Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 12 novembre 2015, n. 23140

Rapporto di lavoro - Licenziamento disciplinare - Mancata audizione del lavoratore - Illegittimità

 

Svolgimento del processo

 

Con sentenza del 26 maggio 2009, la Corte d’Appello di Firenze, confermava la decisione resa dal Tribunale di Firenze ed accoglieva la domanda proposta da (...) nei confronti di Poste Italiane S.p.A. sua datrice di lavoro avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del licenziamento disciplinare intimatole per non essersi presentata al lavoro dopo l’invito alla ripresa del servizio rivoltole dalla Società in esecuzione dell’ordine giudiziale di reintegra emesso all’esito del giudizio di impugnazione della clausola appositiva del termine al contratto con il quale era stata originariamente assunta, ordinando il ripristino del rapporto e condannando la Società al risarcimento del danno nella misura di cinque mensilità, che pure confermava a fronte dell’impugnazione incidentale della lavoratrice.

La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto la nullità del procedimento disciplinare per violazione del principio del contraddittorio, essendo conforme ai canoni di correttezza e buona fede il comportamento della lavoratrice consistito nell’invio agli uffici in Roma della richiesta di audizione a difesa e non surrogabile con le giustificazioni scritte comunque fomite con la lettera di richiesta dell’audizione medesima e corretta la limitazione al minimo del risarcimento dovuto, avendo considerato la tardiva introduzione del giudizio di impugnazione da parte della lavoratrice sicuro indice del suo concorso di colpa nella determinazione del danno Per la cassazione di tale decisione ricorre Poste Italiane S.p.A., affidando l’impugnazione ad un unico motivo,.cui resiste, con controricorso, la (...) che ha poi presentato memoria.

 

Motivi della decisione

 

Con il primo motivo, la Società ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 7, l. n. 300/1970, lamenta a carico della Corte territoriale l’erronea interpretazione della disciplina del contraddittorio nel procedimento disciplinare per aver ritenuto illegittima da parte della Società la mancata audizione a difesa dalla lavoratrice destinataria della contestazione disciplinare, da questa, tuttavia, richiesta oltre il termine di giorni cinque dalla legge assegnato al lavoratore per l’inoltro delle proprie giustificazioni, restando irrilevante che la richiesta, comunque tardiva rispetto al termine di legge, fosse stata inviata ad uno degli indirizzi indicati senza alcuna specificazione nella lettera di contestazione, attestando, peraltro, la scelta dalla lavoratrice operata dell’invio alla sede legale della Società in Roma, piuttosto che alla sede locale, il (...) corrispondenza Toscana sito a Firenze, da cui la contestazione proveniva, la scarsa diligenza dell’interessata, e che la richiesta stessa fosse pervenuta alla Società antecedentemente all’adozione del provvedimento sanzionatone.

Il motivo non merita accoglimento.

Va considerato che il termine di cinque giorni assegnato al lavoratore per l’esercizio del diritto di difesa a fronte della contestazione disciplinare ricevuta non è configurabile alla stregua di un termine decadenziale, per cui, una volta decorso il predetto termine, di tale diritto resterebbe preclusa la facoltà di esercizio. Esso pone il dies a quo per la manifestazione della volontà di licenziare ma, se tale volontà non sia stata ancora manifestata, non preclude al lavoratore di difendersi. Sicché, l’indicazione legale del predetto termine, mentre vale a consentire al datore, una volta che lo stesso sia decorso, di valutare la circostanza del mancato invio delle giustificazioni o della richiesta di audizione da parte del lavoratore come indicativa della rinuncia all’esercizio del diritto di difesa e dare avvio, così, a quello "spatium deliberandi" che, in base alla legge, deve precedere l’irrogazione della sanzione, nel contempo, ammette che una simile valutazione risulti smentita dal comportamento eventualmente difforme che il lavoratore assuma nell’arco temporale intercorrente tra il decorso del termine e l’adozione del provvedimento sanzionatorio, imponendo, in tal caso, al datore di dar corso al richiesto esercizio del diritto di difesa, nel rispetto, comunque dovuto, del principio del contraddittorio.

Si deve, pertanto, ritenere che, ancorché il termine di cinque giorni dalla ricezione della contestazione disciplinare - fissato dal datore di lavoro sulla base dell’art. 7, l. n. 300/1970 ed entro il quale il lavoratore deve manifestare la volontà di essere sentito a sua discolpa - non sia stato rispettato dal lavoratore, tuttavia la sanzione disciplinare è illegittima se, prima della sua inflizione, il datore di lavoro abbia ricevuto la manifestazione di volontà del lavoratore e l’abbia ignorata.

Il ricorso va dunque rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, con distrazione in favore dell’avvocato S. V., dichiaratosi antistatario.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 100,00 per esborsi ed euro 3.500,00 per compensi, oltre accessori di legge. Distrazione a favore dell’avvocato V.