Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 30 settembre 2015, n. 19581

Pubblico impiego - Dimissioni - Incapacità naturale temporanea - Annullamento delle dimissioni - Competenza dell’autorità giurisdizionale e non dell’Autorità amministrativa

 

Rilevato che in data 27 aprile 2015 è stata depositata relazione ex art. 380 bis c.p.c. che qui si riporta:

Rilevato che:

1. Nell'ambito del processo per la dichiarazione della cessazione dagli effetti civili del matrimonio tra C.B. e D.D., il Tribunale di Treviso, con sentenza n. 1500/2012, ha rigettato la domanda di assegno divorzile proposta dalla D. ritenendo non sufficientemente provato il tenore di vita tenuto dai coniugi in costanza di matrimonio, né le rispettive capacità reddituali e disponibilità economiche. Pertanto, ha ritenuto di non poter accertare la dedotta sperequazione tra le condizioni economiche dei coniugi.

2. La D. ha proposto appello di fronte alla Corte d’Appello di Venezia, che ha accolto la domanda in ragione del forte squilibrio tra la situazione economica delle parti, ponendo a carico del B. l'obbliga di corrispondere un assegno divorzile di 500 euro mensili. Il giudice del gravame ha rilevato che, da una parte, la D., in possesso di un titolo di studio di scuola media inferiore, non ha mai svolto attività lavorativa, tranne aver gestito per un decennio un allevamento di struzzi da riproduzione, che è diventato improduttivo quando la donna si è rifiutata di allevare gli animali per destinarli alla macellazione, anche in considerazione dei costi di ima tale attività, mentre, d'altra parte, ha rilevato che il B. possiede numerose proprietà immobiliari, é titolare di un avviato studio professionale di geometri e di un'azienda agricola, gode di un trattamento previdenziale e in corso di causa ha ereditato ulteriori immobili.

3. B. ricorre per cassazione deducendo : a) violazione e falsa applicazione dell'art. 5 l. 898/1970, modificato dalla l. 74/1987, in relazione al fatto che la volontaria dispersione di capacità imprenditoriale da parte della D. è stata presa in considerazione quale criterio per quantificare l'assegno invece di essere valutata quale elemento dirimente per escludere il diritto all'assegno; b) nullità del procedimento per violazione dell'art. 115 c.p.c. per aver trascurato il fatto allegato da B. e mai contestato specificamente dalla D. che la ex moglie non ha cercato lavoro da quando ha deciso di chiudere la propria attività.

4. La D. si difende con controricorso e propone ricorso incidentale deducendo: a) violazione e falsa applicazione dall'art. 5 l. 898/1970, modificato dalla l. 74/1987, in relazione alla misura dell'assegno divorzile; b) omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti in relazione all'omessa valutazione delle dichiarazioni dei redditi delle parti; c) omessa motivazione in ordine alla misura dell'assegno divorzile; d) nullità del procedimento per violazione degli artt. 99, 112 e 738 c.p.c. in relazione all'omessa pronuncia sulla richiesta avanzata dalla D. di un accertamento a mezzo polizia tributaria sui redditi del B e alla mancata attivazione del poteri istruttori d'ufficio; e) violazione dell'art. 4 c. 13 l. 898/70, modificato dalla l. 74/1987, in relazione all'omessa indicazione della decorrenza dell'assegno divorzile; f) violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. in relazione all'integrale compensazione delle spese di giudizio per omessa motivazione.

Ritenuto che:

1. Il ricorso principale è inammissibile perché la Corte di appello ha applicato correttamente la normativa in materia di riconoscimento e quantificazione dell'assegno divorzile e le censure mosse dal ricorrente sono sostanzialmente intese a contestare la valutazione di merito del giudice distrettuale nonostante abbia tenuto conto di tutti i parametri indicati dalla legge sul divorzio e dalla giurisprudenza di legittimità in tema di capacità lavorativa e di idoneità alla produzione del reddito. Non può fondarsi sul rifiuto della B. a trasformare la propria attività violando i propri principi etici la insussistenza del suo diritto all'assegno divorzile a fronte di una evidente sperequazione economica esistente fra le parti e del positivo riscontro degli altri requisiti sui quali si fonda l'attribuzione dell'assegno divorzile.

2. Tutti i motivi del ricorso incidentale sono inammissibili, perché anche essi intesi a una sostanziale riedizione del giudizio di merito e comunque infondati, tranne il quinto motivo che devo essere accolto non avendo la Corte di appello specificato la decorrenza dell'assegno divorzile che pertanto deve essere stabilita dal passaggio in giudicato della sentenza di divorzio. Non vi sono nell'illustrazione dei motivi del ricorso incidentale elementi che possano indurre a ritenere l'omessa valutazione di fatti decisivi specificamente inerenti alle condizioni economiche del B.

3. Sussistono pertanto i presupposti per la trattazione della controversia in camera di consiglio e se l’impostazione della presente relazione verrà condivisa dal Collegio per la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto del ricorso principale e di tutti i motivi del ricorso incidentale ad eccezione del quinto.

La Corte condivide tale relazione limitatamente al ricorso principale che ritiene infondato;

per quanto riguarda invece il ricorso incidentale la Corte ne rileva la fondatezza relativamente alla censura di omesso esame delle condizioni reddituali e patrimoniali delle parti che effettivamente hanno costituito l'oggetto di una ricognizione da parte della Corte di appello del tutto generica e inidonea ad assolvere alla funzione che a tale criterio di valutatone viene attribuito dall'art. 5 della legge n. 898/1970.

La Corte ritiene pertanto che il ricorso incidentale debba essere accolto ai fini di una effettiva valutazione delle condizioni economiche delle parti necessaria per la determinazione dell'ammontare di un eventuale maggior importo dell'assegno di mantenimento in favore della D. Restano assorbiti gli ulteriori profili dedotti dalla ricorrente incidentale che verranno esaminati dalla Corte di appello di Venezia nel giudizio di rinvio.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso principale, accoglie il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Venezia anche per le spese del giudizio di cassazione. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell’art. 52 del decreto legislativo n. 196/2003