Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 06 novembre 2015, n. 22781

Tributi - Contenzioso tributario - Procedimento - Appello principale - Mancato deposito presso la segreteria del giudice di primo grado - Inammissibilità anche dell’appello incidentale non depositato

 

Considerato in fatto

 

La Commissione Tributaria Regionale della Sicilia-sezione distaccata di Siracusa, con la sentenza indicata in epigrafe -dichiarata rinammissibilità dell’appello principale proposto avverso la decisione di primo grado (e non notificato a mezzo di Ufficiale giudiziario) dal contribuente perché non depositato presso la segreteria del giudice di primo grado- dichiarava, conseguentemente, inammissibile anche l’appello incidentale proposto avverso la medesima sentenza dall’Agenzia delle Entrate, perché anch’esso non depositato presso la segreteria del giudice a quo.

Avverso la sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidandosi a tre motivi.

Il contribuente resiste con controricorso.

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c. è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti.

 

Ritenuto in diritto

 

Con il primo motivo - rubricato: violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 23, 53 e 54 del d.lgs. n. 546/92, della legge n. 248 del 2005, art. 3-bis, comma 7, nonché dell’art. 14 delle preleggi, in relazione all’art. 360 del c.p.c. n. 3 - la ricorrente censura la Commissione Tributaria Regionale per avere posto a carico dell’appellante incidentale l’onere di depositare presso la Segreteria della Commissione provinciale copia dell’appello incidentale, una volta verificatone il mancato deposito da parte dell’appellante principale, laddove nessuna prescrizione normativa, in tal senso, era prevista a carico della parte processuale che abbia proposto tempestivamente, entro sessanta giorni, l’appello incidentale.

Con il secondo motivo si lamenta la violazione dell’art. 153 del c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c. laddove, secondo la ricorrente, la C.T.R., dopo aver rilevato che il mancato deposito era imputabile, esclusivamente, all’appellante incidentale avrebbe dovuto rimettere in termini l’ufficio ai sensi dell’art. 153 c.p.c.

Infine, con il terzo motivo -rubricato: "violazione e falsa applicazione dell’art. 10 della legge n. 212/2000 nonché dell’art. 88 e 157 c.p.c. e art. 97, della costituzione, in relazione all’art. 360, 1 comma, n.3 c.p.c. - Abuso del processo. Violazione dei principi di correttezza e buona fede in sede processuale - la ricorrente deduce l’erroneità della sentenza impugnata siccome fondata su un’errata rappresentazione dei fatti di causa i quali, se rappresentati e valutati correttamente, configurano, da parte del contribuente, una forma di abuso del processo, vietato dal legislatore e confermato dalla Corte di Cassazione.

Il primo motivo di ricorso non è meritevole di accoglimento. La sentenza impugnata ha fatto, invero, corretta applicazione delle norme indicate come violate, seguendo l’interpretazione datane da questa Corte. Si è, infatti, affermato che "in tema di contenzioso tributario, l'appello incidentale è inammissibile, anche se tempestivamente proposto, quando non sia depositata copia dello stesso nella segreteria della Commissione tributaria che ha pronunciato la sentenza impugnata, ove sia inammissibile anche l'appello principale. Infatti, pur non essendo la prima impugnazione travolta dall'inammissibilità della seconda, atteso che questa conseguenza è prevista per le sole impugnazioni incidentali tardive, l'incombente del deposito deve ritenersi imposto anche all'appellante incidentale tempestivo, ai sensi dell'art. 53, comma secondo, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, come modificato dall'art. 3 bis del d.l. 30 settembre 2005, n. 203, convertito nella legge 2 dicembre 2005, n. 248, in quanto diretto ad evitare il rischio di un'erronea attestazione del passaggio in giudicato della sentenza impugnata. Né la previsione di tale onere a carico dell'appellante incidentale rende allo stesso estremamente difficile l'esercizio del diritto di difesa, spettandogli il termine di sessanta giorni dalla notifica dell'appello principale per costituirsi e, quindi, per verificare se l'appellante principale abbia effettuato l'adempimento o se, invece, egli debba surrogarsi a questo per evitare la pronuncia di inammissibilità" (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 4679 del 23/03/2012 integralmente richiamata da Cass. Sez. 6-5, Sentenza n. 12017 del 2013, e, di recente, Cass. n. 15432/2015).

A fronte di detti principi, le argomentazioni a confutazione svolte dalla ricorrente non appaiono cogliere nel segno laddove da un canto, l’inammissibilità dell’appello incidentale in caso di mancato deposito presso la segreteria del Giudice che ha emesso la sentenza impugnata, pur non essendo previsto espressamente dalla norma, deriva conseguenzialmente dal carattere autonomo dell’impugnazione incidentale tempestiva; e, dall’altro, la previsione del III comma dell’art. 53 d.lgs. n. 546/1992 (il quale prescrive che subito dopo il deposito del ricorso in appello la segreteria della commissione tributaria regionale chiede alla segreteria della commissione provinciale la trasmissione del fascicolo del processo, che deve contenere copia autentica della sentenza)" non soccorre ad evitare il rischio di un'erronea attestazione del passaggio in giudicato della sentenza impugnata, trattandosi, di norma di natura meramente acceleratoria, la cui applicazione, per come rilevato anche dalla Corte Costituzionale con la pronuncia n. 321/2009, viene a gravare la segreteria del Giudice di appello di compiti informativi necessariamente intempestivi (perché successivi alla costituzione in giudizio dell’appellante) ed organizzativamente onerosi.

Il secondo motivo è, invece, inammissibile laddove, con difetto di autosufficienza, la ricorrente neppure prospetta di avere rivolto al Giudice di appello richiesta di rimessione in termini ex art. 153 c.p.c.

Infine, anche il terzo motivo va rigettato. Questa Corte ha avuto modo di affermare la sussistenza dell’"abuso del processo" allorquando lo strumento processuale viene azionato per conseguire finalità estranee o addirittura contrarie rispetto a quelle per cui l’ordinamento appresta lo strumento di tutela per la posizione sostanziale della parte (v. Cass. n. 210/2014 con la quale si è ritenuto sussistere un uso abusivo del processo qualora la parte abbia impugnato l’atto impositivo ben oltre la scadenza del termine previsto dalla legge al solo scopo di precostituirsi una lite pendente per accedere al condono) laddove, nel caso in specie, l’inammissibilità dell’appello incidentale non trova fonte diretta nel comportamento dell’altra parte, ovvero nel mancato deposito dell’atto di appello principale.

Ne consegue il rigetto del ricorso.

La peculiarità della vicenda processuale induce a compensare integralmente tra le parti le spese processuali.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Compensa integralmente tra le parti le spese di lite.