Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 16 settembre 2015, n. 18178

Tributi - Accertamento - Elusione fiscale - Condotta antieconomica - Vendita di immobili a prezzo alterato rispetto al valore normale - Valori dell'Omi - Presunzione - Sussiste

 

Osserva

 

La CTR di Bologna ha accolto l’appello della "Immobiliare Q. srl" proposto contro la sentenza n.41/01/2009 della CTP di Modena che aveva respinto il ricorso della predetta società contro avviso di accertamento per IVA-IRAP-IRES concernente l’anno 2004, avviso a mezzo del quale si recuperava a tassazione materia imponibile sulla scorta del rilievo che la società medesima aveva venduto unità immobiliari da essa società edificate a prezzi pressoché uguali al costo dei materiali utilizzati per la loro realizzazione, sicché -dovendosi le operazioni in questione considerarsi contrarie ai canoni dell’economicità- l’Ufficio aveva rideterminato i prezzi di vendita degli immobili alienati in base al loro valore normale.

La predetta CTR -dopo avere evidenziato che le giustificazioni addotte dalla parte contribuente, ai fini di contraddire l’assunto di antieconomicità delle operazioni su cui era fondato l’avviso, risultavano generiche e non provate- riteneva non applicabile alla specie di causa il criterio di determinazione del "valore normale" (utilizzato ai fini di determinare il presumibile corrispettivo di cessione degli immobili e perciò il complessivo ricavo derivato dalle operazioni di costruzione e vendita), siccome tradotto in norma di legge (non retroattiva) in epoca successiva a quella cui si riferiva l’accertamento ed inoltre perché non si poteva fare "riferimento determinante ai valori OMI che costituiscono semplice presunzione", a seguito dell’avvenuta abrogazione da parte della legge n.244/2007 della disciplina a questo proposito contenuta nel D.L. n.248/2006. E perciò -valendo come presunzioni semplici, agli effetti tributari, le induzioni ricavabili dalla disciplina abrogata- sarebbero state necessari ulteriori elementi a giustificazione del maggior reddito presunto.

Avverso detta pronuncia l’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione (notificandolo a C.E. e V.A. in considerazione della intervenuta cancellazione in data 19.1.2012 della menzionata società dal registro delle imprese) affidato a due motivi.

La parte contribuente si è difesa con controricorso.

Il ricorso - ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore, componente della sezione di cui all’art.376 cpc- può essere definito ai sensi dell’art.375 cpc. Infatti, con il primo motivo di impugnazione (centrato sulla violazione dell’art.42 del DPR n.600/1973, in combinato disposto con gli art.39 comma 1 lett. d del DPR n.600/1973 e 54 comma 3 del DPR n.633/1972) la parte ricorrente evidenzia che l’applicazione dei criteri previsti nell’art.35 comma 2 del D.L. n.223/2006 aveva costituito regola di valutazione e giudizio per l’Amministrazione e non certo requisito di legittimità dell’avviso, nel senso che anche ante emanazione del menzionato decreto legge lo scostamento tra valore normale e prezzo dichiarato poteva essere elemento sufficiente a costituire presunzione grave precisa e concordante. Perciò, muovendo dalla accertata antieconomicità dell’operazione, la CTR avrebbe dovuto ritenere applicabile il criterio di calcolo del valore normale degli immobili in vigore nell’anno 2004 e -semmai- avvalendosi dei propri poteri di giudice del merito, rideterminare il valore verosimilmente incassato dalla società costruttrice.

Il motivo di impugnazione appare fondato e da accogliersi, con assorbimento del secondo motivo, dovendosi preliminarmente dare atto della infondatezza dell’eccezione di inammissibilità del ricorso formulato dalla parte controricorrente (atteso che i soci intimati in giudizio devono considerarsi successori universali della cancellata società, sia pure con i limiti di responsabilità derivanti dalle risultanze del bilancio finale di liquidazione della società medesima) e della inammissibilità dell’eccezione di giudicato esterno formulato dalla stessa parte controricorrente (atteso che quest’ultima non ha fatto autosufficiente specificazione delle ragioni per le quali la sentenza richiamata, in relazione alla quale pure pende giudizio di cassazione innanzi a codesta Corte, avrebbe idoneità di pregiudicare la decisione nel merito della presente controversia, limitandosi semplicemente a postulare che detta pronuncia avrebbe giudicato in riferimento al periodo di imposta 2005 e con riferimento ai medesimi presupposti di fatto o alla medesima situazione giuridica).

Ed infatti il giudicante, dopo avere rilevato la parte contribuente non aveva dato adeguata prova contraria in ordine alla postulata antieconomicità delle operazioni economiche di cui si è detto, ha ritenuto egualmente illegittimo l’avviso sulla scorta del semplice rilievo della natura di mera presunzione semplice del criterio del "valore normale" valorizzato nell’avviso. In tal modo il giudicante ha fatto mero ossequio formale alla regola secondo cui "In tema d'imposte sui redditi, è legittimo il ricorso all'accertamento analitico-induttivo del reddito d'impresa ex art. 39, primo comma, lett. d), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, anche in presenza di una contabilità formalmente corretta ma complessivamente inattendibile, potendosi, in tale ipotesi, evincere l'esistenza di maggiori ricavi o minori costi in base a presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, con conseguente spostamento dell'onere della prova a carico del contribuente" (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 23550 del 05/11/2014), ma poi l’ha di fatto contraddetta, considerando illegittimo il criterio presuntivo applicato dall’ufficio per il solo fatto che questo non fosse assistito dalla natura di presunzione legale (vuoi per il fatto che il D.L. 223/2006 non era stato ancora emanato all’epoca cui si riferisce l’accertamento, vuoi per il fatto che comunque detta norma era stata successivamente abrogata per la sua ritenuta incompatibilità con l’ordinamento comunitario).

Per fare esercizio della funzioni di apprezzamento a lui riservate dalla legge di rito, il giudice del merito avrebbe invece dovuto acclarare se le induzioni proposte dalla parte pubblica siano utili ad integrare un valido criterio di determinazione del maggior valore presunto delle operazioni economiche oggetto di esame, anche avvalendosi del ribadito principio secondo il quale il giudice tributario ha accesso al rapporto obbligatorio, potendo decidere nel merito sul "quantum debeatur", laddove il contribuente abbia contestato la invalidità dell'avviso di accertamento per motivi non formali, ma di carattere sostanziale (Cass. 15825/2006 cit.) e sempre "a condizione che resti nel limite della pretesa tributaria esercitata dall'Ufficio e che gli elementi utilizzati siano legittimamente acquisiti agli atti (cfr. Cass. V sez. 28.5.2010 n. 13132).

Non resta che concludere che la pronuncia impugnata merita cassazione, sicché la Corte potrà poi rimettere la causa allo stesso giudice del merito, per un nuovo esame effettuato alla luce dei principi dianzi riassunti.

Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza.

Roma, 10 marzo 2015

ritenuto inoltre:

che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti;

che la parte controricorrente ha depositato memoria illustrativa, il cui contenuto non induce questa Corte a riconsiderare le ragioni sulle quali è fondata la proposta del relatore, dovendosi peraltro integrare detta proposta con la declaratoria di inammissibilità del ricorso per la parte in cui esso è rivolto anche nei confronti della "Immobiliare Q. srl", siccome è pacifico che quest’ultima sia stata cancellata (e perciò estinta) prima della notifica del ricorso per Cassazione;

che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto in relazione al primo motivo, con assorbimento del secondo;

che le spese di lite posso essere regolate dal giudice del rinvio.

 

P.Q.M.

 

Dichiara l’inammissibilità del ricorso proposto nei confronti della "Immobiliare Q. srl"; accoglie il primo motivo di ricorso per quanto riguarda la posizione delle altre parti intimate, con assorbimento del residuo motivo. Cassa la decisione impugnata e rinvia alla CTR Emilia Romagna che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese di lite del presente giudizio.