Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 09 novembre 2015, n. 22842

Contratto a tempo determinato - Nullità - Dipendente postale - CCNL - Procedure sindacali - Accertamento

 

Svolgimento del processo

 

Decidendo sul ricorso proposto nei confronti della s.p.a. Poste Italiane da C. L., inteso a conseguire l'accertamento della nullità del termine apposto a due contratti stipulati dal 15/10/01 al 31/1/02 e dal 7/10/02 al 31/12/02, con sentenza del 22/2/07 il Giudice del lavoro del Tribunale di Grosseto dichiarava la nullità del termine apposto al primo contratto stipulato ai sensi dell'art. 25 c.c.n.l. 2001 "per esigenze di carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione..." e condannava la società a riammettere in servizio la lavoratrice ed a corrisponderle le retribuzioni maturate dal dì della messa in mora.

La s.p.a. Poste Italiane proponeva appello avverso la detta sentenza chiedendone la riforma con reiezione delle avverse domande. La C. si costituiva resistendo al gravame.

La Corte d'Appello di Firenze con sentenza depositata il 27/11/09 respingeva il gravame.

A fondamento del decisum osservava, quanto al contratto stipulato con decorrenza 15/10/01 e con valutazione sovrapponibile a quella già espressa dal giudice di prima istanza, che la società non aveva provato di aver dato corso agli incontri con le 00.SS. necessari per poter assumere personale a tempo determinato ai sensi dell'art. 25 c.c.n.l. e che, in ogni caso, l'atto di gravame non recava alcuna specifica censura volta a contrastare tale valutazione; quanto al contratto relativo al periodo 7/10/02-31/12/02 e concluso "per sostenere il livello di servizio di recapito durante la fase di realizzazione dei processi di mobilità tuttora in fase di completamento, di cui agli accordi del 17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001 e 11 gennaio, 13 febbraio e 17 aprile 2002", ne evidenziava l'illegittimità in considerazione della assoluta genericità della causale, che non soddisfaceva gli oneri di specificazione delle ragioni di assunzione sanciti dal d.lgsl. 368/01 applicabile alla fattispecie ratione temporis.

Per la cassazione di tale sentenza la società ha proposto ricorso sostenuto da tre motivi illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c.

La parte intimata non ha svolto attività difensiva.

 

Motivi della decisione

 

1. Con il primo motivo, sotto il profilo di violazione e falsa applicazione degli artt. 115 - 116 c.p.c.e dell'art. 2697 c.c. in relazione all'art. 360 comma primo nn.3 e 4 c.p.c., nonché di omessa o insufficiente motivazione ex art. 360 comma primo n.5 c.p.c., si censura la statuizione della Corte territoriale con la quale è stato ritenuto non dimostrato l'avvenuto espletamento a livello nazionale, della procedura di confronto sindacale disciplinata dal citato art. 25 c.c.n.l. del 2001 ed in ogni caso, non impugnata la statuizione emessa, sul punto, dal giudice di prima istanza. Sul rilievo della intervenuta rituale censura formulata in sede di gravame, avverso la pronuncia emessa al riguardo dal Tribunale, si evidenzia l'infondatezza degli approdi ai quali è pervenuta la Corte territoriale, deducendosi che le parti sociali avevano convenuto, con la stipula degli accordi versati in atti (segnatamente dell'accordo in data 18/1/01), la piena legittimità dei contratti a termine stipulati nel periodo di vigenza del contratto.

Il motivo è fondato.

1.2 Premesso che la delibata questione inerente all'espletamento delle procedure sindacali - come desumibile dagli stralci dell'atto di appello riportati dalla ricorrente per il principio della autosufficienza - risulta oggetto di censura da parte societaria, deve rimarcarsi che questa Corte, con riferimento alla prevista condizione (art. 25, comma 2, del citato c.c.n.l.) della attivazione del previo "confronto sindacale", ha, invero, più volte ritenuto integrata tale condizione con l'accordo del 18-1-2001, in base all’"evidente e univoco" significato letterale delle espressioni usate dalle parti collettive (v. fra le altre Cass. 1-10-2007 n.20608, Cass. 11-12-2012 n. 22679, Cass. 15-7-2014 n. 16147).

1.3 E' stato, infatti affermato che l'accordo del 18 gennaio 2001 costituisce espletamento della procedura di confronto sindacale prevista dallo stesso art. 25 del contratto collettivo - a norma del quale, "Prima di dare corso alle conseguenti assunzioni, la materia formerà oggetto di confronto:

a) a livello nazionale, qualora risultino interessate più regioni;

b) a livello regionale, qualora risulti interessata una sola regione ...

Nel testo del suddetto accordo è altresì sancito che "le 00.SS. ... convengono ancora che i citati processi, tuttora in corso, saranno fronteggiati in futuro anche con il ricorso a contratti a tempo determinato, stipulati nel rispetto della nuova disciplina pattizia delineata dal c.c.n.l. 11.1.2001".

Il significato letterale delle espressioni usate è così evidente ed univoco che non necessita di un più diffuso ragionamento al fine della ricostruzione della volontà delle parti, con conseguente preclusione del ricorso a ulteriori criteri interpretativi dovendo pertanto ritenersi integrata, sulla base di tale accordo, anche la condizione prevista dal citato art. 25.

Alla luce delle esposte considerazioni, deve accogliersi detto primo motivo.

2. Con il secondo mezzo di impugnazione la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art.1 d.lgl. 368/2001 e dell'art.115 c.p.c. ex art. 360 comma primo n.3 c.p.c., nonché omessa insufficiente motivazione in relazione all'art. 360 comma 1 n.5 c.p.c.

La società stigmatizza l'argomentare dei giudici del gravame per aver qualificato come generiche le esigenze sottese alla apposizione del termine al contratto inter partes e per aver evidenziato il mancato rispetto dei canoni di trasparenza indicati in recenti arresti della Corte Costituzionale (sentenza n.214/09), finalizzati ad assicurare la veridicità della causa della apposizione del termine e l'immodificabilità della stessa nel corso del rapporto.

Lamenta, quindi, la società, che la Corte di merito sia pervenuta alla reiezione del gravame senza prendere in esame il contenuto degli accordi espressamente richiamati, attraverso i quali ben si sarebbe potuta ricavare la specificazione (per relationem) delle ragioni che giustificavano l'apposizione del termine.

2.1 Tale motivo è fondato, in base all'indirizzo dettato da questa Corte nella materia de qua.

Al riguardo, come è stato più volte affermato e va qui ribadito, (v. Cass. 1-2-2010 n. 2279, Cass. 25-5-2012 n.8286, Cass. 13-1-15 n. 343) "in tema di apposizione del termine al contratto di lavoro, il legislatore, richiedendo l'indicazione da parte del datore di lavoro delle "specificate ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo", ha inteso stabilire, in consonanza con la direttiva 1999/70/CE, come interpretata dalla Corte di Giustizia (cfr., in particolare sent. 23 aprile 2009 nei procc. riuniti da C - 378/07 a C - 380/07, Kiziaki e altri nonché sent. 22 novembre 2005, C - 144/04, Mangold), un onere di specificazione delle ragioni oggettive del termine finale, vale a dire di indicazione sufficientemente dettagliata della causale nelle sue componenti identificative essenziali, sia quanto al contenuto, che con riguardo alla sua portata spazio-temporale e più in generale circostanziale, perseguendo in tal modo la finalità di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali ragioni, nonché l'immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto; tale specificazione può risultare anche indirettamente nel contratto di lavoro e da esso "per relationem" ad altri testi scritti accessibili alle parti" (come accordi collettivi richiamati nello stesso contratto individuale).

2.2 In particolare, poi, come è stato precisato da Cass. 27-4- 2010 n.10033, l'apposizione di un termine al contratto di lavoro, consentita dall'art. 1 del d.lgs. n. 368/2001 "a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, che devono risultare specificate, a pena di inefficacia, in apposito atto scritto, impone al datore di lavoro l'onere di indicare in modo circostanziato e puntuale, al fine di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali ragioni, nonché l'immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto, le circostanze che contraddistinguono una particolare attività e che rendono conforme alle esigenze del datore di lavoro, nell'ambito di un determinato contesto aziendale, la prestazione a tempo determinato, sì da rendere evidente la specifica connessione fra la durata solo temporanea della prestazione e le esigenze produttive ed organizzative che la stessa sia chiamata a realizzare e la utilizzazione del lavoratore assunto esclusivamente nell'ambito della specifica ragione indicata ed in stretto collegamento con la stessa. Spetta al giudice di merito accertare, con valutazione che, se correttamente motivata ed esente da vizi giuridici, resta esente dal sindacato di legittimità, la sussistenza di tali presupposti, valutando ogni elemento, ritualmente acquisito al processo, idoneo a dar riscontro alle ragioni specificatamente indicate con atto scritto ai fini dell'assunzione a termine, ivi compresi gli accordi collettivi intervenuti fra le parti sociali e richiamati nel contratto costitutivo del rapporto".

Con riguardo a questi ultimi questa Corte ha altresì chiarito che, "seppure nel nuovo quadro normativo.... non spetti più un autonomo potere di qualificazione delle esigenze aziendali idonee a consentire l'assunzione a termine, tuttavia, la mediazione collettiva ed i relativi esiti concertativi restano pur sempre un elemento rilevante di rappresentazione delle esigenze aziendali in termini compatibili con la tutela degli interessi dei dipendenti, con la conseguenza che gli stessi debbono essere attentamente valutati dal giudice ai fini della configurabilità nel caso concreto dei requisiti della fattispecie legale".

2.3 Orbene nel caso di specie la Corte di merito, in violazione di tali principi, ha ignorato il contenuto degli accordi richiamati (e riportati in ricorso ai fini della autosufficienza dello stesso).

In tal senso, vanno quindi accolti il primo e il secondo motivo restando assorbito il terzo (relativo alle conseguenze economiche della nullità del termine, conseguente in ordine logico).

L'impugnata sentenza va, pertanto cassata con rinvio alla Corte d'Appello di Firenze in diversa composizione la quale, statuendo anche sulle spese del presente giudizio di cassazione, provvederà attenendosi ai principi sopra richiamati.

 

P.Q.M.

 

Accoglie i primi due motivi di ricorso, assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d'Appello di Firenze in diversa composizione.