Giurisprudenza - CONSIGLIO DI STATO - Parere 22 ottobre 2015, n. 2871

Investimenti delle risorse finanziarie degli enti previdenziali

 

Premesso

 

L’articolo 14 del decreto legge indicato in oggetto (con il quale si è completato il quadro normativo di riferimento degli enti previdenziali ed è stato attribuita alla COVIP la funzione di vigilanza sui predetti enti e di referto nei confronti dei Ministeri competenti dell’economia e delle finanze e delle politiche sociali e del lavoro), al comma 3 stabilisce che il Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con quello del lavoro e delle politiche sociali, e sentita la COVIP, adotti un regolamento con il quale vengano dettate norme in materia di:

a) investimento delle risorse finanziarie degli enti previdenziali; b) di conflitto di interessi; c) di soggetto depositario, sulla base delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti per le forme di previdenza complementare, che hanno formato oggetto recentemente di profonda revisione con il DM n. 166 del 2 dicembre 2014, pubblicato nella G.U. della Repubblica italiana del 13.11.2014.

Lo schema di regolamento in esame rappresenta pertanto l’aggiornamento delle norme contenute nel decreto del Ministro dell’economia e delle finanze n. 166 del 2 settembre 2014, adottato di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, riguardante i criteri e i limiti di investimento delle risorse dei fondi pensione e le regole in materia di conflitti di interesse, sul quale questa Sezione ebbe ad esprimere il proprio parere nell’Adunanza del 23 gennaio 2014.

Riferisce l’Amministrazione che lo schema di decreto sottoposto all’esame del Collegio si propone di tracciare un quadro di riferimento prudenziale per gli enti previdenziali interessati, nei confronti dei quali vengono dettate specifiche disposizioni allo scopo di regolarne l’attività in modo da assicurare una gestione delle risorse finanziarie disponibili finalizzata a realizzare i migliori risultati possibili sul piano della redditività degli investimenti con il minimo rischio, con l’obiettivo di conservare e rafforzare la capacità patrimoniale e la stabilità finanziaria di detti enti e garantire in definitiva la tutela degli interessi degli aderenti. Ne consegue, come espressamente dichiarato dall’Amministrazione, che l’intero impianto del regolamento si muove sostanzialmente nel solco di principi ispirati al concetto di gestione prudenziale delle risorse e di sana amministrazione, nonché di elevata professionalità degli operatori per ottimizzare il rapporto redditività-rischio anche mediante specifiche restrizioni e limiti quantitativi degli investimenti in taluni servizi sempre con l’obiettivo di diversificare l’impiego delle risorse e di ridurre il rischio.

Lo schema in esame prevede forme di investimento dirette e indirette; in quest’ultimo caso gli enti previdenziali operano a mezzo di apposite convenzioni con le quali le risorse da investire vengono affidate ad operatori autorizzati a svolgere le funzioni di depositario a norma dell’art. 47 del decreto legislativo 28 febbraio 1998, n. 58, cosicché tra le norme contenute nello schema di regolamento assumono particolare rilievo quelle che riguardano i limiti agli investimenti, quelle che disciplinano le attività e i compiti affidati ai predetti depositari, e quelle relative ai conflitti di interesse, rispettivamente dettate dagli articoli 9, 10 e 11 del testo.

In particolare, con riferimento alla selezione dei soggetti gestori e dei depositari nell’ambito della gestione indiretta, l’Amministrazione, pur prevedendo nell’articolato l’applicazione del codice dei contratti di cui al decreto legislativo n. 163/2006, solleva in ordine all’applicazione di detto codice dubbi e perplessità, stante l’esclusione dal suo ambito dei contratti aventi ad oggetto i servizi finanziari. Invero, nella relazione illustrativa che accompagna lo schema il Ministero riferente si interroga su tale specifico profilo sottolineando i possibili margini di incertezza derivanti a suo avviso " da una non esaustiva definizione dei "servizi finanziari" all’interno dello stesso codice degli appalti, da cui derivano dubbi interpretativi circa la reale portata dell’ambito di applicazione sul piano oggettivo, cosicché in definitiva lo stesso Dicastero si affida al giudizio di questa Sezione chiedendo esplicitamente che si pronunci sulla questione.

Lo schema di decreto si compone di 13 articoli; su di esso si sono espressi il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il quale con nota n. 29/0004317IL del 15.09.2015 ha manifestato il concerto, e la COVIP, che con nota prot. n. 4010 del 28 maggio 2015, ha manifestato un parere complessivamente favorevole non senza evidenziare tuttavia osservazioni e suggerimenti su talune specifiche disposizioni.

 

Considerato

 

La Sezione, esaminati gli atti, rileva preliminarmente che lo schema di regolamento in argomento nel suo complesso corrisponde alle finalità perseguite dal legislatore indicate nell’articolo 14, comma 3, del decreto-legge n. 98/2011 convertito dalla legge n. 111/2011; ritiene tuttavia che appare utile soffermarsi su taluni profili di rilevante interesse, per i quali si rendono necessari interventi correttivi e modifiche sia sul piano formale che sostanziale.

Nei sensi indicati, pertanto, sono di seguito esposte considerazioni e osservazioni distintamente per gli aspetti formali e sostanziali del testo.

Quanto al primo punto il Collegio osserva in primo luogo che il concerto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, per il suo stesso contenuto che lo distingue da un mero parere eventualmente espresso da Ministeri non concertanti, dovrebbe essere sottoscritto dall’organo politico o, quanto meno, "d’ordine del Ministro", mentre reca la firma del Capo dell’Ufficio legislativo del Dicastero.

Con riferimento, poi, al preambolo dello schema di regolamento in esame, ritiene che esso risulta oltremodo ridondante e dovrebbe essere riformulato limitando i riferimenti normativi ivi indicati a quelli essenziali e riordinandoli cronologicamente.

Per quanto attiene ai profili di carattere sostanziale la Sezione considera opportuno soffermarsi preliminarmente sulla questione di fondo sollevata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.

A tale riguardo il Collegio rileva in primo luogo che l’Amministrazione, nel sottoporre all’esame del Consiglio di Stato una problematica che ritiene suscettibile di diverse interpretazioni non può limitarsi, come nel caso in esame, ad evidenziare perplessità ed incertezze, ma è tenuta comunque a manifestare un proprio orientamento, sia pure in termini dubitativi.

Osserva inoltre che la Commissione di vigilanza sui fondi pensione con nota n. 4010 del 28 maggio 2015, nell’esprimere il prescritto parere sullo schema di regolamento, si è soffermata specificamente sul punto facendo riferimento espressamente ad un parere reso dall’Avvocatura generale dello Stato al Ministero con il quale conclusivamente ritiene inapplicabili al caso di specie le disposizioni del decreto legislativo n. 163/2006.

In disparte la singolarità della circostanza ora richiamata, la Sezione ritiene con riguardo alla conclusione cui è pervenuta l’Avvocatura generale dello Stato, che taluni elementi sembrano confortare la tesi della inapplicabilità alla scelta dei gestori e dei depositari (nell’ambito della gestione indiretta) delle disposizioni del codice dei contratti anche se in senso contrario deporrebbe, invece, ad avviso del Ministero, lo stesso disposto dell’art. 19, comma 1, del codice, il quale esclude i servizi finanziari dal novero di quelli per i quali è prescritto il ricorso alle procedure di evidenza pubblica atteso che la questione sottoposta al giudizio del Collegio si incentra sostanzialmente proprio sulla qualificazione o meno dell’attività svolta dai gestori nell’ambito della gestione indiretta quali "servizi finanziari". Ad avviso del Collegio, tale attività non dovrebbe essere esentata dal ricorso a procedure di evidenza pubblica dal momento che "il servizio" affidato al gestore non sembra rientrare tra quelli indicati nell’art. 19, comma 1, del codice né può considerarsi ricompreso tra i "servizi finanziari" in senso proprio; invero nel caso in esame un elemento tendente ad escludere la natura di "servizio finanziario" è costituito dal fatto che è il gestore che amministra le risorse in piena autonomia (vedi l’art. 4, c.1, lett. c) che consente la delega del diritto di visto e art. 4, c. 2, che consente anche accordi derogatori circa la titolarità dei valori, allorché il gestore garantisca il capitale e il rendimento, dal che consegue che l’ente previdenziale è tutelato esclusivamente quanto al corrispettivo del capitale). Altro elemento nel senso testè indicato è costituito dal fatto che il gestore percepisce commissioni, dal che si evince che il rapporto che intercorre con l’ente previdenziale forma oggetto di un contratto ad hoc nell’ambito del quale l’ente detta esclusivamente le linee di indirizzo, mentre il gestore amministra in piena autonomia le risorse da investire. Peraltro, poiché nella gestione indiretta il gestore opera su mandato, sembrerebbe da escludere nel caso di specie che l’oggetto della convenzione possa configurarsi come "servizio finanziario".

Da ultimo anche l’analisi dei contenuti dell’art. 7 dello schema, concernente il documento della politica di investimento e i controlli dei Ministeri vigilanti e della COVIP, sembra addurre ulteriori elementi a sostegno della non applicabilità delle disposizioni del codice dei contratti.

In particolare - premesso che l’intera materia è ispirata all’obiettivo di gestione previdenziale degli investimenti e di riduzione del rischio - va rilevato che il comma 10 del citato art. 7 reca disposizioni riguardanti i casi di affidamento a terzi dell’attività di investimento e a tal fine esige da un lato opportune misure per mitigare i relativi rischi, dall’altro che nel corso della gestione indiretta l’esternalizzazione dell’attività di investimento non pregiudichi l’attività di controllo, riservando comunque la responsabilità finale di tale attività all’ente previdenziale. Orbene, sulla base di tali premesse sembra potersi affermare che, in ordine alla selezione del gestore, la sola procedura di evidenza pubblica sia in grado di assicurare una adeguata tutela degli interessi dell’ente previdenziale e degli aderenti e il perseguimento degli obiettivi indicati, nonché di garantire appieno il controllo sui procedimenti di esternalizzazione.

Tutto ciò premesso il Collegio, pur propendendo, per i motivi esposti, per la tesi della applicabilità alla scelta dei gestori e dei depositari delle procedure di evidenza pubblica, tenuto conto che la questione sollevata dall’Amministrazione investe indirettamente la competenza dell’Autorità di vigilanza sui contratti, ora confluita nell’ambito dell’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), ritiene opportuno preliminarmente acquisire sul punto il parere di detto organismo.

Con riguardo agli altri profili sostanziali dello schema di regolamento in esame il Collegio rileva altresì quanto segue:

a) circa il parere della COVIP non può sottacersi, che mentre l’Amministrazione si è più volte conformata alle osservazioni e ai suggerimenti espressi dalla Commissione, nel caso presente non ha ritenuto di adeguarsi alle osservazioni esposte nella richiamata nota del 28 maggio 2015; tali osservazioni ad avviso del Collegio, assumono particolare rilievo essendo riferite a disposizioni per così dire "sensibili" del testo in rapporto ai conclamati obiettivi di gestione prudenziali e di riduzione dei rischi, e sono per ciò stesso ritenuti dalla Sezione pienamente condivisibili (vedi ad es. le argomentazioni svolte con riferimento all’art. 9, comma 1, dello schema in materia di limiti agli investimenti di strumenti finanziari negoziati al di fuori dei mercati regolamentati e agli investimenti immobiliari);

b) da ultimo la Sezione non può non sottolineare che destano perplessità le previsioni contenute nell’articolo 8, comma 4 (investimenti e operazioni consentititi) e nell’articolo 9, commi 3 e 8 (limiti agli investimenti). La prima disposizione ora richiamata, nel momento in cui tende a fissare limiti e garanzie rispetto alla esposizione a rischio finanziario consente tuttavia l’utilizzo dei cosiddetti "derivati", che appare ex se (tenuto conto anche delle drammatiche esperienze che hanno segnato l’economia internazionale negli ultimi anni) un investimento ad alto rischio; pertanto, proprio in ossequio alla politica di gestione prudenziale che ispira l’intero impianto del regolamento in esame, ad avviso del Collegio sarebbe risultato assai più congruo stabilire anziché limiti agli investimenti l’esclusione tout-court dell’uso dei derivati. Allo stesso modo per l’articolo 9, che individua i limiti agli investimenti; valgono le medesime osservazioni, sia con riferimento al comma 3, che è finalizzato a contenere i rischi derivanti dall’esposizione verso singoli strumenti finanziari, compresi quelli derivati, - emessi da uno stesso soggetto o da appartenenti allo stesso gruppo, sia con riferimento in special modo al comma 8, il quale, pur introducendo il limite del 5 per cento delle disponibilità complessive, consente a sua volta di investire in strumenti finanziari collegati alle merci, fatta eccezione per i derivati. Anche tale ultima previsione sembra contrastare , ad avviso della Sezione, con i principi ispiratori dell’iniziativa laddove si osservi che l’investimento sulle merci ha rappresentato costantemente e costituisce tuttora un sistema di speculazione finanziaria ad alto rischio considerate le continue oscillazioni dei prezzi conseguenti alle vicende più disparate ed imprevedibili, cui le merci sono di regola sottoposte nei mercati nazionali e internazionali.

In relazione a quanto precede, la Sezione ritiene pertanto necessario ai fini dell’espressione del prescritto parere invitare il Ministero dell’Economia e delle Finanze:

1) ad acquisire e trasmettere il parere dell’Autorità di vigilanza sui contratti (ANAC) in ordine alla questione relativa all’applicabilità o meno delle disposizioni del codice degli appalti (decreto legislativo n. 163/2006) alle procedure di selezione dei gestori e dei depositari nell’ambito della gestione indiretta delle risorse finanziarie degli enti previdenziali di che trattasi;

2) ad esporre le ragioni per le quali l’Amministrazione ha ritenuto nel caso in esame di non aderire alle osservazioni e ai suggerimenti formulati dalla COVIP nel parere inviato con nota prot. n. 4010 del 28 maggio 2015, richiamato in premessa;

3) a segnalare se, in relazione alle osservazioni formulate alla lettera b) che precede, ritiene opportuno o meno riesaminare le previsioni ivi richiamate, dando atto in sede di adempimento delle soluzioni adottate.

Con l’occasione invita, altresì, l’Amministrazione a trasmettere, unitamente agli elementi sopra indicati, copia del parere a suo tempo reso dall’Avvocatura generale dello Stato.

 

P.Q.M.

 

Sospende ogni pronuncia sullo schema di regolamento in esame in attesa che il Ministero dell’Economia e delle Finanze provveda agli incombenti di cui in motivazione.