Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 28 ottobre 2015, n. 21986

Tributi - IVA, IRPEF ed IRAP - Accertamento - Maggior valore attribuito alle rimanenze di magazzino

 

Ritenuto in fatto

 

1. Con la sentenza n. 90/21/08 la CTP di Bari accoglieva parzialmente il ricorso proposto da C.V.A. avverso l’avviso di accertamento n. 885010900243/2007 per IVA, IRPEF ed IRAP per l’anno di imposta 2002, in merito alla contestata violazione del regime IVA previsto dall’art. 36 del D.L. n. 41/1995, e lo respingeva per la parte dell’accertamento che aveva riguardato il maggior valore attribuito alle rimanenze finali di magazzino al 31.12.2002 per effetto del maggior valore attribuito alle rimanenze iniziali al 01.01.2003 - in quanto l’Ufficio aveva considerato acquistate già nel 2002 due autovetture consegnate in tale anno, ma fatturate nel 2003 -.

2. Proponevano appello principale il contribuente ed appello incidentale l’Ufficio finanziario: la CTR accoglieva l’appello principale e respingeva quello incidentale con la sentenza n. 58/10/09, depositata il 13.10.09 e non notificata.

3. Il giudice di appello affermava che le rimanenze finali andavano computate tenendo conto dei costi sostenuti per l’approvvigionamento delle merci residuate alla fine dell’anno e non ancora utilizzate nel processo produttivo, costi che, per le due autovetture in discussione erano stati sostenuti nel 2003, come da relativa fatturazione, senza che avesse rilievo la circostanza della consegna nel 2002. Quanto alla applicazione del regime del margine, oggetto dell’appello dell’Agenzia, affermava che il contribuente non era tenuto a verificare le valutazioni giuridiche espresse dall’emittente la fattura, circa la non debenza dell’imposta.

4. Propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate, affidato a due motivi. Resiste con controricorso la parte privata.

 

Considerato in diritto

 

1.1. Preliminarmente vanno esaminate le eccezioni sollevate dalla controricorrente in merito alla notifica del ricorso per cassazione di cui deduce la nullità sotto due profili.

1.2. Innanzi tutto, dopo aver rilevato che il ricorso risulta sottoscritto dall’Avvocato dello Stato C.M., osserva cha la relata di notifica - eseguita ai sensi dell’art. 1 della L. n. 53/1994, a seguito della estensione applicativa prevista dall’art. 55 della L. n. 69/2009 - è stata invece sottoscritta dal procuratore dello Stato M.P.: ciò premesso sostiene che, pur essendo l’Avvocatura dello Stato munita di procura ex lege, deve, comunque, ricorrere la coincidenza tra l’avvocato dello Stato che sottoscrive l’atto giudiziario e quello che provvede alla notifica dello stesso atto.

1.3. Quindi rimarca che, ai fini della validità della notifica, l’art. 1 della L. n. 53/1994, richiede che l’Avvocato sia munito di autorizzazione personale da parte del Consiglio dell’ordine degli Avvocati di appartenenza, in difetto della quale non può ritenersi che sia munito della potestà di notifica.

1.4. L’eccezione, quanto al primo punto, è infondata.

L’art. 1 del R.D. n. 1161/1933 prevede "La rappresentanza, il patrocinio e l’assistenza in giudizio delle Amministrazioni dello Stato, anche se organizzate ad ordinamento autonomo, spettano alla Avvocatura dello Stato. Gli avvocati dello Stato, esercitano le loro funzioni innanzi a tutte le giurisdizioni ed in qualunque sede e non hanno bisogno di mandato, neppure nei casi nei quali le norme ordinarie richiedono il mandato speciale, bastando che consti della loro qualità. "(art. 1 R.D. n. 1611/1933).

La L. n. 103/1979, che ha apportato modifiche all’ordinamento dell’Avvocatura dello Stato (R.D. n. 1611/1933) all’art. 19, per quanto interessa, prevede: "(1.) Gli avvocati e procuratori dello Stato: trattano gli affari contenziosi e consultivi loro assegnati; (...) possono essere sostituiti nella trattazione degli affari loro affidati in caso di assenza, impedimento o giustificata ragione; quando ricorrano gravi motivi possono essere sostituiti, con provvedimento motivato, dall'avvocato generale o dall'avvocato distrettuale dello Stato. Avverso tale provvedimento può essere proposto ricorso entro trenta giorni al consiglio degli avvocati e procuratori dello Stato. (2.) I procuratori dello Stato provvedono anche al servizio di procura per le cause trattate dagli avvocati e dagli altri procuratori dello Stato, secondo le disposizioni dei dirigenti degli uffici, cui sono addetti.

Orbene, dal combinato disposto di tali norme, si evince che l’avvocato dello Stato, quando ricorrono le condizioni per l’esercizio della sua attività, la esercita senza necessità di mandato, in base all’assegnazione degli affari. L’art. 19 cit., quindi, espressamente prevede la possibilità di una sostituzione nella trattazione degli affari assegnati, che potremmo definire ordinaria, per il caso di assenza, impedimento o giustificata ragione, che rientra nell’ambito della organizzazione interna dell'Ufficio e non è soggetta a particolari obblighi di forma, diversamente da quella dovuta a "gravi motivi" da adottarsi con provvedimento motivato; è prevista inoltre la possibilità che i procuratori dello Stato possano provvedere anche al servizio di procura per le cause trattate dagli avvocati, sia pure secondo disposizioni dei dirigenti degli uffici, che mantengono tuttavia natura esclusivamente interna.

Nel caso in esame, premesso che la competenza a svolgere l’attività di rappresentanza è dell’Avvocatura generale e che la ripartizione del lavoro tra gli avvocati ed i procuratori costituisce attività interna, disciplinata dall’art. 19, la fattispecie in esame ricade in una mera ripartizione interna di compiti, non soggetta ad obblighi di forma o di pubblicità, per cui non si ravvisa alcuna nullità.

1.5. L’eccezione è infondata anche sul secondo punto perché l’art. 55, comma 1, della L. n. 69/2009, che disciplina le notificazioni a cura dell’Avvocatura dello Stato, detta le specifiche modalità esecutive prevista per quest’ultima, che prevalgono rispetto a quanto stabilito dagli artt. 1 e 7 della L. n. 53/1994, ove è richiesta la previa autorizzazione del Consiglio dell’Ordine a cui l’avvocato è iscritto.

L’art. 55 della L. n. 69/2009 stabilisce, infatti, che, per poter eseguire le notificazioni ai sensi della L. n. 53/1994 (comma 1), l'Avvocatura generale dello Stato e ciascuna Avvocatura distrettuale dello Stato si devono dotare di un apposito registro cronologico conforme alla normativa, anche regolamentare, vigente (comma 2), mentre non è prevista per gli avvocati dello Stato l’iscrizione al Consiglio dell’Ordine.

2.1. Con il primo motivo la ricorrente Agenzia lamenta la violazione dell’art. 75, commi 1 e 4, del TUIR e 6, comma 1, del DPR n. 633/1972, nonché l’omessa motivazione (art. 360, comma 1, n.3, c.p.c.).

A parere della ricorrente la decisione è da censurare perché non ha fatto corretta applicazione del principio di competenza, secondo il quale le spese di acquisizione dei beni mobili si considerano sostenute alla data di consegna o spedizione, attestate dalla relativa bolla, per cui non può attribuirsi rilievo alla data in cui è stata emessa o è pervenuta la fattura della spesa sostenuta, né la detrazione dei costi può avvenire in esercizi diversi da quelli di competenza.

2.2. Il motivo è fondato e va accolto.

2.3. Come già affermato da questa Corte, con principio a cui intende darsi continuità, in tema di reddito d'impresa, l'art. 75 del DPR n. 917/1986 (numerazione anteriore a quella introdotta dal d.lgs. 12 dicembre 2003, n. 344) nel prevedere che i ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi concorrono a formare il reddito nell'esercizio di competenza e che, ai fini dell'individuazione di tale esercizio, le spese di acquisizione dei beni mobili si considerano sostenute alla data della consegna o spedizione, non consente di attribuire rilievo alla data in cui perviene la fattura della spesa sostenuta, né permette la detrazione dei costi in esercizi diversi da quello di competenza, non potendo il contribuente essere lasciato arbitro della scelta del periodo in cui registrare le passività, in quanto l'imputazione di un determinato costo ad un esercizio anziché ad un altro può, in astratto, comportare l'alterazione dei risultati della dichiarazione, mediante i meccanismi di compensazione dei ricavi e dei costi nei singoli esercizi (Cass. n. 3418/2010).

Il principio di competenza, fissato dall'art. 75 TUIR, consiste dunque, in contrapposizione al principio di cassa, nel prendere in considerazione, ai fini della determinazione del reddito d'impresa, non il periodo in cui il ricavo è percepito o il costo è assolto, bensì quello nel quale giuridicamente sorge il diritto all'acquisizione del provento o l'obbligo al sostenimento dell'onere (Cass. n. 12274/2015).

Nei confronti dei soggetti titolari di reddito d'impresa, gli elementi reddituali vanno imputati, di regola, al periodo d'imposta in cui si verificano i presupposti ai quali si ricollegano, indipendentemente dal momento cui risale la percezione o il pagamento, atteso che questi costituiscono fatti finanziari ai quali non si riconnette alcuna rilevanza reddituale.

In attuazione di tale principio, ai fini della determinazione dell'esercizio di competenza, contrariamente a quanto erroneamente asserito dalla Commissione Regionale, i corrispettivi delle cessioni si considerano conseguiti, e le spese di acquisizione dei beni si considerano sostenute, alla data della consegna o spedizione per i beni mobili. Va peraltro osservato che il richiamo, formulato dal contro-ricorrente, alla disciplina dei beni mobili registrati risulta irrilevante, in quanto è meramente ipotetico ed argomentativo nonché privo di riferimenti concreti alla fattispecie in esame, e si connota di novità rispetto al compendio probatorio che risulta esaminato dal giudice di appello, in ragione della lettura della sentenza.

3.1. Violazione dell’art. 36 del D.L. n. 41/95, conv. in L. n. 85/1995, dell’art. 41, comma 5, lett. b), del DPR n. 633/1972 e dell’art. 2697 c.c., motivazione contraddittoria (art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c.).

Sostiene la ricorrente che la applicazione del regime del margine comporta l’obbligo dell’interessato di provarne la regolare applicazione.

3.2. Il motivo è fondato e va accolto.

3.3. Contrariamente a quanto affermato dalla CTR l’applicazione del cd. "regime del margine", non presuppone solo la ricorrenza di una qualità oggettiva degli autoveicoli, consistente nell’essere "usati", ma anche una particolare condizione soggettiva del dante causa, che abbia determinato l’assolvimento ab origine dell’IVA sull’acquisto e non esclude la necessità, da parte del cessionario, di una verifica più approfondita delle condizioni legittimanti l’utilizzo di tale agevolazione anche da parte del cedente.

3.4. In proposito va ricordato, come più volte affermato da questa Corte, con argomenti che si condividono che "in tema di IVA, il regime del margine di utile di cui all'art. 36 del d.l. 23 febbraio 1995, n. 41, convertito nella legge 22 marzo 1995, n. 85, siccome rappresenta un regime speciale rispetto all’ordinario regime impositivo riguardante gli acquisti intracomunitari, impone al contribuente di provare la sussistenza dei presupposti che ne consentono l'applicazione, e, quindi, la mancata detrazione dell'IVA all'acquisto da parte del cedente, tutte le volte in cui la contestazione dell'Amministrazione trovi fondamento in elementi oggettivi che privino di attendibilità le indicazioni contenute nella fattura emessa nei confronti del cessionario. "(Cass. Sent. n. 8828/2012). In particolare va ribadito che "in tema di IVA, ai fini dell'applicazione negli acquisti intra-comunitari del regime del margine di utile di cui all'art. 36 del d.l. 23 febbraio 1995, n. 41, convertito nella legge 22 marzo 1995, n. 85, non costituisce unica condizione la regolarità formale della fattura emessa dal cedente, poiché in tal modo si attribuirebbe a tale documento un'efficacia probatoria, in realtà non prevista, in relazione all'esistenza dei presupposti giustificativi di tale regime fiscale, e cioè che il cedente abbia assolto l'imposta in modo definitivo e risponda ad uno dei requisiti soggettivi indicati dalla medesima disposizione, configurandosi o come privato consumatore, o come soggetto che non abbia potuto detrarre l'imposta per aver destinato i beni ad attività esente, ovvero che agisca in regime di franchigia nel proprio Stato membro, ovvero ancora che abbia a sua volta assoggettato il proprio acquisto al regime del margine di utile. "(Cass. Sent. n. 8828/2012).

3.5. Pertanto "Colui il quale intenda avvalersi, per il pagamento dell'IVA su beni acquistati da soggetti residenti in altro Stato membro, dello speciale regime del "margine di utile", ha l'obbligo di accertarsi della sussistenza dei presupposti di applicabilità di quel regime, tra i quali la circostanza che il cedente del bene non abbia potuto esercitate, nel suo Paese, alcuna rivalsa per l'imposta versata quando acquistò quel bene. Tale accertamento non può limitarsi ad un mero controllo di regolarità formale delle fatture emesse dal cedente, ma deve estendersi al controllo della regolarità sostanziale dell'operazione, a condizione che esso sia possibile alla stregua dell'ordinaria diligenza esigibile dal cessionario" (Cass. Sent. n. 8636/2012).

3.6. Ne discende che, anche se va escluso che il regime del cd. "margine" abbia carattere agevolativo, come erroneamente sostenuto dalla difesa dell’Agenzia delle Entrate, lo stesso è un regime speciale di assolvimento dell’imposta per cui è onere di colui che richiede di accedervi provare la effettiva ricorrenza di tutti gli elementi normativamente richiesti, sia oggettivi che soggettivi, per cui ha errato la CTR nel ritenere applicabile il cd "regime del margine" sulla ricorrenza oggettiva della qualità "usata" degli autoveicoli in questione e sulla dichiarazione in fattura dell’assoggettabilità dei beni a tale regime.

4. In conclusione il ricorso va accolto in toto. La sentenza in esame non ha dato corretta applicazione ai principi ricordati e non ha motivato in modo adeguato e pertinente la decisione assunta e va, quindi, cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale in altra composizione per il riesame e la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso su tutti i motivi;

Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Puglia in altra composizione per il riesame ed anche la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.