Giurisprudenza - COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE BARI - Sentenza 14 settembre 2015, n. 1907

Tributi - Agevolazioni fiscali - Credito d’imposta investimenti nelle aree svantaggiate - Fruizione congiunta con la detassazione degli utili reinvestiti - Sussiste

 

Fatto e diritto

 

Il legale rappresentante della CO. M. S.A.S, di P. C. ricorreva avverso l’avviso di recupero, anni 2003-2004 del Credito d’imposta investimenti nelle aree svantaggiate, notificato dall'Agenzia delle Entrate - Ufficio di Lecce 2 - il 13-12-2005.

Con tale ricorso, la società contribuente, preliminarmente, eccepiva l’illegittimità dell’avviso poiché non era stata rispettata la procedura prevista dalla normativa vigente.

La ricorrente eccepiva, altresì, la nullità dell’avviso impugnato per i seguenti motivi:

1) difetto di sottoscrizione;

2) difetto di motivazione per violazione degli artt. 3 della L. 7-8-1990 n. 241 e 7 della L. 27-7-2000 n.212.

Nel merito, la ricorrente società osservava che il recupero del credito d’imposta era infondato ed illegittimo, poiché l’Ufficio lo aveva fatto in base alla considerazione che: "... la società risulta aver fruito delle agevolazioni previste dalla L. 383/2001, cosiddetta Tremonti bis, tenuto conto che all’epoca i due benefici non erano cumulabili".

La società ricorrente proseguiva evidenziando che l’art. 10 del D.L. n. 138 dell’8-7-2002, convertito nella L. 8-8-2002, n. 178 aveva eliminato il divieto di fruizione congiunta degli incentivi per gli investimenti nelle aree svantaggiate, con le agevolazioni dettate in materia di detassazione degli utili reinvestiti, a decorrere dall’8-7-2002, per cui erano legittimi gli investimenti dopo tale data.

Infine, la società ricorrente contestava l’irrogazione delle sanzioni, sia perché insussistente il fatto colpevole addebitato e sia per l’obiettiva incertezza della norma.

L’Agenzia delle Entrate - Ufficio Lecce 2 - si costituiva in giudizio e controdeduce va rilevando, tra l’altro, che l’atto era perfettamente motivato poiché in esso erano descritti i presupposti causativi della pretesa erariale (richiamandosi il processo verbale di constatazione), con la compiuta esplicitazione della medesima.

L’Ufficio, inoltre, eccepiva l’assoluta inconsistenza delle eccezioni afferenti la nullità dell’avviso impugnato per difetto do sottoscrizione.

L’Ufficio faceva, altresì, presente che (’eliminazione del divieto di cumulo operato in virtù dell’art. 10 del D.L. n. 138 dell’8-7-2002, convertito con modificazioni in Legge 08/08/2002, n. 178, riguardava esclusivamente gli investimenti effettuati dopo la data dell’8/7/2002 e non anche quelli avviati prima della suddetta data, ai quali continuano ad applicarsi le disposizioni in vigore ante 08/07/2002, prima delle modifiche apportate dalle norme citale.

L’Ufficio proseguiva rilevando, inoltre, che le sanzioni erano state applicate correttamente.

La Commissione Tributaria adita, con decisione n. 224/1/09 del 6-2-2009, accoglieva il ricorso ed annullava totalmente l’avviso di recupero impugnato, unitamente alla cartella da essa derivata.

Spese compensate.

Avverso tale sentenza ricorreva in appello l’Agenzia delle Entrate.

La società contribuente si costituiva in giudizio e controdeduceva.

All’odierna udienza di discussione, il rappresentante dell’Ufficio si riporta integralmente ai motivi dì appello e conclude chiedendo l’accoglimento dello stesso.

Il difensore della società contribuente si riporta agli scritti difensivi in atti ed insiste chiedendo il rigetto dell’appello.

 

Motivi della decisione

 

Preliminarmente, questo Collegio ritiene che non è accoglibile l’eccezione dell’appellato in merito all’inammissibilità dell’appello presentato dall’Agenzia delle Entrate per difetto di sottoscrizione di un difensore abilitato.

Infatti, in seguito alle innovazioni previste dal D.L. n. 300/1999, con il quale erano state istituite le Agenzie Fiscali, Enti Pubblici dotati di personalità giuridica, competenti a riscuotere le entrate erariali e quindi ad emettere provvedimenti impugnabili innanzi alle Commissioni Tributarie non vi è stata una modifica dell’art. 10 del D.Lgs. n. 546/92.

La normativa introdotta con il D.Lgs, n. 300/99 non aveva né innovato né modificato la norma processuale di cui al testo normativo contenuto nell’art. 11 del D.Lgs, n. 546/92, che al 2° c. prevede che l’Ufficio del Ministero delle Finanze chiamato in giudizio stia in giudizio direttamente senza necessità di assistenza tecnica.

Le Agenzie Fiscali sì sono sostituite al Ministero nella medesima qualità di organo impostore e, perciò, ne condividono, nel caso in cui il rapporto tributario sia in contenzioso, il medesimo trattamento processuale.

Ne discende che possono spiegare la loro difesa, nel giudizio di merito, cosi come era previsto per l’Ente Statale al quale sono succedute, ai sensi del 3° c. dell’art. 11 del D.Lgs. n. 546/92, per il tramite del proprio apparato interno.

Devesi rilevare, a conferma, che né il D.Lgs. n. 300/99 che le ha introdotte contiene espressa deroga al dettato del precetto normativo che assiste il contenzioso tributario sopra citato, né alcuna incompatibilità è ravvisabile tra la disciplina che regola dette Agenzie e quella processuale previgente.

Piuttosto, secondo l’art. 68 del D.Lgs. n. 300/99 le Agenzie possono stare in giudizio a mezzo del direttore, che ne ha la rappresentanza - art. 68 -, e possono avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato - art. 72 -, circostanze queste da cui è agevole dedurre che la disciplina generale del processo tributario resta in vigore ed immutata. (Cass. Sent. N. 11454/2005).

Così come non è accoglibile la richiesta di inammissibilità dell’atto di appello formulata sempre dal contribuente per mancata critica della sentenza impugnata.

Questo Collegio ritiene, infatti, che l’atto dì appello contiene l’indicazione di specifici motivi d’impugnazione che consentono non solo di individuare le questioni costituenti l’oggetto e l’ambito del riesame, richiesti ai giudice di secondo grado ma, anche, di evidenziare gli errori commessi dal primo giudice e la relativa connessione causale con il provvedimento impugnato e, quindi, di identificare le ragioni per cui se ne invoca la riforma.

Per quanto riguarda il merito della controversia, la decisione dei primi giudici è condivisibile, l’art 5 della L. n, 383/2001 non abrogava l’agevolazione per gli investimenti nelle aree svantaggiate di cui all’art. 8 della legge finanziaria 2001 che rimaneva in vigore pur in alternativa alla Tremonti-bis per ì periodi d’imposta 2001-2002.

Pertanto, i soggetti che effettuavano investimenti, ai sensi dell’art. 8 della L. n. 388/2000 potevano continuare ad usufruire dei relativi benefici, ovvero in alternativa e per ciascun periodo d’imposta, rinunciare ai predetti benefici optando per l’applicazione della Tremonti-bis su tutto il territorio nazionale.

Successivamente, l’art. 10 c. 2 del D.L. n. 138 dell’8/7/2002, convertito nella L. n. 178 dell’8/8/2002, consentiva la cumulabilità delle due agevolazioni, limitatamente, però, agli investimenti realizzati a decorrere dall’8/7/2002.

Ciò vuol dire che, per i soggetti che applicavano il credito d’imposta per le aree svantaggiate, era possibile comunque fruire anche della detassazione Tremonti dalla suddetta data.

Orbene nel caso di specie, la società contribuente ha dimostrato di avere fatto investimenti lordi dopo l’8-7-2002, come documentato dalia fattura n. 176 del 31-12-2002, relativo al terzo stato di avanzamento, ammontante ad € 166.266,00, In conseguenza, la coesistenza tra le due agevolazioni era del tutto legittima.

Pertanto, per le considerazioni innanzi esposte, l’appello dell’Ufficio non è accoglibile.

Sussistono giusti motivi, data la natura e la complessità della controversia, per compensare le spese del giudizio.

 

P.Q.M.

 

Rigetta l’appello dell’Ufficio e conferma l’impugnata sentenza.

Spese compensate.