Giurisprudenza - CORTE DI GIUSTIZIA CE- UE - Sentenza 10 settembre 2015, n. C-408/14

Rinvio pregiudiziale - Funzionario dell’Unione europea in pensione che ha svolto, prima di entrare in servizio, un’attività lavorativa subordinata nello Stato membro in cui è in servizio - Diritto a pensione - Regime pensionistico nazionale dei lavoratori subordinati - Unità di carriera - Diniego del versamento della pensione di vecchiaia da lavoro subordinato - Principio di leale cooperazione

 

1. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione del principio di leale cooperazione e dell’articolo 34, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

2. Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la sig.ra W. e l’Office national des pensions (ONP, Istituto nazionale di previdenza) in merito al rifiuto di tale ente di concedere all’interessata una pensione di vecchiaia da lavoro subordinato.

 

Contesto normativo

 

Il diritto dell’Unione

 

3. L’allegato VIII - intitolato «Modalità del regime delle pensioni» - dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea, stabilito dal regolamento (CEE, Euratom, CECA) n. 259/68 del Consiglio, del 29 febbraio 1968, che definisce lo statuto dei funzionari delle Comunità europee nonché il regime applicabile agli altri agenti di tali Comunità, ed istituisce speciali misure applicabili temporaneamente ai funzionari della Commissione (GU L 56, pag. 1), come modificato da ultimo dal regolamento (UE, Euratom) n. 1080/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010 (GU L 311, pag. 1 e rettifica in GU 2012, L 144, pag.48, in prosieguo: lo «statuto»), all’articolo 11, paragrafo 2, così dispone:

«Il funzionario che entra al servizio dell’Unione dopo:

(...)

- aver esercitato un’attività subordinata o autonoma,

ha facoltà, tra il momento della sua nomina in ruolo e il momento in cui ottiene il diritto a una pensione di anzianità ai sensi dell’articolo 77 dello statuto, di far versare all’Unione il capitale, attualizzato fino al trasferimento effettivo, che rappresenta i diritti a pensione da lui maturati per le attività di cui sopra.

(...)».

 

Il diritto belga

 

4. Il regio decreto n. 50, del 24 ottobre 1967, relativo alle pensioni di vecchiaia e di reversibilità dei lavoratori subordinati (Moniteur belge del 27 ottobre 1967, pag. 11246), nella sua versione applicabile ai fatti di cui al procedimento principale (in prosieguo: il «regio decreto n. 50»), contiene l’articolo 10 bis che stabilisce il principio cosiddetto «dell’unità di carriera». Tale articolo è stato inserito dal regio decreto n. 205, del 29 agosto 1983, che modifica la legislazione relativa alle pensioni del settore sociale (Moniteur belge del 6 settembre 1983, pag. 11094).

5. Il suddetto articolo 10 bis, ai commi primo, secondo e quarto, prevede quanto segue:

«Qualora il lavoratore subordinato abbia maturato il diritto a una pensione di vecchiaia in forza del presente decreto e ad una pensione di vecchiaia o ad un analogo beneficio in base a uno o più altri regimi, e la somma delle frazioni che esprimono l’entità di ciascuna di tali pensioni superi l’unità, l’anzianità contributiva presa in considerazione ai fini del calcolo della pensione di vecchiaia è ridotta del numero di anni necessari per riportare tale somma all’unità. (...)

La frazione di cui al comma precedente esprime il rapporto fra la durata dei periodi, la percentuale o qualsiasi altro criterio escluso l’importo, preso in considerazione per la determinazione della pensione concessa ed il massimo della durata, della percentuale o di qualsiasi altro criterio in base al quale può essere concessa una pensione integrale.

(...)

Ai fini dell’applicazione del presente articolo, si intende per "altro regime" ogni altro regime belga in materia di pensioni di vecchiaia e di reversibilità, ad eccezione di quello dei lavoratori autonomi, e ogni regime analogo di un altro Stato o un regime che si applichi al personale di un’istituzione di diritto internazionale pubblico».

6. L’articolo 3 del regio decreto del 14 ottobre 1983, recante esecuzione dell’articolo 10 bis del regio decreto n. 50 (Moniteur belge del 27 ottobre 1983, pag. 13650), nella versione applicabile ai fatti del procedimento principale (in prosieguo: il «regio decreto del 14 ottobre 1983»), è così formulato:

«Ciascuna delle frazioni di cui al primo comma dell’articolo 10 bis (...) è moltiplicata per il denominatore della frazione presa in considerazione per il calcolo della pensione da lavoro subordinato. Qualora quest’ultima sia calcolata sulla base di frazioni aventi denominatori diversi, tali frazioni sono preventivamente ridotte al più alto di tali denominatori e sommate.

Il numero di anni da detrarre dall’anzianità contributiva è uguale alla differenza positiva, arrotondata all’unità inferiore, tra la somma dei prodotti ottenuti in applicazione del comma precedente e il denominatore, o il più grande dei denominatori, sulla base del quale si calcola la pensione in qualità di lavoratore subordinato.

Il numero di anni da dedurre non può superare i quindici né il risultato arrotondato all’unità superiore, ottenuto dividendo la differenza tra l’importo convertito e quello forfettario, per un importo pari al 10 [%] di detto importo forfettario. (...)

La riduzione dell’anzianità contributiva incide in via prioritaria sugli anni che danno diritto alla pensione meno vantaggiosa».

7. L’articolo 1° del regio decreto del 14 ottobre 1983 dispone quanto segue:

«Ai fini dell’applicazione del presente decreto, si deve intendere per:

(...)

b) importo convertito: il risultato della moltiplicazione della pensione concessa in un altro regime per l’inverso della frazione di cui al secondo comma dell’articolo 10 bis del regio decreto n. 50 (...);

c) importo forfettario: il 75 [%] della retribuzione forfettaria rivalutata presa in considerazione per un impiego in qualità di operaio per il periodo di un anno antecedente al 1° gennaio 1955».

8. L’articolo 2, paragrafo 3, del regio decreto del 14 ottobre 1983 prevede quanto segue:

«Per pensione integrale in un altro regime, si deve intendere la pensione che, senza tener conto di indennità, di supplementi o di prestazioni di tipo diverso dalla pensione, raggiunge l’importo massimo che può essere concesso nella categoria di cui fa parte il beneficiario».

9. Dal fascicolo presentato alla Corte emerge che qualora l’importo della pensione concessa in forza dell’altro regime non sia noto, si suppone, secondo prassi amministrativa, che esso sia, per una pensione integrale e fino a prova contraria, uguale a 2,5 volte l’importo forfettario di EUR 6 506,98, all’indice 138,01.

 

Fatti della controversia di cui al procedimento principale e questione pregiudiziale

 

10. Dalla decisione di rinvio emerge che la sig.ra W., cittadina belga, ha lavorato in Belgio come lavoratrice subordinata dal 1965 al 1977 e, successivamente, in qualità di funzionaria della Commissione europea dal 17 ottobre 1977 al 30 novembre 2011.

11. Nel maggio 2012, l’ONP ha esaminato d’ufficio il diritto della sig.ra W. ad una pensione di vecchiaia da lavoro subordinato, in quanto, il 26 aprile 2013, essa avrebbe raggiunto l’età legale di pensionamento in Belgio, vale a dire 65 anni.

12. Nel formulario di prime informazioni, compilato il 21 maggio 2012, l’interessata ha indicato di aver svolto una carriera professionale in Belgio in qualità di lavoratrice subordinata dal 1965 al 1977 e di fruire di una pensione a carico della Commissione dal 1° dicembre 2011. Essa ha parimenti precisato di aver cessato qualsiasi attività professionale a partire da tale data.

13. Con lettera del 12 giugno 2012, l’ONP ha chiesto alla Commissione se la sig.ra W. soddisfacesse i requisiti per percepire una pensione di vecchiaia a carico del regime dell’Unione. Con lettera del 17 agosto 2012, la Commissione ha informato l’ONP di aver trasmesso all’interessata gli elementi di risposta, conformemente alla propria prassi amministrativa.

14. Con lettera del 24 agosto 2012, la sig.ra W. ha trasmesso all’ONP l’attestazione ricevuta dalla Commissione, dalla quale risulta che essa fruisce, dal 1° dicembre 2011, di una pensione a carico di quest’ultima, calcolata sulla base dei contributi da essa versati al regime pensionistico dell’Unione durante il periodo compreso tra il 17 ottobre 1977 e il 30 novembre 2011. Essa non ha comunicato all’ONP l’importo di tale pensione. Con questa stessa lettera, la sig.ra W. ha inoltre confermato all’ONP di non essersi avvalsa della facoltà, concessa dall’articolo 11, paragrafo 2, dell’allegato VIII dello Statuto, di far versare all’Unione il capitale che rappresenta i diritti a pensione maturati per la sua attività subordinata.

15. Con decisione dell’11 settembre 2012, l’ONP, richiamando l’articolo 10 bis del regio decreto n. 50, ha indicato all’interessata quanto segue:

«Lei ha svolto, oltre alla Sua carriera, una carriera in un altro regime (servizi pubblici, organizzazione internazionale). Tuttavia, Lei non può, tramite il cumulo dei regimi pensionistici, superare l’unità di carriera, il che significa che la Sua carriera complessiva non può constare di più di 45 anni.

(...) la Sua carriera deve essere diminuita di dieci anni (...)».

16. Da tale decisione e dal fascicolo presentato alla Corte, si evince che l’ONP ha ritenuto che la sig.ra W. avesse totalizzato 13/45esimi nell’ambito di una carriera come lavoratrice subordinata e 45/45esimi nell’ambito di una carriera in un altro regime. In applicazione delle regole di calcolo in vigore, tale ente ne ha inizialmente desunto che l’interessata aveva diritto, in forza della sua carriera in qualità di lavoratrice subordinata in Belgio, a una pensione di vecchiaia pari a EUR 83,05, corrispondente a una carriera professionale di lavoratore dipendente di 3/45esimi, in quanto, se certamente l’unità di carriera era in linea di principio superata di tredici anni, l’applicazione dell’attenuazione prevista dal terzo comma dell’articolo 3 del regio decreto del 14 ottobre 1983 permetteva di limitare tale superamento a dieci anni.

17. Con messaggio di posta elettronica del 13 novembre 2012, l’ONP ha indicato alla sig.ra W. che, non essendo a conoscenza dell’importo della pensione versata dalla Commissione, esso aveva ritenuto che, dopo 35 anni di carriera nell’ambito di tale istituzione, la frazione che rappresenta l’entità della pensione da prendere in considerazione ai fini dell’applicazione di detto articolo 10 bis fosse pari a 70/70esimi, o a 45/45esimi - se si considera che per ciascun anno di lavoro il funzionario dell’Unione entrato in servizio prima del 1° maggio 2004 matura a titolo di pensione il 2% l’anno, con riferimento all’ultimo stipendio versato in attività, e che la percentuale massima che questi può maturare è limitata al 70% del suo ultimo stipendio di base. Ne aveva dunque dedotto che l’unità di carriera era superata di tredici anni.

18. Quanto al calcolo della riduzione della pensione applicabile a causa di tale superamento, l’ONP ha indicato, in questo stesso messaggio di posta elettronica, che, qualora l’importo della pensione percepita dall’altro regime non sia noto, come nel caso di specie, tale calcolo è effettuato a partire dall’importo convertito dell’altro regime che «si presume, fino a prova contraria, pari a 2,5 volte l’importo forfettario di [EUR] 6 506,98 all’indice 138,01». Ne risultava, secondo l’ONP, che non poteva essere convalidato nessun anno di attività come lavoratrice subordinata, contrariamente a quanto era stato indicato nella decisione dell’11 settembre 2012. Infatti, dal fascicolo presentato alla Corte emerge che, in tale decisione, a causa di un errore di trascrizione di detto importo convertito, l’ONP aveva erroneamente ritenuto che la riduzione di carriera potesse essere limitata a dieci anni in applicazione del terzo comma dell’articolo 3 del regio decreto del 14 ottobre 1983. L’ONP non ha notificato una nuova decisione all’interessata, ma, dal luglio 2013, ha cessato di versarle la pensione.

19. Con ricorso dell’11 dicembre 2012, la sig.ra W. ha adito il tribunal du travail de Bruxelles (Belgio) chiedendo, in particolare, che la decisione dell’11 settembre 2012 fosse dichiarata nulla e che l’ONP venisse condannato a versarle una pensione di vecchiaia pari a 13/45esimi, ossia, secondo le stime della sig.ra W., a circa EUR 367,07 mensili. A sostegno della sua domanda, la sig.ra W. afferma segnatamente che, se il regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio, del 14 giugno 1971, relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità (GU L 149, pag. 2), nella sua versione modificata e aggiornata dal regolamento (CE) n. 118/97 del Consiglio, del 2 dicembre 1996 (GU 1997, L 28, pag. 1, in prosieguo: il «regolamento n. 1408/71») o il regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU L 166, pag. 1) fossero applicabili alla sua situazione, ne risulterebbe, in forza della giurisprudenza della Corte, l’impossibilità per l’ONP di applicare detto principio dell’unità di carriera per calcolare la sua pensione belga. Essa ritiene, inoltre, che l’ONP abbia commesso un errore in quanto la sua carriera nelle istituzioni è durata 34 anni e 11 mesi, ossia 35 anni, e non 45. Al riguardo, la sig.ra W. si chiede altresì su quale base giuridica l’ONP abbia fissato in maniera teorica l’importo della sua pensione europea.

20. L’ONP sostiene che le pensioni a carico delle istituzioni dell’Unione non rientrano nell’ambito di applicazione della normativa dell’Unione in materia di cumulo, in quanto i regolamenti nn. 1408/71 e 883/2004 non sono applicabili. La Cour de cassation avrebbe inoltre dichiarato la legittimità costituzionale del principio dell’unità di carriera e l’ONP ritiene di avere agito conformemente al principio di precauzione applicando l’articolo 10 bis del regio decreto n. 50 sulla base di dati teorici, in mancanza delle informazioni chieste alla Commissione.

21. Il giudice del rinvio precisa che il principio dell’unità di carriera traduce il carattere residuale del regime pensionistico dei lavoratori subordinati rispetto agli altri regimi. Al riguardo, esso indica che, in applicazione di tale principio, tutte le carriere riconosciute, ad eccezione di quella di lavoratore autonomo, sono sommate a quelle di lavoratore subordinato, e che, quando il totale delle frazioni che esprimono l’entità di ciascuna delle pensioni supera l’unità, la carriera professionale presa in considerazione per il calcolo della pensione di vecchiaia da lavoro subordinato è ridotta del numero di anni necessario a riportare tale totale all’unità. Come avrebbe statuito, in una sentenza del 20 settembre 2001, la Cour d’arbitrage, divenuta in seguito Cour constitutionnelle, facendo riferimento alla relazione al Re sul regio decreto n. 205 del 29 agosto 1983, detto articolo 10 bis mirerebbe a garantire che «tutti i lavoratori aventi una carriera professionale mista siano trattati su un piano di parità, onde contenere le spese nel settore delle pensioni».

22. Dopo aver rilevato che il regime applicabile al personale statutario della Commissione, in quanto regime applicabile al personale di un’istituzione di diritto pubblico, è contemplato all’articolo 10 bis del regio decreto n. 50 e che, alla luce della giurisprudenza della Corte, la sig.ra W. non sembra potersi avvalere né degli articoli 45 TFUE e 48 TFUE né dei regolamenti nn. 1408/71 o 883/2004, il tribunal du travail de Bruxelles cita ampi estratti della decisione di rinvio della cour de travail de Bruxelles nella causa che ha dato luogo alla sentenza Melchior (C-647/13, EU:C:2015:54). Benché esso ritenga che la motivazione di tale decisione non sia direttamente trasponibile alla controversia dinanzi ad esso pendente, dal momento che la normativa belga in questione è diversa, e che neanche la soluzione adottata dalla Corte nella sentenza My (C-293/03, EU:C:2004:821) sia direttamente trasponibile alla suddetta controversia, lo stesso ritiene cionondimeno che l’articolo 10 bis del regio decreto n. 50 potrebbe rendere più difficile l’assunzione, da parte dell’Unione, di funzionari di cittadinanza belga aventi una certa anzianità.

23. È in tale contesto che il tribunal du travail de Bruxelles ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se il principio di leale cooperazione e l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, da una parte, e l’articolo 34, paragrafo 1, della [Carta], dall’altra, ostino a che uno Stato membro riduca, oppure neghi, una pensione di vecchiaia dovuta ad un lavoratore dipendente in forza delle prestazioni compiute in conformità alla normativa di tale Stato membro, qualora il totale degli anni di carriera compiuti in detto Stato membro e nell’ambito delle istituzioni europee superi l’unità di carriera di 45 anni prevista dall’articolo 10 bis del [regio decreto n. 50]».

 

Sulla competenza della Corte

 

24. Il governo belga deduce l’incompetenza della Corte a pronunciarsi sulla questione sollevata in quanto la causa di cui al procedimento principale non presenta alcun nesso di collegamento con il diritto dell’Unione. La Commissione ha contestato all’udienza tale affermazione.

25. In tali circostanze, la Corte deve verificare la propria competenza a pronunciarsi sull’interpretazione richiesta (v., in tal senso, sentenze Omalet, C-245/09, EU:C:2010:808, punto 10 e giurisprudenza ivi citata, nonché Impacto Azul, C-186/12, EU:C:2013:412, punto 17 e giurisprudenza ivi citata).

26. A tale proposito, occorre ricordare che la Corte è incompetente quando è evidente che la disposizione di diritto dell’Unione sottoposta alla sua interpretazione non può essere applicata (v., in tal senso, sentenze Omalet, C-245/09, EU:C:2010:808, punto 11; Impacto Azul, C-186/12, EU:C:2013:412 punto 18, nonché Caixa d’Estalvis i Pensions de Barcelona, C-139/12, EU:C:2014:174, punto 41), come può avvenire, in linea di principio, quando l’insieme degli elementi rilevanti della controversia di cui al procedimento principale si trovi all’interno di un solo Stato membro (v. in tal senso segnatamente, sentenza Omalet, C-245/09, EU:C:2010:808, punti da 12 a 15, nonché giurisprudenza ivi citata).

27. Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte, in particolare, se il principio di leale cooperazione previsto dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE osti a una normativa nazionale come quella di cui al procedimento principale, che può comportare la riduzione o il diniego della pensione di vecchiaia dovuta a un lavoratore subordinato in forza delle prestazioni compiute conformemente alla legislazione di tale Stato membro, per il fatto che tale lavoratore ha altresì svolto, successivamente, un’attività professionale presso un’istituzione dell’Unione. In tale contesto, il giudice del rinvio si chiede, in particolare, se sia possibile applicare al procedimento principale la giurisprudenza della Corte scaturente dalla sentenza My (C-293/03, EU:C:2004:821).

28. Pertanto, come rilevato in sostanza dall’avvocato generale ai paragrafi 33 e 34 delle sue conclusioni non si può ritenere che il procedimento principale non presenti alcun collegamento con il diritto dell’Unione che permetta di stabilire la competenza della Corte a rispondere alla questione sollevata. Infatti, dalla decisione di rinvio emerge in tal senso che il giudice del rinvio si chiede in particolare se una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, renda più difficile l’assunzione, da parte delle istituzioni dell’Unione, di funzionari nazionali aventi una certa anzianità. Pertanto, tale rinvio pregiudiziale verte, in sostanza, sull’articolo 4, paragrafo 3, TUE, in combinato disposto con lo statuto, e presenta quindi un nesso di collegamento con il diritto dell’Unione.

29. Peraltro, il fatto che, secondo il governo belga, la situazione di cui al procedimento principale non sia paragonabile a quelle delle cause che hanno dato luogo alle sentenze My (C-293/03, EU:C:2004:821) e Melchior (C-647/13, EU:C:2015:54) e che, pertanto, i principi enunciati dalla Corte in dette sentenze non siano applicabili ai fatti di cui al procedimento principale, rientra nell’analisi nel merito della questione sollevata ed è, di conseguenza, irrilevante rispetto alla competenza della Corte a rispondere a tale questione.

30. Da quanto precede risulta che la Corte è competente a pronunciarsi sulla questione sollevata.

 

Sulla questione pregiudiziale

 

Sulla ricevibilità

 

31. Il governo belga sostiene che la questione sollevata riveste carattere puramente ipotetico ed è, quindi, irricevibile in quanto il giudice del rinvio fonda la sua decisione di adire la Corte sulla circostanza, non accertata, secondo cui l’articolo 10 bis del regio decreto n. 50 «potrebbe rendere più difficile l’assunzione da parte della Comunità europea di funzionari di cittadinanza belga che hanno una certa anzianità».

32. Secondo consolidata giurisprudenza della Corte, le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevate dal giudice nazionale nel contesto normativo e fattuale che egli definisce sotto la propria responsabilità, e del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il diniego, da parte della Corte, di pronunciarsi su una domanda proposta da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto della causa di cui al procedimento principale, qualora la questione sia di tipo ipotetico, o, ancora, quando la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte (v., segnatamente, sentenze Commune de Mesquer, C-188/07, EU:C:2008:359, punto 30 e giurisprudenza ivi citata, nonché Verder LabTec, C-657/13, EU:C:2015:331, punto 29).

33. Occorre constatare che nessuna di tali circostanze ricorre nel caso di specie. In particolare, la supposizione del giudice del rinvio e alla quale fa riferimento l’argomento del governo belga non può essere considerata tale da conferire un carattere ipotetico alla questione sollevata, dal momento che essa costituisce, in realtà, il motivo stesso del suo rinvio pregiudiziale. È infatti proprio perché il tribunal du travail de Bruxelles si chiede se la normativa oggetto del procedimento principale possa creare l’ostacolo indicato al punto 31 della presente sentenza, ai sensi della giurisprudenza della Corte, che egli ha sottoposto a quest’ultima la questione pregiudiziale indicata al punto 23 della stessa sentenza. Tale questione è pertanto ricevibile.

 

Nel merito

 

34. Con la sua domanda, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, da una parte, e l’articolo 34, paragrafo 1, della Carta, dall’altra, debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa di uno Stato membro, come quella di cui al procedimento principale, che può comportare la riduzione o il diniego della pensione di vecchiaia che spetterebbe a un lavoratore subordinato, cittadino di tale Stato membro, in forza delle prestazioni da lui compiute conformemente alla legislazione del medesimo Stato membro qualora, in applicazione delle modalità di calcolo previste da tale normativa, il totale degli anni di carriera compiuti da tale lavoratore in qualità di lavoratore subordinato in detto Stato membro e in qualità di funzionario dell’Unione in servizio in tale medesimo Stato membro superi l’unità di carriera di 45 anni prevista da detta normativa.

35. Si deve rammentare che il diritto dell’Unione non pregiudica la competenza degli Stati membri a organizzare i propri sistemi previdenziali e che, in mancanza di un’armonizzazione a livello dell’Unione, spetta alla legislazione di ciascuno Stato membro determinare le condizioni per la concessione delle prestazioni in materia previdenziale. Tuttavia, resta fermo che, nell’esercizio di tale competenza, gli Stati membri devono rispettare il diritto dell’Unione (sentenza Melchior, C-647/13, EU:C:2015:54, punto 21 e giurisprudenza ivi citata) che comprende i principi stabiliti dalla Corte nella propria giurisprudenza relativa all’interpretazione del principio di leale cooperazione in combinato disposto con lo statuto.

36. Al riguardo, la Corte ha già rilevato che lo statuto è stato adottato con regolamento del Consiglio, il regolamento n. 259/68, il quale, in forza dell’articolo 288, secondo comma, TFUE, ha portata generale, è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Ne consegue che, oltre agli effetti che spiega nell’ordinamento interno dell’amministrazione dell’Unione, lo statuto vincola anche gli Stati membri in tutti i casi in cui è necessaria la loro collaborazione ai fini della sua attuazione (v., in tal senso, sentenze Commissione/Belgio, 137/80, EU:C:1981:237, punti 7 e 8, nonché Commissione/Belgio, 186/85, EU:C:1987:208, punto 21).

37. Inoltre, la Corte ha già giudicato, nella sentenza My (C-293/03, EU:C:2004:821), che il principio di leale cooperazione di cui all’articolo 10 CE - che trova ormai espressione nell’articolo 4, paragrafo 3, TUE - in combinato disposto con lo statuto, deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale che non consente di tener conto degli anni di lavoro che un cittadino dell’Unione abbia compiuto al servizio di un’istituzione dell’Unione ai fini del riconoscimento di un diritto alla pensione anticipata di vecchiaia in base al regime nazionale. Nell’ordinanza Ricci e Pisaneschi (C-286/09 e C-287/09, EU:C:2010:420), la Corte ha precisato che lo stesso valeva per il riconoscimento di un diritto alla pensione di vecchiaia ordinaria.

38. Nel decidere in tal senso, la Corte ha precisato, ai punti da 45 a 47 della sentenza My (C-293/03, EU:C:2004:821) nonché ai punti da 29 a 32 dell’ordinanza Ricci e Pisaneschi (C-286/09 e C-287/09, EU:C:2010:420), che le normative in discussione nei procedimenti che hanno dato origine a tale sentenza e a tale ordinanza potevano rendere più difficile l’assunzione, da parte delle istituzioni o degli organi dell’Unione, di funzionari nazionali aventi una certa anzianità.

39. Infatti, secondo la Corte, tali normative erano idonee a ostacolare e, quindi, a scoraggiare l’esercizio di un’attività professionale nell’ambito di un’istituzione o di un organo dell’Unione in quanto, accettando un impiego presso l’una o presso l’altro, un lavoratore che in precedenza era stato iscritto a un regime pensionistico nazionale avrebbe rischiato di perdere la possibilità di beneficiare, in base a tale regime, di una prestazione di vecchiaia alla quale avrebbe avuto diritto se non avesse accettato tale impiego.

40. La Corte ha dichiarato che conseguenze del genere non potevano essere ammesse in base al dovere di leale cooperazione ed assistenza che incombe agli Stati membri nei confronti dell’Unione e che trova espressione nell’obbligo, previsto dall’articolo 10 CE, di facilitare quest’ultima nell’adempimento dei propri compiti (v. sentenza My, C-293/03, EU:C:2004:821, punto 48, nonché ordinanza Ricci e Pisaneschi, C-286/09 e C-287/09, EU:C:2010:420, punto 33).

41. Analogamente, al punto 29 della sentenza Melchior (C-647/13, EU:C:2015:54), la Corte ha dichiarato che l’articolo 10 CE, in combinato disposto con il regime applicabile agli altri agenti delle Comunità europee, istituito con il regolamento n. 259/68, come modificato dal regolamento (CE, Euratom) n. 723/2004 del Consiglio, del 22 marzo 2004 (GU L 124, pag. 1), - il quale, così come lo statuto, vincola gli Stati membri in tutti i casi in cui è necessaria la loro collaborazione per la sua attuazione (sentenza Melchior C-647/13, EU:C:2015:54, punto 22 e giurisprudenza ivi citata) - osta alla normativa di uno Stato membro interpretata nel senso che, ai fini del riconoscimento del diritto all’indennità di disoccupazione, non sono presi in considerazione i periodi di lavoro svolti in qualità di agente contrattuale presso un’istituzione dell’Unione stabilita in tale Stato membro e non sono equiparati a giorni di lavoro i giorni di disoccupazione per i quali è stata versata un’indennità di disoccupazione in applicazione di detto regime, mentre i giorni di disoccupazione indennizzati in conformità alla normativa del suddetto Stato membro beneficiano di una siffatta equiparazione.

42. Nel decidere in tal senso, la Corte si è altresì fondata sull’ostacolo che la normativa in discussione avrebbe potuto creare all’assunzione da parte delle istituzioni dell’Unione, in qualità di agenti contrattuali, di lavoratori residenti nello Stato membro in cui è stabilita l’istituzione in questione (v. sentenza Melchior, C-647/13, EU:C:2015:54, punti 27 e 28).

43. Orbene, una normativa di uno Stato membro, come quella di cui al procedimento principale, in forza della quale la pensione di vecchiaia che sarebbe dovuta a un lavoratore per le prestazioni compiute in qualità di lavoratore subordinato in tale Stato membro è ridotta o negata a causa della carriera che egli ha successivamente svolto nell’ambito di un’istituzione dell’Unione è anch’essa idonea a rendere più difficile non solo l’assunzione, da parte di tali istituzioni, di funzionari nazionali aventi una certa anzianità, ma altresì il mantenimento al servizio di tali istituzioni di funzionari esperti.

44. Una tale normativa, infatti, è idonea a dissuadere un lavoratore che abbia maturato una certa anzianità, in base al regime pensionistico dei lavoratori subordinati di tale Stato membro, dall’accettare un impiego al servizio di un’istituzione dell’Unione stabilita in tale Stato membro o a indurlo ad abbandonare prematuramente le funzioni che egli occupa dal momento che, a causa di tale normativa, egli rischia di perdere, svolgendo un impiego al servizio di tale istituzione o compiendovi una lunga carriera, la possibilità di beneficiare del diritto alla pensione che ha maturato in base all’attività di lavoratore subordinato che ha esercitato in tale Stato membro prima della sua entrata in servizio presso l’Unione.

45. Conseguenze del genere non possono essere consentite in base al dovere di leale cooperazione ed assistenza che incombe agli Stati membri nei confronti dell’Unione e che trova espressione nell’obbligo, previsto dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE, di facilitare quest’ultima nell’adempimento dei suoi compiti.

46. Certamente, come ha rilevato il governo belga, nelle cause che hanno dato luogo alle sentenze My (C-293/03, EU:C:2004:821) e Melchior (C-647/13, EU:C:2015:54) nonché all’ordinanza Ricci e Pisaneschi (C-286/09 e C-287/09, EU:C:2010:420), i periodi di lavoro svolti al servizio delle istituzioni o degli organi dell’Unione non erano stati presi in considerazione al fine di determinare il sorgere del diritto alle prestazioni previste dal regime di previdenza sociale dello Stato membro in questione che gli interessati avrebbero potuto esigere se, durante tali periodi, fossero stati iscritti a tale regime, mentre, nel procedimento principale, il periodo di lavoro svolto dalla sig.ra W. al servizio della Commissione è stato effettivamente preso in considerazione ai fini del calcolo della sua pensione di vecchiaia in qualità di lavoratrice subordinata a carico del regime belga.

47. Tale circostanza non è tuttavia idonea a rimettere in discussione la constatazione effettuata ai punti da 43 a 45 della presente sentenza, dal momento che il fatto di prendere in considerazione tale periodo conduce allo stesso risultato di ridurre, o addirittura abolire, i diritti di cui la sig.ra W. avrebbe potuto beneficiare a carico del regime belga dei lavoratori subordinati se essa non fosse successivamente entrata in servizio presso un’istituzione dell’Unione e, pertanto, genera anch’esso un effetto dissuasivo nei suoi confronti.

48. Occorre tuttavia rilevare che dal fascicolo presentato alla Corte emerge che la perdita, da parte della sig.ra W., della totalità dei diritti a pensione dei quali avrebbe potuto beneficiare se avesse continuato ad essere iscritta al regime belga dei lavoratori subordinati per tutta la sua carriera risulta non dall’applicazione in sé del principio dell’unità di carriera previsto dall’articolo 10 bis del regio decreto n. 50, ma dal metodo applicato dalla competente amministrazione belga per calcolare la frazione che esprime l’entità della pensione di vecchiaia della sig.ra W. a carico dell’Unione, che equipara una carriera di 35 anni nelle istituzioni dell’Unione ad una carriera di 45 anni nel regime belga dei lavoratori subordinati.

49. Infatti, dal suddetto fascicolo risulta che tali diritti a pensione non sarebbero stati aboliti se detta amministrazione avesse ritenuto che i 35 anni di servizio compiuti presso la Commissione equivalevano ad una frazione di 35/45esimi di una carriera di lavoratore subordinato in Belgio e se tale amministrazione avesse, di conseguenza, concluso che la carriera complessiva della sig.ra W. constava di 48/45esimi, comportando così, per il calcolo della sua pensione in forza della sua attività subordinata in Belgio, una riduzione corrispondente al massimo all’eliminazione dei tre anni che davano diritto alla pensione meno vantaggiosa, in modo analogo alla riduzione che sarebbe stata applicata a qualsiasi altro lavoratore belga che avesse compiuto l’insieme di una carriera di 48 anni nell’ambito del regime belga dei lavoratori subordinati.

50. Al riguardo, occorre sottolineare che solo il riconoscimento agli anni di carriera compiuti al servizio di un’istituzione dell’Unione di un valore temporale identico a quello attribuito agli anni di carriera compiuti nel regime belga dei lavoratori subordinati permette di escludere il rischio di effetto dissuasivo ravvisato ai punti da 43 a 45 della presente sentenza. Infatti, solo una tale identica contabilizzazione dei periodi di lavoro effettuati, da un lato, in qualità di lavoratore subordinato e, dall’altro, in qualità di funzionario dell’Unione, consente di neutralizzare detto effetto dissuasivo che, in mancanza di un tale riconoscimento, può risultare, come si è constatato a detti punti, dall’accettazione di un impiego al servizio di un’istituzione dell’Unione dopo aver svolto in Belgio un’attività in qualità di lavoratore subordinato.

51. Infine, il governo belga non può avvalersi, per giustificare la perdita da parte della sig.ra W. dell’integralità dei diritti a pensione che essa aveva maturato in base al regime belga dei lavoratori subordinati, del fatto che quest’ultima ha scelto di non far versare all’Unione, in applicazione dell’articolo 11, paragrafo 2, dell’allegato VIII dello statuto, il capitale che rappresenta i diritti a pensione maturati per l’attività lavorativa subordinata da essa svolta prima di entrare al servizio dell’Unione.

52. Come emerge dal testo di tale articolo, infatti, tale disposizione prevede una mera facoltà, che ogni funzionario è libero di esercitare o meno. Pertanto, dal mancato esercizio di quest’ultima non può derivare una perdita dei diritti che il funzionario ha acquisito in base ai contributi che ha versato al regime nazionale di previdenza sociale nel quale rientrava prima dell’entrata al servizio dell’Unione, salvo trasformare tale facoltà in obbligo, il che sarebbe in contrasto con il chiaro tenore letterale di tale disposizione e sarebbe dunque inammissibile.

53. Alla luce di tutte le considerazioni che precedono e senza che si debba esaminare la questione sollevata con riferimento all’articolo 34, paragrafo 1, della Carta, si deve rispondere a tale questione dichiarando che l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, in combinato disposto con lo statuto, deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa di uno Stato membro, come quella di cui al procedimento principale, che può comportare la riduzione o il diniego della pensione di vecchiaia che spetterebbe a un lavoratore subordinato, cittadino di tale Stato membro, in forza delle prestazioni che ha compiuto conformemente alla legislazione di tale Stato membro, qualora il totale degli anni di carriera compiuti da tale lavoratore in detto Stato membro in qualità di lavoratore subordinato e in qualità di funzionario dell’Unione in servizio nel medesimo Stato membro superi l’unità di carriera di 45 anni prevista da detta normativa, allorché, a causa del metodo di calcolo della frazione che esprime l’entità della pensione a carico dell’Unione, una tale riduzione è superiore a quella che sarebbe stata applicata se detto lavoratore avesse svolto l’insieme della sua carriera in qualità di lavoratore subordinato nello Stato membro di cui trattasi.

 

Sulle spese

 

54. Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

P.Q.M.

 

Dichiara:

L’articolo 4, paragrafo 3, TUE, in combinato disposto con lo statuto dei funzionari dell’Unione europea, istituito con il regolamento (CEE, Euratom, CECA) n. 259/68 del Consiglio, del 29 febbraio 1968, che definisce lo statuto dei funzionari delle Comunità europee nonché il regime applicabile agli altri agenti di tali Comunità, ed istituisce speciali misure applicabili temporaneamente ai funzionari della Commissione, come modificato dal regolamento (UE, Euratom) n. 1080/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa di uno Stato membro, come quella di cui al procedimento principale, che può comportare la riduzione o il diniego della pensione di vecchiaia che spetterebbe a un lavoratore subordinato, cittadino di tale Stato membro, in forza delle prestazioni che ha compiuto conformemente alla legislazione di tale Stato membro, qualora il totale degli anni di carriera compiuti da tale lavoratore in detto Stato membro in qualità di lavoratore subordinato e in qualità di funzionario dell’Unione europea in servizio nel medesimo Stato membro superi l’unità di carriera di 45 anni prevista da detta normativa, allorché, a causa del metodo di calcolo della frazione che esprime l’entità della pensione a carico dell’Unione, una tale riduzione è superiore a quella che sarebbe stata applicata se detto lavoratore avesse svolto l’insieme della sua carriera in qualità di lavoratore subordinato nello Stato membro di cui trattasi.