Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 08 ottobre 2015, n. 20208

Tributi - Accertamento - Dichiarazione - Omessa indicazione del credito d’imposta - Emendabilità - Non sussiste

Osserva

 

La CTR di Firenze ha respinto l’appello proposto dall’Agenzia contro la sentenza n. 47/05/2008 della CTP di Livorno che aveva accolto il ricorso della "V.P. srl" avverso cartella di pagamento emessa a seguito di liquidazione automatizzata ex art.36-bis del DPR n.600/1973 della dichiarazione relativa all'anno d’imposta 2002, cartella contenente recupero delle imposte non versate e, previo disconoscimento della compensazione con altro debito, già effettuata in corso di periodo, del credito di imposta ex art. 11 della legge n. 449/1997.

La predetta CTR - dopo avere dato atto che ogni dichiarazione dei redditi è mera dichiarazione di scienza e perciò normalmente emendabile - evidenziava che l’omessa dichiarazione del credito di imposta consisteva in un mero errore materiale e perciò rettificabile anche nel contraddittorio processuale.

L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato ad unico motivo.

La società contribuente non si è difesa.

Il ricorso - ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. assegnato allo scrivente relatore - può essere definito ai sensi dell’art. 375 c.p.c.

Infatti, con il motivo di impugnazione (improntato alla violazione e falsa applicazione dell’art. 11 della legge n. 449/1997 e dell’art. 11 comma 3 della legge n. 317/1991) la parte ricorrente si duole del fatto che il giudice del merito abbia ritenuto emendabile - per giunta nel corso della controversia - l’omessa tempestiva indicazione, nella dichiarazione di competenza, del credito di imposta, nonostante la legge che concede il credito di imposta di cui si tratta (per il comparto del commercio e del turismo) espressamente prescriva che il predetto credito debba essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta nel corso del quale il beneficio è concesso.

II motivo appare fondato ed accoglibile.

Ed invero la Corte Suprema ha recentemente chiarito che: "Sebbene le denunce dei redditi costituiscano di norma delle dichiarazioni di scienza, e possano quindi essere modificate ed emendate in presenza di errori che espongano il contribuente al pagamento di tributi maggiori di quelli effettivamente dovuti, nondimeno quando il legislatore subordina la concessione di un beneficio fiscale ad una precisa manifestazione di volontà del contribuente, da compiersi direttamente nella dichiarazione attraverso la compilazione di un modulo predisposto dall’erario, la dichiarazione assume per questa parte il valore di un atto negoziale, come tale irretrattabile anche in caso di errore, salvo che il contribuente dimostri che questo fosse conosciuto o conoscibile dall’amministrazione. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, la quale aveva escluso che avesse diritto all’applicazione dell'aliquota ridotta sugli utili d'impresa prodotti dai maggiori investimenti, ai sensi degli artt 1 e 3 del d.lgs, 18 dicembre 1997, n. 466, c.d. "dual income tax", il contribuente che, per errore, non aveva manifestato la volontà di beneficiarne, compilando l'apposito modulo "RC" da allegare alla dichiarazione dei redditi). (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 1427 del 22/01/2013, in termini analoghi Cass. Sez. 5, Sentenza n. 7294 del 11/05/2012; a tutt’altra fattispecie si riferisce invece Sez. 5, Sentenza n. 2277 del 31/01/2011 che è stata valorizzata, erroneamente, dal giudice del merito a supporto delle proprie determinazioni).

Nella specie di causa, non vi è dubbio che la dichiarazione nel quadro RU del credito di imposta qui in argomento fosse da considerarsi atto negoziale e non emendabile in ipotesi di omissione (salvo il termine espressamente concesso dell’art .2 del DPR n. 322/1998 per la integrazione e modificazione di dichiarazioni già presentate, di cui la parte contribuente non risulta essersi avvalsa), atteso che si tratta di indicazioni volte a mutare (con rettifica in aumento) la base imponibile, e contestuale inserimento del citato credito di imposta, e perciò inidonee a costituire oggetto di un mero errore formale (in termini Cass. Sez. 5, Sentenza n. 5852 del 13/04/2012).

Non vi è dubbio perciò che - in siffatta situazione il contribuente, per far valere l'errore commesso, sarebbe stato onerato, secondo la disciplina generale dei vizi della volontà di cui all’art. 1427 c.c. e ss. di fornire la prova della rilevanza dell’errore con riguardo ad entrambi i requisiti della essenzialità e della obiettiva riconoscibilità, siccome qualificati dalla giurisprudenza della Corte (si veda ancora Cass. n. 7294/2012), prova che la parte contribuente neppure risulta che abbia tentato di dare, poiché il giudicante non si è attenuto a detti principi, appare necessario cassare la pronuncia impugnata e la Corte potrà poi provvedere anche sul merito della lite (respingendo l’impugnazione della cartella) siccome non risulta necessario l’apprezzamento di ulteriori elementi di fatto.

Pertanto, si ritiene che il ricorso può essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza.

Roma, 30 luglio 2014.

Ritenuto inoltre: che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti; che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie; che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto; che le spese di lite vanno regolate secondo la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso del contribuente avverso il provvedimento impositivo. Condanna la parte contribuente a rifondere le spese di lite di questo giudizio, liquidate in € 1.000,00 oltre spese prenotate a debito e compensa tra le parti le spese dei gradi di merito.