Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 25 settembre 2015, n. 19052

Tributi - Controllo della dichiarazione - Art. 36-bis, del DPR n. 600/1973 - Omesso o tardivo versamento di somme a titolo di ritenute IRPEF alla fonte - Iscrizione a ruolo senza preventivo avviso di irregolarità - Cartella di pagamento - Legittimità - Sussiste

Svolgimento del processo

La srl G. in liquidazione, già I. srl, propone ricorso per cassazione, sulla base di sei motivi illustrati con successiva memoria, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia che, accogliendo parzialmente l'appello dell'Agenzia delle Entrate, ufficio di Siracusa, e rigettando l'appello incidentale della società contribuente, ha ritenuto che la cartella esattoriale recante l'iscrizione a ruolo di somme a titolo di ritenute IRPEF alla fonte non versate o tardivamente versate, sanzioni ed interessi, all'esito del controllo della dichiarazione, ai sensi dell'art. 36 bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, per l'anno 1999, era stata notificata alla srl I. il 30 settembre 2003, e quindi tempestivamente, alla luce dalla disciplina transitoria dettata dal d.l. n. 106 del 2005, convertito nella legge n. 156 del 2005.

Il giudice d'appello ha escluso l'applicabilità del condono tombale di cui all'art. 9 della legge n. 289 del 2002, sussistendo una causa ostativa, e comunque in considerazione della salvezza dei versamenti eseguiti in base alla liquidazione ai sensi dell'art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 disposta dalla disciplina del condono, ha escluso la violazione dell'art. 6, comma 5, dello statuto del contribuente, non ricorrendo incertezza su aspetti rilevanti della dichiarazione; ed ha infine riconosciuto effettuata una parte dei versamenti delle somme pretese, che decurtava dall’importo complessivo, disponendo in ordine allo sgravio.

L'Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

 

Motivi della decisione

 

Con il primo motivo la società contribuente sostiene la non applicabilità della disciplina transitoria dettata dal decreto legge n. 106 del 2005, come convertito, ai giudizi pendenti relativi ad ipotesi di cartelle già notificate secondo una diversa disciplina all'entrata in vigore della nuova normativa.

Con il secondo motivo, denuncia la violazione del termine per l'iscrizione a ruolo, il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, previsto dall'art. 17 del d.P.R. n. 602 del 1973, assumendo che tale termine avrebbe dovuto applicarsi anche alla notificazione della cartella.

I due motivi, che in quanto strettamente legati vanno esaminati congiuntamente, sono infondati.

Questa Corte ha da tempo chiarito come "in tema di riscossione delle imposte sui redditi, l’art. 1 del d.l. 17 giugno 2005, n. 106, convertito con modificazioni nella legge 31 luglio 2005, n. 156 - emanato a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 280 del 2005 di declaratoria d'incostituzionalità dell'art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973 -, che ha fissato, al comma quinto bis, i termini di decadenza per la notifica delle cartelle di pagamento relative alla pretesa tributaria derivante dalla liquidazione delle dichiarazioni ed ha stabilito all’art. 5 ter, sostituendo il comma secondo dell'art. 36 del d.lgs, 29 febbraio 1999, n. 46, che per le somme che risultano dovute a seguito dell’attività di liquidazione delle dichiarazioni, la cartella di pagamento debba essere notificata, a pena di decadenza, per le dichiarazioni presentate entro il 31 dicembre 2001, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, ha un inequivoco valore transitorio e trova applicazione non solo alle situazioni tributarie anteriori alla sua entrata in vigore, ma anche a quelle non ancora definite con sentenza passata in giudicato, operando retroattivamente, sia in quanto introdotto per eliminare una lacuna normativa verificatasi per effetto di pronuncia costituzionale e per garantire - oltre che l'interesse del contribuente - l'interesse dell'erario di evitare un termine decadenziale talmente ristretto da pregiudicare la riscossione dei tributi, sia in considerazione del tenore testuale dell'esordio dei commi 5 bis e 5 ter: in applicazione di questo principio, la S.C. ha ritenuto applicabile il termine quinquennale di cui al comma 5 bis e 5 ter dell'art. 1 del d.l. citato anche in caso di ruolo reso esecutivo prima del 31 dicembre 2001" (ex miltis, Cass. 2006).

Con il terzo motivo censura perché contraddittoria la motivazione della sentenza in ordine al mancato invio della comunicazione di cui all'art. 6, comma 5, dello statuto del contribuente, per avere ritenuto tale adempimento inutile ancorché con la stessa sentenza fosse stata accertata la corresponsione di una parte degli importi pretesi; con il quarto motivo censura per vizio di motivazione la sentenza per aver riformato, in ordine al mancato invio della comunicazione di cui all'art. 6, comma 5, la decisione di primo grado, senza spiegare perché era stata ritenuta insussistente l'incertezza su aspetti rilevanti della dichiarazione.

I due motivi, che in quanto strettamente legati vanno esaminati congiuntamente, sono infondati.

L'art. 6, comma 5, della legge n. 212 del 2000 prevede infatti che "prima di procedere alle iscrizioni a ruolo derivanti dalla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni, qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, l’amministrazione finanziaria deve invitare il contribuente... a fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti..". Nella specie la contribuente non allega la sussistenza di incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, ed il giudice d'appello tale ricorrenza esclude, spiegando poi che i tributi indicati nella dichiarazione erano effettivamente dovuti e dovuti nella misura indicata dalla stessa contribuente, salvo il tardivo versamento di una parte di essi, circostanza che non attinge al piano della regolarità della dichiarazione.

Con il quinto motivo la società contribuente denuncia violazione di legge in ordine all'applicazione dell'art. 6, comma 5, dello statuto, che andrebbe riferito a tutte le ipotesi contemplate dall’art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973; con il sesto motivo denuncia la violazione dell’art. 36 bis e dall'art. 2, comma 2, del d-lgs n. 462 (recte, 472) del 1997, che già prevederebbero la comunicazione al contribuente,- all'esito del controllo, se del caso con richiesta di chiarimenti.

I motivi, da esaminare congiuntamente, sono infondati, atteso che "l'emissione della cartella di pagamento con le modalità previste dagli artt.36-bis, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973 (in materia di tributi diretti) e 54-bis, comma 3, del d.P.R. n. 633 del 1972 (in materia di IVA) non è condizionata dalla preventiva comunicazione dell'esito del controllo al contribuente, salvo che il controllo medesimo non riveli l’esistenza di errori, essendovi, solo in tale ipotesi di irregolarità riscontrata nella dichiarazione, l’obbligo di comunicazione per la liquidazione d’imposta, contributi, premi e rimborsi" (Cass. n. 17396 del 2010)

Quanto alle sanzioni, poi, questa Corte ha affermato che "per le sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, l’omessa comunicazione dell’invito al pagamento prima dell'iscrizione a ruolo, con la riduzione e per gli effetti previsti dall'art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 472 del 1997, non determina la nullità di tale iscrizione e degli atti successivi, ma una mera irregolarità, inidonea ad incidere sull'efficacia dell’atto, sia perché non si tratta di condizione di validità, stante la mancata espressa sanzione della nullità, avendo il previo invito al pagamento l'unica funzione di dare al contribuente la possibilità di attenuare le conseguenze sanzionatorie dell'omissione di versamento, sia perché l'interessato può comunque pagare, per estinguere la pretesa fiscale, con riduzione della sanzione, una volta ricevuta la notifica della cartella" (Cass. n. 3363 del 2013).

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza, e si liquidano come in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in euro 2.200 per compensi di avvocato, oltre a spese forfetarie nella misura del 15% ed alle spese prenotate a debito.