Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 13 ottobre 2015, n. 20545

Rapporto di lavoro - Licenziamento disciplinare - Nocumento grave al datore - Accertamento negativo - Insussistenza del fatto contestato - Reintegra

 

Svolgimento del processo

 

Con sentenza del 5 dicembre 2014 la Corte d'appello di Roma confermava la decisione, emessa dal Tribunale, di rigetto della domanda proposta da F.I. contro la datrice di lavoro s.p.a. T. onde ottenere la dichiarazione d'illegittimità del licenziamento intimato il 25 giugno 2013.

La Corte notava che con lettere del 25 luglio e del 2 agosto 2012 la società aveva addebitato all’I. di avere inserito nel sito internet della "I.", quale recapito, "I'utenza cellulare", ossia il numero del telefono portatile, nonché il numero di facs a lui assegnati dalla stessa T. per ragioni di servizio. Gli stessi recapiti erano stati inseriti nel profilo Facebook. Ancora, nello stesso sito internet era indicata, tra i clienti della società di ristorazione, la s.p.a. T. Questa riconduceva tali comportamenti all'art.48, lett. B, del vigente c.c.n.l., che prevedeva il licenziamento per fatti arrecanti " all’azienda grave nocumento morale o materiale".

I fatti risultavano, ad avviso della Corte, provati a sufficienza ed erano sussumibili nella previsione dell'art.48, lett.B, cit.

Contro questa sentenza ricorre per cassazione l’I. mentre la s.p.a. T. resiste con controricorso, ulteriormente illustrato da memoria.

 

Motivi della decisione

 

Col secondo motivo, da esaminare con precedenza perché assorbente, il ricorrente lamenta la violazione, oltreché degli artt 7 I. 20 maggio 1970 n. 300, 30 l. 4 novembre 2010 n.183, 2119, 2106 cod. civ., degli artt.47 e 48 c.c.n.I. 1° febbraio 2013 per il personale dipendente da imprese esercenti servizi di telecomunicazione, sostenendo che i comportamenti a lui addebitati non sono riconducibili alla previsione dell'art.48, lett. B, cit., il quale commina il licenziamento senza preavviso per il lavoratore che provochi all'impresa grave nocumento morale o materiale. Ad avviso del ricorrente sarebbe stato applicabile, caso mai, l’art.47, comma 1, lett. F, dello stesso contratto collettivo che prevede sanzioni conservative per chi "esegua all’interno dell’azienda attività di lieve entità per conto proprio o di terzi fuori dell'orario di lavoro e senza sottrazione, ma con uso dei mezzi dell'azienda medesima".

La doglianza non si muove per intero "lungo la linea del fatto", come sostiene la controricorrente, ma denuncia tra l'altro la violazione di una norma di contratto collettivo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.) ed è perciò ammissibile.

Essa è anche fondata. I comportamenti addebitati al lavoratore nelle lettere d'incolpazione furono, come qui detto nella parte narrativa, l'inserimento nel sito internet, nonché nel profilo Facebook di un'impresa di ristorazione, dei numeri di telefono mobile e di facs assegnati al lavoratore stesso dalla datrice di lavoro attualmente controricorrente; ed inoltre l'avere indicato la detta datrice di lavoro come cliente dell'impresa.

La prima questione che il ricorrente pone alla Corte è se questi comportamenti abbiano arrecato alla società un "grave" nocumento morale o materiale.

Tale nocumento grave è parte integrante della fattispecie di illecito disciplinare in questione onde l'accertamento della sua mancanza determina quella insussistenza del fatto addebitato al lavoratore, prevista dall'art. 18 l. n.300 del 1970, modif. dall'art. 1, comma 42, l. 28 giugno 2012 n. 92, quale elemento costitutivo del diritto al ripristino del rapporto di lavoro. Questo elemento deve infatti considerarsi esistente qualora la fattispecie di illecito configurata dalla legge o dal contratto sia realizzata soltanto in parte.

Nella sentenza qui impugnata manca l'accertamento dei fatti costituenti un grave danno ad un'impresa indicata in un annuncio elettronico quale cliente di altra impresa, operante in campo economico e merceologico completamente diverso, oppure licenziamento di un grave nocumento morale o materiale derivato dall'indicazione del numero di apparecchi telefonici appartenenti all'impresa e fomiti in dotazione al lavoratore dipendente.

Detta lacuna porta alla cassazione della sentenza ed al rinvìo ad altro giudice, che procederà a quell'accertamento,

E' inammissibile la questione, posta dal ricorrente, se il fatto a lui addebitato rientri fra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base dell'art. 47, lett. F, del contratto collettivo e comporti perciò la reintegrazione nel posto di lavoro ai sensi dell'art. 18 ult. cit. 2012 n. 92. La fattispecie di illecito delineata dall’art. 47 cit. non venne contestata al lavoratore ed è perciò estranea al tema disputato in questo processo.

Il precedente motivo di ricorso, concernente l'accertamento dei fatti, rimane assorbito.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione, anche per le spese.

Non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dell'art. 13 d.P.R. n. 115 del 2002.