Giurisprudenza - CONSIGLIO DI STATO - Sentenza 15 settembre 2015, n. 4304

Formazione professionale continua

 

Fatto e diritto

 

1. L’ente di formazione F. - T. impugna la sentenza in epigrafe, con la quale la Sezione III bis del Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sul ricorso proposto dalla odierna appellante per l’annullamento:

- della nota di Fondimpresa del 30 maggio 2014 con la quale si e comunicato che il piano operativo formativo di F. - T. denominato "PILLAR - promuovere l’innovazione per i lavoratori, attraverso linee di aggiornamento e riqualificazione", benché idoneo, non e finanziabile;

- del verbale di valutazione del piano formativo n. 46 denominato "INDACO" allegato alla nota di F. OUT/22780/2014;

- dei verbali del Comitato di valutazione in data 10 e 14 maggio 2014, e della graduatoria unica nazionale relativa ai piani da finanziare ai sensi dell’Avviso n. 5/2013. Generalista, approvato dal Consiglio di amministrazione di Fondimpresa in data 28 maggio 2014, nella parte in cui non sono contemplati, tra gli ammessi ai finanziamenti, i piani formativi presentati da F. - T., e contro gli atti connessi a quelli suindicati.

La società F. - T. ha contestato in sede giudiziale la legittimità degli atti del fondo interprofessionale per la formazione continua.

Fondimpresa, riguardanti la non finanziabilità dei piani formativi PILLAR e INDACO, presentati dalla odierna appellante nell’ambito dell’avviso n. 5/2013 e valutati da F. idonei ma non finanziabili.

Il Tribunale amministrativo, nella resistenza di F., società alla quale compete il finanziamento dei piani formativi, del Ministero del lavoro e della Luiss e altre società, beneficiarie di contributi per attività di formazione continua, ha declinato la propria giurisdizione indicando il giudice ordinario quale giudice fornito di giurisdizione.

La decisione di primo grado si basa sui seguenti argomenti:

- i fondi paritetici interprofessionali e tra essi F. - non sono organismi di diritto pubblico, hanno natura privatistica e svolgono un’attività solo indirettamente rivolta alla tutela di un interesse generale - quello di garantire ai lavoratori occasioni di formazione ed elevazione professionale;

- origine, destinazione e modalità di gestione dei finanziamenti sono di natura privata. In particolare, non vengono in questione contributi per la formazione a carico della finanza pubblica; nell’erogazione dei contributi alla formazione Fondimpresa non amministra risorse pubbliche e non esercita poteri pubblicistici: anche se il 26 % dei contributi che giungono a F. dalle aziende aderenti vengono redistribuiti, su base solidaristica, allo scopo di garantire la formazione anche nelle aziende medio .piccole, attraverso il "conto di sistema", tuttavia il 70% dei contributi per la formazione sono distribuiti tra le aziende aderenti a F., e direttamente restituiti alle stesse, mediante l’apertura di un "conto formazione" al quale le imprese che hanno versato i contributi possono attingere per finanziare le proprie attività di formazione;

- non sussiste un controllo significativo della pubblica amministrazione sull’attività dei fondi, sul corretto utilizzo dei finanziamenti ai fondi e sulla composizione degli organi dei fondi.

2. Nella prospettazione dell’appellante il Tar, declinando la propria giurisdizione a conoscere della procedura, avrebbe di fatto privato F. - T., e tutti i soggetti che operano nel campo della formazione, di una tutela giurisdizionale piena ed effettiva, sembrando evidente che, a fronte dell’esercizio di un’attività discrezionale attributiva di risorse pubbliche (arg. ex art. 12 della l. n. 241/1990), solo il giudice amministrativo sia munito di poteri idonei a garantire un’efficace e puntuale difesa degli interessi di coloro che partecipano a questo tipo di selezioni, potendo sindacare e, ove del caso, annullare gli atti e le decisioni adottati dal fondo, se basati su presupposti erronei o manifestamente illogici o incoerenti.

Per l’appellante i fondi paritetici interprofessionali tra cui F. non esercitano un’attività "solo indirettamente rivolta alla tutela di un interesse generale", ma sono chiamati invece a perseguire una finalità pubblica al più alto livello, riguardante la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori (cfr. art. 35, comma 2, Cost.; art. 118, comma 1, della l. n. 388/2000).

Istituendo i fondi il Legislatore ha inteso attuare una delega di funzioni pubbliche strategiche, qualificabili come segmenti di politiche formative con le relative risorse finanziarie.

Il fatto che i fondi abbiano natura privatistica non e inconciliabile con la devoluzione a essi di compiti e con lo svolgimento di attività di pubblico interesse, aventi rilevanza pubblicistica.

Non merita condivisione la tesi del Tar secondo la quale le risorse amministrate dai fondi avrebbero natura privatistica in quanto i soggetti tenuti ai versamenti sono imprese aderenti al fondo sia pure per il tramite dell’INPS che svolgerebbe pero un ruolo di mero tesoriere limitandosi a ritrasferire alle aziende i contributi per la formazione.

Dopo avere riepilogato il meccanismo di finanziamento dei fondi l’appellante sottolinea che, se l’adesione ai fondi e facoltativa, il versamento all’INPS del contributo, di cui all’art. 25, comma 4, della l. n. 845/1978, pari allo 0,30 % della retribuzione di ciascun lavoratore, e obbligatorio. Erra la sentenza nel ritenere che la riconducibilità dei contributi in questione alle prestazioni patrimoniali imposte ex art. 23 Cost. non basti per inferire la natura pubblicistica dei contributi medesimi.

Per l’appellante, l’imposizione di una prestazione e il vincolo di destinazione al perseguimento di un interesse generale, costituzionalmente tutelato, sono elementi idonei ad avvalorare la natura pubblicistica delle risorse in questione.

Diversamente opinando non si comprenderebbe la ragione per la quale il Ministero del lavoro, in base a quanto dispone l’art. 118, comma 2, della l. n. 388/2000, e chiamato ad autorizzare l’attivazione dei fondi e a vigilare sulla gestione delle risorse da questi ultimi erogate e può disporre la sospensione dell’operatività dei fondi o il loro commissariamento in caso di irregolarità o di inadempimenti, manifestando cosi un forte potere di controllo sull’attività dei fondi e sul corretto utilizzo dei finanziamenti, correlato agli scopi .meritevoli di tutela per l’Ordinamento- erseguiti dai fondi.

L’affermazione fatta in sentenza, nella prospettiva dell’attribuzione della controversia alla giurisdizione del giudice ordinario, secondo la quale i soggetti tenuti al versamento sono le imprese aderenti al fondo per la formazione dei propri dipendenti, risulta smentita dalla giurisprudenza della Corte di giustizia sul finanziamento statale indiretto.

Il prelievo forzoso su una quota dei fondi interprofessionali, per finanziare i c. d. ammortizzatori sociali in deroga, conferma la natura pubblicistica delle risorse finanziarie gestite dai fondi medesimi.

Le risorse del "conto di sistema", cui Forma -Tec aspira, e in relazione alle quali e stato emesso l’Avviso n. 5/2013, costituiscono a tutti gli effetti aiuti di Stato ai sensi dell’art. 107 del TFUE. Trova applicazione il regolamento europeo n. 800/2008, con la relativa normativa nazionale di attuazione, che definisce in modo esplicito le erogazione di contributi come aiuti di Stato.

Il parere del Consiglio di Stato n. 386/2012, le cui argomentazioni sono state prese a prestito nella sentenza impugnata, si riferisce a una questione specifica che non attiene al caso qui in esame. Erra la sentenza nel ritenere che i contributi alla formazione altro non siano se non risorse delle aziende che l’Inps, svolgendo un ruolo di mero tesoriere, si limiterebbe a ritrasferire alle aziende stesse che, per il tramite dei fondi, finanziano piani dei quali esse risultano beneficiarie.

A questo riguardo, il "conto di sistema" e cosa ben diversa dai "conti di formazione", dato che il primo e potenzialmente aperto a tutte le imprese aderenti, essendo stato ideato per sostenere la formazione delle aziende di piccole dimensioni, favorendone l’aggregazione su piani formativi comuni: presupposto del funzionamento del "conto di sistema" e proprio la non corrispondenza tra quanto le imprese versano all’INPS e quanto ricevono dal fondo; manca una corrispondenza necessaria tra i versamenti compiuti all’INPS e quanto le aziende ricevono dal fondo: la logica del "conto di sistema" dimostra proprio l’assenza di una corrispondenza necessaria tra quanto dato e quanto ricevuto dalle imprese. La previsione per cui le risorse accantonate a partire dal 2009 sono mantenute nel conto formazione per due anni e, trascorso questo termine, se l’azienda non ne avrà fatto uso, confluiranno nel "conto di sistema", risulta incoerente con il carattere privatistico che si vuole attribuire al fondo e alle risorse da esso gestite.

L’assegnazione di risorse e in definitiva il risultato di un’attività di valutazione e di selezione nel merito dei progetti più capaci di offrire in concreto formazione ai lavoratori.

L’osservanza di principi di trasparenza e di criteri selettivi meritocratici nella predisposizione di regole per valutare le domande di finanziamento, nello scrutinio dei piani formativi presentati, nella formazione delle graduatorie e nell’assegnazione delle risorse implica l’esercizio di funzione pubblica con conseguente radicamento della giurisdizione amministrativa di legittimità, e ciò sulla base della giurisprudenza consolidata per la quale, in tema di procedure per l’erogazione di contributi pubblici, qualora la controversia si situi nell’ambito della fase procedimentale che precede il provvedimento discrezionale di attribuzione del beneficiò e si sostanzi nella contestazione della valutazione formulata, sussiste senz’altro la giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo.

E’ irrilevante ai fini di causa che F. non sia qualificabile come organismo di diritto pubblico. Assume viceversa rilievo l’assoggettamento di F. a finanziamento statale indiretto e il perseguimento, da parte della stessa, di finalità pubblicistiche. Del resto Fondimpresa, in numerosi settori della propria attività .ad esempio nell’approvvigionamento di beni, servizi e forniture e nella materia dell’accesso agli atti e ai documenti- opera come soggetto pubblico.

3. F. e Luiss si sono costituite per resistere.

Le parti hanno illustrato le rispettive posizioni con memorie conclusive.

Nella camera di consiglio del 4 giugno 2015 il ricorso e stato discusso e quindi trattenuto in decisione, ex artt. 87, comma 3, e 105, comma 2, del cod. proc. amm.

4. L’appello e fondato e va accolto, la sentenza impugnata va riformata e la causa rimessa al giudice di primo grado ai sensi dell’art. 105, comma 1, cod. proc. amm., affinché il Tar si pronunci nel merito previa riassunzione del processo con le modalità e nei termini stabiliti dal cod. proc. amm.

Argomentazione e conclusioni della sentenza non persuadono il Collegio.

4.1. Anzitutto non persuade l’affermazione svolta in sentenza secondo la quale l’attività dei fondi interprofessionali sarebbe solo in via indiretta rivolta alla tutela di un interesse generale quello di garantire ai lavoratori occasioni di formazione e di elevazione professionale; e non persuade neppure il rilievo operato in sentenza .a sostegno della devoluzione della controversia alla giurisdizione del giudice ordinario - sulla natura privatistica dei fondi paritetici.

I fondi paritetici interprofessionali sono stati istituiti, ai sensi dell’art. 118, comma 1, della l. n. 388/2000, allo scopo di promuovere lo sviluppo della formazione professionale continua, in una prospettiva di competitività delle imprese e di garanzia di occupabilità dei lavoratori, secondo un disegno coerente con quanto dispone l’art. 35, comma 2, Cost. , per il quale la Repubblica cura la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori, e in linea di continuità con i principi fondamentali di cui agli articoli 1, comma 1, che fonda sul lavoro le basi stesse della Repubblica Italiana, e 4 Cost.

Risulta innegabile che la promozione dello sviluppo e della formazione professionale continua, consentendo, attraverso il miglioramento della competitività delle imprese sul mercato, di assicurare ai lavoratori più ampie garanzie occupazionali, attiene in via diretta alla cura di un interesse generale al più alto livello.

Interesse generale perseguito da Fondimpresa "selezionando i soggetti e i progetti che appaiono più capaci di offrire in concreto questa formazione".

Non pare inutile aggiungere che, per finanziarne l’attività, ai fondi affluiscono le risorse derivanti dal gettito del contributo integrativo di cui all’art. 25, comma 4, della l. 21 dicembre 1978, n. 845 -"Legge quadro in materia di formazione professionale", relative ai datori di lavoro che in via facoltativa vi aderiscono. La legge n. 845/1978, all’art. 1, stabilisce a propria volta che "La Repubblica promuove la formazione e l’elevazione professionale in attuazione degli articoli 3, 4, 35 e 38 della Costituzione, al fine di rendere effettivo il diritto al lavoro ed alla sua libera scelta e di favorire la crescita della personalità dei lavoratori attraverso l’acquisizione di una cultura professionale.

La formazione professionale, strumento della politica attiva del lavoro, si svolge nel quadro degli obiettivi della programmazione economica e tende a favorire l’occupazione, la produzione e l’evoluzione dell’organizzazione del lavoro in armonia con il progresso scientifico e tecnologico".

Va soggiunto che la finalità di sviluppo della formazione professionale continua trova conferma anche nell’art. 2 dello statuto di Fondimpresa.

Il fondo, infatti, non solo non ha fini di lucro, ma e stato istituito al solo scopo di finanziare gli interventi di formazione continua delle imprese associate a Confindustria e di tutte le aziende che liberamente scelgano di aderirvi versando a Fondimpresa il contributo dello 0,30 % della retribuzione di ciascun lavoratore, di cui all’art. 25 della l. n. 845/1978.

4.2. Quanto alla natura privatistica dei fondi, e indubbio che la struttura dei fondi sia di derivazione contrattuale e la forma giuridica degli stessi, privatistica.

Si tratta infatti di organismi di natura associativa bilaterali (cfr. art. 118, comma 6, l. n. 388/2000; v. anche Corte cost. n. 51/2005).

Questa circostanza non e contestato da Forma - Tec.

Ciò tuttavia non significa che l’attività dei fondi resti necessariamente regolata dall’autonomia privata e che gli atti da essi adottati siano assoggettati a una disciplina privatistica.

La natura privatistica dei fondi "non vale a mutare la natura degli interessi affidati alla loro cura", come correttamente rileva l’appellante, ed e tutt’altro che inconciliabile con la devoluzione per legge a essi di funzioni e di compiti .come si e visto- di rilevanza pubblicistica e di pubblico interesse.

La natura giuridica, privatistico -contrattuale, dei fondi, e questione diversa da quella della disciplina delle funzioni devolute ai fondi medesimi e non e incompatibile con l’esercizio e il perseguimento di funzioni pubbliche d’interesse generale.

In questo contesto, perdono peso i rilievi svolti dalle parti appellate sul fatto che i fondi .e Fondimpresa- non sono organismi di diritto pubblico.

Ne la disciplina, di cui all’art. 19, comma 7 bis, del d. l. n. 185/2008 sulla c.d. "portabilità" dei contributi versati dalle aziende aderenti ai fondi riesce a sovvertire le conclusioni cui il Collegio ritiene di dover giungere sulla rilevanza pubblicistica della gestione delle risorse in questione con la conseguente giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo sulle procedure come quella per cui e causa. Viene invece in questione un’ipotesi di delegazione di funzioni pubbliche nell’ambito delle politiche di sviluppo della formazione professionale continua, coerentemente con il principio di sussidiarietà orizzontale di cui all’art. 118, ultimo comma, Cost..

4.3. Per quanto riguarda il meccanismo di finanziamento dei fondi, se l’adesione ai fondi e facoltativa, l’obbligo di versamento dei contributi all’INPS e obbligatorio.

Diversamente da quanto si afferma in sentenza (v. pag. 4), questo Collegio ritiene che il fatto che i contributi rappresentino una prestazione patrimoniale imposta ai sensi dell’art. 23 Cost. , come si ricava dalla legge n. 388/2000 -art. 118, commi 3, 5 e 8 - quest’ultimo relativo alla previsione di una sanzione a carico del datore di lavoro per il caso di omesso versamento del contributo- costituisca elemento idoneo ad avvalorare la natura pubblicistica dei contributi che affluiscono ai fondi.

Se la prestazione e imposta e la destinazione dei contributi a perseguire un interesse generale, costituzionalmente tutelato, e vincolata, "le relative risorse .come persuasivamente osserva l’appellante- cessano di essere puramente private".

D’altra parte, a voler diversamente opinare, non si comprenderebbe per quale ragione il Ministero del lavoro, in base a quanto dispone l’art. 118, comma 2, della l. n. 388/2000, e chiamato ad autorizzare l’attivazione dei fondi e a vigilare sulla gestione delle risorse da questi ultimi erogate e può disporre la sospensione dell’operatività dei fondi o il loro commissariamento in caso di irregolarità o di inadempimenti.

A differenza di quanto si ritiene in sentenza laddove, a pag. 7, viene sminuita l’importanza del controllo ministeriale sui fondi paritetici, a conferma della non qualificabilità degli stessi come organismi di diritto pubblico, l’art. 118, comma 2, della l. n. 388/2000 - secondo cui "l’attivazione dei fondi e subordinata al rilasciò di autorizzazione da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, previa verifica della conformità alle finalità di cui al comma 1 dei criteri di gestione, degli organi e delle strutture di funzionamento dei fondi medesimi e della Professionalità dei gestori. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali esercita altresì la vigilanza ed il monitoraggio sulla gestione dei fondi; in caso di irregolarità o di inadempimenti, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali può disporne la sospensione dell’operatività o il commissariamento. Entro tre anni dall’entrata a regime dei fondi, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali effettuerà una valutazione dei risultati conseguiti dagli stessi. Il presidente del collegio dei sindaci e nominato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali..." - riconosce all’Amministrazione vigilante significativi poteri di controllo sull’attività dei fondi e sul corretto utilizzo dei finanziamenti, poteri correlati agli scopi d’interesse generale .meritevoli di tutela per l’Ordinamento- perseguiti dai fondi medesimi.

Ad avviso del Collegio il carattere oggettivamente incisivo e penetrante dei poteri ministeriali suindicati corrobora la funzionalizzazione dell’attività svolta .e quindi anche delle procedure seguite- dai fondi paritetici in relazione all’interesse pubblico.

4.4. Più in particolare, sull’ elemento oggettivo attinente a origine, destinazione e modalità di gestione delle risorse, non persuade l’argomentazione della sentenza secondo la quale, partendo dall’assunto per cui la gestione dei fondi paritetici "vede il 70 % dei contributi per la formazione distribuiti tra le imprese aderenti a Fondimpresa mediante l’apertura di un "contoformazione" che costituisce un conto da cui le imprese che hanno versato i contributi possono attingere per finanziare le proprie attività formative (sicché) i fondi tornano per la gran parte alle imprese che li hanno versati", si trae la conclusione che i fondi paritetici .tra cui Fondimpresa- "non amministrano risorse pubbliche e non esercitano risorse pubblicistiche".

I passaggi logico .motivazionali della sentenza sul punto sembrano essere i seguenti:

- i contributi alla formazione altro non sono se non risorse delle aziende che l’INPS, svolgendo un ruolo di mero tesoriere, si limita a ritrasferire alle aziende medesime, per il tramite dei fondi, che finanziano piani di cui esse risultano beneficiarie;

- l’attività dei fondi in null’altro si concretizza se non, in gran parte, nella mera redistribuzione di risorse ai rispettivi "proprietari".

Se queste sono le argomentazioni e le conclusioni alle quali giunge il giudice di primo grado, questo Collegio, rilevato in via preliminare che l’Avviso n. 5/2013, di cui si discute, e stato emanato con riferimento a una procedura per la selezione di beneficiari di risorse afferenti al "conto di sistema", vale a dire con riguardo alla quota, pari al 26% dei contributi versati a Fondimpresa dalle imprese aderenti, destinata al finanziamento di piani formativi territoriali, settoriali o aziendali, individuati con procedure selettive tra le quali quella per cui e causa; ritiene che, ai fini della qualificazione dell’attività di Fondimpresa e dei riflessi sull’individuazione del giudice fornito di giurisdizione sulla procedura "de qua", assuma rilievo significativo esaminare caratteristiche e modalità di finanziamento per il tramite del "conto di sistema".

Si tratta di un conto, ben diverso dal "conto formazione", aperto potenzialmente a tutte le imprese aderenti e ideato per sostenere la formazione delle aziende di piccole dimensioni in modo da favorirne l’aggregazione e l’unione su piani formativi comuni in ambito, come detto, territoriale o aziendale.

Se questa e la "logica" del "conto di sistema", assai diversa dalla logica di "mera restituzione" alle imprese, di quanto in precedenza versato, che permea il "conto formazione" (o "conto individuale"), risulta evidente come, per una percentuale significativa di contributi versati all’INPS, anche se la percentuale di ripartizione delle risorse all’interno del fondo non assume un rilievo particolare ai fini dell’individuazione della giurisdizione, manchi una corrispondenza necessaria tra quanto le imprese versano all’ente pubblico previdenziale e quanto ricevono dal fondo.

Ciò non sembra essere stato adeguatamente considerato in sentenza.

Non sembra cioè essersi considerato che proprio per questa ragione l’assegnazione delle risorse rientranti nel "conto di sistema" (o "conto comune" o "collettivo") avviene sulla base di procedure selettive prescindendo da dimensioni, numero di dipendenti e capacita economiche delle singole imprese.

Si fa questione non di una meccanica redistribuzione di risorse, ma della valutazione nel merito di proposte d’interventi formativi: e, come non manca di ricordare l’appellante, solo i piani che meglio rispondono agli obiettivi di formazione, affidati a Fondimpresa, ottengono un punteggio tale da consentire una collocazione in posizione utile alla sovvenzione.

In questa situazione non assume rilievo decisivo verificare se le risorse del "conto di sistema", cui Forma .Tec aspira, erogate a mezzo di procedure selettive, costituiscano aiuti di Stato, come si ricava dal regolamento Min. lav. "per la concessione di contributi alle imprese per attività di formazione continua in esenzione ai sensi del regolamento (CE) n. 800/2008" (conf. Avviso n. 5/2013, art. 12), il che, tuttavia, oggettivamente rafforzerebbe la tesi dell’appellante del rilievo pubblicistico della gestione delle risorse da assegnare con la procedura per cui e causa.

In definitiva, il Collegio non può condividere la conclusione del Giudice di primo grado secondo la quale i fondi restano regolati dall’autonomia privata e gli atti di valutazione, e di formazione di graduatorie, da essi adottati in esito a procedure costituiscono espressione di capacita di diritto civile e sono assoggettati a un regime d’impugnazione privatistico.

Al contrario, per le ragioni esposte sopra viene in questione un potere amministrativo esercitato ai sensi dell’art. 7, commi 1 e 2, del cod. proc.

amm. , sicché, in modo coerente con l’orientamento giurisprudenziale consolidato di Cassazione e Consiglio di Stato, che riconosce la devoluzione alla giurisdizione del giudice amministrativo delle controversie in materia di concessione di contributi alle imprese compiuta sulla base di apprezzamenti discrezionali, la controversia sulla procedura "de qua" ricade nella giurisdizione generale di legittimità del Tar.

5. Nelle peculiarità del giudizio e in alcuni profili di controvertibilità della questione trattata il Collegio ravvisa, in base al combinato disposto di cui agli articoli 26, comma 1, c. p. a. e 92, comma 2, c. p. c., eccezionali ragioni per l’integrale compensazione delle spese di entrambi i gradi del giudizio tra le parti.

 

P.Q.M.

 

Definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della impugnata sentenza, dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo e rimette la causa al giudice di primo grado ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 105, comma 1, cod. proc. amm..

Spese dei due gradi del giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.