Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 24 novembre 2015, n. 23900

Tributi - Condoni - Definizione automatica ex art. 9, L. n. 289/2002 - Tardivo versamento di una rata del condono - Condonabilità ex art. 9-bis, L. n. 289/2002 - Esclusione - Versamento entro i termini prorogati dal d.m. 8 aprile 2004 - Validità del condono ed esclusione di maggiori sanzioni

 

«L’Agenzia delle Entrate ricorre contro il sig. C.M. per la cassazione della sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo, riformando la sentenza di primo grado, ha annullato una cartella avente ad oggetto l’importo, maggiorato delle sanzioni e degli interessi, della rata scaduta il 30.11.03 del condono ex art. 9 l. 289/02, di cui il contribuente si era a suo tempo avvalso.

La Commissione Tributaria Regionale - dato atto che le somme dovute a titolo di imposta (e in parte quelle dovute a titolo di interessi) avevano formato oggetto di sgravio, per avere il contribuente integralmente pagato, ancorché fuori termine, la suddetta rata di condono, avvalendosi del condono di cui all’articolo 9 bis della stessa legge 289/02 - giudicava non dovute le somme iscritte a ruolo a titolo di sanzioni (e di residui interessi), ritenendo che "nella seconda domanda di sanatoria ben potesse rientrare il versamento della rata in scadenza al 30.11.03" e affermando che la complessità della materia induceva, per ragioni equitative, a "far prevalere l'aspetto sostanziale dell’avvenuto pagamento".

Il ricorso della difesa erariale si fonda su due mezzi.

Con il primo mezzo si denuncia la violazione degli articoli 9 e 9 bis l. 289/02 e dell’articolo 1, comma secondo, d.l. 143/03 in cui la Commissione Tributaria Regionale sarebbe incorsa ritenendo che il condono effettuato dal contribuente ai sensi dell’articolo 9 bis I. 289/02, avvalendosi della riapertura dei relativi termini recata dal decreto legge n. 143/03, avente ad oggetto l’importo dovuto titolo di rata (scaduta il 30.11.03) di un precedente condono ex art. 9 I. 289/02 del quale pure il contribuente si era avvalso ("condono su condono"), fosse idoneo ad estinguere l’obbligo di pagamento delle sanzioni dovute per l’inosservanza del termine di versamento della suddetta rata dell’originario condono ex art. 9 l. 289/02.

Con il secondo mezzo si denuncia la violazione degli articoli 8 D.Lgs. 546/92 e 10 L. n. 212/02, nonché degli articoli 9 e 9 bis l. 289/02, dell’articolo 1, comma secondo, d.l. 143/03 e dell’articolo 2967 cc in cui la Commissione Tributaria Regionale sarebbe incorsa ritenendo che la complessità della materia dovesse indurre equitativamente a "far prevalere l'aspetto sostanziale dell'avvenuto pagamento", così escludendo l’applicazione delle sanzioni.

Prima di passare all’esame dei mezzi di ricorso proposti dalla difesa erariale è opportuno riepilogare la disciplina della materia.

Al riguardo si osserva che l'articolo 9 della legge n. 289/02 prevedeva la possibilità di beneficiare della definizione automatica per gli anni pregressi per i periodi di imposta per i quali i termini di presentazione delle dichiarazioni fiscali fossero scaduti entro il 31.10.02 (vale a dire, sostanzialmente, per gli anni d'imposta fino al 2001) presentando un’apposita dichiarazione e versando l'importo previsto dallo stesso articolo entro un termine fissato mediante rinvio all'articolo 8, terzo comma, della stessa legge n. 289/02; termine che nel testo originario di quest'ultima disposizione era quello del 16 marzo 2003 e che fu poi modificato in quello del 16 aprile 2003 dall'articolo 5 bis, primo comma, del decreto legge n. 282/02, convertito con la legge n. 27/03. Il comma 12 del medesimo articolo 9 - nel testo risultante dalla modifica apportata dal già citato articolo 5 bis, primo comma, del decreto legge n. 282/02

- prevedeva altresì che, qualora il versamento dovuto eccedesse l’importo di € 3.000 per le persone fisiche e di € 6.000 per gli altri soggetti, il contribuente potesse versare l’eccedenza in due rate di pari importo da versare entro i termini del 30 novembre 2003 e del 20 giugno 2004.

Tutti tali termini sono stati successivamente prorogati.

In particolare, il termine per il versamento iniziale è stato prorogato dal 16.4.03 al 16.4.04 dall’articolo 1, comma 2, del decreto legge n. 143/03, convertito con la legge 212/03 (nel testo risultante all'esito delle modifiche apportate prima dalla legge di conversione, poi dall’articolo 34 del decreto legge n. 269/03, convertito con la legge n. 326/03, e, infine, dall’articolo 23 decies del decreto legge n. 355/03, convertito con la legge 47/04).

I termini per il versamento delle due rate in cui era possibile frazionare il pagamento dell'importo eccedente le soglie di 3.000 o 6.000 euro - fissati al 30.11.03 e al 20.6.04 nel comma 12 dell'articolo 9 - sono stati a propria volta prorogati dal Ministero dell’economia e delle finanze una prima volta alle date del 21.6.04 e del 16.9.04 (con decreto ministeriale del 16.1.2004, emesso nell’esercizio della delega contenuta nell’articolo 1, comma secondo, del decreto legge 143/03) ed una seconda volta alle date del 20.7.04 e del 18.10.04 (con decreto ministeriale dell’8.4.2004, emesso nell’esercizio della delega contenuta nell’articolo 23 decies, comma quinto, del decreto legge 355/03).

Infine l'articolo 2, comma 44, della legge 350/03 (legge finanziaria 2004) ha esteso l’applicabilità delle disposizioni dell'articolo 9 I. 289/02 all'anno di imposta 2002 (e, precisamente, "al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2002, per il quale le dichiarazioni sono state presentate entro il 31 ottobre 2003"), fissando al 16 aprile 2004 il termine per il versamento del dovuto, consentendo nuovamente la rateizzazione degli importi eccedenti le soglie di euro 3.000 (per le persone fisiche) o 6.000 (per gli altri soggetti) e rimettendo la fissazione delle scadenze di tali rate al medesimo decreto del Ministero dell'economia e delle finanze la cui emanazione era stata prevista dal secondo comma dell’ articolo 1 del decreto legge 143/03; dette scadenze sono poi state fissate, nei già menzionati decreti ministeriali del 16.1.2004 e dell’8.4.2004, alle medesime date delle scadenze della rate previste per coloro che si fossero avvalsi della proroga dei termini prevista dal decreto legge n. 143/03.

Svolte tali premesse normative, è possibile procedere all’esame del primo mezzo di ricorso, che va giudicato solo in parte fondato.

In particolare, è certamente fondata la censura mossa dalla difesa erariale all’affermazione della sentenza gravata che nella seconda domanda di condono sarebbe potuto rientrare quanto dovuto a titolo di rata di un condono precedente; tale affermazione contrasta infatti con il principio, già espresso da questa Corte con la ordinanza n. 22065/11, secondo cui "La definizione agevolata di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 9 bis come modificato dalla L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 45 non può avere ad oggetto le rate di una precedente istanza di definizione, presentata ai sensi della medesima norma, rimaste insolute".

Ed infatti, come persuasivamente argomenta la motivazione di detta ordinanza, la portata della sanatoria introdotta dall'art. 9 bis l. 289/02 ha un ambito ben definito dal legislatore ("le imposte o le ritenute risultanti dalle dichiarazioni annuali") e non può estendersi fino a ricomprendervi imposte risultanti da atti totalmente diversi, quale la dichiarazione integrativa proposta ai sensi dell’articolo 9 l. 289/02.

La ribadita impossibilità di sottoporre a definizione agevolata ex art. 9 bis l. 289/02 debiti tributari derivanti da una precedente domanda di condono non chiude, tuttavia, la questione in esame.

Va infatti qui ribadito l’orientamento di questa Corte secondo cui, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso dell’Agenzia delle entrate, in tema di condono fiscale, ed alla stregua di un’interpretazione costituzionalmente orientata che non svantaggi il contribuente più diligente, deve ritenersi che la proroga dei termini di pagamento delle due rate di cui all'art. 9, comma 12, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, operi anche per coloro che abbiano effettuato il versamento iniziale anteriormente all'entrata in vigore del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, dovendosi intendere l'art. 1, comma 2, lett. e), del d.m. 8 aprile 2004, secondo cui la proroga è limitata ai soli contribuenti che, a quella data, non abbiano effettuato versamenti utili per la definizione degli adempimenti e degli obblighi tributari di cui al citato art. 9 (tra gli altri) nel senso che i versamenti "utili" sono solo quelli immediatamente estintivi degli obblighi, ossia quelli effettuati in un'unica soluzione (sentt. nn. 8615/14, 26709/13).

In definitiva, quindi, se va esclusa la possibilità di sottoporre a definizione agevolata ex art. 9 bis l. 289/02 importi dovuti in base ad una precedente domanda di condono, deve però ribadirsi che il versamento delle rate del condono di cui all’articolo 9 I. 289/02 non può considerarsi tardivo quando avvenga, pur dopo i termini originari, comunque entro i termini prorogati dal d.m. 8 aprile 2004; e ciò anche se il contribuente abbia effettuato il versamento iniziale anteriormente all'entrata in vigore del d.l. 30 settembre 2003, n. 269.

Il primo mezzo di ricorso va quindi accolto nei termini sopra precisati.

Il secondo mezzo è pur esso fondato. Secondo il costante insegnamento di questa Corte, la rilevanza dell'errore scusabile dipendente da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione della norma tributaria - prevista dall’articolo 10, terzo comma, della legge 212/00 quale presidio del principio di collaborazione e di buona fede al quale sono improntati rapporti tra contribuente amministrazione finanziaria - presuppone una incertezza normativa oggettiva, vale a dire una condizione di dubbio non evitabile sul contenuto, sull'oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ovverosia l'insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso il procedimento d'interpretazione normativa, riferibile non già ad un generico contribuente, o a quei contribuenti che per la loro perizia professionale siano capaci di interpretazione normativa qualificata (studiosi, professionisti legali, operatori giuridici di elevato livello professionale), e tanto meno all'Ufficio finanziario, ma al giudice, unico soggetto dell'ordinamento cui è attribuito il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione (sentenze nn. 2192/12, 4683/12, 13457/12, 3245/13). La Commissione Tributaria Regionale ha fatto mal governo di tali principi, perché ha ritenuto di dover escludere l’applicazione delle sanzioni senza alcuna valutazione in ordine alla esistenza di una incertezza normativa oggettiva, bensì sulla scorta di una valutazione equitativa fondata sul generico apprezzamento di "complessità della materia".

Entrambi i mezzi di ricorso vanno quindi accolti e la sentenza gravata va cassata con rinvio al giudice territoriale che, in osservanza dei principi sopra enunciati, verificherà se il contribuente abbia versato le rate del condono ex art. 9 l. 289/02 entro i termini prorogati dal d.m. 8 aprile 2004 o dopo lo spirare di detti termini e solo nella prima ipotesi giudicherà non dovute le sanzioni (e gli ulteriori interessi) posti in riscossione con la cartella per cui è causa, trattandosi, in tale ipotesi, di versamenti da considerare tempestivi (ancorché posteriori alla scadenza dei termini originari), pur nel caso in cui il contribuente avesse effettuato versamenti utili ai fini del suddetto condono in epoca anteriore all'entrata in vigore del decreto legge 30 settembre 2003».

Che il contribuente non si è costituito in questa sede; che la relazione è stata notificata alla ricorrente; che non sono state depositate memorie difensive;

- che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide gli argomenti esposti nella relazione;

- che, pertanto, si deve accogliere il ricorso e cassare con rinvio la sentenza gravata.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza gravata e rinvia ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo, che regolerà anche le spese del presente giudizio.