Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 14 ottobre 2015, n. 20678

Tributi - Imposte sui redditi - Reddito d’impresa - Quote di ammortamento - Discrezionalità del contribuente - Non sussiste

 

Svolgimento del processo

 

A.G.I. s.p.a. propose ricorso avverso avviso di accertamento, con il quale, sulla scorta delle risultanze di p.v.c. della G.d.F., l'Agenzia delle Entrate, in relazione al periodo d'imposta 2001, aveva provveduto a recuperare a tassazione la deduzione di € 621.895,79, operata dalla società contribuente a titolo di ammortamento beni strumentali, corrispondentemente rettificando il suo reddito d'impresa a fini irpeg ed irap.

Il recupero era fondato sulla circostanza che la società contribuente - mentre, fino al 31.12.1998, aveva adottato percentuale di ammortamento dei beni strumentali pari al 50% dei coefficienti previsti dal d.m. 31.12.1987 - a partire dalla data dell'1 gennaio 1999 (coincidente con la cessazione del beneficio dell'esenzione decennale da irpeg ed ilor), aveva, senza fornire giustificazione di sorta, elevato la percentuale di ammortamento dei beni medesimi al 100%, così adottando comportamento contrario all'obbligo di redigere il bilancio con chiarezza e verità ex art. 2423 c.c. ed al principio, sancito dall'art. 2426 c.c., secondo cui il costo delle immobilizzazioni deve essere ammortizzato in modo sistematico e tendenzialmente uniforme, in relazione alla residua possibilità di utilizzazione del bene.

L’adita Commissione provinciale respinse il ricorso, con decisione che, in esito all'appello dell'Agenzia fu riformata dalla Commissione regionale.

I giudici di appello ritennero, in particolare, che, stante l'insindacabilità delle scelte aziendali di determinazione del risultato del bilancio di esercizio operate nel rispetto di previsioni normative, il censurato comportamento della società era legittimo, in quanto conforme alla normativa vigente ed in particolare all'art. 2426, ult. comma, c.c.. Tanto, sul presupposto che l'omessa annotazione della variazione del piano di ammortamento nella nota integrativa non inficiava la correttezza e la validità del bilancio, non consentiva una ripresa a fini impositivi né tradiva la ricorrenza di finalità elusive o di evasione d’imposta.

Avverso la sentenza di appello, l'Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione in due motivi.

La società contribuente ha resistito con controricorso ed illustrato le proprie ragioni anche con memoria.

 

Motivi delle decisione

 

Con il primo motivo di ricorso, l'Agenzia delle Entrate - deducendo "violazione e falsa applicazione degli artt. 67 e 75 (ora 102 e 109) d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917 e degli artt. 2423, 2426, secondo comma, e dell'art. 2427, primo comma, n. 144, c.c., e dell'art. 2427, primo comma, n. 14, c.c. in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3. c.p.c. ed all'art. 62, primo comma, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546" e formulando corrispondente quesito - censura la decisione impugnata per non aver riscontrato l'illegittimità del comportamento di una società per azioni che, in corrispondenza con la cessazione dell'esenzione irpeg ed ilor, vari, nella redazione del bilancio di esercizio, la misura percentuale delle quote di ammortamento dei propri beni strumentali, elevandola fino al limite massimo consentito dalla normativa fiscale senza illustrare le giustificazioni economiche della variazione nella nota integrativa redatta ai sensi dell'art. 2427 c.c..

Con il secondo motivo di ricorso, l'Agenzia delle Entrate - deducendo "insufficiente, contraddittoria ed illogica motivazione su fatti controversi e decisivi della causa, in relazione all'art. 360, primo comma n. 5, c.p.c. e dell'art. 62, primo comma, d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546" - censura la decisione impugnata, sul piano motivazionale, con particolare riguardo alla ritenuta esclusione d'intento evasivo.

Il primo motivo di ricorso - corredato d'idoneo quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c. (applicabile ratione temporis) - è fondato.

Questa Corte, invero, ha già affermato - peraltro in analoghe controversie tra le medesime parti (cfr., tra le altre, Cass. 451/15, 22016/14, 16478/14) - il principio (da cui non vi è motivo di discostarsi), secondo cui, ai fini della determinazione del reddito di impresa, la deduzione delle quote di ammortamento del costo dei beni strumentali deve avvenire in base alle inderogabili regole civilistiche di redazione del bilancio, operanti, in difetto di disposizioni specifiche di segno contrario, anche a fini fiscali. Con la conseguenza che, in sede di dichiarazione, il contribuente non può procedere discrezionalmente alla determinazione delle quote di ammortamento, giacché, stante la previsione dell'art. 2426, comma 1 n. 2, c.c., l'ammortamento deve essere necessariamente improntato a criterio di sistematicità e le quote di ammortamento, dovendo essere rapportate in modo tendenzialmente uniforme alla durata normale di utilizzazione dei beni strumentali, non possono, in assenza di adeguata esposizione della relativa giustificazione economica nella nota integrativa di bilancio, variare in relazione alle diverse annualità.

Il fondamento della conclusione riposa convincentemente sulle notazioni che seguono: a) sul rilievo che ai criteri di cui all'art. 2426 c.c. (e, dunque, a quello indicato al relativo comma 1 n. 2) è stato specificamente riconosciuto carattere d'inderogabilità, in considerazione della funzione loro demandata di garantire la trasparenza del bilancio e la sua leggibilità e controllabilità da parte dei soci e dei terzi (Cass. 23976/2004 e Cass. 4874/2006); b) sull'osservazione che, sul piano precipuamente fiscale, l'art. 67 d.p.r. 917/1986, (applicabile ratione temporis), lungi dal rimettere la gestione degli ammortamenti alla discrezionalità del contribuente e dal costituire deroga al principio sopra esposto, vincola strettamente detta gestione, anche sotto il profilo della "competenza", a rigorosi parametri quantitativi, temporali e di bilancio, limitandosi, al comma 4, va porre limiti alla facoltà del contribuente di recuperare quote di ammortamento non recuperate nell'esercizio competenza; c) sulla considerazione, infine, che la finalità delle norme che, in materia di imposte sui redditi, disciplinano l'ammortamento dei costi per beni strumentali è quella di garantire la corretta rappresentazione del reddito d'impresa, tanto in relazione al principio di competenza quanto in rapporto all'autonomia delle obbligazioni tributarie relative a ciascun periodo di imposta, e, quindi, quella di assicurare l'esatta determinazione della base imponibile nel caso di deduzione di spese afferenti beni strumentali il cui impiego e sfruttamento sia durevole nel tempo; cosicché l’ingiustificata adozione di un regime di ammortamento diverso da quello prescritto, implicando non consentita deduzione, sì traduce in indebita alterazione della stessa base imponibile (v. Cass. 25758/14).

Alla stregua delle considerazioni che precedono - ed atteso che nemmeno in sede contenziosa la società contribuente risulta aver fornito giustificazione all'operata variazione - s'impone l'accoglimento del primo motivo del ricorso dell'Agenzia, con assorbimento del secondo.

La sentenza impugnata va, dunque, cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa, ai sensi dell'art. 384, comma 1 ult. parte, c.p.c., va decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo della società contribuente.

Per la natura della controversia e tutte le implicazioni della fattispecie, si ravvisano le condizioni per disporre la compensazione delle spese dei gradi di merito e la condanna della società contribuente, in base al criterio della soccombenza, alla refusione alla controparte delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della società contribuente; compensa le spese dei gradi di merito e condanna la società contribuente alla refusione alla controparte delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi € 7.000,00, oltre spese prenotate a debito.