Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 17 settembre 2015, n. 18235

Enasarco - Contributi - Indennità suppletiva di clientela - Patto di non concorrenza - Violazione del patto di esclusiva

Svolgimento del processo

 

La Corte d’appello di Torino ha confermato la sentenza del Tribunale di Torino di rigetto della domanda di E.L. volta ad ottenere la condanna della soc. S.S. spa al pagamento delle provvigioni indirette per gli anni 97/2005, dell’indennità suppletiva di clientela e di quella per il patto di non concorrenza oltre al risarcimento del danno per violazione del patto di esclusiva, dei contributi Enasarco.

La Corte ha affermato, con riferimento al patto di esclusiva, che il contratto di agenzia conteneva il patto di esclusiva per i clienti di cui all’allegato a) e b); che l’inesistenza dell’allegato b) non vanificava la pattuizione dell’esclusiva ma aveva come unica conseguenza che l’esclusiva rimaneva pattuita per i soli clienti di cui all’allegato a); che la correttezza di tale interpretazione trovava conferma nella previsione contrattuale secondo cui la preponente si riservava la facoltà di nominare altri agenti nella zona ove si trovavano i clienti di cui ai predetti allegati; che eventuali modifiche dell’esclusiva con estensione a tutto il Piemonte, come sostenuto dall’agente, doveva essere provato con atto scritto e non con i testi.

Circa l’indennità suppletiva di clientela la Corte ne ha escluso la spettanza in quanto il rapporto era cessato per fallimento del L. e quindi per fatto imputabile all’agente .Infine la Corte d’appello ha escluso il diritto dell’agente al corrispettivo per il patto di non concorrenza.

Avverso la sentenza ricorre il L. formulando 10 motivi.

Resiste la soc. S. con controricorso e ricorso incidentale condizionato ulteriormente illustrati con memoria ex art. 378 cpc.

Il Collegio ha autorizzato il relatore ad estendere motivazione semplificata.

 

Motivi della decisione

 

1) Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 1743 c.c. Deduce che la società aveva agito in violazione del diritto di esclusiva.

2) Con il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 1370 c.c. rilevando che le clausole inserite nelle condizioni generali di contratto o in moduli predisposti da uno dei contraenti nel dubbio si interpretano a favore dell’altro.

3) Con il terzo motivo denuncia violazione dell’art. 1362 c.c. occorrendo valutare la volontà dei contraenti anche con riferimento al comportamento successivo alla conclusione del contratto.

4) Con il quarto motivo denuncia violazione dell’art. 1750 c.c. in quanto la risoluzione era stata comunicata da soggetto non abilitato-

5) Con il quinto motivo denuncia violazione dell’art. 1751 c.c. rilevando che il rapporto non poteva essere risolto per inadempienza del L. e dunque spettava l’indennità suppletiva di clientela -

6 )Con il sesto motivo denuncia violazione dell’art. 1751 bis c.c. censurando il rigetto dell’indennità per limitazione alla concorrenza.

7) Con il settimo motivo denuncia vizio di motivazione lamentando la mancata ammissione dei mezzi di prova ed il comportamento contrario alla buona fede.

8), 9) e 10) Con l’ottavo, il nono ed il decimo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione circa il diritto alle provvigioni indirette per contratti conclusi dalla società nella zona; circa il calcolo degli incassi e dello star del credere ed in ordine alla sottrazione di clienti che facevano parte del portafoglio del ricorrente .

Il ricorso è inammissibile.

Deve infatti rilevarsi l’assoluta inammissibilità dei quesiti in diritto formulati dal ricorrente a pagina 40 e seguenti nonché l’assenza del momento di sintesi con riferimento ai motivi aventi ad oggetto la denuncia di vizi di motivazione .

Il quesito di diritto, richiesto a pena di inammissibilità del relativo motivo, in base alla giurisprudenza consolidata di questa Corte, deve infatti essere formulato in maniera specifica e deve essere chiaramente riferibile alla fattispecie dedotta in giudizio (v. ad es. Cass. S.U. 5-1-2007 n. 36), dovendosi pertanto ritenere come inesistente un quesito generico e non pertinente. In particolare "deve comprendere l’indicazione sia della "regola iuris" adottata nel provvedimento impugnato, sia del diverso principio che il ricorrente assume corretto e che si sarebbe dovuto applicare in sostituzione del primo" e "la mancanza anche di una sola delle due suddette indicazioni rende il ricorso inammissibile" (v. Cass. 30-9-2008 n. 24339).

Nella specie i quesiti risultano assolutamente generici, risolvendosi soltanto nella mera enunciazione astratta del principio invocato dal ricorrente, senza enucleare il momento e le ragioni di conflitto rispetto ad esso del concreto accertamento operato dai giudici di merito. (v. fra le altre Cass. n. 80/2011, n. 9583/2011, sul medesimo quesito n. 7955/2011 e n. 17075/2011)

I quesiti, come formulati dal ricorrente, si risolvono in generici interpelli, privi dell’indicazione delle specifiche violazioni di legge in cui la sentenza impugnata era incorsa avendo omesso il ricorrente di calarsi nella concreta fattispecie.

Va, comunque, rilevato che anche l’illustrazione delle censure risulta del tutto generica.

II ricorrente offre la propria interpretazione del carattere generale del patto di esclusiva (I motivo) ma ignora del tutto le motivazioni della sentenza impugnata ed omette di indicare i punti della motivazione che ritiene erronei.

Non esamina la motivazione della sentenza impugnata (v. pag. 8 della sentenza) con riferimento all’indennità suppletiva, né mostra di aver compreso la statuizione contenuta a pag. 9 della sentenza secondo cui " la dedotta nullità del patto di non concorrenza comporta di per sé l’inesistenza del diritto all’indennità" (5° e 6° motivo). Pone questioni nuove (2°, 4°motivo).

Elenca nel terzo motivo una lunga sequenza di fatti evidenziando un comportamento successivo alla conclusione del contratto, non trattato nella sentenza e di cui peraltro non indica in quale atto in precedenza la questione era stata posta.

Si limita a fornire una generica doglianza circa la mancata ammissione delle prove senza proporre un adeguata censura con riferimento alle affermazioni della Corte di mancanza di specificità e novità delle prove richieste dal ricorrente. (motivi 7, 8, 9 e 10).

Per le considerazioni che precedono il ricorso principale deve essere dichiarato inammissibile. La soc S. ha proposto un ricorso incidentale con 5 motivi che espressamente ha dichiarato condizionato. Detto ricorso, pertanto, rimane assorbito dal rigetto del ricorso principale.

Le spese processuali sono poste a carico del ricorrente soccombente.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso principale, assorbito l’incidentale condizionato e condanna il ricorrente a pagare le spese processuali liquidate in €.100,00 per esborsi ed € 5.000,00 per compensi professionali, oltre 15% per spese generali ed accessori di legge.