il Collegio ritiene di non potere prescindere dai principi affermati dalle SS.UU nella sentenza in data 9 marzo 2015 n. 4685, relativa a fattispecie in fatto ed in diritto in parte sovrapponibile a quella in esame.

Le SS.UU, precisato che ai sensi dall’art. 97 Cost. "agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge" hanno osservato che detto principio ha subito nel tempo un cambiamento, per effetto della sua sistemazione normativa da parte di norme di legge, sia dello Stato che della Regione Sicilia.

Per delineare i termini di questo cambiamento le SS.UU. hanno effettuato una attenta ricognizione delle leggi che si sono succedute nel tempo, ricognizione che può essere sintetizzata nei passaggi che seguono.

Sulla legislazione dello Stato.

La L. 28 febbraio 1987, n. 56, recante norme sulla organizzazione del mercato del lavoro, all’art. 16 emanò disposizioni specifiche per lo Stato e gli enti pubblici, prevedendo che "le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e gli enti pubblici non economici a carattere nazionale, per i posti da ricoprire nei ruoli periferici e per le relative sedi periferiche, così come determinati ai sensi del D.P.R. 1 febbraio 1986, n. 13, art. 1, le province, i comuni e le unità sanitarie locali effettuano le assunzioni dei lavoratori, da adibire a mansioni per le quali non sia previsto titolo professionale e da inquadrare nei livelli per i quali è richiesto il solo requisito della scuola dell'obbligo, sulla base di selezioni effettuate tra gli iscritti nelle liste di collocamento ed in quelle di mobilità, a condizione che essi abbiano i requisiti richiesti. Essi sono avviati numericamente alla selezione secondo l'ordine di graduatoria risultante dalle liste delle circoscrizioni territorialmente competenti" (comma 1).

La norma trovò una razionale collocazione normativa quando fu inserita nella riforma dell'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche e fu sostanzialmente trasfusa nel D.Lgs. 29 febbraio 1993, n. 29, art 36, pro parte poi recepito dall'attuale del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 35, il quale testualmente prevede che "L'assunzione nelle amministrazioni pubbliche avviene con contratto individuale di lavoro: a) tramite procedure selettive, conformi ai principi del comma 3, volte all'accertamento della professionalità richiesta, che garantiscano in misura adeguata l'accesso dall'esterno; b) mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento ai sensi della legislazione vigente per le qualifiche e profili per i quali è richiesto il solo requisito della scuola dell'obbligo, facendo salvi gli eventuali ulteriori requisiti per specifiche professionalità" (comma 1).

Le SS.UU., dopo avere richiamato il principio, affermato da questa sezione lavoro nelle sentenze 21.5.2008 n. 12961 e 13.1.2003 n. 19108, secondo cui le assunzioni nella P.A. mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento per le qualifiche e profili per i quali è richiesto il solo requisito della scuola dell'obbligo (D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 35), vanno effettuate nel rispetto della graduatoria risultante dalle liste delle circoscrizioni territorialmente competenti, avuto riguardo agli iscritti alla prima classe delle liste medesime, secondo quanto precisato dalla L. n. 56 del 1987, art. 10, comma 1, lett. a) e cioè lavoratori disoccupati o in cerca di prima occupazione, ovvero lavoratori con occupazione temporanea subordinati o autonomi, hanno preso in esame l’art. 35 del D.Lgs 165/2001.

Hanno osservato che "la circostanza che con l'art. 35, le assunzioni di alcune categorie di pubblici dipendenti possano avvenire mediante espletamento di procedure selettive, o mediante avviamento dei soggetti iscritti nelle liste di collocamento, rappresenta, dunque, una semplificazione dello strumento tecnico (il pubblico concorso), ma non il superamento delle esigenze di trasparenza ed imparzialità insite nel concetto di concorsualità volute dalla norma costituzionale".

Hanno ricordato che la Corte Costituzionale (sentenza del 21.4.2005 n. 159) ha statuito che il concorso pubblico costituisce la forma generale ed ordinaria di reclutamento per il pubblico impiego, in quanto meccanismo strumentale all'efficienza dell'amministrazione, e che a tale regola può derogarsi solo in presenza di peculiari situazioni giustificatrici, nell'esercizio di ima discrezionalità che trova il suo limite nella necessità di garantire il buon andamento della pubblica amministrazione ed il cui vaglio di costituzionalità passa attraverso una valutazione di ragionevolezza della scelta del legislatore; la regola stessa può ritenersi rispettata solo qualora le selezioni non siano caratterizzate da arbitrarie ed irragionevoli forme di restrizione dei soggetti legittimati a parteciparvi.

Proseguendo nella ricognizione degli interventi del legislatore statale, le SS.UU hanno rilevato che nel delineato quadro "andò ad innestarsi del D.L. 1 ottobre 1996, n. 510, art. 9 bis, recante disposizioni urgenti in materia di lavori socialmente utili ed interventi a sostegno del reddito (conv. dalla L. 8 novembre 1996, n. 608), per il quale "Nell'ambito di applicazione della disciplina del collocamento ordinario, agricolo e dello spettacolo, i datori di lavoro privati e gli enti pubblici economici procedono a tutte le assunzioni nell'osservanza delle disposizioni di legge vigenti in materia. Restano ferme le norme in materia di iscrizione dei lavoratori nelle liste di collocamento nonché le disposizioni di cui alla L. 30 dicembre 1986, n. 943, art. 8 e del D.L. 31 luglio 1987, n. 317, art. 2, conv. con modificazioni, dalla L. 3 ottobre 1987, n. 398" (comma 1)"

Sulla legislazione della Regione Sicilia.

Le SS.UU. hanno rilevato che l'evoluzione della legislazione nazionale è stata, parallelamente, seguita dalla legislazione siciliana secondo le tappe che cosi sono state riassunte.

La regolazione delle assunzioni del personale regionale è tuttora riferibile alla L.R. 7 maggio 1958, n. 14, per la quale: a) "sono vietate nuove assunzioni di personale non di ruolo, di salariati, di cottimisti, di diurnisti e di personale comunque denominato presso gli uffici della amministrazione centrale della regione, presso le amministrazioni di enti pubblici istituiti con legge regionale e sottoposti alla vigilanza della regione. In caso di infrazione alla predetta disposizione, i provvedimenti relativi sono nulli" (art. 6); b) "le norme contenute nell’art. 6 si applicano a tutti gli enti locali comunque dipendenti o vigilati dalla regione" (art. 7); c) "gli amministratori della regione e degli enti indicati nei precedenti articoli che abbiano emesso provvedimenti di assunzione in violazione alle disposizioni contenute nell'articolo stesso, sono personalmente e solidalmente responsabili degli impegni di spesa conseguenti all'assunzione" (art. 8) e d) "le nuove assunzioni di personale sono fatte per pubblico concorso" (art. 9).

Le SS.UU. hanno ricordato che la giurisprudenza aveva dato una interpretazione rigorosa di questa normativa, rilevando che, ancorché i rapporti di lavoro dei dipendenti di un ente regionale, addetti ad una delle attività che l'ente, direttamente o per il tramite di una delle sue strutture interne, esercita nell'imprenditoria agricola, abbiano natura privatistica, il relativo regime delle assunzioni a tempo indeterminato incontra la condizione del necessario espletamento del pubblico concorso.

Ed hanno affermato che tale requisito giuridico, con riguardo alla generalità dei rapporti di lavoro con gli enti pubblici della regione, risultava previsto dalla L.R. n. 49 del 1981, art. 3 e dalla L. n. 14 del 1958, artt. 6 e 7, ed era espressione del principio costituzionale di buona amministrazione degli uffici pubblici (art. 97 Cost.) che ancora la regola del concorso per l'accesso alle amministrazioni pubbliche alla natura giuridica dei soggetti e non a quella del rapporto.

Hanno rilevato che il rigore di queste disposizioni fu mitigato dalla L.R. 30 aprile 1991, n. 12, art. 1, il quale, riprendendo le disposizioni della legge nazionale L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 16, statuì che "l'amministrazione regionale e le aziende ed enti da essa dipendenti o comunque sottoposti a controllo, tutela e vigilanza, gli enti locali territoriali e/o istituzionali, nonché gli enti da essi dipendenti e/o comunque sottoposti a controllo, tutela e vigilanza, e le unità sanitarie locali della Sicilia effettuano le assunzioni del personale da inquadrare in qualifiche o profili professionali per l'accesso ai quali è richiesto il possesso del titolo di studio non superiore a quello della scuola dell'obbligo e, ove richiesto, di una specifica professionalità, ai sensi della L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 16 e successive modifiche, e delle relative disposizioni di attuazione, salva l'osservanza delle disposizioni sul collocamento obbligatorio" (comma 1).

Per l'accesso ai posti diversi da quelli indicati all'art. 1, per il successivo art. 3 "salvo quanto previsto da speciali disposizioni di legge... gli enti ivi previsti procedono alla assunzione mediante pubblici concorsi" (comma unico). 15.3.-

In seguito la L.R. Sicilia 19 agosto 1999, n. 18, art. 13 aggiunse alla L. 30 aprile 1991, n. 12, art. 1, il comma 1 bis, per il quale "al fine di armonizzare le norme regionali in materia di assunzioni alle disposizioni del D.L. 1 ottobre 1996, n. 510, art. 9 bis (conv. dalla L. 28 novembre 1996, n. 608), quanto previsto al comma 1 non trova applicazione per gli enti pubblici economici, dipendenti o sottoposti al controllo, tutela e vigilanza della Regione o degli enti locali territoriali e istituzionali, fermo restando il rispetto, ai fini delle assunzioni ivi previste, dell'art. 3 della presente legge e degli ordinamenti propri dei medesimi enti".

Le SS.UU hanno osservato che la legislazione della Regione Sicilia "alla fine degli anni novanta, per l'amministrazione regionale e per tutti gli enti locali, territoriali e non, ad essa comunque riconducibili, dettava disposizioni che consentivano il reclutamento dei dipendenti addetti alle qualifiche e ai profili professionali di più modesto contenuto con le modalità previste dalla L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 16, ovvero "sulla base di selezioni effettuate tra gli iscritti nelle liste di collocamento ed in quelle di mobilità a condizione che essi abbiano i requisiti richiesti". Unica condizione prevista per la selezione era che gli iscritti a tali liste fossero avviati numericamente secondo l'ordine di graduatoria risultante dalle liste delle circoscrizioni territorialmente competenti.

Da tale forma di selezione (estremamente semplificata), continuano le SSUU, erano esclusi "gli enti pubblici economici, dipendenti o sottoposti al controllo, tutela e vigilanza della Regione o degli enti locali territoriali e istituzionali", per i quali rimaneva fermo solo l'obbligo di espletare il pubblico concorso per i posti per i quali l’accesso prevedeva un titolo superiore a quello della scuola dell’obbligo. Esclusione ritenuta coerente con la natura privatistica del rapporto di lavoro instaurato da tali enti con il loro personale e trovava riscontro nel parallelo sistema già evidenziato a proposito del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36.

Le SS.UU hanno rilevato che con la L.R. Sicilia 5 novembre 2004, n. 15, avente, tra l'altro, ad oggetto misure urgenti di assestamento della finanza regionale "il sistema normativo è regredito allo stato precedente, in quanto, sotto la rubrica "assunzioni presso le amministrazioni e gli enti pubblici", l'art 49 della legge stessa stabilisce che "l'Amministrazione regionale, le aziende ed enti dalla stessa dipendenti o comunque sottoposti a controllo, tutela e vigilanza, gli enti locali territoriali e/o istituzionali, le aziende sanitarie locali, nonché gli enti da essi dipendenti e comunque sottoposti a controllo, tutela e vigilanza, effettuano le assunzioni del personale da inquadrare in qualifiche, livelli o profili professionali per l'accesso ai quali è richiesto il possesso del titolo di studio non superiore a quello della scuola dell'obbligo, mediante concorso per titoli, integrato, qualora sia richiesta una specifica professionalità, da una prova d’idoneità, nel rispetto dei principi contenuti nel D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 35, comma 3, ferma restando la speciale disciplina in materia di assunzione dei soggetti appartenenti alle categorie protette, di cui al comma 2 del medesimo articolo" (comma 1). Anche per l'assunzione del personale a tempo determinato le amministrazioni, enti ed aziende di cui sopra sono tenute a bandire apposite procedure selettive (comma 4). Sono, in particolare, abrogati della L.R. 30 aprile 1991, n. 12, art. 1, commi 1, 2, 3 e 4 e art. 2 (v. supra n. 15.2)".

Il principio affermato dalle SS.UU.

All'esito della ricostruzione del quadro normativo e tenuto conto delle linee interpretative della giurisprudenza, le SS.UU. hanno affermato che:

- Il reclutamento del personale dell'amministrazione regionale siciliana e di tutti gli altri enti, territoriali e non, economici e non, previsti dalla L. 30 aprile 1991, n. 12, art. 1, dall'entrata in vigore di quest'ultima, non è più subordinato all'espletamento esclusivo del pubblico concorso. Da tale momento, il personale da inquadrare in qualifiche o profili professionali per i quali è richiesto il possesso del titolo di studio non superiore a quello della scuola dell'obbligo deve essere assunto "ai sensi della L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 16", e, dunque, "sulla base di selezioni effettuate tra gli iscritti nelle liste di collocamento ed in quelle di mobilità a condizione che essi abbiano i requisiti richiesti", con avviamento numerico alla selezione "secondo l'ordine di graduatoria risultante dalle liste delle circoscrizioni territorialmente competenti".

- Dall'entrata in vigore della L.R. 19 agosto 1999, n. 18, che ha aggiunto alla L. 30 aprile 1991, n. 12, art. 1, il comma 1 bis, le disposizioni del comma 1 dello stesso articolo "non trovano applicazione per gli enti pubblici economici, dipendenti o sottoposti al controllo, tutela e vigilanza della Regione o degli enti locali territoriali e istituzionali". Tale disposizione fa venir meno per gli enti pubblici economici ivi indicati quel residuo velo di concorsualità previsto per tutti gli altri soggetti pubblici sopra indicati. Ne consegue che la declaratoria di nullità del termine apposto al contratto di lavoro di un dipendente di un ente pubblico economico regionale, anche se sottoposto a tutela o vigilanza della Regione, non è condizionata dall'esistenza dell'obbligo di espletamento delle procedure selettive.

- Tale sistema è regredito con l'entrata in vigore della L.R. 5 novembre 2004, n. 15, la quale con il sopra richiamato art. 49, ha reintrodotto lo strumento concorsuale, prevedendo l'espletamento del "concorso per titoli, integrato, qualora sia richiesta una specifica professionalità, da una prova d'idoneità, nel rispetto dei principi contenuti nel D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 35, comma 3, ferma restando la speciale disciplina in materia di assunzione dei soggetti appartenenti alle categorie protette, di cui al comma 2 del medesimo articolo" (comma 1).

- Il complesso normativo appena sintetizzato, secondo le scansioni temporali derivanti dall'entrata in vigore delle singole fonti normative, costituisce la nuova disciplina delle assunzioni alle dipendenze delle amministrazioni e degli enti pubblici regionali, che sostituisce quella originaria della legge del 1958, da considerare ormai abrogata in base ai normali principi in materia di successione delle leggi. La reintroduzione di una concorsualità qualificata o, comunque, semplificata per le assunzioni impedisce, di conseguenza, l’automatica trasformazione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato.

Il Collegio è ben consapevole del fatto che, con riguardo a vicenda, in parte sovrapponibile a quella in esame questa stessa Sezione Lavoro, con le sentenze n. 14018 in data 4.6.2013 e n. 14324 del 6.6.2013, ha ritenuto che la disposizione contenuta nell’art. 9 bis del D.L. n. 148 del 1993, convertito nella legge n. 236 del 1993 , costituisce norma speciale, in quanto tale non derogata dalla norma generale contenuta nell’art. 35 del D.lgs n. 165/2001 rispetto alla disciplina generale che regola la chiamata al lavoro nelle pubbliche amministrazioni.

Sulla scorta di tali premesse dette pronunzie del 2013 hanno affermato il diritto dei ricorrenti ad esercitare il diritto di precedenza accordato dall’art. 9 bis di cui al D.L. n. 148 del 1993, convertito nella legge n. 236 del 1993.

Ritiene il Collegio che l'orientamento espresso nelle richiamate decisioni del 2013 non può essere confermato e seguito alla luce dei principi affermati nella recente sentenza SS.UU n. 4685 del 20015 , perché in quest’ultima sentenza risulta più volte ribadito che per le assunzioni alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, tra queste anche gli enti pubblici regionali, vige la regola del pubblico concorso prevista dall’art. 97 Cost. e "la circostanza che con l'art. 35, le assunzioni di alcune categorie di pubblici dipendenti possano avvenire mediante espletamento di procedure selettive, o mediante avviamento dei soggetti iscritti nelle liste di collocamento, rappresenta, dunque, una semplificazione dello strumento tecnico (il pubblico concorso), ma non il superamento delle esigenze di trasparenza ed imparzialità insite nel concetto di concorsualità volute dalla norma costituzionale".

Va anche considerato che l’istituto concernente il diritto di precedenza, attribuito ai lavoratori assunti a tempo determinato, è stato introdotto nel nostro ordinamento dall’art. 8 bis del D.L. 28 gennaio 1983, n. 17, convertito nella L. 25 marzo 1983, n. 79, il cui primo comma così dispone: "I lavoratori che abbiano prestato attività lavorativa a carattere stagionale con contratto a tempo determinato, stipulato ai sensi della L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1, comma 2, lett. a), e successive modificazioni ed integrazioni, hanno diritto di precedenza nell'assunzione con la medesima qualifica presso la stessa azienda, a condizione che manifestino la volontà di esercitare tale diritto entro tre mesi dalla data di cessazione del rapporto di lavoro".

Il secondo comma precisa: "La condizione di cui al comma precedente si applica anche a lavoratori assunti a norma del D.L. 3 dicembre 1977, n. 876, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 3 febbraio 1978, n. 18 e della L. 26 novembre 1979, n. 598, le cui disposizioni restano in vigore e sono estese a tutti i settori economici".

Successivamente, la L. 28 febbraio 1987, n. 56, all’art. 23 secondo comma ha disposto che "I lavoratori che abbiano prestato attività lavorative con contratto a tempo determinato nelle ipotesi previste dal D.L. 29 gennaio 1983, n. 17, art. 8 bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 marzo 1983, n. 79, hanno diritto di precedenza nell'assunzione presso la stessa azienda, con la medesima qualifica quando per questa è obbligatoria la richiesta numerica e a condizione che manifestino la volontà di esercitare tale diritto entro tre mesi dalla data di cessazione del rapporto di lavoro."

Infine - ed a prescindere dalla riforma attuata con il D.Lgs. n. 368 del 2001, che all’art. 11 comma 1 ha disposto l’abrogazione dell’art. 23 della legge 56/1987 - con l’art.9 bis (Lavoratori stagionali), convertito in L. 19 luglio 1993 n. 236, è stato sostituito il comma 2 dell'art. 23 della L. 28 febbraio 1987, n. 56, riproducendone il testo, con la sola eliminazione della dicitura: "quando per questa è obbligatoria la richiesta numerica".

Così ricostruito il contesto normativo , risulta evidente che l’art. 23 comma 2, nel testo modificato dal D.L n. 148 del 1993, art. 9 bis, e dalla successiva legge di conversione n. 236 del 1993 regola e disciplina non le modalità di assunzione, regolate dall’art. 16, ma solo il diritto di precedenza dei lavoratori che hanno già prestato attività lavorativa con contratti a tempo determinato nelle ipotesi previste dall’art 8 bis del D.L. 29 gennaio 1983 n. 17, convertito con modificazioni dalla legge 25 marzo 1983 n. 79 e si pone su un piano diverso e distinto dalle modalità di assunzione, disciplinate nell’art. 16 della legge 56/1987.

Con la conseguenza che deve escludersi che gli artt. 16 e 23 della legge da ultimo citata, dettando regolazioni e discipline relative ad istituti diversi tra loro, si pongano tra loro in rapporto di regola generale (l’art. 16) e di eccezione (l’art. 23) non potendo attribuirsi all’art. 23 natura di regola speciale rispetto all’art. 16.

L’art. 16 impone la regola della concorsualità - sia pure semplificata nella nozione datane dalle SS.UU. nella sentenza n. 4685 del 2015 - che viene assicurata dalla procedura di avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento per le qualifiche e profili per i quali è richiesto il solo requisito della scuola dell'obbligo (D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 35), "sulla base di selezioni effettuate tra gli iscritti nelle liste di collocamento ed in quelle di mobilità a condizione che essi abbiano i requisiti richiesti"

L’art. 23 disciplina, di contro, solo il diritto di precedenza dei lavoratori che abbiano già lavorato presso la stessa azienda ma non consente il ricorso alla chiamata diretta.

Per mera esigenza di completezza si precisa, infine, che l’art. 9 bis, invocato dal ricorrente condiziona, in modo chiaro ed inequivoco, il diritto di precedenza alla manifestazione di volontà da parte del lavoratore precedentemente assunto di volere esercitare tale diritto entro tre mesi dalla data di cessazione del rapporto.

Da ciò consegue che, ove pure si affermasse, come richiesto dal R., che il disposto dell’art. 9 bis citato costituisce norma speciale che, come tale non viene derogata dalla norma generale contenuta nell’art. 35 del D.Lgs 165/2001, e nella legge regionale 12/91, la mancanza della manifestazione della volontà del lavoratore, elemento costitutivo della fattispecie legale delineata a nel citato art. 9 bis, non consentirebbe di consolidare il diritto di precedenza, e dunque il diritto all’assunzione al dì fuori della procedura di cui all’art. 16 sopra richiamato.

Nella fattispecie in esame non è stata mai formulata e qui allegata una deduzione in ordine all’avvenuta tempestiva manifestazione di volontà da parte del R. di volersi giovare del diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo determinato per le stagioni teatrali 2001/2002 e 2002/2003.)

Il primo motivo del ricorso va in conseguenza respinto, sulla scorta delle considerazioni svolte, che integrano e sostituiscono le motivazioni della decisione impugnata, ai sensi dell'art. 384 comma 4 c.p.c.

Sul secondo e terzo motivo di ricorso.

La cognizione delle relative censure (e che sopra sono state riportate) resta, ovviamente, assorbita nel rigetto del primo motivo

Sul quarto motivo

Precisato che erroneamente il ricorrente riferisce la censura all’art. 360 comma 1 n. 1, posto che nel motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione dell’accordo quadro sul lavoro a Tempo determinato in data 18.3.1999 allegato alla direttiva del Consiglio 1999/70/C.E. del 28.6.1999 e dell’art. 49 del D.L. 25.6.2008 n. 112, e che l’errore di titolazione non determina di per sé solo inammissibilità del motivo, le censure sono infondate sulla scorta delle decisive e assorbenti ragioni che seguono.

Come affermato dalla CGUE 22.1.2005C- 144/04-Mangold (punti da 40 a 43) la clausola 5 della direttiva 1999/70/CE è circoscritta alla "prevenzione degli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato", clausola che non opera laddove, come nella fattispecie in esame, la successione di contratti a termine sia stata effettuata in relazione ad attività e lavori stagionali, ai quali non può essere riferita alcuna delle misure previste dalla direttiva medesima al fine di prevenire quegli abusi (giustificazione del rinnovo; durata massima totale dei contratti; ninnerò massimo di contratti).

Il ricorso va dunque respinto nei termini e per le ragioni sopra esposte.

Non v’e spazio per pronunzia sulle spese attesa la irritualità della notifica del controricorso e la mancata presenza del difensore del Teatro B. alla udienza di discussione.

 

P.Q.M.

 

Respinge il ricorso. Nulla per le spese.