Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 28 ottobre 2015, n. 21991

Tributi - Accertamento con metodo presuntivo - Mezzi di prova - Ammontare dei ricavi molto inferiore a quello degli anni precedenti - Condotta antieconomica - Omessa documentazione di operazioni imponibili

 

Fatto

 

L’Agenzia delle Entrate, in relazione all’anno d’imposta 2002, ha accertato ex art. 39, comma, lett. d) del d.P.R. 600/73, sulla base di un processo verbale della Guardia di finanza, maggiore materia imponibile ai fini Irpef, Iva ed Irap. Ciò in base al fatto che l’ammontare dei ricavi delle vendite e delle prestazioni relativi all’anno in questione era di molto inferiore a quello riscontrato negli anni d’imposta precedente e successivo e sembrava rispondere ad una condotta inspiegabilmente antieconomica e comunque incongruente.

Il contribuente ha impugnato l’avviso, senza successo in primo grado. La Commissione tributaria regionale ne ha respinto anche l’appello, reputando, per un verso, che gli elementi addotti dall’amministrazione siano idonei ad integrare le presunzioni necessarie a disattendere le risultanze di una contabilità regolarmente tenuta, anche in considerazione del fatto che per il periodo d’imposta in esame è emersa l’omessa documentazione di operazioni imponibili e, per altro verso, che il contribuente non ha dimostrato in concreto che l’imponibile determinato o determinabile fosse costituito da redditi inferiori a quelli accertati.

Avverso questa sentenza propone ricorso A.U. per ottenerne la cassazione, affidato a due motivi, illustrato altresì con memoria ex art. 378 c.p.c., cui l’Agenzia replica con controricorso.

 

Diritto

 

1. - Col primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., il contribuente si duole della violazione dell’art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. 600/73, là dove il giudice d’appello ha, recependo i risultati raggiunti dall’ufficio in esito al procedimento di accertamento, dato credito ad una ricostruzione meramente ipotetica.

Il motivo è genericamente formulato e per conseguenza inammissibile.

Secondo U., in definitiva, gli elementi valorizzati dall’ufficio prima e dal giudice d’appello poi sono indizi privi dei requisiti della gravità, precisione e concordanza.

1.1. - La censura si risolve in una critica del ragionamento seguito dalla Commissione inammissibile in sede di legittimità sotto il profilo della violazione di legge: l’apprezzamento in ordine alla gravità, precisione e concordanza degli indizi posti a fondamento dell’accertamento effettuato con metodo presuntivo attiene alla valutazione dei mezzi di prova, ed è pertanto rimesso in via esclusiva al giudice di merito, salvo lo scrutinio riguardo alla congruità della relativa motivazione (tra varie, Cass., ord. 8 gennaio 2015, n. 101; 28 ottobre 2014, n. 22801; 30 ottobre 2013, n. 24437).

2. - Parimenti inammissibile è il secondo motivo di ricorso, proposto ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., col quale il contribuente lamenta l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa il fatto controverso e decisivo dato dalla circostanza che nell’anno d’imposta in questione egli è stato vittima di un incidente che ha comportato la diminuzione della sua attività lavorativa per circa due mesi.

La narrativa della sentenza impugnata dà conto della circostanza e dà altresì conto delle contestazioni in fatto proposte dall’ufficio, secondo cui «...non è credibile, in assenza di documentazione certa, che tale limitazione si sia protratta per i due mesi denunciati dal ricorrente».

In questo contesto, il contribuente non deduce elementi idonei a consentire alla Corte di riconoscere la decisività del fatto, la valutazione del quale egli assume sia stata ingiustamente pretermessa, perché capaci, in tesi, di contrastare la prospettazione avversa e di orientare diversamente la decisione.

2.1. - Il che assume particolare pregnanza alla luce dell’affermazione, pure contenuta in sentenza, secondo cui «dal processo verbale di constatazione si evince per il periodo d’imposta 2002 l’omessa documentazione di operazioni imponibili».

3. - Ne deriva il rigetto del ricorso.

Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il contribuente a pagare le spese, liquidate in euro 3000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.