Prassi - FONDAZIONE STUDI CDL - Circolare 08 ottobre 2015, n. 20

I controlli a distanza dei lavoratori

Seconda parte dell’analisi del decreto legislativo 14 settembre 2015 n. 151 recante disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183.

 

Indice :

- i principi fissati dallo statuto dei lavoratori

- i principi della riforma

- il divieto dei controlli della prestazione lavorativa

- i presupposti per l’installazione

- le eccezioni al regime generale

- garanzie

 

INTRODUZIONE

 

Ma chi teme i controlli a distanza?

Che internet e la tecnologia abbiano cambiato il mondo è la storia vissuta giorno per giorno dalle nostre generazioni . Un nuovo modo di vivere, di relazionarsi, di interagire si è insinuato dentro e attorno a noi, mutando e influenzando usi e costumi, economia e società, valori e rapporti. Il sistema normativo generale ha stentato ad adeguarsi a questo nuovo scenario della comunicazione di massa, mostrando delle clamorose resistenze in fase di adattamento delle normative vigenti.

A questo comune disagio non è sfuggito l'ambito lavoristico, ancora troppo infarcito in alcuni suoi attori da una visione fordista del mercato del lavoro e da un modello "antico" di prestazione lavorativa. Questa visione datata si è mostrata da subito refrattaria a qualsiasi adattamento alle nuove e mutate condizioni di lavoro contenute nella normativa vigente. E in questo spicca il segmento dei controlli a distanza che meritava più di altri un intervento innovatore, specie alla luce delle nuove tecnologie disponibili nel settore. Sulla necessità di dare un restyling ad un impianto normativo legato ad altri tempi, non vi è alcun dubbio, specialmente per le aumentate necessità di sicurezza palesate da sempre più numerosi lavoratori.

Anzi, essere intervenuti è assolutamente meritorio proprio per dare un segnale di modernità e utilità alla normativa vigente in materia. Ciò che invece appare assolutamente anacronistico è il continuare a pensare - nell'epoca dei social media e del Grande Fratello a cui nulla sfugge - di poter mantenere privilegi e impunità. L'Italia è tra i non molti Paesi membri UE ad avere una normativa sui controlli a distanza, normativa ora novellata e su cui pubblichiamo la circolare 20/2015. Ma le polemiche non si placano; polemiche che si spegnerebbero subito rispondendo ad una semplice domanda: chi è contrario ai controlli necessari per la sicurezza o per svolgere la prestazione lavorativa? Non certo chi svolge con serietà e onestà il proprio lavoro.....

 

Il controllo a distanza dell’attività dei lavoratori

 

L’intervento di riforma operato dall’art. 23 del D.Lgs. n. 151/2015, agisce sulla disciplina prevista dall’art. 4 dello Statuto dei lavoratori, che nel titolo riservato alla tutela della libertà e della dignità del lavoratore, fissa, come da rubrica, i princìpi in materia di installazione di impianti audiovisivi per il controllo a distanza dell’attività lavorativa.

 

I princìpi fissati dallo Statuto dei Lavoratori

 

L’art. 4 dello Statuto dei lavoratori, nella sua formulazione originaria, disponeva dichiaratamente il divieto del controllo a distanza dell’attività dei lavoratori ("E’ vietato l’uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori"). La possibilità del controllo era ammessa soltanto quando lo stesso costituiva una diretta e necessaria conseguenza della installazione di impianti o altre apparecchiature, richiesta da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro. Sussistendo questi requisiti, prima della installazione degli impianti era comunque necessario raggiungere un accordo con le organizzazioni sindacali e, soltanto in caso di mancato accordo, era possibile ottenere l’autorizzazione amministrativa mediante istanza all’Ispettorato del lavoro.

 

I principi della riforma

 

Sull’impianto appena brevemente riassunto, interviene come premesso l’art. 23 del D.Lgs. n. 151/2015, che in attuazione della delega provenuta dalla legge n. 183/2014, riformula l’art. 4 della legge n. 300/70. L’art. 1, co. 7, lett. f) della legge n. 183/2014 ha assegnato infatti al Governo il compito di provvedere alla "revisione della disciplina dei controlli a distanza sugli impianti e strumenti di lavoro, tenendo conto dell’evoluzione tecnologica e contemperando le esigenze produttive ed organizzative dell’impresa con la tutela della dignità e della riservatezza del lavoratore". Appaiono perciò confermati i princìpi fondanti l’istituto: l’adeguamento della norma deve importare comunque una disciplina del controllo a distanza su impianti e strumenti, con esclusione della possibilità di controllare la sola prestazione lavorativa del dipendente. La dignità e la riservatezza del lavoratore permangono quali diritti la cui tutela è primaria, da contemperare con le esigenze produttive ed organizzative o della sicurezza del lavoro. La delega è perciò destinata ad attuare una evoluzione normativa adeguata alle esigenze dell’evoluzione tecnologica, per ridefinire i canoni di congruità del controllo a distanza, rispetto al mutato contesto organizzativo e produttivo.

 

Il divieto dei controlli della prestazione lavorativa

 

L’art. 4 dello Statuto prevedeva espressamente il divieto dell’uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori.

Il nuovo art. 4 dispone che "gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale".

Nella formulazione introdotta dal legislatore delegato è apparentemente venuto meno il divieto esplicito. In realtà la previsione che gli strumenti di controllo sono leciti in quanto esclusivamente richiesti dalle esigenze individuate dalla legge, equivale alla conferma del suddetto divieto, tale che anche alla luce della recente riforma, deve ritenersi vietato il controllo a distanza avente ad oggetto la sola prestazione lavorativa. La considerazione è confermata dal riferimento alla possibilità di controllo anche dell’attività lavorativa, che ribadisce l’esclusione, in ogni caso, di qualsiasi tipo di controllo a distanza finalizzato esclusivamente alla verifica dell’esatto adempimento della prestazione lavorativa, non sorretto da alcuna delle ragioni giustificatrici primarie individuate dalla legge. Tra i requisiti oggettivi che legittimano l’installazione di impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo, alle esigenze organizzative e produttive e alla sicurezza del lavoro, si aggiungono quelle richieste per la tutela del patrimonio aziendale.

Si tratta dei controlli c.d. difensivi, diretti all’accertamento di comportamenti illeciti diversi dal mero inadempimento della prestazione lavorativa. La legittimità di questi controlli ha avuto ormai da tempo l’avallo della giurisprudenza, che ha inoltre escluso la riconducibilità della fattispecie alla previsione dell’art. 4 (e degli adempimenti procedurali necessari), quando i comportamenti illeciti da accertare riguardano la tutela di beni estranei alla prestazione lavorativa (Cass.civ.sez.lav., 27 maggio 2015, n. 10955). Il nuovo art. 4 costituisce pertanto il recepimento del diritto vivente sostanzialmente condiviso, che adesso viene codificato.

 

I presupposti per l’installazione

 

Anche in tema di presupposti per l’installazione di impianti audiovisivi o altri strumenti di controllo, la nuova norma conferma l’assetto conosciuto: la legittimità dell’installazione è subordinata al preventivo raggiungimento di un accordo in sede sindacale e, soltanto in caso di mancato raggiungimento dell’accordo, grazie all’autorizzazione amministrativa rilasciata dalla direzione territoriale del lavoro su istanza del datore di lavoro.

La riforma del D.Lgs. n. 151/15 ha introdotto una utile novità dal punto di vista operativo, per il caso in cui l’impresa abbia dislocato più unità produttive sul territorio, in diverse province o regioni. In tali ipotesi l’accordo deve essere raggiunto con le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e la subordinata autorizzazione amministrativa deve essere richiesta al Ministero del lavoro. Questa introduzione consente di ovviare alle criticità rappresentate dalla normativa previgente che, in assenza di indicazioni specifiche, imponeva il ricorso alle diverse realtà locali, sindacali o amministrative. Ciò, oltre che una farraginosità operativa, comportava difficoltà di non poco conto, conseguenti alla possibilità di decisioni opposte, per fattispecie identiche, nelle diverse realtà geografiche, con evidente irragionevolezza, prima ancora che disfunzione organizzativa e operativa della produzione. Pragmaticamente la nuova formulazione risolve tali criticità.

Scompare, dal nuovo art. 4 dello Statuto, la possibilità di impugnare in via amministrativa le decisioni relative alla utilizzazione di sistemi di controllo a distanza, prima concessa dal vecchio quarto comma, che consentiva il ricorso al Ministero del lavoro entro trenta giorni. Nel silenzio della norma, conseguente alla abrogazione del passaggio, deve ritenersi la possibilità di rivolgere al giudice le istanze in materia.

 

Le eccezioni al regime generale

 

Il secondo comma dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori, così come riformato dall’art. 23 del D.Lgs. n. 151/2015, prevede poi due ipotesi eccezionali, che non soggiacciono al regime generale che impone in via preventiva all’installazione sindacale o in subordine l’autorizzazione amministrativa. La garanzia procedurale dell’autorizzazione preventiva è esclusa per gli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e gli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze.

Si tratta di una sorta di presunzione legale di ipotesi della più generale categoria delle esigenze organizzative e produttive, rispetto alle quali il legislatore ha previsto una deroga, eccezionale, al regime generale.

Nell’ambito di queste due fattispecie dunque, non è necessario alcun accordo né autorizzazione preventiva, e l’installazione dell’impianto o la dotazione dello strumento al dipendente è di per sé legittima, ricorrendone i requisiti di legge.

Relativamente agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa, è evidente che l’eccezione è strettamente limitata a quegli strumenti che immediatamente servono al lavoratore per adempiere alle mansioni assegnate.

 

Garanzie

 

La possibilità di controllo dell’attività lavorativa, esclusivamente derivata, per quanto premesso, quale conseguenza dell’installazione necessitata in via esclusiva dalle esigenze riconosciute e consentite dalla legge, comporta la possibilità della acquisizione di informazioni sull’attività stessa da parte del datore di lavoro. Informazioni che possono anche essere suscettibili di valutazioni ad esempio di natura disciplinare. Ai sensi del terzo ed ultimo comma del nuovo art. 4 dello Statuto, le informazioni raccolte in conseguenza dell’installazione legittima di un impianto o della dotazione di strumenti concessa dalla legge, possono essere utilizzate per qualsiasi fine connesso al rapporto di lavoro (in primis dunque per i rilievi di natura disciplinare).

L’utilizzabilità delle informazioni è però subordinata, sia riguardo al regime generale, così come per quello delle due eccezioni rappresentate dal secondo comma, alla circostanza che al lavoratore sia data adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e della effettuazione dei controlli, "nel rispetto di quanto disposto dal D.Lgs. n. 196/2003" (c.d. "Codice della privacy").