Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 09 novembre 2015, n. 22841

Contratto a termine - Trasformazione del rapporto di lavoro in uno a tempo indeterminato - Natura eccezionale della clausola di apposizione del termine - Limitazione temporale

 

Svolgimento del processo

 

Con sentenza depositata il 28.4.09 la Corte d’appello di Firenze rigettava il gravame di P.I. S.p.A. contro la sentenza n. 197/06 con cui il Tribunale di Pistoia aveva, previa declaratoria di nullità del termine apposto al contratto di lavoro stipulato il 1°.2.01 da detta società con C.F., aveva accertato la trasformazione del rapporto lavorativo in uno a tempo indeterminato, con condanna di P.I. S.p.A. a riammettere in servizio la lavoratrice e a pagarle retribuzioni maturate dalla data di messa in mora (22.9.04).

Per la cassazione della sentenza ricorre P.I. S.p.A. affidandosi a due motivi.

L'intimata resiste con controricorso.

Le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c.

 

Motivi della decisione

 

1 - Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e ss. c.c. nonché vizio di motivazione per avere la gravata pronuncia, sul presupposto della natura eccezionale della clausola di apposizione del termine, arbitrariamente ritenuto, malgrado l’art. 23 legge n. 56/87, che l’ipotesi debba essere necessariamente correlata ad una precisa limitazione temporale, ravvisata nella data del 30.4.98, limitazione temporale che, invece, l’accordo integrativo 25.9.97 e quelli seguenti non prevedono e che devono escludersi anche alla luce del comportamento successivo delle parti stipulanti.

Il motivo è infondato.

L’impugnata sentenza non ha affatto statuito la necessità di un qualche limite temporale alla possibilità di assunzione a termine, ma ha semplicemente attribuito rilievo decisivo alla considerazione che il contratto di lavoro in oggetto è stato stipulato - ai sensi dell’art. 8 CCL 26.11.94, come integrato dall’accordo aziendale 25.9.97 - in data successiva al 30.4.98, allorquando era espressamente venuta meno la copertura autorizzatoria prevista dalla stessa autonomia collettiva.

Tale considerazione - in base all’indirizzo ormai consolidato in materia dettato da questa Corte (con riferimento al sistema vigente anteriormente al CCL del 2001 e al d.lgs. n. 368/2001) - è sufficiente a sostenere l’affermata nullità del termine apposto al contratto de quo.

A tale riguardo, sulla scia di Cass. S.U. 2.3.2006 n. 4588 è stato precisato che l’attribuzione alla contrattazione collettiva, ex art. 23 legge n. 56/87, del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli previsti dalla legge n. 230/62, discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato del lavoro idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite della predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere a termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla necessità di individuare ipotesi specifiche di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori ovvero di fissare contrattualmente limiti temporali all’autorizzazione data al datore di lavoro di procedere ad assunzioni a tempo determinato (v. Cass. 4.8.2008 n. 21063; cfr., altresì, Cass. 20.4.2006 n. 9245; Cass. 7.3.2005 n. 4862; Cass. 26.7.2004 n. 14011).

Ove però - come accaduto nel caso di specie - un limite temporale (quello del 30.4.98) sia stato in concreto previsto dalle parti collettive (anche con accordi integrativi del contratto collettivo), la sua inosservanza determina la nullità della clausola di apposizione del termine (v., ex aliis, Cass. n. 316/2011; Cass. 23.8.2006 n. 18383; Cass. 14.4.2005 n. 7745; Cass. 14.2.2004 n. 2866).

In particolare, quindi, come questa Corte ha costantemente affermato e come va anche qui ribadito, in materia di assunzioni a termine di dipendenti postali, con l’accordo sindacale del 25.9.97, integrativo dell’art. 8 CCL 26.11.94, e con il successivo accordo attuativo, sottoscritto in data 16.1.98, le parti hanno convenuto di riconoscere la sussistenza della situazione straordinaria, relativa alla trasformazione giuridica dell’ente ed alla conseguente ristrutturazione aziendale e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso di attuazione, fino alla data del 30.4.98; ne consegue che deve escludersi la legittimità delle assunzioni a termine avvenute dopo il 30.4.98, per carenza del presupposto normativo derogatorio, con l’ulteriore conseguenza della trasformazione degli stessi contratti in contratti a tempo indeterminato, in forza dell’art. 1 legge n. 230/62 (cfr., ex aliis, Cass. n. 316/2011, cit.; Cass. 1°.10.2007 n. 20608; Cass. 28.1.2008 n. 28450; Cass. 4.8.2008 n. 21062; Cass. 27.3.2008 n. 7979; Cass. n. 18376/2006).

In base a tale orientamento consolidato non merita, quindi, censura la statuita la declaratoria di nullità del termine apposto al contratto de quo, il che assorbe ogni ulteriore argomentazione a riguardo svolta nel motivo in esame.

2 - Con il secondo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione di norme di diritto e vizio di motivazione perché l’impugnata sentenza avrebbe violato i principi in tema di corrispettività delle prestazioni e di onere della prova: sostiene P.I. che incombeva sulla lavoratrice l'onere di provare il danno subito.

Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c.:

«Dica la Corte se in caso di domanda di risarcimento danni proposta da "scioglimento del rapporto di lavoro fondato su clausola risolutiva contrattuale nulla", rimane a carico dello stesso lavoratore, in qualità di attore, l'onere di allegare e di provare il danno da farsi equivalere alle retribuzioni perdute - detratto l’aliunde perceptum - a causa della mancata esecuzione delle prestazioni lavorative, ma presuppone che queste siano state offerte dal lavoratore e che il datore le abbia illegittimamente rifiutate».

Il motivo è inammissibile perché il quesito è formulato in termini del tutto generici e non pertinenti rispetto al caso in esame, perché si risolve nell’enunciazione in astratto delle regole vigenti nella materia senza enucleare il momento di conflitto rispetto ad esse del concreto accertamento operato dai giudici di merito (cfr. Cass. n. 80/11; Cass. n. 9583/11).

Ciò è in contrasto con i principi enunciati da questa Corte di legittimità (cfr., in particolare, Cass. S.U. n. 36/07) secondo cui il quesito di diritto, richiesto a pena di inammissibilità del relativo motivo, deve essere formulato in maniera specifica e deve essere chiaramente riferibile alla fattispecie dedotta in giudizio, dovendosi ritenere inesistente un quesito generico e non pertinente, con conseguente inammissibilità del relativo motivo, come nel caso di specie (per una analoga fattispecie cfr. Cass. n. 17674/11).

Alle stesse conclusioni deve pervenirsi per il denunziato vizio di motivazione, mancandone il momento di sintesi che la giurisprudenza di questa Corte (cfr., in particolare, Cass. n. 4556/09) ha individuato come la necessaria esposizione, chiara e sintetica, del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione.

Il motivo è inammissibile anche nella parte in cui censura la decisione della Corte territoriale senza riportare il contenuto dell'atto che, secondo il suo assunto, non avrebbe integrato l’offerta della prestazione e la messa in mora.

3 - In conclusione il ricorso è da rigettarsi.

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza, con distrazione ex art. 93 in favore dei difensori antistatari.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 100,00 per esborsi e in euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, spese da distrarsi in favore degli avvocati S.V. e C.L., antistatari.