Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 10 settembre 2015, n. 17878

Commercialista nominato curatore - Beni sequestrati - Applicazione della tariffa professionale valida solo nei rapporti tra professionista e privato

 

Ritenuto in fatto

 

1. - C.R., C.A. e P.V., imputati dei reati di cui agli artt. 476 e 640 cod. pen. nel procedimento iscritto presso la Procura della Repubblica di Palermo, proposero opposizione, ai sensi dell'art. 170 D.P.R. n. 115 del 2002, avverso il decreto col quale il pubblico ministero ebbe a determinare il compenso dovuto a V.D. dottore commercialista nominato custode e amministratore dei beni sequestrati, lamentando l’esosità della somma liquidata.

2. - Con decreto in data 28.1.2010, il Tribunale di Palermo accolse l'opposizione e rideterminò il compenso dovuto al V., riducendolo. Osservò il Tribunale che erroneamente il pubblico ministero, nel liquidare il compenso, aveva fatto riferimento alla tariffa professionale dei dottori commercialisti, non tenendo conto del principio, affermato dalla Suprema Corte, secondo cui tali tariffe valgono solo nell'ambito dei rapporti tra professionista e privato e non anche nei rapporti tra professionista e pubblica amministrazione o Autorità giudiziaria.

3. - Per la cassazione di tale ultimo provvedimento ricorre il V. sulla base di due motivi di ricorso.

Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.

 

Considerato in diritto

 

1. - Col primo motivo di ricorso, si deduce la violazione dell'art. 170 D.P.R. n. 115 del 2002, nel testo originario vigente ratione temporis, secondo il quale l'opposizione al decreto di pagamento del compenso al custode, emesso dal magistrato procedente, deve essere proposta entro il termine di venti giorni dall'avvenuta comunicazione. Secondo il ricorrente, la comunicazione agli odierni intimati del decreto di liquidazione emesso dalla Procura della Repubblica di Palermo sarebbe avvenuta tra aprile e maggio 2009, cosicché l'opposizione - proposta solo l'1 ottobre 2009 - sarebbe stata tardiva.

La censura è infondata.

Invero, dall'esame degli atti risulta che il decreto di liquidazione del compenso è stato comunicato alle parti in data 11.9.2009; conseguentemente l'opposizione è stata proposta entro il termine di legge.

2. - Col secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 50 ss. - 276 D.P.R. n. 115 del 2002, 2233 cod. civ., 1 ss. D.P.R. n. 645 del 1994, nonché il vizio di motivazione del decreto impugnato. Secondo il ricorrente, il Tribunale di Palermo avrebbe errato nell'escludere che il compenso doveva essere liquidato sulla base delle tariffe professionali dei dottori commercialisti; ciò perché l'art. 50 del D.P.R. n. 115 del 2002 - prevedendo, con riferimento alle emanande tabelle ministeriali per la liquidazione degli onorari agli ausiliari del giudice, che le stesse siano "redatte con riferimento alle tariffe professionali esistenti" - consentirebbe, pur in mancanza di tabelle ministeriali, di applicare le tariffe professionali, da ritenersi valide anche nei rapporti tra il professionista incaricato e la pubblica amministrazione. Il ricorrente lamenta, altresì, la contraddittorietà e illogicità della motivazione del provvedimento impugnato, per avere questo dapprima affermato l'inapplicabilità delle tariffe professionali e poi fatto riferimento ad esse nel rideterminare il compenso dovuto; lamenta, infine, l'erronea valutazione dell'entità dell'incarico espletato.

Anche questa censura non è fondata.

Invero, il Tribunale di Palermo, dopo aver richiamato il principio giurisprudenziale secondo cui la tariffa professionale vale nei rapporti del professionista col privato ma non nei rapporti dello stesso con la pubblica amministrazione, ha poi rilevato che i ricorrenti non avevano però lamentato l'applicazione della tariffa professionale, cosicché doveva lasciarsi ferma l’applicazione della stessa.

E in effetti, dal provvedimento impugnato risulta che il Tribunale di Palermo ha fatto applicazione della tariffa professionale prevista per i dottori commercialisti dal D.P.R. 10 ottobre 1994, n. 645, più volte richiamato nella determinazione del compenso. Sul punto, peraltro, la motivazione del provvedimento impugnato risulta esente dai denunziati vizi logici e giuridici.

Quanto alla valutazione dell’entità dell’incarico espletato, trattasi di questione di fatto, che è incensurabile in sede di legittimità, se non per i vizi della motivazione.

Nella specie, il giudice di merito ha ampiamente motivato sulle ragioni che lo hanno indotto, in ragione dell'entità dell’incarico espletato, a quantificare le singole voci dei compensi nella misura di quanto liquidato. Le ragioni esposte nel provvedimento impugnato non sono né illogiche né insufficienti; cosicché non sussiste il denunciato vizio motivazionale.

3. - Il ricorso deve pertanto essere rigettato. Stante la mancata attività difensiva degli intimati, nulla va statuito sulle spese.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.