Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 25 novembre 2015, n. 24063

Contratto di società - Appalti pubblici - Realizzazione di un'operazione comune - Incremento dell’efficienza produttiva - Condizioni

 

Svolgimento del processo

 

Con ricorso in riassunzione innanzi al giudice del lavoro di Lecce depositato in data 12/3/07 C. M., in proprio e quale titolare dell'omonima impresa, esponeva di aver proposto opposizione all'esecuzione nei suoi confronti iniziata da M.L., sul rilievo della propria carenza di legittimazione passiva, atteso che la sentenza resa dal Tribunale di Lecce in funzione di giudice del lavoro posta in esecuzione, aveva condannato esclusivamente l'ATI (...) C. e M., nonché il C.N. s.r.l. (alle cui dipendenze era stato assunto il M.), al pagamento di differenze retributive in favore del M..

Deduceva, inoltre, che la Corte d'Appello di Lecce aveva sospeso l'esecuzione della sentenza di primo grado per le somme eccedenti dodicimila euro, sicché illegittima doveva ritenersi l'esecuzione della sentenza di primo grado per somme superiori a detto importo. Sulla scorta di tali premesse, invocando altresì il beneficium excussionis nei confronti della ATI, chiedeva dichiararsi illegittima la proposta esecuzione.

Si costituiva il M., il quale deduceva che il precetto notificato unitamente alla sentenza di primo grado, riguardava l'ATI C. e M. nonché M. A. nella qualità di titolare della omonima ditta associata all'ATI; C. M. nella qualità di titolare della omonima ditta mandataria dell'ATI, ed il C.N. s.r.l. Rimarcava che il C. si era costituito nell'atto di riassunzione in proprio e quale rappresentante dell'impresa individuale e concludeva per l'inammissibilità e/o l'infondatezza della opposizione.

Il giudice adito, con sentenza del 13/3/09 respingeva l'opposizione, fondando il proprio argomentare sul rilievo essenziale che l'atto di pignoramento in data 11/4/06 aveva riguardato oltre l'ATI ed il C.N. s.r.l. in liquidazione, anche i titolari delle ditte individuali associate.

Legittima era pertanto da ritenersi l'esecuzione intrapresa nei confronti del ricorrente giacché in materia di ATI, le imprese riunite, ai sensi dell'art. 13 comma 2 l. 109/94, erano ritenute solidalmente responsabili non solo nei confronti della Amministrazione appaltante, ma anche dei fornitori. Tanto in considerazione altresì della circostanza che la ditta individuale C., oltre che impresa associata, rivestiva anche il ruolo di impresa mandataria dell'ATI.

Avverso tale decisione interpone ricorso per cassazione C.M., in proprio e quale titolare dell'omonima ditta individuale, affidato a due motivi trasfusi in quesiti di diritto ed illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c..

Resiste con controricorso il M..

 

Motivi della decisione

 

1. Con il primo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione del d.lgsl. 12/4/06 n. 163 nonché dell'art. 13 l. 11/2/09 n. 163, in relazione all'art. 360 comma primo n. 3 c.p.c. nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione ex art. 360 comma primo n. 5 c.p.c.

Si deduce che ai sensi dell'art. 13 l. 109/94, "l'offerta dei concorrenti associati o dei consorziati di cui al comma 1 determina la loro responsabilità solidale nei confronti dell'Amministrazione nonché nei confronti delle imprese subappaltanti e dei fornitori" e non già verso i dipendenti delle imprese associate. In tal senso si paleserebbe l'errore della sentenza impugnata laddove ha rimarcato la sussistenza della responsabilità solidale delle imprese riunite in ATI, non solo nei confronti della stazione appaltante, ma anche verso i "fornitori", responsabilità gravante sull'impresa C., in via ulteriore, anche in quanto mandataria dell'ATI.

1.2 Si argomenta inoltre che se, alla stregua della disciplina dell'istituto della ATI, la responsabilità civile propria di ciascun partecipante all'ATI nei confronti dei terzi per fatti inerenti alla propria gestione, non può gravare sulla stessa ATI (come riconosciuto dalla Corte di Appello di Lecce), a fortiori detta responsabilità non può ricadere in sede esecutiva sulle imprese associate diverse da quella formalmente datrice di lavoro.

2. Il motivo è privo di pregio.

Occorre premettere, per un ordinato iter motivazionale, che le A.T.I. quali forme collaborative fra imprese, rinvengono le proprie radici nelle c.d. joint ventures di matrice anglosassone, quali modelli superindividuali di organizzazione economica. Le imprese, come sottolineato in dottrina, associandosi tra di loro per la realizzazione di un'operazione comune non realizzabile dalle stesse uti singuli considerate, riescono ad accrescere i propri livelli di redditività, incrementare la propria efficienza produttiva e acquisire altro spazio sul mercato, limitandone e ripartendone i rischi.

Tra la legislazione di settore che si è occupata di forme di raggruppamento di imprese spicca quella sugli appalti per l'esecuzione dei lavori pubblici (l. 109/1994), applicabile alla fattispecie qui scrutinata.

2.1 Va segnalato al riguardo che proprio in tale ambito sono intervenute le prime decisioni di questa Corte che hanno riconosciuto e definito quello di associazione temporanea di imprese come contratto innominato diretto a realizzare interessi meritevoli di tutela.

E' stata infatti sancita l'ammissibilità nel nostro ordinamento "del contratto associativo atipico, distinto dal contratto di società, con il quale le parti pongono in essere un vincolo soltanto interno, non esteriorizzato e senza costituire un'impresa autonoma dotata di un proprio patrimonio distinto da quello dei singoli associati, avente per oggetto la gestione in comune di un appalto di cui una delle parti risulti aggiudicataria" (Cass. civ. 24-2-1975 n. 681). Le principali caratteristiche del nuovo contratto erano individuabili da un lato, nell'autonomia economica giuridica e negoziale di ogni impresa partecipante, dall'altro nella presenza di una minima organizzazione destinata a svolgere compiti di coordinamento tra le imprese e in nessun modo idonea a far assurgere il gruppo a centro autonomo di impresa, rimanendo ferme, quindi, le singole individualità giuridiche.

2.2 Dall'analisi della legislazione di settore, come osservato in dottrina, si rileva, quindi, come la disciplina sull'ATI sia volta a regolare essenzialmente le modalità di coordinamento tra le imprese per l'esecuzione dei lavori e i loro rapporti con l'esterno.

In particolare, la legge quadro in materia di lavori pubblici, l. 109/1994, prevede espressamente, tra i soggetti ammessi a partecipare alle procedure di affidamento dei lavori pubblici, le associazioni temporanee di concorrenti identificabili in società, commerciali o cooperative, imprese individuali, consorzi e società consortili che abbiano conferito mandato collettivo speciale con rappresentanza ad uno di esse, qualificata capogruppo, la quale esprime l'offerta in nome e per conto proprio e dei mandanti (art. 10 l. 109/94). A riprova della neutralità della disciplina approntata dal legislatore in materia di ATI, la disposizione citata si limita a richiedere l'esistenza di un mandato tra l'associazione costituita e una delle imprese partecipanti al fine di regolamentare i rapporti tra la stazione appaltante e il gruppo, astenendosi però dal disciplinare gli aspetti interni allo stesso.

La stessa normativa speciale in esame, poi, chiarisce che il rapporto di mandato non determina di per sé organizzazione o associazione delle imprese riunite, ognuna delle quali conserva la propria autonomia ai fini della gestione, degli adempimenti fiscali e degli oneri sociali (art. 95 D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554 - Regolamento di attuazione della legge quadro in materia di lavori pubblici).

2.3 Dalle disposizioni citate, quindi, emerge la volontà del legislatore di affiancare alle tradizionali figure associative tra imprese - consorzi e società consortili - una nuova figura di coordinamento e cooperazione nettamente distinta dalle stesse. L'ATI è caratterizzata dall'occasionalità, temporaneità e limitatezza del raggruppamento che non consentono alla stessa, è bene ribadire, di creare un nuovo soggetto giuridico, né una nuova associazione.

Così configurato, il raggruppamento di imprese previsto in materia di appalti pubblici, si sostanzierebbe quindi in un rapporto contrattuale basato su un mandato con rappresentanza gratuito ed irrevocabile, conferito da una o più imprese, collettivamente, ad altra impresa "capogruppo" legittimata a compiere, nei rapporti con l'amministrazione, ogni attività giuridica connessa o dipendente dall'appalto e produttiva di effetti giuridici direttamente nei confronti delle imprese mandanti sino all'estinzione del rapporto, salva restando l'autonomia negoziale delle imprese riunite per quanto riguarda la gestione dei lavori ad esse affidati (in tali sensi, vedi Cass. Civ. 11-5-1998 n. 4728).

2.4 In tal senso, questa Corte ha altresì precisato (vedi Cass. 29-12-2011 n. 29737) che in tema di ATI, il potere di rappresentanza, anche processuale, spetta all'impresa mandataria o "capogruppo" esclusivamente nei confronti della stazione appaltante, per le operazioni e gli atti dipendenti dall'appalto, e non si estende anche nei confronti dei terzi estranei a quel rapporto, atteso che la presenza di tale mandato collettivo non determina un centro autonomo di imputazione giuridica, essendo esso finalizzato ad agevolare l'amministrazione appaltante nella tenuta dei rapporti con le imprese appaltatrici.

Detti principi appaiono consolidati nella giurisprudenza di questa Corte che ha in più occasioni ribadito (vedi Cass.20-05-2010 n. 12422, ed in motivazione Cass. 17-09-2005 n. 18441) come l'associazione temporanea di due o più imprese nell'aggiudicazione ed esecuzione di un contratto di appalto di opere pubbliche sia fondata su di un rapporto di mandato con rappresentanza, gratuito ed irrevocabile, conferito da una o più imprese, collettivamente, ad altra impresa "capogruppo" legittimata a compiere, nei rapporti con l'amministrazione, ogni attività giuridica connessa o dipendente dall'appalto e produttiva di effetti giuridici direttamente nei confronti delle imprese mandanti sino all'estinzione del rapporto. Come si evince dal chiaro dettato della disposizione di legge di cui all'art. 23, comma 9, del D. Lgs. 19 dicembre 1991, n. 406, il mandato con rappresentanza in questione concerne solo il rapporto della società capogruppo con la P.A., non i rapporti con i terzi.

3. Nel contesto della disciplina dell'istituto, come delineato alla luce delle linee interpretative tracciate dalla dottrina e dai concordi approdi della giurisprudenza di legittimità, s'inserisce la problematica qui scrutinata, inerente alla responsabilità dell'impresa mandataria dell'ATI, in relazione ai crediti vantati dal singolo dipendente di una delle imprese associate. La disposizione normativa di riferimento, applicabile alla fattispecie ratione temporis, è costituita dall'art. 13 comma 2 l. 109/94 secondo cui "l'offerta dei concorrenti associati o dei consorziati di cui al comma 1 determina la loro responsabilità solidale nei confronti dell'amministrazione nonché nei confronti delle imprese subappaltanti e dei fornitori".

3.1 Nello specifico, il controricorrente, dipendente del C.N. s.r.l., ha notificato atto di pignoramento nei confronti di C. M. quale legale rappresentante dell'ATI e titolare dell'impresa individuale mandataria dell'ATI medesima. Considerato che egli ha svolto la propria attività lavorativa nel contesto dell'appalto relativo alla gestione della Darsena sita in Lecce alla località San Cataldo, può accedersi ad una interpretazione estensiva del concetto di "fornitori" nei quali l'attività di lavoro resa dal dipendente della società addetta si atteggia quale oggetto della fornitura resa per la realizzazione dell'opera pubblica, la prestazione lavorativa ponendosi quale elemento indispensabile al fine dell'esecuzione delle opere appaltate. La particolare protezione dell'attività lavorativa svolta per la realizzazione dell'opera pubblica, risulta, poi, anche dall'art. 8 terzo comma, l. n. 109/1994 che tra i requisiti per la partecipazione alle gare d'appalto, pone la "regolarità contributiva e contrattuale".

In tal senso, può essere confermata la sentenza impugnata.

4. Con il secondo mezzo di impugnazione si denuncia violazione dell'art. 2304 c.c. in relazione all'art. 360 comma primo n. 3 nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 comma primo n. 5 c.p.c. Si lamenta che il creditore abbia agito direttamente nei confronti dell'impresa associata, senza avere previamente intrapreso l'azione esecutiva nei confronti dei beni sociali della associazione di imprese.

4.1 Il motivo è privo di fondamento, ove si consideri che il ricorrente non ha ottemperato all'onere, su di lui gravante, di dimostrare l'esistenza di un patrimonio autonomo della società da escutere previamente.

In definitiva, il ricorso è respinto.

La novità delle questioni trattate giustifica, infine, l'integrale compensazione fra le parti delle spese inerenti al presente giudizio di cassazione.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Compensa fra le parti le spese del presente giudizio.