Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 25 novembre 2015, n. 24105

Previdenza complementare - Fondi pensionistici - Trasferimento presso il Fondo di previdenza del nuovo datore di lavoro - Individuazione della posizione individuale

 

Fatto e diritto

 

La causa è stata chiamata all'adunanza in camera di consiglio del 7 ottobre 2015, ai sensi dell'art. 375 c.p.c., sulla base della seguente relazione, redatta a norma dell'art. 380 bis c.p.c.:

"Con sentenza del 27.3.2013, la Corte di appello di Bologna, in accoglimento del gravame proposto dal Fondo Pensioni del Personale della Banca Nazione del Lavoro ed in riforma della pronunzia del Tribunale dello stesso circondario, respingeva le domanda proposte da C.G. e da N.G. intese ad ottenere il trasferimento presso il Fondo di previdenza del nuovo datore di lavoro della contribuzione versata dalla parte appellante, precedente datrice di lavoro, al relativo fondo e condannava il Fondo di destinazione a restituire all'appellante quanto ricevuto in dipendenza della decisione di primo grado.

Rilevava il giudice del gravame che l'immediata applicabilità dell'art. 10 del d.Igs. 124/93, in punto di trasferibilità o riscatto delle relative posizioni previdenziali anche ai pregressi fondi di pensione complementare, con conseguente nullità di eventuali disposizioni statutarie contrastanti, era limitata ai soli regimi complementari a capitalizzazioni pura, nei quali cioè l'importo delle prestazioni era correlato unicamente alla contribuzione versata e che in tal senso era orientata la prevalente giurisprudenza di legittimità e di merito. Con riferimento al caso di specie osservava la Corte del merito che la contribuzione del 4%, contrariamente alle ritenute a carico del dipendente e pacificamente trasferite, ai sensi della disciplina statutaria di cui all'art. 27 ratione temporis vigente era destinata a confluire non già nel conto individuale del dipendente (contribuzione sulla base della quale era anche calcolata la prestazione), ma in un conto generale relativo, in ossequio al principio solidaristico, alla collettività indifferenziata degli iscritti.

Per la cassazione di tale decisione ricorrono il C. e la N., affidando l'impugnazione ad unico motivo. Entrambi i Fondi sono rimasti intimati.

I ricorrenti denunziano, in relazione all'art. 360, n. 3 c.p.c., violazione ed erronea applicazione degli artt. 10 e 18 del D.Igs 21.4.1993 n. 124, 2123 c.c., osservando che la lettura della previsione statutaria dell'art. 13 comma 4 nel senso della limitazione della restituzione all'iscritto dei soli contributi dallo stesso versati era da ritenere erronea in quanto fondata sull'inesatta individuazione della "posizione individuale" con quello che gli artt. 27 e 28 dello stesso Statuto definiscono come "conto individuale". Rileva che la posizione individuale del lavoratore risulta composta dai versamenti affluiti sul "conto individuale" e da una parte cospicua dei versamenti effettuati dal datore di lavoro sul "conto generale" e che lo Statuto non ponga la pretesa equazione tra posizione individuale e conto individuale che la Corte bolognese ha fatto propria. Evidenzia come il recente orientamento di legittimità sia nel senso che in tema di fondi previdenziali integrativi devono ritenersi ammessi il riscatto o, in alternativa, la portabilità della posizione previdenziale, ai sensi dell'art. 10 d.Igs. 21 aprile 1993 n. 124, da un fondo preesistente cd. a prestazione definita, che si avvale, ai fini della determinazione delle risorse necessarie, del meccanismo della ripartizione, ad un fondo a capitalizzazione individuale posto che anche nell'ambito dei fondi a ripartizione è enucleabile e quantificabile una posizione individuale, secondo le metodologie di calcolo elaborate dalla statistica e della matematica attuariale. Anche la evoluzione della produzione legislativa in materia (art. 3 d.Igs. 47/00, l'art. 1 comma 2 lett. e) punto 3 della legge delega n. 243/04 e art. 14 d.Igs. 252/05) è, secondo i ricorrenti, nel senso di svalutare integralmente l'opzione ermeneutica che esclude la portabilità ed il riscatto nell'ambito dei fondi a ripartizione, sia per la mancanza di una disciplina apposita per i fondi a prestazione definita, gestita secondo il sistema della ripartizione, sia perché l'argomento che fa leva sulla dato testuale del riferimento alla posizione individuale è connotato da assoluta fragilità.

Il ricorso è fondato.

E' di recente intervenuta sulla specifica questione pronunzia di questa Corte a s. u. 15.1. 2015 n. 477, che, a composizione del contrasto delineatosi tra l'orientamento espresso da Cass. 6042 e 6043/2008, Cass. 23.2.2010 n. 4369 e Cass. 30.7.2013 n. 18266 (pur nella varietà delle fattispecie esaminate) e quello contrario, favorevole alla portabilità, espresso da Cass. 19.12.2007 n. 26804, Cass. 21.3.2013 n. 7161, seguito da Cass. 23070/2013, Cass. 26614/2013 e, da ultimo, da Cass. 9.12.2013 n. 27438, ha affermato il principio alla cui stregua "Il D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, art. 10, (Disciplina delle forme pensionistiche complementari, a norma della L. 23 ottobre 1992, n. 421, art. 3, comma 1, lett. v)) si applica anche ai fondi pensionistici preesistenti all'entrata in vigore della legge delega (15 novembre 1992), quali che siano le loro caratteristiche strutturali e quindi non solo ai fondi a capitalizzazione individuale, ma anche a quelli a ripartizione o a capitalizzazione collettiva".

In particolare, la Corte a s. u. ha rilevato come la "posizione previdenziale" individuale, come già precisato da Cass. 17567/2002, è ciò che risulta dai finanziamenti indicati nel precedente art. 8 del decreto legislativo 124/1993, e cioè sia del lavoratore che del datore di lavoro.

Essa rappresenta il valore che, tenuto conto delle caratteristiche e della specifica disciplina di ciascuna forma pensionistica, il singolo iscritto ha maturato nel programma previdenziale, valore che è determinabile in relazione alla durata del periodo di iscrizione dell'interessato e dell'apporto contributivo.

Ha evidenziato che il "conto" individuale è, invece, concetto attinente alla modalità di gestione del patrimonio del fondo. Dopo una articolata disamina degli argomenti portati a sostegno della avversa opzione ermeneutica e dell'enunciazione di ragioni con quest'ultima contrastanti idonee alla relativa confutazione, anche con riguardo alla disciplina transitoria emanata (argomenti e ragioni per i quali si rimanda all'ampia motivazione di cui alla detta sentenza a s. u. n. 477/2015), la Corte ha conclusivamente evidenziato come tutti gli argomenti addotti per sostenere l'inapplicabilità della disciplina sulla portabilità ai fondi preesistenti a capitalizzazione collettiva o a ripartizione non apparissero convincenti. Ha osservato, in particolare, che le espressioni utilizzate, generali e prive di elementi che possano fondare differenziazioni di trattamento, indicano la volontà legislativa di riconoscere la portabilità con riferimento a tutti i fondi, nuovi e preesistenti, quali che siano i meccanismi di gestione. E ciò, pur avendo il legislatore ben presente la variegata morfologia e la sussistenza di elementi di diversità, che rendono a volte (non nel caso in esame) più complessa l'operazione di trasferimento quando il fondo non sia a capitalizzazione individuale, ma sia a ripartizione o a capitalizzazione collettiva. Ha, poi, rimarcato che la scelta si spiega probabilmente con il fatto che il legislatore considera la portabilità come uno degli strumenti fondamentali per garantire il perseguimento di "più elevati livelli di copertura previdenziale", che costituisce il principio guida della legge delega in materia di previdenza complementare (L. 23 ottobre 1992, n. 421, art. 3, lett. v)), ribadito nel decreto legislativo di attuazione (D.Lgs. 21 aprile 1993, n.124), nonché con la necessità di predisporre strumenti per consentire ai lavoratori, esposti al frammentarsi della vita lavorativa, di non subire, o quanto meno attenuare i contraccolpi sul versante previdenziale (cfr., in tali termini Cass. s. u. 477/2015 cit.).

Per quanto esposto e considerato, si propone l'accoglimento del ricorso e cassazione della sentenza impugnata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di merito, essendo pacifica l'individuazione della parte di contribuzione versata dal Fondo Pensioni del Personale della BNL in relazione alla posizione degli attuali ricorrenti, della quale era stata disposta la restituzione da parte della Cassa di Previdenza Dipendenti del Gruppo Credito Emiliano in favore della prima all'esito del giudizio di gravame, la causa può essere decisa nel merito, in conformità a quanto disposto dal giudice di primo grado".

Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio. Il difensore dei ricorrenti ha depositato nota spese. Il Collegio ritiene di condividere integralmente il contenuto e le conclusioni della riportata relazione e concorda, pertanto, sull'accoglimento dello stesso. La sentenza impugnata va pertanto cassata, e potendo la causa essere decisa nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, si confermano le statuizioni del giudice di primo grado quanto al disposto trasferimento presso il Fondo di previdenza complementare del nuovo datore di lavoro delle ricorrenti della contribuzione a carico del Fondo BNL (quota del 4% a carico della Banca).

Si ritiene che sussistano valide ragioni per compensare per intero le spese dell'intero, attesa l'esistenza dell'evidenziato contrasto giurisprudenziale, composto solo dal recente intervento delle S.U., successivo al presente ricorso per cassazione.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata e, decidendo nel merito, conferma le statuizioni del giudice di primo grado, compensando tra le parti le spese dell'intero processo.