Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 07 ottobre 2015, n. 20082

Lavoro - Licenziamento per giusta causa - Complice di illecito - Furto di carburante - Meccanismo fraudolento

 

Svolgimento del processo

 

Con sentenza del 16 ottobre 2012, la Corte d’Appello di Ancona, confermava la decisione con cui il Tribunale di Ancona aveva rigettato la domanda proposta da U.B. nei confronti dell’A.R. S.p.A., sua datrice di lavoro, avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del licenziamento disciplinare intimatogli, per aver, nel suo ruolo di capo piazzale della raffineria, agevolato, risultando dunque complice degli autori, la sottrazione di carburante consumata attraverso la fraudolenta alterazione della tara dell’autocisterna.

La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto tempestiva e dettagliata la contestazione disciplinare, utilizzabile a fini probatori anche perché non contestata e, comunque, acquisibile in base ai poteri di ufficio del giudice, la documentarne prodotta dalla Società su supporti contenenti le videoregistrazioni filmate, probanti le dichiarazioni testimoniali finalizzate all’identificazione del B., esclusa, di conseguenza l’inattendibilità dei testi e l’illegittimità del controllo occulto, comprovata la circostanza della partecipazione del B. alla perpetrazione dell'illecito, rilevante sul piano penale, sul quale è pienamente emersa la responsabilità del B. ma altresì disciplinare, ponendosi in contrasto con precise direttive aziendali, aggravato dal danno materiale subito dalla Società, e tale da incidere, aldilà dell’assenza di precedenti disciplinari, sul vincolo fiduciario che connota in particolare il ruolo assegnato al B. così da risultare sanzionabile ai sensi della disciplina contrattuale e, comunque, in base alla previsione legale di cui all’art. 2119 c.c.

Per la cassazione di tale decisione ricorre il B., affidando l’impugnazione a undici motivi, cui resiste, con controricorso, la Società.

Entrambe le parti hanno presentato memoria.

 

Motivi della decisione

 

I primi tre motivi della proposta impugnazione, tutti rubricati dal ricorrente con riferimento alla violazione e falsa applicazione degli artt. 7, l. n. 300/1970, 2106, 2119 c.c. nonché al vizio di motivazione, sono tutti intesi a censurare la pronunzia di rigetto da parte della Corte territoriale delle eccezioni volte ad evidenziare l’illegittimità formate della contestazione disciplinare ricevuta dal ricorrente, con specifico riguardo all’inosservanza, rispettivamente, dei principi di tempestività, specificità ed immutabilità della contestazione stessa. Si tratta, tuttavia, di motivi che risolvendosi, aldilà delle denunciate violazioni di legge, nella lamentata erroneità dell’iter logico giuridico in base al quale la Corte medesima e pervenuta al convincimento dell’infondatezza hi fatto delle proposte eccezioni, devono ritenersi inammissibili, dal momento che la denuncia di un vizio di motivazione non è più consentita alla luce della modifica dell’art. 360, n. 5, intervenuta a seguito della novella introdotta con il d.l. n. 83/2012 convertito nella legge n. 134/2012, risultando, pertanto, precluso a questa Corte il vaglio delle ragioni in fatto poste a base del convincimento del giudice del merito.

Il quarto, il quinto, il sesto ed il settimo motivo, che già avendo riferimento alla rubrica sotto la quale sono posti si prospettano l’uno lo sviluppo dell’altro, per recare il primo la denuncia della violazione e falsa applicazione degli artt. 416, 421 e 437 c.p.c., il secondo la medesima denuncia cui si aggiunge quella della violazione e falsa applicazione dell’art. 2712 c.c. e del vizio di motivazione, il terzo ancora la denuncia della violazione e falsa applicazione dell’art. 2712 c.c, cui si aggiunge quella della violazione e falsa applicazione dell’art. 244 c.p.c. e dell’art. 8 CEDU, l’ultimo la denuncia di conseguenti vizi dell’iter logico valutativo seguito dalla Corte territoriale, sono anch’essi unitariamente intesi a confutare la correttezza dell’apprezzamento compiuto dalla Corte medesima in ordine al materiale istruttorio attraverso il quale la stessa è pervenuta all’identificazione del ricorrente quale persona coinvolta nell’illecito contestato. E ciò, in particolare, per aver la Corte ritenuto utilizzabili a fini probatori le riproduzioni filmate acquisite in copia agli atti e visionate nel corso del giudizio, nonostante il disconoscimento, da ritenersi tempestivo, da parte del ricorrente, della loro autenticità e comunque delta loro corrispondenza agli originali di quelle riproduzioni filmate, una realizzata da società specializzata incaricata ai fini dell’indagine interna dall’odierna resistente e l’altra dalla polizia giudiziaria in sede di indagine penale attinente ai medesimi fatti e allegati agli atti del relativo procedimento nonché ammissibile, per averne erroneamente escluso il carattere valutativo e attendibile la deposizione del teste che attraverso la visione di tali copie dei filmati era pervenuto all’identificazione personale del ricorrente, nonostante, ancora una volta, la negazione da parte del ricorrente del riconoscimento effettuato,dal teste, valutata irrilevante ed, anzi, in presenza del rifiuto opposto dal ricorrente a I sottoporsi a rilievi fotosegnaletici ed antropometrici, rafforzativa del valore probatorio della testimonianza.

Anche tali motivi si rivelano inammissibili.

Decisive a riguardo appaiono le argomentazioni, non scalfite dalle censure sollevate dal ricorrente con gli illustrati motivi, esposte in motivazione dalla Corte territoriale che, da un lato, escludono la fondatezza della contestazione relativa alla utilizzabilità processuale dei filmati, in relazione ai poteri istruttori di ufficio di cui all’art. 421 c.p.c. tali da consentire al giudice del lavoro di ammettere in qualsiasi momento la parte alla regolarizzazione e disporre l’acquisizione anche di documenti, purché indicati a sostegno di fatti ritualmente allegati ed essenziali ai fini della ricerca della verità materiale, dall’altro, assumono l’ammissibilità e l’attendibilità della deposizione recante l’identificazione personale del ricorrente vertendo questa su di un fatto oggettivo, quale il riconoscimento della persona e dei luoghi in cui questa si trovava (e non certi) della situazione o dell’accadimento che lo vede coinvolto nella contingenza filmata, sicché del tutto logicamente la Corte ha escluso la rilevanza dell’assenza del teste dal luogo di lavoro nella giornata cui il filmato si riferiva), a conoscenza diretta del teste medesimo la cui riscontrabiilità era favorita dalla affermata e qui non contestata buona qualità delle immagini, ammissibilità ed attendibilità che valgono a sostenere sotto il profilo logico e giuridico l’irrilevanza ritenuta dalla Corte territoriale della generica negazione dell’effettuato riconoscimento non sorretta dalla spontanea offerta di riscontro oggettivo.

Gli ultimi quattro motivi, l’ottavo, il nono, il decimo e l’undicesimo, con i quali il ricorrente denuncia rispettivamente la violazione e falsa applicazione degli artt. 1175 e 2106 c.c. nonché il vizio di motivazione, la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., dell’art. 7, l. n. 300/1970, degli artt. 2106 e 2119 c.c. in una con il vizio di motivazione, la violazione e falsa applicazione ancora dell’art. 7, l. n. 300/1970, degli artt. 2106 e 2119 c.c., la violazione e falsa applicazione nuovamente dell’art. 116 c.p.c., sono, invece, ma sempre unitariamente, intesi a censurare l’erroneità della pronunzia della Corte dichiarativa della legittimità dell’irrogata sanzione espulsiva, tuttavia sempre sul presupposto di quanto dedotto nei precedenti motivi circa l’irritualità ed inattendibilità dell’accertamento relativo alla personale responsabilità del ricorrente nella perpetrazione dell’illecito disciplinare, la cui qualificazione in tali termini non è più revocabile in dubbio, non avendo qui il ricorrente espressamente censurato il capo della sentenza che sancisce l’inclusione nel regolamento aziendale del divieto di stazionamento sull’area di carico durante la pesatura degli automezzi, comportamento da cui si assume essere derivata l’alterazione della tara funzionale al perpetrato furto del GPL.

Ciò è sufficiente a ritenerne l’infondatezza, in quanto, muovendo da quel presupposto ineccepibile e, dunque, definitivo, la pronunzia della Corte territoriale risulta conforme a diritto e congrua sul piano logico, laddove ritiene la riferibilità al ricorrente dell’illecito, correttamente valutando la gravità della condotta con riguardo al profilo oggettivo e soggettivo della stessa, alla sua inerenza alle mansioni svolte, alla posizione gerarchica e funzionale del lavoratore e derivandone, ai sensi dell’art. 2119 c.c., legittimamente assunto come rilevante in sé anche a prescindere dalla sussumibilità del fatto in una delle fattispecie astratte incluse nel codice disciplinare di cui al contratto collettivo applicabile, l’irrimediabile lesione del vincolo fiduciario il ricorso va, dunque, rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

 

P:Q.M.

 

Rigetta, il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 100,00 per esborsi ed euro 3.000,00 per compensi oltre accessori di legge..