Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 04 novembre 2015, n. 22493

Tributi - Accertamento relativo a dichiarazione congiunta - Disconoscimento della sottoscrizione da parte del co-dichiarante

 

Svolgimento del processo

 

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi avverso la sentenza della CTR della Toscana n. 83/13/09 con la quale, in riforma della sentenza di primo grado, è stato accolto il ricorso della contribuente avverso la cartella esattoriale di pagamento n. 00720031002947591/01, relativa ad Irpef 1996, giusta responsabilità solidale a carico del coniuge co-dichiarante ex art. 17 L. 114/1977.

La CTR, in particolare, affermava che dal disconoscimento della propria sottoscrizione, apposta nella dichiarazione congiunta, da parte della co-dichiarante, cui non aveva peraltro fatto seguito l’istanza di verificazione della sottoscrizione da parte dell’Ufficio, sarebbe derivata la rinunzia ad avvalersi del documento come mezzo di prova: di conseguenza ogni atto impositivo derivante da quella dichiarazione avrebbe dovuto ritenersi inesistente.

Affermava inoltre che il disconoscimento della sottoscrizione, ancorché effettuata successivamente al ricorso, non comportava alcun mutamento dei fatti costitutivi del diritto azionato e non costituiva dunque mutatio ma semplice emendatio libelli.

Avverso tale sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, con tre motivi.

La contribuente resiste con controricorso.

 

Motivi della decisione

 

Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia denunzia il vizio di nullità della sentenza impugnata per violazione del divieto di ultrapetizione in relazione all’art. 360 n. 4) cpc, formulando il seguente quesito di diritto:

"Dica la Corte se, in ipotesi di impugnazione di cartella di pagamento conseguita ad accertamento relativo a dichiarazione congiunta, qualora la contribuente con memoria successiva alla proposizione del ricorso disconosca la sottoscrizione apposta su detta dichiarazione congiunta e la CTP dichiari tale motivo estraneo al thema decidendum, in quanto proposto successivamente al ricorso con memoria illustrativa, violi il divieto di ultrapetizione la CTR che riformi il predetto capo della sentenza di primo grado non impugnato dalla contribuente, ponendo a base della decisione il motivo, mai dedotto dalla contribuente, che la domanda di disconoscimento della sottoscrizione apposta nella dichiarazione dei redditi per l’anno 1996 non configurerebbe un nuovo inammissibile motivo perché resterebbero immutati i fatti costitutivi del "petitum" e della "causa petendi", descritti e provati in atti".

La censura è fondata.

Risulta infatti dai motivi di appello proposti dalla contribuente e riportati nel corpo del ricorso dell’Agenzia che il capo della sentenza della CTP che aveva affermato l’inammissibilità del disconoscimento della sottoscrizione della contribuente, in quanto nuova eccezione introdotta illegittimamente per la prima volta in sede di memorie illustrative ex art. 32 D.lgs 546/1992, non era stato specificamente censurato dalla contribuente, la quale nell’ impugnazione si era limitata a dedurre (al n. 8) che la dichiarazione fiscale recava una firma palesemente non attribuibile ad essa ricorrente, senza però censurare la statuizione della sentenza di primo grado che aveva respinto l’eccezione per tardività.

A fronte della mera riproposizione dell’eccezione di disconoscimento, la CTR ha posto a fondamento della riforma della statuizione di tardività pronunziata dal primo giudice, il motivo, mai dedotto dall’appellante, che il disconoscimento della sottoscrizione configurerebbe non già una mutatio, ma una mera emendatio libelli, rilevando che esso non modificava l’oggetto sostanziale dell’azione ed i termini della controversia.

Tale statuizione, in quanto non è stata resa in relazione ad uno specifico motivo di censura della sentenza di primo grado, determina la nullità della sentenza della CTR per violazione dell’art. 112 cpc.

Con il secondo motivo di ricorso si denunzia violazione dell’art. 2702 c.c. e falsa applicazione dell’art. 261 cpc in relazione all’art. 360 n. 3) cpc per avere la CTR omesso di rilevare che la contribuente, con le affermazioni contenute nel ricorso introduttivo, aveva implicitamente riconosciuto la riferibilità della dichiarazione congiunta alla propria volontà ed aveva erroneamente affermato che l’Agenzia delle Entrate, per avvalersi delle risultanze contenute nella dichiarazione dei redditi ex art. 216 cpc, avrebbe dovuto chiederne la verificazione, concludendo che la mancata proposizione dell’istanza di verificazione aveva comportato rinuncia ad avvalersi del documento come mezzo di prova e che ogni atto impositivo derivante da quella dichiarazione dei redditi doveva ritenersi inesistente.

Con il terzo motivo di ricorso si denunzia la violazione dell’art. 17 L. 114/1977 e dell’art. 214 cpc in relazione all’art. 360 n. 3) lamentando che la CTR abbia erronemante affermato che a fronte del mero disconoscimento della sottoscrizione della dichiarazione congiunta dei redditi non fosse necessario accertare se fosse stata fornita la prova della contrarietà alla volontà della contribuente o della sua ignoranza dell’apposizione della firma.

I motivi, che in virtù della loro connessione sono suscettibili di esame congiunto, sono anch’essi fondati.

La CTR ha infatti erroneamente fatto discendere dal mero disconoscimento (peraltro tardivo) della sottoscrizione della dichiarazione congiunta da parte della co-dichiarante l’inutilizzabilità della dichiarazione come mezzo di prova, facendo da ciò discendere l’inesistenza di ogni atto impositivo sulla dichiarazione suddetta fondato.

Si osserva in contrario che, come questa Corte ha già affermato, in tema di disconoscimento della firma apposta alla dichiarazione congiunta dei redditi dei coniugi, costituisce apprezzamento di fatto, rimesso al giudice di merito, la valutazione in ordine alla sussistenza della prova del consenso del firmatario apparente, tale da configurare un conferimento, da parte di quest'ultimo, all'altro coniuge della rappresentanza negoziale ai fini della redazione e della sottoscrizione della dichiarazione congiunta, con conseguente esclusione della nullità dell'atto (Cass. 8770/2008).

Ne deriva che, una volta esclusa la genuinità della firma, da ciò non deriva automaticamente la nullità di ogni atto impositivo fondato sulla dichiarazione congiunta, dovendo in ogni caso valutarsi da parte del giudice di merito l’esistenza di circostanze di fatto che rendano la dichiarazione comunque imputabile al suo autore apparente. (Cass. 11446/2011).

A tali principi non risulta essersi uniformata la sentenza impugnata.

In accoglimento del ricorso, la sentenza va dunque cassata, con rinvio ad altra sezione della medesima CTR, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR della Toscana anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio.