Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 15 ottobre 2015, n. 20831

Pubblico impiego - Sindaco - Subentro del supplente - Procedura

Svolgimento del processo

 

1  La sentenza attualmente impugnata respinge l’appello di B. F. avverso la sentenza n. 311/2003 del Tribunale di Udine, che conferma.

La Corte d’appello di Trieste, per quel che qui interessa, precisa che:

a) il meccanismo del subentro del sindaco supplente previsto dall’art. 2401 cod. civ. non può essere applicato per sostituire automaticamente un sindaco di nomina pubblica con un sindaco supplente di nomina privata, mentre si deve ritenere che il sindaco di nomina pubblica resti in carica in via provvisoria;

b) ragionare diversamente si porrebbe in contrasto con la ratio dell’intera disciplina dettata in materia di società soggette a partecipazione e controllo dello Stato o di enti pubblici, in quanto verrebbe consentito il funzionamento di un collegio sindacale privo del componente di riferimento dell’ente pubblico;

c) nella presente fattispecie risulta anche priva di riferimenti normativi e sistematici la tesi dell’appellante in merito ad una "ipotetica" tacita accettazione da parte dell’ente pubblico della nomina del B.F.;

d) le suddette osservazioni, con evidenza, assorbono, ai fini della decisione, le questioni affrontate nel primo e nel terzo motivo di appello e impongono la declaratoria di infondatezza della impugnazione proposta dal B.F.

2.- Il ricorso di B.F. resiste, con controricorso, la A, condizionato per un motivo.

3.- La causa è stata chiamata all’udienza del 27 febbraio 2014, nella quale il Collegio, con ordinaria, ha disposto il rinvio a nuovo ruolo in attesa della pronuncia della Corte costituzionale sulla questione di legittimità costituzionale sollevata da questa Corte in merito alle norme del codice di rito che disciplinano l’individuazione della decorrenza del c.d. termine lungo per l’impugnazione, nel caso in cui si riscontri la presenza di due diverse date di deposito e di pubblicazione della sentenza impugnata, come accade nella specie.

In seguito alla pubblicazione della sentenza interpretativa di rigetto della Corte costituzionale n. 3 del 2015, depositata il 22 gennaio 2015, è stata disposta la nuova fissazione per l’udienza odierna.

 

Motivi della decisione

 

In via preliminare i ricorsi vanno riuniti perché proposti avverso la stessa sentenza.

Inoltre, va precisato che ai presenti ricorsi si applicano ratione temporis le prescrizioni di cui all’art. 366-bis cod. proc. civ.

I - Profili preliminari

1. - Alla luce della citata sentenza interpretativa di rigetto n. 3 del 2015 della Corte costituzionale, il ricorso in oggetto deve considerarsi notificato tempestivamente.

Infatti, la relativa notifica, avvenuta il 4 gennaio 2008, risulta essere stata effettuata entro il termine annuale (di cui all’art. 327 cod. proc. civ., nel testo all’epoca vigente), decorrente dal dalla "data di pubblicazione" del 15 gennaio 2007 indicata nel timbro della Cancelleria dopo quella del precedente deposito (28 dicembre 2006). Laddove si verifichi una simile "patologia procedimentale", data alla quale si deve fare riferimento è la seconda (di pubblicazione), come indicato dal Giudice delle leggi, che ha, in tal senso interpretato gli artt. 133, primo e secondo comma, e 327, primo comma, cod. proc. civ., come intesi da Cass. SU 1 agosto 2012, n. 13794.

II- Sintesi dei motivi del ricorso principale

2. - Il ricorso principale è articolato in tre motivi.

2.1. - Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione degli artt. 2397, 2399, 2401 e 2458 cod. civ. (nel testo vigente tra il 1995 e il 1998), per avere ritenuto che la decadenza o ineleggibilità di un sindaco effettivo di nomina pubblica - per mancata iscrizione nel Registro dei Revisori contabili - non consentisse il subentro automatico del sindaco supplente più anziano, ex art. 2401 cod. civ., ma consentisse, invece, la prorogatio del sindaco di nomina pubblica fino alla nomina di un nuovo sindaco effettivo sempre di nomina pubblica.

2.2. - Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per omessa pronuncia sul primo motivo di appello - relativo alla insufficiente motivazione della sentenza di primo grado laddove non ha riconosciuto che anche i sindaci di nomina pubblica devono essere iscritti nel Registro dei Revisori contabili - motivo che la Corte d’appello ha considerato assorbito nel secondo motivo d’appello.

2.3 — Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per omessa pronuncia sul terzo motivo di appello (di erronea motivazione sull’attività svolta dall’attuale ricorrente), considerato assorbito nel secondo motivo di appello.

III  — Sintesi del ricorso incidentale condizionato

3. - Con runico motivo del ricorso incidentale condizionato si denuncia ex art. 360, n. 3, cod. proc. civ. violazione o falsa applicazione degli artt. 2397 e 2459 cod. civ. (nel testo vigente prima della riforma societaria) e dell’art. 3 della legge 28 aprile 1971, n. 287.

Si sostiene che, in base alle suindicate norme, i sindaci di nomina pubblica del collegio sindacale in oggetto — quale era G.E. - non dovevano possedere il requisito della iscrizione nel Registro dei Revisori contabili, come del resto è stato poi stabilito nell’attuale testo dell’art. 2397 cod. civ.

Pertanto, non essendovi decadenza dell’E.G dovrebbe escludersi in radice qualsiasi discussione in ordine al subentro del B.F. nel collegio sindacale, in qualità di sindaco supplente.

IV - Esame delle censure

4. - Il ricorso principale non è da accogliere, per le ragioni di seguito esposte e, di conseguenza, il ricorso incidentale - che è stato proposto come condizionato — va dichiarato assorbito.

5. - Il secondo e il terzo motivo, da esaminare per primi in ordine logico, sono inammissibili, per più ragioni.

5.1. - Dal punto di vista della formulazione, essi risultano proposti senza il dovuto rispetto del consolidato e condiviso orientamento di questa Corte secondo cui la parte che impugna una sentenza con ricorso per cassazione per omessa pronuncia su una domanda o eccezione ha l’onere, per il principio di specificità del motivi del ricorso, a pena di inammissibilità, di precisare in quale atto difensivo o verbale di udienza l’ha formulata, per consentire al giudice di verificarne la ritualità e tempestività, e quindi la decisività della questione, e perché, pur configurando la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. un error in procedendo, per il quale la Corte di cassazione è giudice anche del "fatto processuale", non essendo tale vizio rilevabile d’ufficio, il potere-dovere della Corte di esaminare direttamente gli atti processuali non significa che la medesima debba ricercarli autonomamente, spettando, invece, alla patte indicarli (Cass. 17 gennaio 2007, n. 978; Cass. SU 14 maggio 2010, n. 11730).

5.2. - Peraltro, va aggiunto che con i suddetti motivi, come si è detto, il ricorrente sostiene che la Corte d’appello avrebbe omesso di pronunciarsi rispettivamente sul primo e sul terzo motivo di appello formulati dal B.F. stesso.

In realtà - come riconosce lo stesso ricorrente e come risulta espressamente dalla lettura della sentenza impugnata - le questioni poste con tali motivi di appello sono state considerate assorbite dalle argomentazioni svolte per giungere al rigetto del secondo motivo di appello.

5.3 - In una simile situazione, è ius receptum che non è configurabile il vizio di omessa pronuncia, potendo, caso mai prospettarsi, rispetto alle questioni assorbite, soltanto il vizio di omessa motivazione, sempre che ne ricorrano le condizioni (nella specie insussistenti).

In particolare, per costante giurisprudenza di questa Corte cui il Collegio intende dare continuità:

a) il vizio di omessa pronuncia è configurabile solo con riguardo alla mancanza di una decisione da parte del giudice in ordine ad una domanda che richieda ima pronuncia di accoglimento o di rigetto, e va escluso ove ricorrano gli estremi di una reiezione implicita o di un suo assorbimento in altre statuizioni (Cass. 11 gennaio 2006, n. 264; Cass. 23 novembre 1999, n. 12984; Cass. 8 marzo 2001, n. 3435);

b) infatti, l’assorbimento c.d. improprio (il quale ricorre allorché una domanda viene rigettata in base alla soluzione di una questione di carattere esaustivo che rende vano esaminare le altre) non comporta un’omissione di pronuncia (se non in senso formale) in quanto, in realtà, la decisione assorbente permette di ravvisare la decisione implicita (di rigetto oppure di accoglimento) anche sulle questioni assorbite, la cui motivazione è proprio quella dell’assorbimento, per cui, ove si escluda, rispetto ad una certa questione proposta, la correttezza della valutazione di assorbimento, avendo questa costituito l’unica motivazione della decisione assunta, ne può risultare solo il vizio di motivazione del tutto omessa (Cass. 27 dicembre 2013, n. 28663);

c) ovvero, nell’ipotesi suindicata, il soccombente, per evitare la formazione del giudicato interno, può anche limitarsi a censurare o la sola decisione sulla questione giudicata di carattere assorbente o la stessa statuizione di assorbimento, contestando i presupposti applicativi e la ricaduta sulla effettiva decisione della causa (Cass. 9 ottobre 2012, n. 17219).

Dai su riportati principi si desume che la denuncia di omissione di pronuncia - effettuata nei suindicati motivi - è inammissibile.

6. - Il primo motivo non è fondato.

6.1. - Secondo quanto affermato da Cass. SU 1 aprile 2004, n. 6408 dalla disciplina in materia di appalti di servizi dettata dalla direttiva 92/50/CEE del 10 giugno 1992 (come interpretata dalla giurisprudenza comunitaria al riguardo: sentenze della Corte di giustizia 15 gennaio 1998, in causa C-44/96, 10 novembre 1998, in causa C-360/96, e 10 maggio 2001, in cause riunite C-223/99 e C- 260/99) e dal d.lgs. 17 marzo 1995, n. 157 (in vigore dal 21 maggio 1995), di attuazione della medesima direttiva, si desume che la società A. costituisce organismo di diritto pubblico, essendo stata istituita per soddisfare specifiche finalità di interesse generale non aventi carattere industriale o commerciale (tali essendo quelle, statutariamente connesse all’attività di costruzione e di gestione di autostrade, concernenti la sicurezza del traffico e il mantenimento dei livelli di esercizio), e rispondendo per altro verso a tutti gli altri requisiti previsti dall’art. 1, lettera b), della citata direttiva, senza che abbia alcun rilievo, in contrario, la mancata menzione nell'allegato 7 della direttiva stessa dei concessionari di lavori pubblici (come la società A.) tra gli organismi di diritto pubblico cui è applicabile la suindicata disciplina, visto che è stato esplicitamente stabilito il carattere non esaustivo dell’elenco degli organismi indicati nel citato allegato 7 (art. 2, comma 2, d.lgs. 157/95).

Nella suindicata sentenza le Sezioni unite hanno, in particolare, rilevato che, nei confronti di A., oltre alla personalità giuridica e al finanziamento pubblico, ricorre anche la "dominanza pubblica", che, anch’essa, connota, secondo la citata direttiva 92/50, l’organismo di diritto pubblico.

6.2 - Al riguardo è stato sottolineato che la sussistenza di tale ultimo elemento è desumibile anche dall’essere l’organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza costituito da membri più della metà dei quali è designata da organismi di diritto pubblico. Da qui le Sezioni unite hanno dedotto che "nella fattispecie sussiste la partecipazione totalitaria pubblica, e che tutti i membri del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale sono designati da soci pubblici (la Regione Friuli Venezia Giulia, l’ANAS e il Ministero del tesoro): sicché si realizza il controllo (di fatto mediante un’influenza dominante, e, anche di diritto) prefigurato dalla direttiva comunitaria".

6.3. - La sentenza attualmente impugnata risulta conforme alla suindicata ricostruzione della natura della società A., ricostruzione che - derivando da una normativa speciale, oltretutto di derivazione comunitaria - comporta l’inapplicabilità del regime ordinario di sostituzione dei componenti del collegio sindacale delle società per azioni (di cui all’art. 2401 cod. civ., nel testo applicabile nella specie), in quanto l’elemento che prevale e condiziona il regime della sostituzione di membri del collegio sindacale — che, in particolare, viene in considerazione nel presente giudizio - è la suddetta "dominanza pubblica", secondo cui più della metà dei membri del collegio sindacale deve essere designata da organismi di diritto pubblico, cioè dai soci pubblici.

Del resto, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la disciplina di cui all’art. 2401 cod. civ. non solo può essere derogata, in casi particolari (con possibile scelta del sindaco subentrante al di fuori della cerchia dei supplenti Cass. 24 febbraio 1972, n. 530), ma comunque non è immediatamente operativa - al verificarsi dell’evento che richiede la sostituzione di un sindaco - in quanto, in ragione del trasferimento e/o dell’assunzione degli obblighi derivanti dalla sostituzione stessa, lo diventa soltanto con la comunicazione al sindaco supplente del suo sub-ingresso nella carica (Cass. 4 maggio 2012, n. 6788).

6.4. - Nella specie, essendo senz’altro da escludere il c.d. "subentro automatico" - che, peraltro, per la condivisa giurisprudenza di questa Corte, non si verifica neppure nelle società per azioni non a "dominanza pubblica" - è pacifico tra le parti che il B.F. era stato indicato come sindaco supplente non dai soci pubblici e che la società A., in un primo momento ha inviato al ricorrente (il 10 maggio 1996) la comunicazione del suo sub-ingresso nel collegio sindacale, ma dopo pochi giorni ha inviato una ulteriore comunicazione che annullava la precedente (questione non oggetto di specifica contestaizione).

Ne consegue che, anche da questo plinto di vista, la sentenza impugnata non appare meritevole di alcuna delle censure prospettate, visto che tutti i suindicati elementi portano a confermare l’argomento centrale della sentenza stessa - supportato da congrua e logica motivazione — secondo cui, in caso di società per azioni a "dominanza pubblica", il meccanismo del subentro del sindaco supplente previsto dall’art. 2401 cod. civ. non può essere applicato per sostituire automaticamente un sindaco di nomina pubblica con un sindaco supplente di nomina privata, mentre si deve ritenere che il sindaco di nomina pubblica resti in carica in via provvisoria, onde garantire che l’organo di vigilanza sia sempre costituito da membri più della metà dei quali è designata da organismi di diritto pubblico.

V - Conclusioni

7. - In sintesi il ricorso principale deve essere respinto e quello incidentale (condizionato) deve essere dichiarato assorbito. Le spese del presente giudizio di cassazione - liquidate nella misura indicata in dispositivo — seguono la soccombenza del ricorrente principale.

 

P.Q.M.

 

Riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale, assorbito l’incidentale. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in euro 100,00 (cento/00) per esborsi, euro 3500,00 (tremilacinquecento/00) per compensi professionali, oltre accessori come per legge.