Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 13 ottobre 2015, n. 20517

Lavoro - Socio e dipendente dalla cooperativa - Sospensione della qualifica di socio - Risoluzione del rapporto per mutuo consenso - Accertamento

 

Svolgimento del processo

 

Il L., socio e dipendente dalla cooperativa L. SCPA con rapporto di lavoro subordinato, a seguito di diverbio con la collega C., seguito da vie di fatto, veniva sospeso dalla qualifica di socio, con raccomandata a mano del 28.6.2004.

A quasi un anno di distanza il L. proponeva due ricorsi per decreto ingiuntivo per le retribuzioni relative ai mesi di luglio - dicembre 2004 che davano luogo ad un giudizio d'opposizione e quindi un successivo ricorso per la retribuzione fino al marzo 2005.

Le opposizioni ai decreti ingiuntivi proposte dalla L. vennero respinte con sentenze nn. 771\05, 267\06 e 568\06 del Tribunale di Monza.

Con sentenza n. 466\06, il Tribunale di Monza ritenne che, essendo la L. intervenuta solo sul rapporto associativo, ma non avendo preso alcuna iniziativa di contestazione disciplinare e risoluzione del rapporto di lavoro, lo stesso doveva ritenersi mai cessato con il conseguente diritto del L. alle retribuzioni. La società cooperativa L. SCPA proponeva appello avverso la detta sentenza (n. 466\06), insistendo per l'accertamento della intervenuta risoluzione del rapporto alla data del 29.6.04.

La Corte d'appello di Milano, con sentenza depositata il 24 aprile 2009, ritenuto che le precedenti sentenze risultavano passate in giudicato ma con riferimento ai soli periodi di cui ai decreti ingiuntivi, rilevava che comunque nel giudizio venne proposta una domanda di accertamento dell'intervenuta risoluzione del rapporto di lavoro, anche con effetto da data successiva a quella dell'esclusione da socio.

Osservava al riguardo che il rapporto non era mai stato riattivato e che, dopo la sua esclusione da socio, era comunque cessato il rapporto lavorativo senza che il L. avesse adottato alcuna iniziativa in proposito, sino al deposito del primo ricorso per decreto ingiuntivo.

Riteneva pertanto che, al momento della proposizione del ricorso originante il presente giudizio (9.12.05), il rapporto di lavoro non si potesse ritenere in corso tra le parti.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il L., affidato a cinque motivi.

Resiste la società L. SCPA con controricorso.

 

Motivi della decisione

 

1. - Ragioni di priorità logico giuridica impongono di esaminare dapprima il secondo ed il quinto motivo di ricorso.

2. - Con il secondo motivo il ricorrente denuncia una omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo della controversia (art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.).

Lamenta di aver agito in sede monitoria sin dal 13.5.05 richiedendo un primo decreto ingiuntivo per le retribuzioni non corrisposte, circostanza peraltro ben nota alla Corte di merito che ne fece menzione in sentenza, ritenendo tuttavia il rapporto risolto per facta concludentia.

3. - Con il quinto motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 1372 c.c.

Lamenta che, ove dovesse ritenersi che la Corte milanese abbia accertato la sussistenza nella specie di una risoluzione del rapporto per mutuo consenso, tale accertamento era in contrasto con la norma invocata e col consolidato orientamento di questa Corte in materia, secondo il quale a tal fine non rileva il mero decorso del tempo (nella specie peraltro limitato a pochi mesi, avendo il L. richiesto in data 13.5.05 decreto ingiuntivo per le retribuzioni non corrisposte), occorrendo la sussistenza di altre significative circostanze denotanti una chiara volontà delle parti di porre fine al rapporto di lavoro in essere, nella specie insussistenti e neppure menzionate dalla Corte di merito.

I motivi sono fondati, ed assorbono l’intero ricorso.

In effetti la sentenza impugnata, che mostra sotto il profilo che qui interessa di aver ritenuto esservi stata una risoluzione tacita del rapporto per facta concludentia e dunque una risoluzione del rapporto per mutuo consenso, da una parte menziona i vari ricorsi per decreto ingiuntivo, chiesti ed ottenuti dal L. pochi mesi dopo la cessazione di fatto del rapporto di lavoro sostenendone la persistenza, quindi sostiene che il L. avesse omesso di prendere alcuna iniziativa per riattivarlo, sino al deposito del primo ricorso per decreto ingiuntivo, incorrendo così nel vizio di motivazione contraddittoria e nella violazione dell’art. 1372 c.c. così come in materia di rapporto di lavoro più volte interpretato da questa Corte (cfr. da ultimo Cass. 9 aprile 2015 n. 7156; Cass. 12 gennaio 2015 n. 231, Cass. 28 gennaio 2014 n. 1780, Cass. n. 1780\14, etc.), non attribuendo alcun significato ai ricorsi in sede monitoria proposti dopo alcuni mesi dalla cessazione di fatto del rapporto (peraltro confermati nel giudizio a cognizione piena in sede di opposizione), né evidenzia altre significative circostanze idonee - ad evidenziare una chiara e certa volontà delle parti di porre fine al rapporto di lavoro.

4. - Il ricorso deve pertanto accogliersi, restando assorbiti i restanti motivi, la sentenza impugnata cassarsi con rinvio ad altro giudice, in dispositivo indicato, al fine dell'ulteriore esame della controversia, oltre che per la regolamentazione delle spese, comprese quelle del presente giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il secondo ed il quinto motivo del ricorso, e dichiara assorbiti i restanti. Cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'appello di Milano in diversa composizione.