Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 08 ottobre 2015, n. 20206

Tributi - IRPEF - Redditi di capitale - Vendita - Interessi per dilazione di pagamento - Non sussiste

 

Osserva

 

La CTR di Milano ha accolto parzialmente il ricorso di contro la sentenza della CTP di Milano n.326/16/2010 che aveva respinto il ricorso del predetto contribuente avverso avviso di accertamento per IRPEF 2004 computata su "reddito di capitale" dell’ammontare di € 50.000,00 somma ricevuta da parto di tale "I.P. srl" a titolo di interessi per il ritardato pagamento della somma di € 500.000,00 dovuta entro il 31.12.1994 (come corrispettivo della vendita di un fondo rustico oggetto di un contratto di compravendita di data 7.11.1991) e non ancora corrisposta alla data del 20.4.2004, allorché con scrittura privata le parti della compravendita convennero la corresponsione degli interessi dì cui si è detto.

La predetta CTC - dato atto che il C. aveva eccepito che gli interessi in argomento non erano imponibili, attesa la funzione compensativa del danno subito a causa dell’inadempimento dell’acquirente e che la somma competeva, per pari quota, anche ad altro erede dell’originario venditore - evidenziava che, a norma dell’art. 6 del DPR n. 917/1986, "il risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi costituisce reddito della stessa categoria di quello sostituito o perduto" ed inoltre che la somma percepita dal contribuente aveva lo scopo di "risarcire .... il danno connesso ... non alla perdita di valore del prezzo pagato.... ma dalla mancata remunerazione, quale lucro cessante, del capitale rimasto nella disponibilità dell’acquirente". Perciò, avendo il risarcimento sostituito un reddito, esso andava assoggettato ad IRPEF ai sensi dell’art. 44 comma 1 lett. h del DPR 917/1986 come reddito di capitale, sia pure nei limiti della metà della somma percepita, essendo l’ulteriore metà di competenza dell’altro coerede del venditore.

Il contribuente ha interposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

L’Agenzia non si è difesa.

Il ricorso - ai sensi dell’art. 380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore, può essere definito ai sensi dell’art. 375 cpc.

Invero, con il primo motivo di impugnazione (improntato alla violazione e falsa applicazione dell’art. 6 comma 2 del DPR n. 917/1986 ed assorbente dei motivi che seguono) la parte ricorrente si duole che il giudice del merito abbia fatto erronea applicazione della norma in discorso, applicandola nella parte in cui concerne i proventi sostitutivi di redditi anzicchè in quella che concerne gli interessi.

II motivo appare fondato e se ne propone raccoglimento, alla luce della ribadita giurisprudenza di questa Corte.

Ed infatti, secondo Cass. Sez. 5, Sentenza n. 27036 del 07/12/2005 :"In tema di imposte sui redditi, ai sensi dell’art. 6 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, come modificato dall'art. 1, primo comma, lett. a), e terzo comma, secondo periodo, del d.l. 30 dicembre 1993, n. 557, convertito con modificazioni nella legge 26 febbraio 1994, n. 133 - secondo cui gli "gli interessi moratori e gli interessi per dilazione di pagamento costituiscono redditi della stessa categoria di quelli da cui derivano i crediti su cui tali interessi sono maturati", disposizione applicabile "anche ai fini delle ritenute alla fonte, per gli interessi percepiti dalla data di entrata in vigore del decreto" - gli interessi percepiti per debiti di lavoro adempiuti in ritardo costituiscono in ogni caso un credito di lavoro dipendente, in quanto tale tassabile, al pari di qualsiasi erogazione economica effettuata dal datore di lavoro e avente titolo immediato e diretto nel rapporto di lavoro".

E perciò, l’assunto del giudice del merito secondo cui la corresponsione di interessi per dilazione di pagamento varrebbe a reintegrare "la mancata remunerazione, quale lucro cessante, del capitale rimasto nella disponibilità dell’acquirente", si scontra non solo con la logica delle cose e con la stessa natura dell’istituto giuridico degli interessi compensativi (su cui non vi è bisogno di ritornare in questa sede) ma anche con la stessa lettera della norma che non consente di ritenere che gli interessi del genere di cui si tratta siano tassabili altrimenti che come "redditi della stessa categoria di quelli da cui derivano i crediti su cui tali interessi sono maturati". Trattandosi nella specie di credito da corrispettivo, per la vendita di fondo agricolo, a questa categoria di base imponibile il giudicante avrebbe dovuto fare riferimento ai fini di verificare la congruità e la legittimità del provvedimento impositivo, e non ad altra.

Non resta che concludere che la pronuncia merita cassazione, con conseguente restituzione al giudice del merito, affinché rinnovi il proprio apprezzamento dei fatti di causa alla luce della corretta norma da applicare ad essi.

Pertanto, si ritiene che il ricorso può essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza.

Roma, 30 luglio 2014

ritenuto inoltre:

che la relazione è stata notificata agii avvocati delle parti; che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie; che il Collegio, a seguito della discussione in camera di coniglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione, e pertanto il ricorso deve essere accolto, con conseguente rinvio al giudice del merito, in relazione al primo motivo, assorbiti i residui;

che le spese di lite posso essere regolate dal giudice del rinvio.

 

P.Q.M

 

Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i residui. Cassa la decisione impugnata e rinvia alla CTR Lombardia che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese di lite del presente giudizio.