Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 24 settembre 2015, n. 18936

Tributi - Contenzioso tributario - Procedimento - Impugnazione - Termine breve - Notifica all’ufficio che ha emesso l’accertamento

 

Svolgimento del processo

 

In relazione alla contestata indetraibilità dell’IVA su fatture passive aventi ad oggetto corrispettivi versati da M. s.p.a. per la organizzazione e lo svolgimento di congressi e convegni scientifici autorizzati dal Ministero della Salute negli anni 1998 e 1999, in quanto qualificate come "spese di rappresentanza" negli avvisi di accertamento emessi dall’Ufficio di Firenze della Agenzia delle Entrate, in quanto tali non detraibili ai sensi dell’art. 19 bis,1, comma 1 , lett. h) Dpr n. 633/72 e dell’art. 74 TUIR (entrambe le norme nei testo vigente ratione temporis), la Commissione tributaria della regione Toscana, con sentenza 28.3.2008 n. 13 ed in parziale riforma della decisione di prime cure, dichiarava infondata la pretesa fiscale, interpretando il complesso normativo, anche in combinato disposto dall’art. 19, co. 14 della legge n. 67/1988 (come modificato dall’art. 36, co. 13 della legge n. 449/1997), ritenendo che la speciale disciplina normativa riservata, in materia di imposte sui redditi, alle spese per convegni e congressi sostenute dalle imprese farmaceutiche, sottraeva tali spese alla categoria delle "spese di rappresentanza" disciplinate dall’art. 74, co. 2 vecchio TUIR cui rinviava la norma sulla indetraibilità dell’IVA, e pertanto non andavano incontro al divieto di detrazione d’imposta dovendo essere considerate, anche al tempo dei fatti, assoggettate all’ordinario regime IVA previsto per le "spese di pubblicità", come peraltro deponevano le successive modifiche dell’art. 36 co 13 legge n. 449/1997 (che consentivano la deduzione, ai fini delle II.DD. delle spese di pubblicità farmaceutica effettuata attraverso convegni e congressi ) e la giurisprudenza di legittimità.

I Giudici di appello ritenevano, invece, fondata la pretesa fiscale concernente la indetraibilità dell’IVA sulle spese sostenute dalla società per "servizi connessi all’acquisto di "beni da destinare ad omaggio" (fonendoscopi), non essendo stata dimostrata la "inerenza" di tali spese con l’esercizio della impresa farmaceutica.

Annullavano inoltre gli avvisi limitatamente alla irrogazione delle sanzioni pecuniarie, ravvisando, da un lato, la ricorrenza di difficoltà interpretative idonee ad integrare le cause di non punibilità ex art. 8 Dlgs n. 546/1992 ed art. 6 Dlgs n. 472/1997, e dall’altro, la carenza di una autonoma motivazione in ordine all’illecito contestato.

La sentenza di appello, notificata in data 18.7.2008, è stata impugnata per cassazione dalla Agenzia delle Entrate, con ricorso notificato alla contribuente il 18.5.2009 ed affidato a tre motivi con i quali si deducono vizi di violazione di norme di diritto e vizi di motivazione.

Resiste con controricorso la società, eccependo la inammissibilità del ricorso per violazione del termine breve di impugnazione e proponendo contestuale ricorso incidentale, affidato a tre motivi, con i quali vengono dedotti vizi per "errores in judicando" ed "errores in procedendo" e vizio di motivazione.

Le parti hanno depositato memorie illustrative.

 

Motivi della decisione

 

1. Il ricorso principale è inammissibile.

La parte resisteva eccepito che il ricorso per cassazione era stato notificato oltre il termine breve di impugnazione previsto dall’art. 325 c.p.c. e dagli artt. 51 co 1 e 62 co 2 Dlgs n. 546/1992, essendo stata notificata la sentenza di appello, ad istanza di parte, in data 18.7.2008 a "mani proprie", alla "Agenzia delle Entrate - Ufficio di Firenze 1, in persona del Direttore prò tempore, in via X. Firenze" (come emerge dalla relata di notifica), ed essendo stato invece proposto il ricorso per cassazione con atto consegnato all'Ufficiale giudiziario in data 13.5.2009 e notificato alla società contribuente in data 18.5.2009.

La Agenzia fiscale ricorrente contesta la eccezione pregiudziale ritenendo tempestiva la proposizione del ricorso, dovendo ritenersi inefficace, ai fini della decorrenza del termine breve di impugnazione, la notifica della sentenza di appello ex art. 38 Dlgs n. 546/1992 in quanto eseguita presso la sede dell’ufficio finanziario che aveva emanato l’avviso di accertamento opposto, anziché presso la sede della Direzione regionale delle entrate che aveva partecipato al giudizio di appello.

1.1 Risulta dagli atti (intestazione della sentenza di appello) che nel giudizio di secondo grado l’ufficio della Agenzia delle Entrate, che aveva emanato l’atto impugnato (art. 10 co 1 Dlgs n. 546/1992), e nei cui confronti era stato proposto il ricorso (art 18 co 2, lett. c), art 20 co 1, art. 23 co 1 Dlgs n. 546/1992), era stato in giudizio "mediante" l’"Ufficio del contenzioso" della Direzione regionale della Toscana (DRE), giusto il disposto dell’art. 11, comma 2, Dlgs n. 546/1992 per cui "l’ufficio nei cui confronti è proposto il ricorso sta in giudizio direttamente o mediante l'ufficio del contenzioso della direzione regionale o compartimentale ad esso sovraordinata".

In proposito occorre osservare che, se parte del processo tributario, introdotto dal contribuente, deve intendersi ufficio che ha emanato l'atto impugnato..." (art. 10 co 1 Dlgs n. 546/1992), l’art. 11 comma 2, introduce un sistema di legittimazione processuale alternativa, funzionale al modello organizzativo delle Agenzia fiscali.

La norma del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 11, comma 2, deve, infatti, essere interpretata alla stregua dell’art. 62, comma 2, DL.gs. 30 luglio 1999 n. 300, che ha attribuito alla Agenzia delle Entrate (ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico con autonomia regolamentare, amministrativa, patrimoniale, organizzativa, contabile e finanziaria: D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 61, commi 1 e 2; art 1, comma 1, e art 13, comma 1, Statuto, approvato con delibera CD in data 13.12.2000 n. 6) tutte le competenze già esercitate dal Dipartimento delle Entrate del Ministero delle Finanze, con "facoltà" di avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato (D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 72).

L'Agenzia fiscale è, infatti, articolata in uffici "centrali e periferici", "regionali e provinciali" (a loro volta articolati in strutture di vertice ed uffici dipendenti), in base alle disposizioni del regolamento di amministrazione adottato con delibera CD del 30.11.2000 n. 4 (art. 2, comma 2; art. 4, comma 1; art. 5), secondo criteri organizzativi che combinano l’applicazione del "principio di competenza" (territoriale e per valore) con i principi "gerarchico" (fondato su rapporti di sovra e sottordinazione: art. 11, comma 1, lett. c), Statuto) e di "sussidiarietà" (art. 1, comma 1, lett. d) reg. amm.).

Per quanto qui interessa, la gestione del contenzioso risulta attribuita a tutte le strutture periferiche, sia di "vertice" che "meramente operative":

- le Direzioni regionali e le Direzioni provinciali delle Province autonome di Trento e Bolzano, che sono "strutture di vertice", infatti, oltre a funzioni di direzione e di coordinamento svolgono anche "attività operative di particolare rilevanza nei settori della gestione dei tributi, dell'accertamento, della riscossione, e del contenzioso" (art 4, comma 3, reg. amm.);

- presso le altre Direzioni provinciali (articolate a loro volta negli "uffici territoriali", nell’"ufficio controlli" e nell'"ufficio legale") "l'ufficio legale tratta il contenzioso di tutta la direzione provinciale" (art 5, comma 3 del reg. amm.)

- il provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate in data 23.2.2001 n. 36122, pubblicato in GU n. 151/2001 (da ricomprendersi tra le "disposizioni interne" di cui al D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 66, comma 3), adottato in esecuzione delle norme di legge, regolamentari e statutarie, prevede che le Direzioni regionali esercitano funzioni anche "nei settori della gestione dei tributi, dell'accertamento e del contenzioso", istituendo presso tali organi anche l'ufficio del "Contenzioso tributario" cui è affidata tra l’altro la "rappresentanza dinanzi alle Commissioni tributarie regionali.

1.2 Tanto premesso, ferma la esclusiva riconducibilità dell’interesse sostanziale dedotto in giudizio (pretesa fiscale) all’Erario, e per esso alla Agenzia delle Entrate alla quale sono stati attribuiti ex lege i poteri di gestione del rapporto tributario con il contribuente, osserva il Collegio che indipendentemente dal rapporto organizzativo, interno all’ente di diritto pubblico, che viene ad essere instaurato tra l’organo sovraordinato (DRE) e l’ufficio che ha emanato l’atto impugnato (avocazione gerarchica della trattazione del contenzioso; accentramento in via generale, presso l’ufficio contenzioso della DRE, della rappresentanza in giudizio dei singoli uffici locali; valutazione caso per caso da parte dell’organo sovraordinato della opportunità di sostituire l’ufficio che ha emanato l’atto nella assunzione della posizione di parte processuale), non pare dubbio che l’art. 11, comma 2, Dlgs n 546/1992 attribuisca all’ "ufficio del contenzioso" della DRE (nella specie la Direzione regionale della Toscana) una legittimazione processuale concorrente con quella dell’ "ufficio provinciale periferico" che ha emanato l’atto opposto (nella specie l’Ufficio di Firenze I), consentendo all’ "ufficio del contenzioso" della DRE di costituirsi in giudizio, ex art. 23 co 1 Dlgs n. 546/1992, in sostituzione del predetto "ufficio periferico" al quale è stato notificato il ricorso introduttivo ai sensi degli artt. 16 e 20 Dlgs n. 546/1992 (cfr. Corte cass. Sez, 5, Sentenza n. 20911 del 03/10/2014).

La individuazione dell’ufficio della Agenzia delle Entrate, ritenuto maggiormente idoneo a sostenere la difesa dell’ente pubblico in giudizio, è espressione di scelte discrezionali proprie dell’ente, che riflettono la specifica organizzazione ed articolazione interna degli uffici, che si inscrivono tutte nella definizione legale di "parte nel processo tributario" compiuta dalla legge che, all’art. 10 del Dlgs n. 546/1992 (nel testo vigente anteriormente alle modifiche introdotte dall’art. 28 del Decreto legge del 31/5/2010 n. 78 conv. in legge 30 luglio 2010 n. 122, applicabile al caso di specie) disponeva, infatti, che "Sono parti nel processo dinanzi alle commissioni tributarie oltre al ricorrente, l'ufficio del Ministero delle finanze o l'ente locale o il concessionario del servizio di riscossione che ha emanato l'atto impugnato o non ha emanato l'atto richiesto ovvero, se l'ufficio è un centro di servizio, l'ufficio delle entrate del Ministero delle finanze al quale spettano le attribuzioni sul rapporto controverso", norma che deve essere coordinata, ai fini della individuazione della parte processuale pubblica, con le disposizioni dell’art. 18 co 2, lett. c) -secondo cui il contribuente deve indicare nel ricorso introduttivo l’ufficio nei cui confronti la impugnazione è proposta-, e dell’art. 23 co 1 - per cui "l’ufficio....nei cui confronti è stato proposto il ricorso" si costituisce in giudizio entro sessanta giorni dal perfezionamento della notifica-, dovendo in conseguenza ritenersi, in base al combinato disposto dagli artt. 10 co 1 e 23 co 1 del Dlgs n. 546/1992, che la qualità di "parte nel processo" debba comunque essere riconosciuta - anche in ipotesi di una eventuale "sostituzione" da parte dell’organo gerarchicamente sovraordinato ai sensi dell’art. 11 co 2 Dlgs n. 546/92-, all’"ufficio provinciale periferico" della Agenzia fiscale "che ha emanato" l’avviso di rettifica o di accertamento ed al quale il ricorso introduttivo è stato notificato dal contribuente.

Orbene l’art. 38, comma 2, Dlgs n. 546/1992, che disciplina la notificazione delle sentenze di merito dei Giudici tributari (ai fini della decorrenza del termine breve anche per la proposizione del ricorso per cassazione: Corte cass. Sez - 5, Sentenza n. 5871 del 13/04/2012 secondo cui "l'applicazione di tali disposizioni alle decisioni delle Commissioni tributarie regionali, in forza del generale richiamo fatto per il processo tributario di secondo grado alle norme dettate per il primo grado, trova ostacolo nella disciplina del ricorso per cassazione, interamente regolalo dal codice di procedura civile, poiché la notifica delle sentenze di appello resta fuori dei giudizio di legittimità, mirando solo alla più celere formazione del giudicato formale") prescrive in modo inequivoco che la notificazione della sentenza deve essere eseguita "alle altre parti " ("a norma dell’articolo 137 c.p.c. " e ss. ed ora, dopo le modifiche introdotte dall’art. 3, comma primo, lett. a), del d.l. 25 marzo 2010, n. 40, "a norma dell'articolo 16" del Dlgs n. 546/92) e dunque, alla stregua delle considerazioni che precedono, all’ufficio che ha emanato l’avviso di accertamento/rettifica opposto, in quanto individuato ex lege come parte del processo tributario e, pertanto, legittimato a ricevere la notifica della sentenza di merito agli effetti della decorrenza, nei confronti dell’Agenzia fiscale titolare del diritto controverso (ente con personalità giuridica di diritto pubblico, nel quale è inserito l'ufficio periferico dotato di pari capacità di stare in giudizio ai sensi degli artt. 10 e 11 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, secondo un modello assimilabile alla preposizione institoria di cui agli artt. 2203 e 2204 cod. civ.), del termine breve per la proposizione del ricorso per cassazione. Tanto alla stregua del principio di diritto affermato dalla Corte -cui il Collegio intende aderire- secondo cui per i giudizi di cassazione, nei quali la legittimazione era riconosciuta esclusivamente al Ministero delle finanze, ai sensi dell’art. 11 del r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, la nuova realtà ordinamentale -caratterizzata dal conferimento della capacità di stare in giudizio agli uffici periferici dell'Agenzia, in via concorrente ed alternativa rispetto al direttore- consente infine di ritenere che la notifica della sentenza di merito, ai fini della decorrenza del termine breve per l'impugnazione, e quella del ricorso possano essere effettuate, alternativamente, presso la sede centrale dell'Agenzia o presso i suoi uffici periferici, in tal senso orientando l’interpretazione sia il principio di effettività della tutela giurisdizionale, che impone di ridurre al massimo le ipotesi d'inammissibilità, sia il carattere impugnatorio del processo tributario, che attribuisce la qualità di parte necessaria all'organo che ha emesso l'atto o il provvedimento impugnato (cfr. Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 3118 del 14/02/2006; Sez, U, Sentenza n. 3116 del 14/02/2006), non comportando tale soluzione un aggravio nell’esercizio del diritto di difesa nella fase di legittimità, poiché l'Ufficio centrale e quelli periferici -che emettono l'atto impugnato e curano il contenzioso dinanzi alle commissioni tributarie- debbono comunque cooperare nell’attività di predisposizione della difesa tecnica dell'Agenzia nel giudizio di cassazione (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 22889 del 25/10/2006; id. Sez, 5, Sentenza n, 441 del 14/01/2015).

1.3 La soluzione indicata non trova ostacolo nella disposizione dell’art. 16 co 2 che, ai fini delle notificazioni e comunicazioni alle parti del processo, richiama anche l’art. 17 co 1 Dlgs n. 546/1992 secondo cui "salva la consegna a mani proprie", "le notificazioni sono fatte nel domicilio eletto o in mancanza, nella residenza, o nella sede dichiarata dalla parte all'atto della sua costituzione in giudizio", indicazione che ha effetto anche per i successivi gradi di giudizio (art. 17 co 2).

Se, infatti, non può essere logicamente negata alla Amministrazione finanziaria la facoltà di eleggere domicilio, al pari della parte contribuente, deve altresì rilevarsi come la norma de] processo tributario, da ultimo richiamata, venga a derogare all’art. 170 c.p.c. (alla norma processualtributaria è stata riconosciuta sì efficacia "endoprocessuale" ma del tutto peculiare, atteso che la indicazione mantiene efficacia, ove non revocata o modificata, anche nel successivo grado di merito, pertanto, venendo a disporre l’art. 17 co 1 Dlgs n. 546/1992, in deroga all’art. 170 c.p.c., ma non anche in deroga alla norma del processo civile che disciplina la "notifica degli atti di impugnazione" - art. 330 c.p.c.- da ritenersi non incompatibile con quella speciale del processo tributario : Corte cass. Sez, U, Sentenza n. 29290 del 15/12/2008; id. Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 460 del 13/01/2014), e venga , quindi, ad incidere anche sulla disciplina della notifica della sentenza di merito, tenuto conto che, il previgente testo dell’art. 38 Dlgs n. 546/1992 in vigore alla data della notifica (la modifica normativa successiva della legge n. 73/2010, che ha sostituito il rinvio agli artt. 137 ss c.p.c. con quello all’art. 16 del Dlgs n. 546/92, ha ampliato "le forme" della notificazione della sentenza, ritenendo valide anche la spedizione diretta a mezzo posta in plico senza busta con raccomandata AR, ovvero la consegna della sentenza all’addetto all’ufficio - art. 16 co 3-, mentre non ha apportato modifiche alla disciplina del luogo e della parte destinataria della notifica che doveva, essere rinvenuta, pertanto, nella disciplina generale dettata dall’art. 16 commi 2, 4 e 5, e dall’art. 17 del Dlgs n. 546/92), non escludeva l'applicazione -alla notifica delle sentenze tributarie- dell’art. 285 c.p.c. (secondo cui la sentenza deve essere notificata al procuratore costituito, ai sensi dell’art. 170 c.p.c., ovvero alla parte costituita personalmente in giudizio, presso la residenza dichiarata od il domicilio eletto), norma che doveva pertanto intendersi derogata -relativamente alla disposizione che consente la notifica della sentenza di merito ai sensi dell’art. 170 c.p.c.- dalla disposizione speciale del processo tributario ex art. 17 co 1 del Dlgs n. 546/1992, che fa salva in ogni caso la notifica "a mani proprie" ("le comunicazione e le notificazioni sono fatte, salva la consegna a mani proprie,...."), e che è stata costantemente interpretata da questa Corte nel senso che gli atti processuali e "la sentenza di merito" possono sempre essere notificati direttamente alla parte personalmente, anche nel caso in cui vi sia stata elezione di domicilio (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenzia n. 10474 del 03/07/2003 secondo cui debbono ritenersi ricomprese "tutte le forme di notifica previste dagli artt. 138, 140 cod proc. civ. e la notifica a mezzo del servizio postale, a seguito delle quali l'atto venga comunque consegnato a mani proprie del destinatario-, id. Sez. 5, Sentenza n. 9381 del 20/04/2007; id. Sez. 5, Sentenza n. 5504 del 09/03/2007; id, Sez, 5, Sentenza n. 10961 del 13/05/2009; id. Sez. 5, Sentenza n. 16234 del 09/07/2010; id. Sez. 5, Sentenza n. 7059 del 26/03/2014, con riferimento alla notifica della sentenza di primo grado della Commissione tributaria provinciale).

La applicazione della disposizione di cui all’art.17 co l del Dlgs n. 546/92 indifferentemente ad entrambe le parti del processo tributario, esclude alla radice il dubbio di incompatibilità comunitaria prospettato nella memoria illustrativa dalla Agenzia delle Entrate (secondo cui la notifica eseguita in via alternativa all’ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato ovvero all’ufficio del contenzioso della DRE, costituitosi in giudizio, sarebbe lesiva dei "principi di origine comunitaria di equivalenza ed effettività della difesa"), peraltro in modo assolutamente carente, essendo stata omessa la indicazione delle norme dell’ordinamento comunitario che si assumono in ipotesi in conflitto con quelle processuali, e tenuto altresì conto, da un lato, che la materia della disciplina processuale è estranea alle materie riservate alla Comunità Europea dal Trattato (art. 6 TUE), e dall’altro che, anche nel caso in cui la ricorrente abbia inteso fare generico riferimento alla violazione dei principi della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, proprio la mancata individuazione della norma comunitaria in conflitto con la disposizione processuale, impedirebbe comunque la verifica dell’asserita violazione, atteso che, per espressa previsione dell’art. 51 n. 1 della Carta, le disposizioni della medesima si applicano agli Stati membri esclusivamente "nell’attuazione del diritto dell'Unione" (e cioè soltanto ove debba applicarsi una norma comunitaria diversa dalla Carta). E’ stato, infatti, ripetutamente affermato dalla Corte di giustizia che, quando un regolamento comunitario (od una direttiva comunitaria) conferisce un potere discrezionale ad uno Stato membro, quest’ultimo deve esercitare tale potere nel rispetto del diritto -e dei principi della Carta - dell’Unione (cfr. Corte di giustizia CE, sentenze 13 luglio 1989, causa 5/88, Wacbauf, Racc. pag. 2609; 4 marzo 2010, causa C-578/08, Chakroun, Racc. pag. 1-1839, e 5 ottobre 2010, causa C-400/10 PPU, McB-, Racc. pag. 1-8965), ma nel caso di specie la ricorrente neppure allega -e non è dato altrimenti individuare- il regolamento o la direttiva comunitaria dai quali deriverebbe il potere discrezionale attribuito allo Stato membro nel disporre la disciplina legislativa del processo tributario, che non può, pertanto, essere considerata una normativa di attuazione di un diritto derivante dall’ordinamento comunitario.

Né è dato ravvisare neppure un "vulnus" al principio di eguaglianza e di effettitività dell’esercizio del diritto di difesa ex artt. 3 e 24 Cost., tenuto conto che la notifica della sentenza tributaria eseguita, in via alternativa, all’ufficio periferico che ha emanato l’atto (parte processuale ex art. 10 co 1 Dlgs n. 546/92), ovvero -presso il domicilio eletto- nei confronti dell’ufficio del contenzioso della DRE (costituitosi in giudizio "in sostituzione" del primo, ai sensi dell’art. 11 co2 Dlgs n. 546/92), od ancora direttamente all’ente pubblico presso la sede legale (quale soggetto di diritto pubblico, parte sostanziale del rapporto tributario controverso, nella organizzazione del quale sono organicamente inseriti i predetti uffici), sono forme tutte egualmente funzionali, secondo un canone di ragionevolezza, ad assicurare all’Amministrazione finanziaria la effettiva conoscenza della sentenza pronunciata all’esito del giudizio, ai fini del tempestivo apprestamento dell’atto di impugnazione, non potendo essere addotti in contrario, dall’Agenzia fiscale, eventuali ostacoli di mero fatto dovuti a ritardi od inefficienze della organizzazione degli uffici dell’ente di diritto pubblico.

1.4 La menzionata norma del processo tributario (art. 17 co 1 Dlgs n. 546/1992), come interpretata da questa Corte, legittima, pertanto, la parte interessata (pubblica o privata) a notificare la sentenza tributaria di merito, tanto al procuratore domiciliatario, quanto alla "parte personalmente" ("a mani proprie"), dovendo applicarsi tale disposizione anche alla ipotesi, che ricorre nel caso di specie, in cui l’"ufficio che ha emesso l’atto impositivo" opposto -al quale è stato notificato il ricorso introduttivo e che viene indicato dalla legge come "parte nel processostia in giudizio, ai sensi dell’art. 11 co2 Dlgs n.546/1992, "mediante" l’"ufficio del contenziosi" della DRE e questo abbia eletto domicilio presso la Direzione regionale (come nel caso di specie in cui -come emerge anche dalla intestazione della sentenza della CTR- l’ufficio del contenzioso della DRE della Toscana aveva indicato, costituendosi in grado di appello, il domicilio in Firenze via X. cfr.anche memoria illustrativa depositata dalla Agenzia , pag. 7), essendo irrilevante al proposito che non sia configurabile un rapporto di rappresentanza negoziale tra gli uffici dell’ente pubblico, trovando genesi la partecipazione al giudizio dell’ufficio della DRE in una scelta di tipo organizzativo, riservata all’organo competente del soggetto di diritto titolare della pretesa tributaria contestata (l’Agenzia fiscale dotata di personalità giuridica di diritto pubblico), atteso che la alternativa, prevista dall’art. 17 co 1 Dlgs n. 546/92, tra la modalità di notifica "a mani proprie" della parte e la notifica presso il luogo indicato con la elezione di domicilio (anche in assenza di procuratore ad litem o di altro soggetto indicato come domiciliatario) opera in via generale e nei confomti di tutte le parti del processo, dovendo quindi ritenersi equipollenti la notifica della sentenza di merito eseguita alla parte costituitasi personalmente "a mani proprie", anche se in luogo diverso dal domicilio eletto, e la notifica della sentenza di merito eseguita, presso il domicilio eletto, alla parte ovvero al procuratore ad Iitem costituito in giudizio o ancora al soggetto indicato come domiciliatario.

1.5 La questione pregiudiziale posta all’esame di questa Corte può dunque essere risolta alla stregua del seguente principio di diritto:

- la scelta riservata alla Agenzia fiscale -ente al quale è conferita personalità giuridica di diritto pubblico e che riveste la posizione di parte sostanziale, ai sensi del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, nel rapporto tributario controverso- di assumere la lite, introdotta dal contribuente, mediante costituzione in giudizio dell’ufficio periferico che ha emanato l’atto impositivo opposto ovvero dell’ufficio del contenzioso della DRE a quello gerarchicamente sovraordinato, ovvero direttamente con la costituzione in giudizio del Direttore generale dell’ente (in quanto organi tutti dotati di legittimazione processuale concorrente), e così dei pari La analoga scelta dell’Agenzia fiscale di avvalersi o meno del patrocinio di un avvocato del foro privato, con il conferimento di apposita "procura ad litem", hanno carattere eminentemente organizzativo, rispondendo alle esigenze di funzionalità ed efficienza dell’ente pubblico, in considerazione della sua specifica articolazione sul territorio e della distribuzione delle competenze tra i vari organi ed uffici centrali e periferici, e non immutano, pertanto, all’assetto legislativo del processo tributario che, individua "ex ante", nell’art. 10 Dlgs n. 546/92, come "parte nel processo", l’ufficio della Agenzia fiscale "che ha emanato l’atto impugnato o non ha emanato l’atto richiesto" (ovvero l’ufficio con competenza su tutto o parte del territorio nazionale al quale spettano -in base ai regolamenti organizzativi dell’ente- le attribuzioni in merito al rapporto controverso). Ne segue che la notifica della sentenza di merito, ai fini della decorrenza del termine breve di impugnazione, bene può essere validamente eseguita, ai sensi dell’art. 38 Dlgs n. 546/92 nei confronti dell’"ufficio che ha emanato l’atto", opposto dal contribuente, anche nel caso in cui quest’ultimo si sia costituito in giudizio "mediante" l’ufficio del contenzioso della DRE e questo abbia eletto domicilio presso di sé, in quanto se, da un lato, l’intervento sostitutivo dell’ufficio della DRE non comporta il venire meno della qualifica legale di parte processuale dell’ufficio che ha emanato l’atto impositivo, dall’altro lato, gli artt. 16, 17 e 38 del Dlgs n. 546/92 disciplinano un sistema compiuto delle modalità di notifica degli atti del processo tributario e delle sentenze emesse dai Giudici tributari, e l’art. 17, comma 1, in deroga all’art. 170 c.p.c., prevede che la notifica dell’atto possa essere eseguita direttamente alla parte mediante consegna "a mani proprie", ovvero, in via alternativa, mediante notifica alla stessa parte nel domicilio eletto od in caso di conferimento del mandato ad litem al procuratore domiciliatario.

Sembra opportuno al Collegio evidenziare come l’enunciato principio, che si pone in linea con i richiamati precedenti delle sentenze SS.UU. n. 3116 n. 3118 del 14.2.2006, non contrasta con l’affermazione riportata nella massima CED della SC tratta dal precedente di questa Corte V sez. 3.10.2014 n. 20911, secondo cui "agli uffici perfierici va riconosciuta la posizione processuale di pane e l’accesso della difesa avanti alle commissioni tributarie, permanendo la vigenza degli artt. 10 e 11 del Dlgs 31 dicembre 1992 n. 546", atteso che in quella causa veniva in questione la distribuzione tra i vari uffici centrali e periferici dell’Agenzia fiscale, secondo le norme attributive della competenza, della legittimazione a resistere in giudizio, mentre nella presente causa viene in questione la individuazione dell’ufficio dell’Agenzia fiscale che riveste la qualità di "parte nel processo" ed al quale, pertanto, può essere validamente notificata la sentenza di merito, ai fini della decorrenza del termine breve di impugnazione, secondo le modalità alternative di notifica sopra indicate.

1.6 La notifica della sentenza della CTR effettuata ad istanza della società contribuente presso la sede dell’Ufficio di Firenze 1 (in Firenze via X. che aveva emesso gli avvisi di accertamento IVA impugnati, anziché alla Direzione regionale della Toscana (con sede in Firenze via X.)

costituitasi in giudizio in sostituzione del primo, deve, in conseguenza, ritenersi idonea a far decorrere, nei confronti della Agenzia Entrate, il termine breve ex art. 325 c.p.c. per la proposizione dei ricorso per cassazione, dovendo essere considerata inammissibile la impugnazione in quanto proposta oltre il termine di decadenza stabilito dagli art. 62 co 2 e 325 co 2 c.p.c..

2. Venendo a trattare del ricorso incidentale autonomo, proposto dalla società contribuente osserva il Collegio quanto segue.

2.1 II primo motivo con il quale si deduce il vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 19 co 1 e dell’art. 19 bis. 1, co l, lett. h) Dpr n. 633/72, in combinato disposto con l’art. 74 co 2 TUIR, in relazione all’art. 360 co 1 n. 3 c.p.c., ed il secondo motivo con il quale si deduce il vizio di omessa motivazione ex art. 360 co 1 n. 5 c.p.c., sono entrambi inammissibili, il primo, per inosservanza dell’onere di esposizione sommaria dei fatti di causa del requisito di specificità del motivo ex art. 366 co l nn. 3) e 4) c.p.c., entrambi per difetto di autosufficienza ed altresì per difetto di interesse alla impugnazione.

2.2 La ricorrente incidentale, premesso di aver offerto in dono ai partecipanti ai convegni dei "fonendoscopi" di valore inferiore al limite di lit. 50.000 (previsto per la deducibilità dal reddito d’impresa delle spese di rappresentanza, dall’art. 74 co 2 TUIR), si duole che la CTR abbia assoggettato alla medesima disciplina normativa anche altri "oneri soltanto indirettamente correlati ai medesimi donativi e/o aventi natura di costi generali inerenti all’impresa" (cfr. quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c.).

2.3 La descrizione della fattispecie controversa è assolutamente carente, non essendo dato individuare la natura ed il contenuto delle prestazioni di servizi di cui si sarebbe avvalsa la società, né tanto meno l’asserita "accessorietà" delle stesse ai beni consegnati in omaggio: è la stessa società ricorrente incidentale, peraltro, ad introdurre un ulteriore elemento di incertezza laddove ipotizza che le spese in questione possano alternativamente costituire "oneri indirettamente correlati" agli omaggio, ovvero "spese di carattere generale" (nozione in alcun modo esplicitata).

2.4 La sentenza della CTR, peraltro, ha deciso sulla questione controversa alla stregua di due distinte "rationes decidendi": a) ha negato la detrazione IVA per omessa prova da parte della contribuente del requisito di "inerenza" delle predette spese "generali" all’esercizio dell’attività economica della impresa farmaceutica; b) ha ritenuto non condivisibile "la scissione del costo unitario da quello direttamente afferente (quale il costo della confezione) all'omaggio ",

Entrambi i motivi in esame investono esclusivamente la statuizione sub lett. b) , lasciando impregiudicata la statuizione sub lett. a), da sola idonea a giustificare il decisum. In ogni caso qualora si volessero ravvisare due differenti questioni oggetto di decisione (rispettivamente concernenti, le spese generali ritenute non inerenti, e le spese afferenti agli omaggi ritenute superiori al limite di valore indicato), entrambi i motivi sarebbero egualmente da ritenere inammissibili in quanto:

- alcuna prova "decisiva" , ritualmente prodotta nel giudizio di merito, e neppure alcuna descrizione della natura e della entità delle spese sostenute per tali servizi "accessori" è stata fornita dalla ricorrente incidentale, difettando pertanto il necessario requisito di autosufficienza previsto per l’ammissibilità del motivo

- la statuizione sub lett. b) della sentenza di appello, è errata in diritto, ma corretta nella soluzione giuridica adottata, atteso che la espressa riconducibilità della elargizione di omaggi tra le "spese di rappresentanza" (e non tra le "spese di pubblicità": art. 74 co 2 TUIR) deducibili dal reddito d’impresa ai fini delle imposte dirette, non può trovare alcuna corrispondenza in ambito IVA in cui è, invece, espressamente preclusa la detrazione d’imposta delle "spese di rappresentanza" ex art. 19 bis1, comma 1 , lett. h) Dpr n. 633/72 (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 24932 del 06/11/2013, in motivazione, paragr. 10.2). Nella specie non è stato, peraltro, neppure indicato dalla società se i beni consegnati in omaggio contenessero elementi pubblicitari relativi a prodotti farmaceutici o medicinali fabbricati o commercializzati dalla società e se dunque potessero essere valutate come costi di pubblicità, per i quali è consentita senza limitazioni la detrazione IVA sulle fatture passive.

3. Il terzo motivo con il quale si deduce la nullità della sentenza per omessa pronuncia su uno specifico motivo di appello, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360co 1 n. 4 c.p.c. è inammissibile per omessa formulazione del quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c.

La società lamenta che la CTR non avrebbe pronunciato in ordine al motivo di gravame con il quale si impugnava la decisione di prime cure che aveva ritenuto la legittimità dell’avviso di accertamento che aveva negato la detrazione dell’IVA su fatture emesse in acconto per l’anno 1997 e relative ad acquisti di beni (destinati ad omaggi) perfezionati nel successivo anno 1998.

3.1 La censura è inammissibile atteso che il motivo di ricorso per cassazione, soggetto al d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, deve in ogni caso concludersi con la formulazione di un quesito di diritto idoneo, cioè tale da integrare il punto di congiunzione tra l'enunciazione del principio giuridico generale richiamato e la soluzione del caso specifico, anche quando un "error in procedendo" sia dedotto in rapporto alla affermata violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., non essendovi spazio, in base al testo dell'art. 366-bis cod. proc. civ., per ipotizzare una distinzione tra i motivi d’impugnazione associati a vizi di attività a seconda che comportino, o no, la soluzione di questioni interpretative di norme processuali (cfr. Corte cass. Sez. 3, Ordinanza n. 4329 del 23/02/2009; id. Sez. L, Sentenza n. 4146 del 21/02/2011; id. Sez. 5, Sentenza n. 10758 del 08/05/2013).

4. In conclusione il ricorso principale deve essere dichiarato inammissibile e quello incidentale deve essere rigettato, sussistendo le condizioni per dichiarare interamente compensate tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

- dichiara inammissibile il ricorso principale proposto dalla Agenzia delle Entrate e rigetta il ricorso incidentale proposto dalla società contribuente, dichiarando interamente compensate tra le parti le spese del giudeo di legittimità.