Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 14 ottobre 2015, n. 20698

Inps - - Trattamento pensionistico integrativo - Domanda - Riliquidazione

 

Svolgimento del processo

 

1. La Corte d’appello di Genova, con la sentenza n. 1043 del 2009, pronunciando sull’impugnazione proposta da P. M. nei confronti dell’INPS, avverso la sentenza n. 947 del 18 maggio 2007 emessa dal Tribunale di Genova, dichiarava infondato il recupero effettuato da parte dell’INPS (in relazione a somme erogate in più dal febbraio al novembre 2004) e lo condannava a restituire all’appellante una somma in euro pari a lire 36.036.010, oltre interessi legali o rivalutazione monetaria se maggiore da ogni singola trattenuta al saldo. Respingeva ogni altra domanda.

2. Con un primo ricorso, P. M. aveva adito il Tribunale di Genova esponendo di aver prestato servizio presso l’ENPI fino al 21 gennaio 1982, di aver percepito dopo tale data, per la suddetta attività, la pensione integrativa; di aver compiuto 60 anni il 1° luglio 1988,e di aver, dopo tale data, percepito la pensione di vecchiaia. Il trattamento obbligatorio e quello integrativo erano stati corrisposti separatamente sino al rateo di settembre 1994, e, quindi, unificate in un unico rateo.

Con lettera del 20 gennaio 1995, l’INPS gli aveva chiesto la restituzione di £. 37.755.475 che sarebbero state percepite indebitamente ma che tale pretesa era illegittima perché in contrasto con l’art. 52 della legge n. 88 del 1989; inoltre, dal 1° gennaio 1995, l’Istituto gli stava versando l’importo di £ 1.200.000 di gran lunga inferiore all’assegno pensionistico dovuto per legge e l’INPS non aveva titolo ad alcuna ripetizione.

Chiedeva accertarsi la pensione spettantegli, ritenendo che la stessa gli fosse corrisposta in misura minore rispetto al dovuto, e la condanna dell’INPS al pagamento delle differenze dovute con la deduzione di quanto già percepito.

3. Il Tribunale rigettava la domanda di adeguamento della pensione perché la "clausola oro" - che in corso di causa si accertava essere il fondamento della domanda - garantiva la corrispondenza del trattamento pensionistico a quella del personale in servizio, di pari qualifica, al momento di risoluzione del rapporto, ma non poteva essere invocata con riferimento ad un inquadramento che in tale momento non era esistente; dichiarava totalmente irripetibili le somme trattenute dall’INPS prima dell’entrata in vigore della legge n. 662 del 1996, e nella misura di un quarto quelle trattenute successivamente, condannando l’INPS alla restituzione di quanto illegittimamente trattenuto.

4. Avverso tale decisione proponeva appello il P..

La Corte d’Appello di Genova dichiarava la nullità del ricorso e della sentenza di primo grado.

5. Il P. proponeva nuovo ricorso dinanzi al Tribunale di Genova, indicando con precisione i fatti e deducendo la violazione della "clausola oro" che l’INPS avrebbe dovuto applicare anche quando l’ENPI era già stato soppresso, parametrando la pensione alle retribuzioni che gli enti pubblici erogavano ai medici di livello apicale ove gli stessi erano confluiti.

Riproponeva la domanda di ripetizione di indebito della somma di oltre 36 milioni di lire che l’INPS gli aveva indebitamente trattenuto, negando l’esistenza dell’indebito , la cui prova doveva essere comunque fornita dall’INPS.

6. Il Tribunale rigettava la domanda principale relativa alla "clausola oro" perché l’ENPI si era estinto il 1° luglio 1982, poco dopo la risoluzione del rapporto con il P. che, erroneamente, pretendeva l’applicazione di una normativa entrata in vigore successivamente e relativa ad altri enti.

Respingeva altresì la domanda di ripetizione dell’indebito costituito dalle somme erogate in più dal febbraio al novembre 2004, applicando l’art. 52 della legge n. 88 del 1989, come interpretata autenticamente dall’art. 123 della legge 412 del 1991.

7. Proposto appello dal P., la Corte d’Appello di Genova, con la sentenza oggetto dell’odierno ricorso per cassazione, respingeva la domanda relativa all’applicabilità della "clausola oro" e accoglieva quella relativa alla ripetizione dell’indebito.

8. Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorre l’INPS prospettando un motivo di ricorso.

9. Resiste con controricorso e ricorso incidentale, articolato in quattro motivi, il P.

10. Entrambe le parti hanno depositato memoria in prossimità dell’udienza.

 

Motivi della decisione

 

1. Deve essere disposta la riunione dei giudizi in quanto proposti entrambi avverso la medesima sentenza di appello.

2. È opportuno, in via preliminare, sia pure in sintesi, ripercorrere le argomentazioni della sentenza della Corte d’Appello.

Quest’ultima, come si è accennato, con la decisione oggetto del presente ricorso per cassazione riteneva non fondata l’impugnazione sulla applicabilità della "clausola oro".

Il P. aveva iniziato il rapporto di lavoro con l’ENPI il 1° dicembre, andando in quiescenza il 21 gennaio 1982. Solo il 1° luglio 1982 l’ENPI veniva soppresso.

Lo stesso fruiva immediatamente della pensione integrativa istituita a carico dell’ENPl, il cui regolamento all’art. 30, conteneva la "clausola oro", in base alla quale, ove fossero apportate variazioni nelle retribuzioni pensionabili del personale in servizio, le pensioni a carico del Fondo pensioni ex dipendenti ENPI erano riliquidate assumendo a base la nuova retribuzione prevista per la qualifica e la posizione in cui l’impiegato si trovava all’atto della cessazione del servizio.

L’ultima qualifica ricoperta dal P. prima del collocamento a riposo presso l’ENPI era quella di medico superiore, decima qualifica professionale con incarico di coordinamento. Tre anni dopo il collocamento a riposo e due e mezzo dopo l’estinzione dell’ente, il Commissario liquidatore attribuiva al P. la qualifica di coordinatore prima qualifica professionale, con effetto retroattivo dal 28 dicembre 1979. In relazione a tale qualifica, cioè al livello apicale del settore sanitario, il P. intendeva avere l’applicazione della "clausola oro".

Il giudice di secondo grado rilevava che il sistema pensionistico è di regola disciplinato sulla situazione esistente al momento della nascita del diritto al trattamento di quiescenza e non si possono applicare normative o sistemi di classificazione venuti ad esistenza vari anni dopo, tranne che ciò sia espressamente previsto con una specifica regolamentazione retroattiva di cui, però non vi era traccia nella normativa di riferimento. La disciplina di riferimento, inoltre, aveva regolamentato il transito da un ente ad un altro per il personale in servizio e, quindi, la pretesa del Padule di applicarla al personale che aveva terminato il rapporto di lavoro non aveva fondamento.

Ed infatti la legge n. 70 del 1975 disciplinava il passaggio da un ente ad un altro del personale in servizio. Le successive tabelle di equiparazione tendono a garantire parità di trattamento economico a parità di qualifica, indipendentemente dall’amministrazione di appartenenza, ma ciò, in particolare la normativa che nello specifico viene in rilievo - legge 833 del 1978 e dPR 20 dicembre 1979 - non consente di ritenere che il trattamento delle "clausole oro" avvenga sulla base di tale equiparazione, fondata sulla realizzazione di una ben diversa finalità. La giurisprudenza anzi ha sempre escluso il riconoscimento della "clausola oro" al di fuori della applicabilità automatica e generalizzata di aumenti retributivi riconosciuti a tutti i dipendenti in servizio, senza tener conto di ulteriori sviluppi della loro carriera, perché altrimenti, l’applicazione della predetta clausola determinerebbe una sorta di progressione in carriera inammissibile.

La Corte d’Appello, in proposito rileva come il P. faceva riferimento allo sviluppo di carriera che in enti diversi (ASL, INPS, INAIL e altri), avevano avuto i medici che erano transitati, svolgendo particolari e (con ogni probabilità) diverse mansioni.

La giurisprudenza di legittimità (Cass., n. 2242 del 2006) aveva, altresì, affermato che ai dirigenti ex INAM l’indennità di posizione nella base di calcolo del trattamento di quiescenza spettava solo se gli stessi avevano effettivamente espletato le relative funzioni dirigenziali nel corso del periodo di servizio.

Dal 1° gennaio 1998, per effetto della legge n. 449 del 1997, comunque, erano scomparse dal settore pubblico tutte le forme di adeguamento pensionistico diverse da quelle ordinarie.

La Corte d’Appello accoglieva la domanda del P. di ripetizione di indebito atteso che competeva all’Istituto che aveva trattenuto la somma l’onere di provare il fondamento del suo preteso credito.

3. Tanto premesso può passarsi all’esame dei motivi dei ricorsi.

4. Ha priorità logico giuridica l’esame del ricorso incidentale del P..

4.1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 35 del dPR n. 411 del 1976. Dopo aver riportato il contenuto della norma suddetta e dell’art. 13 del dPR n. 509 del 1979, il ricorrente incidentale ricorda come con delibera 30 novembre 1982, n. 1123 (doc. all. 14, fascicolo di primo grado) il Commissario liquidatore dell’ente, aveva deliberato: "a) di approvare la seguente graduatoria per l’attribuzione dell’incarico di coordinamento relativo alla PRIMA qualifica professionale-settore sanitario al dipendente sotto indicato per il posto di funzione in oggetto" seguiva la graduatoria, nella quale il dr. P. era collocato al primo posto con punti 50,35, dinanzi ad altri due medici, che lo seguivano con punti 17,50 e 12,40; b) di attribuire con decorrenza 28 dicembre 11979 l’incarico di coordinamento relativo alla 1° qualifica professionale- settore sanitario al dipendente indicato per il posto funzione in oggetto: P. M. punti 50,35".

Nella premessa, l’atto, tra l’altro, stabiliva che il conferimento dell’incarico di coordinatore doveva essere attribuito con effetto retroattivo alla data della delibera n. 373 del 23 dicembre 1979 (con la quale veniva stabilito il contingente di cui all’art. 13 del dPR n. 509 del 1979 e fissato il numero dei posti da assegnare alle varie qualifiche al fine dell’attribuzione degli incarichi di coordinamento e delle qualifiche di coordinamento, nonché dei livelli differenziati di professionalità) esclusivamente nei confronti del personale che alla stessa data avesse svolto le relative mansioni e fosse stato utilmente collocato nelle singole graduatorie.

Tale decorrenza retroattiva veniva riconosciuta al P. per cui l’incarico di coordinamento relativo alla prima qualifica professionale - settore sanitario gli veniva attribuita con decorrenza 28 dicembre 1979, data in cui il P. era ancora in servizio.

Espone, quindi, il ricorrente che la Corte territoriale ha disapplicato il citato art. 35 che richiede un’equiparazione tra la qualifica posseduta in base al preesistente ordinamento e le qualifiche del nuovo ordinamento. Esso ricorrente, come si è accennato, infatti, aveva acquisito la nuova qualifica in relazione al periodo in cui era ancora in servizio.

4.2. Con il secondo motivo di ricorso è prospettato il vizio di insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

La Corte d’Appello nel ritenere che la qualifica attribuita al P. dopo il pensionamento ma con effetti per il passato, non fosse stata esercitata, non teneva conto del contenuto del provvedimento in cui l’effetto retroattivo era connesso all’effettivo esercizio delle mansioni. Pertanto la qualifica attribuita dal Commissario straordinario doveva costituire la base per l’applicazione della "clausola oro", atteso che questa era quella sussistente al momento della cessazione dal servizio.

4.3. Con il terzo motivo di ricorso è prospettata insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Esso ricorrente espone che intende beneficiare ai fini pensionistici degli aumenti retributivi che hanno ottenuto, in applicazione di meri criteri di inquadramento tabellare, coloro i quali, come lui, erano inquadrati nella prima qualifica professionale. Pertanto si palesa l’insufficienza della motivazione laddove

escludeva l’applicazione della "clausola oro" perché chiesta in relazione ad un inquadramento futuro e virtuale.

4.4. Con il quarto motivo del ricorso incidentale è dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 59, comma 4, della legge n. 49 del 1997.

Assume il ricorrente che la previsione dell’ art. 59, comma 4, secondo cui "a decorrere dal 1° gennaio 1998, per l’adeguamento delle prestazioni pensionistiche a carico delle forme pensionistiche di cui ai commi 1, 2 e 3, trova applicazione esclusivamente il d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, art. 11, con esclusione di diverse forme, ove ancora previste, di adeguamento anche collegate all’evoluzione delle retribuzioni di personale in servizio...", non impedisce l’applicazione della "clausola oro" fino al momento dell’entrata in vigore della suddetta disposizione.

4.5. Sono fondati e devono essere accolti il secondo ed il terzo motivo del ricorso incidentale che vengono trattati congiuntamente in ragione della loro connessione e il cui esame ha priorità logica.

L’art. 30 del regolamento ENPI prevede che, ove con provvedimento di carattere generale, siano apportate variazioni nelle retribuzioni pensionabili del personale in servizio, le pensioni a carico del Fondo in godimento sono riliquidate, assumendo come base la nuova retribuzione prevista per la qualifica e la posizione in cui l’impiegato si trovava all’atto della cessazione del servizio (cosiddetta clausola di "adeguamento al pari grado" o "clausola oro2).

Oggetto della controversia è, dunque, il diritto del P. di ottenere la maggiorazione della pensione, in godimento quale ex dipendente del soppresso ENPI, cessato dal servizio, in ragione dell’applicazione della "clausola oro", sulla qualifica attribuitagli retroattivamente successivamente alla cessazione dal servizio.

4.6. Trova applicazione il seguente principio di diritto: l’art. 30 del regolamento interno di previdenza dei dipendenti ENPI prevede che ove con provvedimenti di carattere generale siano apportate variazioni nelle retribuzioni pensionabili del personale in servizio, le pensioni a carico del Fondo in corso di godimento sono riliquidate assumendo come base la nuova retribuzione prevista per la qualifica e la posizione in cui l’impiegato si trovava all’atto della cessazione dal servizio.

La suddetta previsione presuppone l’effettività dello svolgimento delle funzioni della qualifica e posizione posseduta alla cessazione dal servizio, in relazione alla quale si chiede l’operatività della "clausola d’oro".

Qualora il nuovo inquadramento sia attribuito al lavoratore con provvedimento organizzativo intervenuto dopo il collocamento in quiescenza dello stesso, con effetto retroattivo al tempo della sussistenza del rapporto di lavoro, l’applicazione della "clausola oro", e cioè la riliquidazione della pensione, effettuata a causa di variazioni nelle retribuzioni pensionabili del personale, presuppone che all’inquadramento così disposto retroattivamente corrisponda temporalmente, e pertanto quando era in servizio, l’effettivo esercizio delle relative funzioni (cfr. Cass., n. 6317 del 2001, Cass. n. 2246 del 2006, Cass. 7124 del 2007, Cass., n. 11788 del 2012).

4.7. La Corte d’Appello non ha fatto corretta e congrua applicazione di questi principi, pur nella sostanza richiamati nella sentenza, in quanto ha omesso di motivare in modo adeguato, in presenza dell’affermazione contenuta nella delibera del Commissario straordinario n. 113 del 30 novembre 1982, prodotta in giudizio sin dal primo grado: "il conferimento dell’incarico di coordinamento debba essere attribuito con effetto retroattivo alla data della deliberazione n. 373 del 29 dicembre 1979 esclusivamente nei confronti del personale che alla stessa data abbia svolto le relative mansioni e sia utilmente collocato nelle singole graduatorie", sulla circostanza, integrativa della fattispecie per il riconoscimento dell’applicabilità della "clausola oro", se il P. avesse o meno svolto le mansioni del nuovo inquadramento, limitandosi ad una statuizione di carattere generale "la circostanza che tre anni dopo il pensionamento integrativo sia stata attribuita al P. la citata qualifica professionale non comporta automaticamente che lo stesso la abbia esercitata così come assume, con la funzione di coordinamento che la presuppone e che la caratterizza".

4.8. In ragione dell’accoglimento del secondo e del terzo motivo di ricorso sono assorbiti gli altri motivi del ricorso incidentale.

5. Può passarsi all’esame del ricorso principale dell’INPS, che non è tardivo come eccepito dal P.. La sentenza della Corte d’Appello di Genova oggetto del presente ricorso è stata depositata il 21 gennaio 2009. Il ricorso incidentale, notificato il 22 gennaio 2010 (spedizione racc.) è in termini, atteso che la notifica eseguita a mezzo del servizio postale, è stata richiesta il 21 gennaio 2010, come può evincersi dal timbro (non oggetto di contestazioni quanto alla conformità al vero delle indicazioni da esso desumibili) apposto dall’ufficiale giudiziario sull’ultima pagina dell’originale del ricorso (v. tra tante, Cass., n. 3755 del 2015, n. 13640 del 2013, n. 359 del 2010).

5.1 Con l’unico motivo di ricorso l’INPS deduce violazione ed errata applicazione dell’art. 2697 cc. Violazione ed errata applicazione dell’art. 38, commi 7, 8 9, e 10, della legge n. 448 del 2001. Violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.(art. 360, n. 3, c.p.c.).

Espone l’INPS che erroneamente la Corte d’Appello avrebbe posto a carico di esso Istituto l’onere della prova dei fatti costitutivi della propria pretesa restitutoria. Tale statuizione sarebbe contraria ai principi affermati dalla Corte di legittimità, in quanto è il pensionato che deve provare la fondatezza della pretesa alla prestazione già erogata.

5.2. Il motivo è fondato e deve essere accolto alla luce dei principi affermati da Cass. n. 198 del 2011, secondo la quale «la questione relativa all’onere probatorio nel giudizio promosso dall’assicurato nei confronti dell’ente previdenziale per contrastare la pretesa di quest’ultimo alla restituzione di somme erogate a titolo pensionistico è stata recentemente decisa dalle Sezioni unite con la sentenza n. 18046 del 2010, che ha composto il contrasto di giurisprudenza sorto al riguardo nella Sezione lavoro, nei sensi di cui al seguente principio di diritto: "In tema di indebito, anche previdenziale, ove l’accipiens chieda l’accertamento negativo della sussistenza del suo obbligo di restituire quanto percepito, egli deduce necessariamente in giudizio il diritto alla prestazione già ricevuta, ossia un titolo che consenta di qualificare come adempimento quanto corrispostogli dal convenuto, sicché egli ha l’onere di provare i fatti costitutivi di tale diritto"».

5.3. La Corte d’Appello di Genova, limitandosi all’affermazione di una diversa, non corretta regola iuris, ha omesso tale accertamento e pertanto la statuizione impugnata deve essere cassata con rinvio, rimettendosi al giudice di rinvio di verificare le posizioni delle parti in base ai principi sopra richiamati.

6. Deve essere accolto il ricorso principale ed il secondo ed il terzo motivo del ricorso incidentale. Assorbiti gli altri motivi del ricorso incidentale.

7. La sentenza va cassata in relazione al ricorso principale e ai motivi del ricorso incidentale accolti, con rinvio alla Corte d’Appello di Torino anche per le spese del presente giudizio.

 

P.Q.M.

 

Riunisce i ricorsi. Accoglie il ricorso principale ed il secondo ed il terzo motivo del ricorso incidentale. Assorbiti gli altri motivi del ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata in ordine ai motivi accolti e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte d’Appello di Torino.