Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 14 ottobre 2015, n. 20685

Rapporto di lavoro - Lavoratori dello spettacolo - Contratti a termine reiterati - Nullità

 

Svolgimento del processo

 

1. Con sentenza n. 4113/06 depositata in data 23.12.06, il Tribunale di Milano, disattesa ogni altra domanda ed in accoglimento parziale delle domande della ricorrente (...) dichiarava invalido il termine finale apposto al contratto di assunzione del 9.9.1998 e successivi; condannava la convenuta Rai a ripristinare il rapporto lavorativo con la (...) in mansioni e con trattamento retributivo previsti per i giornalisti nonché, per il periodo pregresso, al risarcimento del danno da liquidarsi in separato giudizio; condannava altresì la Rai a rimborsare alla ricorrente le spese di lite nella misura di 3/5.

In particolare la sentenza del Tribunale - con riferimento alla mancata qualificazione come atto risolutivo di ogni rapporto intercorso tra le parti della lettera del 6 giugno 2003 con cui la Rai aveva comunicato alla (...) la cessazione anticipata del rapporto di lavoro a tempo determinato all'epoca in corso - rilevava che la sottoscrizione da parte della (...) della lettera suddetta non aveva in alcun modo concretizzato né una risoluzione consensuale del rapporto di lavoro né un licenziamento non impugnato. Il giudice di primo grado aveva affermato che il solo fatto di avere sottoscritto per ricevuta e conoscenza la lettera di cessazione (unilateralmente determinata dalla Rai) anticipata soltanto rispetto alla data di scadenza massima possibile (ma non rispetto all'ipotesi, contrattualmente pure prevista, e invocata dalla Rai, di fine produzione) dell'ultimo contratto a termine non consentiva di desumere una chiara e inequivoca volontà della (...) di porre definitivamente fine ad ogni rapporto di lavoro.

Inoltre il Tribunale riteneva che i termini apposti ai contratti a tempo determinato dal 9 settembre 1999 al 23 gennaio 2003 erano tutti invalidi, in base alla considerazione che l'attività prestata dalla (...) e i programmi a cui essa aveva collaborato risultavano l'una e gli altri manifestamente privi dei requisiti necessari secondo la giurisprudenza di legittimità, ossia dei requisiti della temporaneità e della specificità.

Altresì il tribunale riconosceva alla ricorrente la qualifica di giornalista redattore sin dal contratto 9.9.1998 sulla base del presupposto che le mansioni svolte dalla stessa fossero quelle tipiche del giornalista.

Il tribunale poi - quanto a pregressi rapporti di lavoro a tempo determinato - riteneva valido il verbale di conciliazione in sede sindacale sottoscritto in data 9 settembre 1998 con la previsione di una nuova assunzione a tempo determinato e con rinuncia della dipendente a ogni pretesa quanto agli intercorsi rapporti di lavoro precedenti.

2. Avverso tale pronuncia interponeva appello principale la Rai, deducendo diversi motivi di gravame e chiedendo, in parziale riforma della sentenza impugnata, di rigettare tutte le domande proposte dalla ricorrente nel ricorso di primo grado.

Si costituiva in giudizio l'appellata, la quale chiedeva di respingere l'appello e, in accoglimento dell'appello incidentale, di dichiarare nullo, annullabile ed illegittimo il verbale di conciliazione in sede sindacale sottoscritto in data 9.9.1998, di dichiarare intercorso tra le parti, a far tempo dal 23.9.09, un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, di ordinare alla Rai di assumere la ricorrente con inquadramento come praticante giornalista nei primi 18 mesi e successivamente come redattore ordinario, di condannare la Rai al pagamento delle differenze retributive maturate, di liquidare le spese di primo grado in € 5.000,00 senza procedere a compensazione parziale.

La Corte d'appello di Milano con sentenza del 13 ottobre 2009 - 12 novembre 2009 rigettava entrambi gli appelli salvo accogliere quello incidentale limitatamente alla determinazione delle spese di lite fissando l’importo globale delle stesse in € 6.000,00.

3. Avverso questa pronuncia la RAI propone ricorso articolato in cinque motivi.

Resiste con controricorso la parte intimata che ha anche proposto contestuale ricorso incidentale condizionato, cui ha resistito la società con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

 

Motivi della decisione

 

1. Il ricorso principale è articolato in cinque motivi.

Con il primo motivo la ricorrente denuncia vizio di motivazione in riferimento alla risoluzione del rapporto di lavoro come previsto dalla lettera del 6 giugno 2003 sopra citata. Con la sottoscrizione di tale lettera la ricorrente originaria aveva accettato la risoluzione del rapporto di lavoro a far data dal 28 giugno 2003.

Con il secondo motivo la società denuncia violazione degli artt. 1398 e 1399 c.c. Contesta l’affermazione della sentenza impugnata secondo cui l'utilizzo delle prestazioni lavorative della dipendente anteriori alla data di decorrenza del contratto del 27 settembre 1999 non fossero meramente preparatorie ma fossero già riferibili ad un rapporto di lavoro instaurato tra le parti. La ricorrente cominciò a lavorare presso la società senza contratto su disposizione di un capostruttura che non aveva poteri di rappresentare la società.

Con il terzo motivo la ricorrente denuncia vizio di motivazione con riferimento al requisito della specificità dei programmi televisivi oggetto dei contratti a termine stipulati dal 9 settembre 1998 al 23 gennaio 2003. In realtà si trattava di programmi per i quali ricorreva il requisito della specificità che giustificava l'apposizione del termine al contratto di lavoro.

Con il quarto motivo la società deduce la violazione dell'art. 2 della legge n. 230 del 1962, dell'art. 18 della legge n. 300 del 1970 e dell'art. 32 della legge n. 183 del 2010. Chiede in particolare l'applicazione dello ius superveniens costituito dall'art. 32, comma 5, citato.

Con il quinto ed ultimo motivo la ricorrente denuncia vizio di motivazione in ordine alla asserita natura giornalistica dell’attività svolta dalla dipendente a partire dal 9 settembre 1998. In particolare lamenta che l'istruttoria svolta non aveva offerto alcun elemento con riferimento ai programmi realizzati nel periodo 1998-1999.

2. Il ricorso incidentale condizionato è articolato in due motivi con cui si deduce la nullità o annullabilità del verbale di conciliazione in sede sindacale sottoscritto dalla Rai e dalla in data 9 settembre 1998 (in relazione agli artt. 1418, 1343, 1344, 1434, 1438 c.c. e 2113 c.c. e art. 360 n. 3 c.p.c.) nonché la carenza di motivazione, nella sentenza di appello, circa punto decisivo della controversia in relazione sempre al mancato riconoscimento della nullità o annullabilità del predetto verbale di conciliazione in sede sindacale del 9 settembre 1998.

3. Vanno riuniti i giudizi promossi con ricorso principale e con ricorso incidentale avendo ad oggetto la stessa sentenza impugnata.

4. Il ricorso principale - i cui motivi possono essere esaminati congiuntamente - è infondato.

5. Quanto al primo motivo, con cui la società ricorrente lamenta il vizio di motivazione in relazione alla asserita acquiescenza della dipendente alla risoluzione del rapporto di lavoro comunicata con lettera in data 6 giugno 2003, deve rilevarsi che da una parte la società, omettendo di riportare il contenuto del documento suddetto, è venuta meno all'onere di autosufficienza del ricorso. La corte d'appello con valutazione di merito ha ricostruito il significato dell'apposizione della firma da parte della ricorrente in calce alla lettera suddetta. In particolare la corte territoriale ha osservato che la sottoscrizione da parte della (...) della lettera del 6 giugno 2003, con la quale la Rai comunicava la risoluzione anticipata dal rapporto di lavoro a termine del 22 gennaio 2003 non aveva in alcun modo concretizzato né una risoluzione consensuale del rapporto di lavoro né un licenziamento non impugnato. Il solo fatto di avere sottoscritto per ricevuta e conoscenza la lettera di cessazione (unilateralmente determinata dalla Rai) anticipata del rapporto non consentiva affatto di desumere una chiara e inequivoca volontà della (...) di porre definitivamente fine ad ogni rapporto di lavoro.

In proposito questa Corte (ex plurimis Cass., sez. lav., n. 23319 del 18/11/2010) ha più volte affermato che, affinché possa configurarsi una risoluzione del rapporto per mutuo dissenso, é necessario che sia accertata una chiara e comune volontà delle parti di porre fine ad ogni rapporto lavorativo, con la precisazione che la valutazione del significato e della portata del complesso dei predetti elementi di fatto compete al giudice di merito, le cui conclusioni non sono censurabili in sede di legittimità, se non sussistono vizi logici o errori di diritto.

6. Infondato è anche il secondo motivo con cui la ricorrente principale censura inoltre la sentenza del Tribunale per avere la stessa dato rilievo all’utilizzo delle prestazioni lavorative della (...) prima della data di scadenza del contratto di lavoro e in particolare di quello del 27 settembre 1999.

Trattasi di inammissibile censura di merito laddove la corte territoriale ha puntualmente motivato in proposito pervenendo al convincimento, sulla base della valutazione delle risultanze di causa, che l'istruttoria espletata in primo grado aveva dimostrato come la era stata utilizzata dalla RAI già prima della formalizzazione del contratto del 27 settembre 1999.

Il fatto poi, allegato nel ricorso, che la abbia cominciato a lavorare per iniziativa del capostruttura senza averne poteri, costituisce circostanza non risultante dalla sentenza impugnata e che semmai realizzerebbe una ragione di danno risarcibile della società nei confronti del suo dipendente, fermo restando che la società, accettando l'attività lavorativa della (...) nella produzione in particolare del programma "L.v." aveva ratificato con comportamento concludente l'operato del suo dipendente.

7. Infondato è anche il terzo motivo di ricorso.

La Corte d'appello ha puntualmente osservato che l'assunzione a termine per "specifici programmi radiofonici o televisivi" di cui all'art. 1, comma 2, lett. e) legge n. 230/1962, presuppone, oltre alla puntuale individuazione della rappresentazione, che i programmi abbiano una durata prefissata e siano destinati a sopperire esigenze gestionali temporanee seppur compatibili con una programmazione ripetuta e a puntate e pertanto la reiterazione di successivi contratti a termine a copertura di una stabile esigenza lavorativa risulta contraria allo schema legale del contratto a termine, configurando un’elusione fraudolenta della relativa normativa.

Sotto questo profilo può considerarsi che la giurisprudenza di questa Corte ha più volte ribadito che l'assunzione a termine a norma dell’art. 1, secondo comma, legge n. 230 del 1962, deve rispondere ad esigenze di carattere temporaneo, destinate ad esaurirsi in un certo tempo e tali da non consentire uno stabile inserimento del lavoratore nell'organizzazione dell'impresa; presupposto questo che deve ricorrere anche per le assunzioni riferite a spettacoli ovvero a specifici programmi radiofonici o televisivi, nel senso che la specificità dello spettacolo o del programma, mentre non implica la straordinarietà o l'occasionalità, richiede pur tuttavia che lo spettacolo o il programma stesso - oltre ad essere destinato ad una temporanea necessità, ancorché ripetuto nel tempo ed in diverse puntate - sia caratterizzato dall'appartenenza ad una specie di un certo genus e sia, inoltre, individuato, determinato e nominato. Quindi la legittimità del termine è condizionata dal carattere dell'apporto lavorativo, che deve risultare funzionalmente necessario - anche in via strumentale e complementare - a caratterizzare quel dato programma o spettacolo. In altri termini si è più volte affermato che deve sussistere un vincolo di "necessità diretta", anche se complementare e strumentale, nello specifico spettacolo e nello specifico programma, cosi che non possa essere considerata sufficiente a legittimare la stipulazione del contratto a tempo determinato la semplice qualifica, tecnica o artistica del personale, correlata alla produzione di spettacoli o programmi televisivi o radiofonici. Cfr., ex plurimis, Cass., sez. lav., 26 maggio 2011, n. 11573, che, proprio in tema di assunzioni a termine di lavoratori dello spettacolo (art. 1, 2° comma, lett. e), L. 18 aprile 1962 n. 230, come modificato dalla L. 23 maggio 1977 n. 266), ha ribadito che non solo è necessario che ricorrano contestualmente i requisiti della temporaneità e della specificità, ma è indispensabile, altresì, che l’assunzione riguardi soggetti il cui apporto lavorativo si inserisca, con vincolo di necessità diretta, anche se complementare e strumentale, nello specifico spettacolo o programma, sicché non può considerarsi sufficiente ad integrare l’ipotesi di legittimo ricorso al contratto a tempo determinato la mera qualifica tecnica od artistica del personale correlata alla produzione di spettacoli o programmi radiofonici o televisivi, occorrendo che l’apporto del peculiare contributo professionale, tecnico o artistico del soggetto esterno sia necessario per il buon funzionamento dello spettacolo, in quanto non sostituibile con le prestazioni del personale di ruolo dell’azienda. E' stata quindi confermata la sentenza impugnata, che - come quella attualmente impugnata dalla società ricorrente - aveva dichiarato la nullità dei contratti a termine e la sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, con congrua e logica motivazione in ordine allo svolgimento da parte del ricorrente di una attività lavorativa ordinaria, continuativa e riferita indifferentemente ad una serie di molteplici, e non omogenee, produzioni artistiche.

Nella specie la Corte territoriale, in conformità con il giudice di primo grado, ha motivatamente verificato, con valutazione di merito non censurabile nel giudizio di cassazione, l'insussistenza dei suddetti presupposti.

8. Infondato altresì è il quinto motivo di ricorso - il cui esame logicamente precede quello del quarto motivo - con cui la società, ricorrente principale, contesta il riconoscimento della natura giornalistica dell'attività svolta dalla a fronte dell'inquadramento della stessa, attribuito dalla società, di programmista regista. In particolare la corte territoriale ha osservato che dall'istruttoria svolta era emerso che l'attività espletata dalla (...) per "L.V.", così come per tutti i programmi per cui aveva lavorato, era stata caratterizzata dalla ricerca e dall'elaborazione di notizie e tutti i testi avevano confermato il carattere informativo e di attualità di "L.V." e degli altri programmi per cui la (...) ha lavorato.

9. Inammissibile è infine il quarto motivo con cui la società ricorrente chiede l'applicazione dell'art. 32, comma 5, legge n. 183 del 2010.

Da una parte deve considerarsi che le conseguenze economiche dell'illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro costituiscono oggetto di altro giudizio tra le medesime parti, pervenuto anch'esso al giudizio di cassazione e chiamato alla stessa odierna udienza, e quindi sono fuori dal thema decidendum.

In ogni caso si tratta di disposizione non ancora entrata in vigore alla data di proposizione del ricorso per cassazione. Pertanto la ricorrente avrebbe dovuto censurare la sentenza impugnata quanto al capo relativo alle conseguenze economiche della accertata illegittimità del termine apposto ai contratti di lavoro. Solo così facendo - secondo la giurisprudenza di questa corte - sarebbe stato possibile l'applicazione anche nel giudizio di cassazione dell'art. 32, comma 5, citato.

10. Il ricorso incidentale, in quanto condizionato, è assorbito.

11. In conclusione il ricorso principale va integralmente rigettato con assorbimento del ricorso incidentale.

Alla soccombenza consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali di questo giudizio di cassazione nella misura liquidata in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale, assorbito quello incidentale; condanna la ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione liquidate in euro 100,00 (cento) per esborsi ed in euro 4.000,00 (quattromila) per compensi d’avvocato ed oltre spese generali ed accessori di legge.