Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 14 ottobre 2015, n. 20755

Procedure concorsuali - Fallimento - Credito professionale - Privilegio - Pluralità di incarichi

 

Svolgimento del processo

 

Il Tribunale di Potenza, con decreto dell'11-13 giugno 2009, ha respinto l'opposizione allo stato passivo del Fallimento della B.W. Soc. Coop. Agricola a r.l., proposta dal dott. G.C., attesa l'ammissione in chirografo, anziché col privilegio ex art.2751 bis n.2 c.c., del credito professionale di euro 135.024,04, relativo alla progettazione di un opificio per la trasformazione delle uve, l'invecchiamento e l’imbottigliamento del vino.

Il Giudice del merito, nello specifico, posto che l'art.2751 bis n.2 c.c. comporta che, in caso di fallimento, il privilegio è invocabile per tutti i crediti inerenti l'ultimo biennio dell'attività professionale ancorché anteriori al biennio precedente l'apertura della procedura, ha respinto l'opposizione, rilevando che i compensi per l'attività di progettazione, per il periodo dall'8/3/04 al 7/3/05, come indicato dallo stesso ricorrente, non si riferivano alle ultime due annualità della prestazione espletata dal G., avendo questi prestato in via continuativa la propria "collaborazione" in favore della società sino alla revoca dell'incarico dell'aprile 2007, incarico conferito oltre che per la progettazione e la domanda per il contributo regionale, anche per la direzione dei lavori (come risultante dal verbale di delibera assembleare del 26/4/04), e poi revocato con la lettera del presidente della cooperativa del 6/4/07.

Propone ricorso basato su tre motivi il G..

Il Fallimento si difende con controricorso.

Il ricorrente ha depositato memoria ex art.378 c.p.c.

 

Motivi della decisione

 

1.1. - Col primo mezzo, il ricorrente si duole del vizio di violazione e falsa applicazione dell'art. 2751 bis c.c., per avere il Tribunale negato la possibilità che al professionista fossero stati conferiti diversi incarichi, o comunque, l'esecuzione di diverse "prestazioni", mentre nel caso, le prestazioni erano distinte ed autonome, come dimostrato in fatto: lo stabilimento non è stato realizzato e la direzione lavori non è mai esistita.

Ed inoltre, la lettera di revoca dell'incarico non aveva lo stesso oggetto della prestazione per la quale il G. ha chiesto il privilegio, riferendosi questa al progetto relativo al POR Basilicata 2000/2006 misura IV.12 e la lettera del 6/4/2007 al diverso "progetto POR 2000-2006 misura IV.11- commercializzazione prodotti articoli nell'ambito delle filiere".

1.2. - Col secondo mezzo, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt.2751 bis n.2, 2230 e 2234 c.c.; sostiene in subordine che, anche considerando unico l'incarico, spetta il privilegio per maturare il compenso del professionista solo col compimento dell'opera e quindi, nel caso, con la revoca del 6/4/07; allo stesso risultato si perverrebbe anche tenendo conto della data in cui si è compiuta la parte dell'incarico relativa alla progettazione dello stabilimento, che pacificamente era in corso a maggio 2005, come rileva la stessa Curatela nella memoria difensiva del 5/1/09.

1.3.- Col terzo motivo, il Grillo denuncia il vizio di motivazione della sentenza impugnata, in relazione alla revoca dell'incarico, riguardante l'altro e diverso "progetto POR 2000-2006- Mis.IV.ll- Commercializzazione prodotti agricoli nell'ambito delle filiere" e non già la progettazione di un opificio per la trasformazione delle uve, l'invecchiamento del vino e l'imbottigliamento.

2.1. - Il primo motivo è inammissibile.

E' agevole rilevare che il/ ricorrente ha posto, sotto il profilo della violazione e falsa applicazione dell'art.2751 bis n.2 c.c., la questione dell'interpretazione del contratto da parte del Giudice del merito.

Ed infatti, come reso palese dal quesito di diritto ex art.366 bis c.p.c., la parte, al di là del riferimento alla corretta esegesi dell'art. 2751 bis n.2 c.c. in sé, intende sostanzialmente censurare l'interpretazione data dalla Corte del merito al rapporto contrattuale di cui si discute, configurante incarico unico o pluralità di incarichi.

La parte avrebbe dovuto conseguentemente far valere la violazione degli specifici canoni ermeneutici in tesi violati dal Tribunale e riportare l'atto o gli atti di conferimento dell'incarico, nel rispetto degli artt.366 n.6 e 369 n.4 c.p.c.

Ed infatti, come ribadito tra le ultime nella pronuncia 10554/2010, l'interpretazione di un atto negoziale è tipico accertamento in fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità, se non nell'ipotesi di violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ., o di motivazione inadeguata, ovverosia non idonea a consentire la ricostruzione dell’"iter" logico seguito per giungere alla decisione; ne consegue che, onde far valere una violazione sotto il primo profilo, occorre non solo fare puntuale riferimento alle regole legali d'interpretazione, mediante specifica indicazione dei canoni asseritamente violati ed ai principi in esse contenuti, ma occorre, altresì, precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito se ne sia discostato, con l'ulteriore conseguenza dell' inammissibilità del motivo di ricorso che si fondi sull’asserita violazione delle norme ermeneutiche o del vizio di motivazione e si risolva, in realtà, nella proposta di una interpretazione diversa.

2.2. - Il secondo motivo è infondato.

E' consolidato l'orientamento secondo cui il privilegio di cui si discute decorre non dal momento della dichiarazione di fallimento del debitore, bensì dal momento in cui l’incarico professionale è stato portato a termine o è comunque cessato, allorché il credito dell'onorario è divenuto liquido ed esigibile, e, dato il carattere unitario dell'esecuzione dell’incarico e dei relativi onorari il privilegio copre anche il corrispettivo dell'attività svolta prima del biennio anteriore alla cessazione.

Come osservato con ampia motivazione nell'ordinanza 1740/2014, il profilo della pluralità degli incarichi ha un rilievo essenziale ai fini della giustificazione del limite temporale di cui all’art. 2751 bis, n. 2, cit., di talché, pur dovendosi riconoscere l'autonomia dei vari incarichi e dei conseguenti rapporti giuridici, non può considerarsi ciascun incarico avulso dal suo contesto plurale (se, infatti, ciascun incarico viene considerato per se stesso e se anche gli onorari relativi all'attività di esecuzione svolta in epoca precedente al biennio anteriore alla sua conclusione sono assistiti dal privilegio, di fatto quel limite non opera); detto limite, invece, "opera proprio con riferimento alle ipotesi di pluralità di incarichi professionali, nelle quali il biennio non può decorrere che dal momento della cessazione del complessivo rapporto professionale composto dai distinti rapporti originati dai plurimi incarichi: in altri termini, "gli ultimi due anni prestazione" di cui parla la norma in esame sono gli ultimi in cui si è svolto (non già l'unico o ciascuno dei plurimi rapporti corrispondenti ai plurimi incarichi ricevuti, bensì) il complessivo rapporto professionale, sicché restano fuori dalla previsione del privilegio i corrispettivi degli incarichi conclusi in data anteriore al biennio precedente la cessazione del complessivo rapporto." E il Tribunale di Potenza ha reso corretta applicazione di detto principio, atteso che, come indicato a pag. 6 del decreto, l'attività di progettazione per cui sono stati richiesti i compensi si era svolta dall'8/3/2004 al 7/3/2005 "come indicato dallo stesso opponente", e quindi era terminata prima del biennio (ed a fronte della specifica indicazione della conclusione dell'incarico il ricorrente non ha svolto alcuna censura, limitandosi ad affermare come fosse "pacifico tra le parti" che la progettazione fosse in corso quanto meno al maggio 2005, come riconosciuto dalla stessa Curatela nella memoria difensiva del 5/1/2009).

2.3. - Il terzo motivo è inammissibile.

Il ricorrente prospetta sotto il profilo del vizio di motivazione, riguardante la pretesa errata valutazione dei fatti esattamente rappresentati, quello che, in tesi, sarebbe un errore meramente percettivo commesso dal Tribunale in relazione al contenuto della lettera di revoca del 6/4/2007, risultante in modo incontrovertibile dagli atti e tale da aver indotto il giudice a fondare la valutazione della situazione processuale sulla supposta esistenza di un fatto, positivamente escluso nella realtà del processo, che, ove invece esattamente percepito, avrebbe determinato una diversa valutazione ' della situazione processuale.

E l'errore percettivo può essere fatto valere come motivo di revocazione, ex art.395 n.4 c.p.c., ma non già costituire motivo di ricorso per cassazione.

3.1. - Conclusivamente, va respinto il ricorso; le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alle spese, liquidate in euro 7000,00, oltre euro 200,00 per esborsi; oltre spese forfettarie ed accessori di legge.