Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 15 settembre 2015, n. 18086

Lavoro subordinato - Contratto collettivo - Assunzione a termine - Ipotesi ulteriori a quelle previste dalla legge - Legittimità

 

Svolgimento del processo

 

La corte d'appello di Napoli, con sentenza del 28/5/08, confermando la sentenza del 27/6/05 del tribunale della stessa città, ha rigettato la domanda di conversione del rapporto a tempo determinato e la domanda di nullità del lavoro autonomo per simulazione nonché la domanda di accertamento dell'interposizione del centro recapiti compensi srl, ritenendo non dedotti gli elementi costitutivi delle fattispecie invocate e, non dimostrato il superamento delle soglie quantitative previste dal ccnl che all'art. 26 prevedeva la facoltà di assumere messi notificatori.

Avverso tale sentenza ricorre il lavoratore per nove motivi, cui resiste con controricorso il datore che propone ricorso incidentale condizionato per un motivo.

 

Motivi della decisione

 

Con il primo motivo di ricorso principale si deduce violazione degli artt. 23 I. 57/86, 12 prel., 1 co. 2 I. 230/62, 2 d.lgs. 368/01, per aver trascurato il superamento delle soglie percentuali previste dal ccnl.

Con il secondo motivo di ricorso principale si deduce violazione degli artt. 3 I. 230/62, 2697 c.c. e vizio di motivazione, per aver trascurato che il datore è onerato della prova circa il mancato superamento delle soglie.

Con il terzo motivo di ricorso principale si deduce violazione degli artt. 1362 c.c., 32 e 33 ccnl 12/7/91 e 26 e 27 ccnl 12/7/95, per aver trascurato che la percentuale va valutata in relazione ai messi e non all'intero organico.

Con il quarto motivo di ricorso principale si deduce violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c. e vizio di motivazione, per aver escluso la fondatezza delle doglianze sulla protrazione del rapporto oltre il termine.

Con il quinto motivo si solleva eccezione di illegittimità costituzionale dell'art. 23 I. 57/86.

Con il sesto motivo di ricorso principale si deduce violazione degli artt.2094 e 2222 c.c., e 45 d.lgs. 112/99 e vizio di motivazione, per aver escluso la simulazione di un lavoro autonomo.

Con il settimo motivo di ricorso principale si deduce violazione degli artt. 420 c.p. e 2607 c.c., nonché vizio di motivazione, per non aver ammesso i mezzi di prova richiesti per dimostrare la subordinazione.

Con l'ottavo motivo di ricorso principale si deduce violazione degli artt. 1 I. 1369/60, 414 e 420 c.p.c. e vizio di motivazione, in relazione alla dedotta violazione del divieto di interposizione.

Con il nono motivo di ricorso principale si deduce violazione degli artt. 1344 c.c. e I. 230/62 e vizio di motivazione, per aver escluso la nullità del contratto e la frode alla legge.

I primi tre motivi vanno esaminati congiuntamente siccome tra loro strettamente connessi: essi sono infondati.

Questa Corte ha infatti già affermato (sulla scia di S.U. 2.3.2006 n. 4588) la legittimità dell'attribuzione alla contrattazione collettiva, ex art. 23 L. n. 56 del 1987, del potere di definire nuovi e diversi casi di assunzione a termine rispetto a quelli previsti dalla L. n. 230 del 1962. Per altro verso, ha affermato che, in tema di interpretazione del contratto collettivo nazionale per i dipendenti dei concessionari del servizio di riscossione dei tributi, è conforme alla regola legale dell'interpretazione letterale la decisione della corte territoriale che, in riferimento agli artt. 33 del C.C.N.L. del 1991 e 27 del C.C.N.L del 1995, ritenga la percentuale del cento per cento, prevista dalle norme pattizie per le assunzioni a tempo determinato del personale con mansioni di messo notificatore, riferita non a tutti i dipendenti a tempo indeterminato dell'istituto di credito, ma solo a quelli della "concessione" nel cui ambito operano gli addetti alla riscossione del ruolo oggetto della concessione da parte dell'ente impositore, ed escluda che la locuzione "del personale in servizio presso ciascuna concessione gestita", sia rapportata al solo personale a tempo indeterminato adibito alle medesime mansioni di messo notificatore (Cass. Sez. L, Sentenza n. 14517 del 2013; Sez. L, Sentenza n. 20428 del 2010; Sez. L, Sentenza n. 23455 del 05/11/2009).

La medesima giurisprudenza su richiamata ha ritenuto manifestamente infondati i dubbi di costituzionalità della L. n. 57 del 1986, art. 23 (nell'interpretazione accolta nella sentenza impugnata) sollevati dai ricorrenti, poiché la previsione della necessaria individuazione della percentuale dei lavoratori assumendi con contratto di lavoro a termine rispetto al totale dei dipendenti a tempo indeterminato, si presenta coerente - e dunque pienamente ragionevole - con gli obiettivi di politica legislativa in vista dei quali la norma scrutinata è stata emanata, cosicché risulta evidentemente contraddittorio assumere quale parametro di valutazione della sua costituzionalità altre fonti normative (prive peraltro di rango costituzionale) dettate nel diverso previgente contesto ordinamentale o, addirittura, emanate in epoca successiva. Anche il motivo quinto va dunque disatteso.

Il quarto motivo e infondato. Infatti, le circostanze dedotte a prova (così come riportate nel ricorso) risultano effettivamente genericamente indicate quanto alla pretesa protrazione dei rapporti oltre i termini di scadenza dei singoli contratti e all'adibizione a mansioni diverse da quelle di notificazione degli atti, indicandosi altresì, in relazione a quest'ultimo aspetto, incombenze sostanzialmente complementari al servizio di notificazione; inoltre tali prove, con riferimento alla questione della natura pretesamente subordinata dei contratti di lavoro autonomo stipulati inter partes, risultano prive del carattere della decisività, sia perché attinenti, peraltro in termini di sostanziale genericità, al complesso dei rapporti di lavoro intercorsi (e dunque anche a quelli che, pacificamente, sono stati configurati in termini di lavoro subordinato), sia perché non investono circostanze che, quand'anche provate, sarebbero state in grado di invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l'efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, così da rendere priva di fondamento la ratio decidendi (cfr, ex plurimis, Cass., n. 11457/2007).

Le censure svolte non scalfiscono quindi il giudizio di irrilevanza dei mezzi istruttori formulato dalla Corte territoriale.

Il sesto e settimo motivo sono infondati. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte (Sez. L, Sentenza n. 23455 del 05/11/2009), ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro come autonomo o subordinato, è censurabile in sede di legittimità soltanto la determinazione dei criteri generali ed astratti da applicare al caso concreto, mentre costituisce accertamento di fatto, come tale incensurabile in detta sede, se sorretto da motivazione adeguata ed immune da vizi logici e giuridici, la valutazione delle risultanze processuali che hanno indotto il giudice del merito ad includere il rapporto controverso nell'uno o nell'altro schema contrattuale (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 4220/1992, 6919/1994; 326/1996; 4036/2000; 5989/2001). Nel caso di specie la Corte territoriale ha anzitutto rilevato che gli appellanti non avevano dedotto che le modalità esecutive del rapporto di lavoro fossero state diverse da quelle delineate dalle clausole del contratto di lavoro autonomo, evidenziando che il tenore di tali clausole (compenso legato al buon esito della notifica, assenza di poteri di direzione, assenza di vincoli di orario, organizzazione dei mezzi e del lavoro lasciata all'autonomia decisionale del messo) era tutto chiaramente nel senso che il rapporto di lavoro era da considerarsi di tipo autonomo. Ha poi aggiunto che la pretesa natura subordinata del rapporto non poteva essere desunta dal fatto che i messi notificatori fossero sottoposti al potere di controllo del concessionario, poiché tali aspetti di controllo attengono al profilo pubblicistico dell'attività svolta e non ineriscono alla natura (autonoma o subordinata) del rapporto lavorativo instaurato tra il messo notificatore e il concessionario. Deve dunque riconoscersi che la Corte territoriale ha fatto corretto uso dei criteri distintivi fra rapporto di lavoro autonomo e rapporto di lavoro subordinato, rilevando da un lato che le modalità esecutive del rapporto, quali delineate contrattualmente e non confutate da diverse emergenze attinenti al loro effettivo svolgimento, siccome neppure dedotte, escludevano la sussistenza del vincolo della subordinazione nell'ambito del rapporto e, al contempo, con motivazione coerente ed immune da vizi logici, che i poteri di controllo riservati al concessionario erano propri del profilo pubblicistico dell'attività svolta e non configuravano quindi espressione di un potere gerarchico insito nel rapporto lavorativo.

Parimenti infondati sono anche l'ottavo ed il nono mezzo, inerenti alla dedotta nullità dei contratti, poiché la doglianza si fonda sull'apodittico assunto che gli stessi fossero stati conclusi per eludere le norme che vietano l'interposizione o che garantiscono la durata indeterminata del rapporto di lavoro, laddove tali contratti furono invece stipulati nel rispetto della normativa legale e pattizia; l’eventuale intento fraudolento del datore di lavoro, che non può essere desunto dalla mera reiterazione dei contratti (cfr, ex plurimis, Cass., n. 2130/1989), implica del resto un accertamento in fatto, che si sottrae a censura in sede di legittimità ove, come nella specie, congruamente motivato.

Il ricorso va dunque respinto.

Il ricorso incidentale (con il quale si deduce violazione degli artt. 1418 e 1419 c.c. e vizio di motivazione, per aver trascurato l'acquiescenza del lavoratore alla scadenza del termine), in quanto proposto come ricorso condizionato, resta assorbito.

Le spese seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito l'incidentale; condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite che si liquidano in € 4 mila per compensi e 100 per spese, oltre accessori come per legge e spese generali nella misura del 15%.