Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 25 novembre 2015, n. 24056

Lavoro - Inpdap - Violazione degli obblighi di correttezza e buona fede - Mancata attuazione delle posizioni organizzative previste nella contrattazione - Responsabilità

 

Svolgimento del processo

 

1.- La sentenza attualmente impugnata accoglie l'appello proposto dall'INPS (già INPDAP) avverso la sentenza non definitiva n. 3379/2010 del Tribunale di Messina e, per l'effetto, respinge anche le domande di risarcimento dei danni proposte, in via subordinata, da A.S. e dagli altri dipendenti o ex dipendenti dell'INPDAP indicati in epigrafe, che erano state accolte dal primo giudice.

La Corte d'appello di Messina, per quel che qui interessa, precisa che:

a) non è condivisibile la statuizione del primo giudice secondo cui il comportamento omissivo dell'Amministrazione, consistente nella mancata tempestiva attuazione delle condizioni previste per il conferimento delle posizioni organizzative, sarebbe imputabile alla violazione degli obblighi di correttezza e buona fede, con conseguente responsabilità per i danni subiti dai lavoratori per non essere stati posti in condizione di maturare il diritto alla relativa indennità;

b) l'indennità di posizione organizzativa, come configurata dall'art. 17 del CCNL di Comparto, è collegata alla istituzione della posizione organizzativa, in base all'art. 18 dello stesso CCNL;

c) dalla lettura delle suindicate disposizioni contrattuali si evince che l'istituzione, da parte dell'INPDAP, delle posizioni organizzative previste nella contrattazione di Comparto non corrisponde ad un obbligo datoriale, ma dipende da scelte ampiamente discrezionali legate alle reali esigenze di servizio, sicché le conseguenti decisioni non sono configurabili come meramente ricognitive della situazione esistente, in quanto esplicano una funzione costitutiva delle posizioni organizzative stesse;

d) nella specie, la suindicata facoltà non poteva esercitarsi che dopo il compimento del complesso iter previsto dagli artt. 18 e 19 del CCNL cit., prevedente una serie di adempimenti organizzativi nonché la determinazione dei criteri generali e delle procedure per il conferimento e la revoca degli incarichi per le posizioni organizzative;

e) la suddetta complessa procedura è stata effettuata dall'INPDAP nel 2006 e si è conclusa il 28 novembre 2006, con effetto dal giorno 1 dicembre 2006, sicché per il periodo precedente - cui si riferiscono le pretese degli attuali ricorrenti - non è possibile riconoscere il diritto all'indennità di posizione organizzativa;

f) per quel che si è detto, neppure è configurabile alcun obbligo dell'Ente all'istituzione delle posizioni organizzative e quindi all'erogazione della conseguente indennità prima dell'1 dicembre 2006, sicché non va attribuito alcun risarcimento del danno al riguardo.

2.- Il ricorso di A.S. e degli altri indicati in epigrafe, illustrato da memoria, domanda la cassazione della sentenza per un unico, articolato, motivo; resiste, con controricorso, l'INPS.

 

Motivi della decisione

 

I - Sintesi del ricorso

1.- Con l'unico motivo di ricorso si denunciano: a) violazione e falsa applicazione degli attt. 15, 16, 17 e 18 del CCNL 16 febbraio 1999 per Enti pubblici non economici, relativo al periodo 1998-2001, anche in relazione alla direttiva n. 8 del 17 maggio 2002, alla circolare n. 28 del 30 aprile 2004, alla circolare n. 26 del 2006; b) violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e ss. cod. civ.; c) "violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per "omesso e/o erroneo esame di un punto decisivo della controversia ex art. 1, comma 3".

Si contesta la statuizione della Corte d'appello secondo cui l'Istituto non avrebbe posto in essere un comportamento colposo, scorretto e illegittimo nel dare applicazione ai suindicati artt. 17 e 18 del CCNL di Comparto e si sostiene che il grave ritardo con il quale sono state istituite le posizioni organizzative sarebbe da configurare come responsabilità da inadempimento dell'Ente, rispetto alla quale sarebbe del tutto irrilevante, nel presente giudizio, l'inerzia delle Parti collettive, che rileva sul piano delle politiche definite dalle singole organizzazioni sindacali, come affermato dalla Corte d'appello di Firenze nelle allegate sentenze n. 630/2012 e n. 27/2013.

Ne consegue che tale colpevole inerzia (protrattasi per sette anni) avrebbe determinato ai ricorrenti, che ne sarebbero stati destinatari, un danno da perdita di chance, come affermato dal giudice di primo grado.

Si aggiunge che, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte territoriale, la suddetta facoltà per la determinazione dei criteri per l'accesso e per il conferimento e la revoca degli incarichi per le posizioni organizzative era stata effettuata con la circolare n. 28 del 2006, sicché con le successive determine dirigenziali del dicembre 2006 l'INPDAP si è limitato a quantificare l'indennità di posizione organizzativa, determinando una media tra il minimo e il massimo stabiliti nel CCNL, e ad attribuire formalmente ai ricorrenti medesimi incarichi di responsabilità da questi già svolti sin dal 1999, in base agli ordini di servizio dei dirigenti.

Anche la Commissione paritetica, del resto, ha operato sul presupposto secondo cui i profili esistenti nel 2006 nell'assetto periferico dell'Ente fossero sufficienti ad individuare i responsabili di posizione organizzativa, figura di cui, quindi, nella fase di riorganizzazione periferica dell'Ente, era pacifica la coincidenza con quella di responsabile del processo.

Infine, si precisa che, in considerazione della recente Cass. 15 ottobre 2013, n. 23366, le censure sono state limitate al solo risarcimento del danno, "non dimenticando quanto, sul punto, aveva stabilito Cass. 5 dicembre 2008, n. 28860".

II - Esame delle censure

2.- Il ricorso non è da accogliere, per ragioni analoghe a quelle espresse in Cass. 15 ottobre 2013, n. 23366, che i ricorrenti mostrano di conoscere e che si è pronunciata in ordine ad una fattispecie simile alla presente (in cui, fra l'altro, veniva in discussione la domanda di un dipendente INPDAP inquadrato nell'area C volta ad ottenere il riconoscimento del diritto all'indennità di posizione organizzativa per il periodo anteriore al giorno 1 dicembre 2006).

2.1.- In base all'art. 17 del CCNL 16 febbraio 1999 per Enti pubblici non economici, relativo al periodo 1998-2001:

"1. Nell'ambito dell'Area C gli enti, sulla base dei propri ordinamenti ed in relazione alle esigenze di servizio, possono conferire ai dipendenti ivi inseriti incarichi che, pur rientrando nell'ambito delle funzioni di appartenenza richiedano lo svolgimento di compiti di elevata responsabilità, che comportano l'attribuzione di una specifica indennità di posizione organizzativa.

2. Le posizioni organizzative possono riguardare settori che richiedono l'esercizio di: - funzioni di direzione di unità organizzativa, caratterizzate da un elevato grado di autonomia gestionale ed organizzativa; - attività - ivi comprese quelle informatiche - con contenuti di alta professionalità o richiedenti specializzazioni correlate al possesso di titoli universitari e/o di adeguati titoli connessi all'esercizio delle relative funzioni; - attività di staff di studio, di ricerca, ispettive, di vigilanza e controllo, caratterizzate da elevata autonomia ed esperienza".

Il successivo art. 18 dello stesso CCNL stabilisce, poi, l'iter procedimentale da seguire per individuare le posizioni organizzative ed a tal fine indica che possono procedere all'individuazione delle posizioni organizzative gli enti che abbiano realizzato la ridefinizione delle strutture organizzative e delle dotazioni organiche determinando "i criteri generali e le procedure per il conferimento e la revoca degli incarichi per le posizioni organizzative". La medesima disposizione prevede, al comma 2, che "gli incarichi sono conferiti dai dirigenti con atto scritto e motivato, tenendo conto delle attitudini e delle capacità professionali dei dipendenti in relazione alle caratteristiche dei programmi da realizzare" e, al comma 3, che gli incarichi in questione sono revocabili prima della scadenza, per inosservanza delle direttive contenute nell'atto di conferimento, per intervenuti mutamenti organizzativi e per accertamento di risultati negativi, per i cui criteri e procedure di valutazione è pure prevista una fase di concertazione sindacale.

Infine, l'art. 19 del CCNL prevede - al comma 1, lett. B) sub c) - che devono essere oggetto di informazione preventiva e concertazione sindacale: " - i criteri generali per il conferimento e la revoca degli incarichi di posizione organizzativa; - la graduazione delle posizioni organizzative, ai fini dell'attribuzione della relativa indennità; - i criteri e le procedure di valutazione periodica delle attività svolte dai dipendenti investiti di incarichi di posizione organizzativa e le necessarie garanzie di contraddittorio".

2.2.- Dall'insieme delle suddette disposizioni contrattuali si evince, in maniera evidente, che il conferimento di incarichi "che comportano l'attribuzione di una specifica indennità di posizione organizzativa" non deriva automaticamente dalla norma pattizia di cui al citato art. 17, ma da una valutazione dei singoli Enti, che "possono" conferirli "sulla base dei propri ordinamenti ed in relazione alle esigenze di servizio". Inoltre, il dato testuale è chiaro nel postergare la concreta individuazione da parte dell'INPDAP degli incarichi di posizione organizzativa all'attuazione da parte dell'Ente agli adempimenti organizzativi previsti dal comma 1 dell'art. 18 ed alla concertazione in sede di contrattazione decentrata dei criteri generali per il conferimento e la revoca degli incarichi in questione, delle relative procedure, della loro graduazione ai fini della determinazione della relativa indennità tra i valori minimi e massimi previsti dal comma 3 dell'art. 17, dei criteri e le procedure secondo cui attuare la prescritta valutazione periodica dell'attività svolta dal dipendente.

L'Istituto, pertanto, avrebbe potuto conferire gli incarichi in esame e procedere all'erogazione delle relative indennità solo dopo aver posto in essere i prodromici adempimenti organizzativi e dopo aver portato a temine le necessarie consultazioni e concertazioni sindacali.

In buona sostanza, nella previsione contrattuale, il fatto costitutivo del diritto all'indennità di posizione è il formale conferimento di un incarico attraverso un provvedimento "scritto e motivato" che costituisce l'atto finale di un iter, le cui tappe sono scandite dagli artt. 18 e 19 del CCNL, che l'Ente avrebbe potuto (e non certo dovuto) avviare in relazione alle proprie esigenze di servizio.

2.3.- Dunque le clausole di cui agli artt. 17 e 18 hanno un contenuto meramente obbligatorio, in quanto impegnano l'ente ad attivarsi, all'esito delle previste procedure di consultazione e concertazione sindacali, a creare le condizioni necessarie per istituire le posizioni organizzative onde procedere al legittimo conferimento dei relativi incarichi dal quale soltanto può sorgere il diritto alla relativa indennità, nella misura determinata secondo i criteri fissati in base alla graduazione della loro importanza.

Questa Corte, del resto, ha già affermato, sia pure con riguardo al Comparto Ministeri ma a fronte di disposizioni contrattuali aventi analogo contenuto a quelle suindicate, che "il diritto all'indennità di posizione organizzativa non può operare anteriormente all'integrazione a cura della contrattazione collettiva cui rinvia l'art. 18 del CCNL, atteso che, in primo luogo, al momento del conferimento degli incarichi direttivi prima di tale integrazione non erano stati ancori determinati i criteri per l'accesso agli stessi e per la loro revoca e, in secondo luogo, in mancanza di consultazione e concertazioni sindacali, detta indennità non è nemmeno determinabile tra il minimo ed il massimo in relazione alla graduazione delle posizioni organizzative da operarsi nell'ambito della destinazione del fondo di amministrazione" (vedi Cass. 5 dicembre 2008, n. 28860; Cass. 12 dicembre 2008, nn. 29269 e 29270).

2.4.- Nella specie è pacifico tra le parti che soltanto con l'accordo integrativo del 2005, sottoscritto in data 3 aprile 2006, era stata istituita una "Commissione paritetica per la definizione dei criteri per l'attuazione degli arti. 17 e 18 CCNL" e che l'INPDAP, solo a seguito della definizione dei criteri per l'attribuzione delle posizioni organizzative di cui al verbale sottoscritto con le OO.SS. in data 13 novembre 2006 e dopo la sottoscrizione del contratto integrativo del 28 novembre 2006, aveva previsto l'attivazione delle indennità di posizione organizzativa a far data dal giorno 1 dicembre 2006.

In conseguenza, essendosi concordata tale ultima data per l'inizio della operatività dell'emolumento richiesto dagli attuali ricorrenti, per il periodo precedente non può essere loro riconosciuto alcun diritto, in quanto sino a tale data, non essendo stati definiti i criteri di attribuzione degli incarichi e neppure l'importo delle indennità, non si erano ancora verificate le condizioni necessarie per il perfezionamento delle previsioni contrattuali in esame e, quindi, per l'insorgenza dei diritti soggettivi azionati nel presente giudizio.

2.5.- D'altra parte, neppure è ravvisabile la colpevole inerzia dell'Ente - rispetto agli adempimenti amministrativi e alle consultazioni sindacali che dovevano essere avviati prima di poter determinare e conferire gli incarichi in esame - che è stata posta alla base dell'accoglimento della domanda risarcitoria subordinata dei dipendenti, per avere il datore di lavoro tenuto una condotta violatrice dei principi di correttezza e buona fede, in quanto, nonostante il mancato perfezionamento della prevista procedura aveva comunque preteso adempimenti coincidenti, nella sostanza, con il contenuto del mansionario previsto per la posizione organizzativa di responsabilità.

Infatti, essendosi stabilito in sede di contrattazione collettiva che per l'istituzione delle posizioni organizzative di responsabilità - non obbligatoria, ma dipendente da scelte discrezionali dell'Istituto, legate sia alle esigenze di servizio sia a vincoli di bilancio atteso che tale attività rientra nelle funzioni organizzative dell'ente (vedi, per tutte: Cass. 29 maggio 2015, n. 11198) - si dovesse seguire una procedura concertata, la lunghezza del relativo iter non appare imputabile all'inerzia dell'Ente, visto che la complessità del procedimento non prevede un obbligo di attivazione soltanto da parte dell'Istituto.

2.6.- Neppure risulta che gli attuali ricorrenti abbiano allegato e provato che le parti collettive si siano attivate promuovendo le concertazioni di cui all'art. 19 del CCNL cit., mentre è pacifico che i contratti collettivi integrativi nel 1999 hanno rinviato a tavoli negoziali gli accordi previsti dal CCNL e che solo con l'accordo integrativo del 2005, sottoscritto nel 2006, è stata istituita la "Commissione paritetica per la definizione dei criteri per l'attuazione degli artt. 17 e 18 del CCNL" ed è stato imposto all'Ente di convocare le OO.SS. entro trenta giorni dalla sottoscrizione dell'accordo, avvenuta il 3 aprile 2006. Quindi - nell'arco di sette mesi, cioè in un periodo di tempo adeguato - l'Ente ha provveduto all’individuazione dei soggetti legittimati ad ottenere la relativa indennità, non compiendo una attività meramente ricognitiva, ma costitutiva, il che comporta che, prima della istituzione di tali posizioni, non è configurabile un danno da perdita di chances per il dipendente che assuma che egli sarebbe stato, con elevata probabilità, destinatario di una di esse (Cass. 6 settembre 2011, n. 18248; Cass. 25 maggio 2012, n. 8297; Cass. 5 dicembre 2008, n. 28860).

Inoltre, il carattere concertato della indicata procedura porta ad escludere che al datore di lavoro sia imputabile alcuna violazione degli obblighi di correttezza e buona fede, né per l'attivazione delle concertazioni né per il sollecito dell'avvio delle procedure interne.

3.- A questi, principi si è correttamente attenuta - con congrua e logica motivazione - la Corte territoriale che ha anche esattamente sottolineato come, nella suindicata situazione, sia del tutto irrilevante, ai fini del presente giudizio, l'assunto dei lavoratori sull'avvenuto svolgimento, da parte loro, di mansioni assimilabili a quelle della posizione organizzativa, in quanto all'epoca cui si riferiscono le domande (periodo antecedente il giorno 1 dicembre 2006) tale posizione non era ancora stata istituita.

4.- Tale ultima osservazione porta anche ad escludere l'ipotizzabilità di una discriminazione in danno dei ricorrenti per il fatto che le mansioni da loro svolte in epoca precedente alla data suindicata se fossero state eseguite dopo tale data avrebbero comportato la corresponsione della rivendicata indennità di posizione organizzativa.

4.1.- Al riguardo va, infatti, precisato che: a) dall'art. 17 del CCNL cit. risulta che l'attribuzione di una specifica indennità di posizione organizzativa è stata collegata al discrezionale conferimento ai dipendenti inseriti nell'ambito dell'Area C di "incarichi che, pur rientrando nell'ambito delle funzioni di appartenenza, richiedano lo svolgimento di compiti di elevata responsabilità";

b) non va, del resto, dimenticato che, come affermato dalle Sezioni unite di questa Corte, la posizione organizzativa non determina un mutamento di profilo professionale, che rimane invariato, né un mutamento di area, ma comporta soltanto un mutamento di funzioni, le quali cessano al cessare dell'incarico, trattandosi, in definitiva, di una funzione temporanea di alta responsabilità la cui definizione - nell'ambito della classificazione del personale di ciascun Comparto - è demandata dalla legge alla contrattazione collettiva e il cui conferimento, per come è strutturata la relativa disciplina (rivolta al personale non dirigente già inquadrato nelle aree e in possesso di determinati profili professionali), presuppone che le Amministrazioni abbiano attuato i principi di razionalizzazione previsti dal d.lgs. n. 165 del 2001 e abbiano ridefinito le strutture organizzative e le dotazioni organiche (Cass. SU 14 aprile 2010, n. 8836);

e) pertanto, l'eventuale attribuzione ai ricorrenti della responsabilità del processo non equivale allo svolgimento da parte loro di mansioni diverse da quelle proprie della loro qualifica, tanto più che le posizioni organizzative sono state istituite in epoca successiva, per le anzidette ragioni;

d) d'altra parte, per consolidato e condiviso orientamento di questa Corte, il principio espresso dall'art. 45 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, secondo il quale le Amministrazioni pubbliche garantiscono ai propri dipendenti parità di trattamento contrattuale, opera nell'ambito del sistema di inquadramento previsto dalla contrattazione collettiva e vieta trattamenti migliorativi o peggiorativi a titolo individuale, ma non costituisce parametro per giudicare le differenziazioni operate in quella sede, in quanto la disparità trova titolo non in scelte datoriali unilaterali lesive, come tali, della dignità del lavoratore, ma in pattuizioni dell'autonomia negoziale delle parti collettive, le quali operano su un piano tendenzialmente paritario e sufficientemente istituzionalizzato, di regola sufficiente, salva l'applicazione di divieti legali, a tutelare il lavoratore in relazione alle specificità delle situazioni concrete (vedi, per tutte: Cass. 10 gennaio 2014, n. 1037 e, nello stesso senso: Cass. SU 7 luglio 2010, n. 16038; Cass. SU 29 maggio 2012, n. 8520; Cass. 21 novembre 2013, n. 26140; Cass. 13 gennaio 2014, n. 472);

e) infine, secondo la costante giurisprudenza della Corte costituzionale, in linea generale, non contrasta, di per sé, con il principio di eguaglianza un trattamento differenziato applicato alle stesse fattispecie, ma in momenti diversi nel tempo, poiché il fluire del tempo può costituire un valido elemento di diversificazione delle situazioni giuridiche (fra le tante: Corte cost. sentenze n. 254 del 2014, n. 234 del 2007; ordinanze n. 25 del 2012, n. 224 del 2011, n. 61 del 2010, n. 170 del 2009, n. 212 e n. 77 del 2008).

4.2.- Ne consegue che è da escludere in radice la configurabilità di una discriminazione in danno degli attuali ricorrenti, data la non paragonabilità, a tali fini - per le molteplici ragioni suindicate - delle situazioni da loro messe a confronto.

III - Conclusioni

5.- In sintesi, il ricorso deve essere respinto. Le spese del presente giudizio di cassazione - liquidate nella misura indicata in dispositivo - seguono la soccombenza, dandosi atto della sussistenza dei presupposti di cui all'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in euro 100,00 (cento/00) per esborsi ed euro 5.000,00 (cinquemila/00) complessivi per compensi professionali, oltre accessori come per legge.

Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti principali, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.