Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 06 novembre 2015, n. 22776

Tributi - Controllo della dichiarazione ex art. 36-bis del DPR n. 600/1973 - Errato riporto di credito d’imposta già utilizzato in compensazione

 

Osserva

 

La CTR di Milano ha disatteso l’appello dell’Agenzia -appello proposto contro la sentenza n. 258/44/2009 della CTP di Milano che aveva accolto integralmente l’impugnazione proposta da (...) (siccome erede di (...) ed ha perciò annullato la cartella di pagamento per IRPEF 2005 con cui si intimava il pagamento della somma di €. 36.123,12 risultante dalla liquidazione automatizzata della dichiarazione 2006 relativa all’anzidetto periodo di imposta.

La CTR ha motivato la sua decisione evidenziando, da un canto, che la documentazione prodotta in appello dall’Agenzia non poteva considerarsi ammissibile (atteso che l'art. 58 del D.Lgs. 546/1992 preclude la produzione di nuovi documenti, fatta eccezione per quelli "non prima disponibili"); e, d’altro canto, che - anche a voler tenere conto di detti documenti prodotti in appello- la cartella doveva essere comunque considerata nulla: sia perché "la ritenuta erronea indicazione in dichiarazione di un credito di imposta che si ritiene già utilizzato per precedenti compensazioni non può portare al recupero del presunto credito addebitando al contribuente il relativo importo ma, semmai, non riconoscendone l’utilizzabilità con riferimento ai tributi ed ai periodi fiscali nei quali si ritiene che il contribuente ne abbia fatto utilizzo"; sia perché l’Agenzia non aveva fornito chiarimenti a tal proposito onde esplicitare le ragioni per le quali il contribuente "a fronte di una imposta IRPEF di € 15.211,00 con ritenute alla fonte di euro 15.678,00 avrebbe ancora dovuto pagare per questo titolo euro 20.368,00... nonché euro 3.250,00... e così a fronte di un reddito imponibile (non contestato) di euro 50.823,00 una imposta totale per IRPEF di euro 39.566,00".

L’Agenzia ha proposto ricorso per cassazione affidandolo a due motivi di impugnazione.

La parte contribuente non si è difesa.

Il ricorso - ai sensi dell’art. 380 bis cpc assegnati allo scrivente relatore, componente della sezione di cui all’art. 376 cpc- può essere definito ai sensi dell’art. 375 cpc.

Con il primo motivo di impugnazione (centrato sulla violazione dell’art. 58 comma 2 del D.Lgs. 546/1992) la parte ricorrente si duole -fondatamente- dell'affermazione del giudice del merito circa la ritenuta inammissibilità dei documenti prodotti in appello, siccome già prima disponibili.

L’accoglimento del motivo riposa sulla piana lettera dell’articolo 58 dianzi menzionato che (senza bisogno di riproporre qui il consolidato orientamento di legittimità a tal proposito) abilità alla produzione di qualsivoglia documento in appello, senza restrizione alcuna e con disposizione autonoma rispetto a quella che - nel comma precedente- sottopone a restrizione l’accoglimento dell’istanza di ammissione di altre fonti di prova.

Con il secondo motivo di impugnazione (centrato sulla violazione e falsa applicazione degli art.1, 2 e 36-bis del DPR n. 600/1973; da esaminarsi nonostante l’accoglimento del primo, perché avente ad oggetto una autonoma ratio decidendi, per quanto in contraddizione logica con quella fatta oggetto di censura nel motivo che precede) la parte ricorrente si duole dell’erronea affermazione del giudice di appello secondo cui il rilievo dell’erronea indicazione in dichiarazione di un credito di imposta non spettante abiliterebbe soltanto a non "riconoscerne l’utilizzabilità" con riferimento agli utilizzi già effettuati.

Il motivo appare fondato e da accogliersi.

L’intimamente illogica affermazione del giudice del merito determinerebbe l’assurda conseguenza di dover retroattivamente dichiarare illegittima una compensazione legittimamente effettuata (nel momento in cui è avvenuto l’utilizzo del credito ai fini della compensazione con altre imposte dovute) per il solo fatto che nella successiva dichiarazione il contribuente abbia omesso di annotare l’avvenuta compensazione, così riportando come ulteriormente spettante il credito già consumato.

L’art. 36 bis dianzi menzionato contempla invece il potere di nuova liquidazione dì una dichiarazione intimamente erronea (alla luce dei dati risultanti dai modelli F24 ad essa allegati) desumendo poi dalla somma algebrica dei dati correttamente ricomposti il risultato a debito o a credito della attività dichiarativa. Di ciò si è correttamente giovata l’Agenzia, operando secundum lege. Né consente una diversa conclusione la estrapolazione dalla nuova liquidazione di dati meramente parziali che -solo perché non tengono conto dell’appostazione negativa del credito utilizzato in compensazione- lasciano supporre che vi sia una proporzione ictu oculi illogica tra base imponibile ed imposta dovuta.

Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza, così che poi la Corte potrà provvedere anche nel merito della lite, rigettando l’impugnazione della parte contribuente, non emergendo necessità di provvedere ad ulteriori accertamenti di fatto.

Roma, 25 giugno 2014

ritenuto inoltre:

che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti; che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie; che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto; che le spese di lite vanno regolate secondo il criterio della soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso del contribuente avverso il provvedimento impositivo. Condanna la parte contribuente alla rifusione delle spese di lite di questo giudizio, liquidate in €. 2.500,00 oltre accessori ed oltre rimborso delle spese prenotate a debito, nonché compensa tra le parti le spese dei gradi di merito.