Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 08 luglio 2015, n. 14229

Tributi - Agevolazioni tributarie - Contributi in conto impianti - Disciplina transitoria prevista dalla d.P.R. n. 917 del 1986 - Applicabilità

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con sentenza n. 49/27/07, depositata il 19 aprile 2007 e non notificata, la Commissione tributaria regionale della Campania (hinc: "CTR"), compensando le spese di lite, rigettava l’appello principale proposto dall’Agenzia delle entrate nei confronti della s.p.a. Delfino avverso la sentenza n. 60/28/2005 della Commissione tributaria provinciale di Napoli (hinc: "CTP") ed accoglieva l’appello incidentale proposto dalla s.p.a. nei confronti di detta Agenzia avverso la medesima sentenza.

Il giudice di appello premetteva che: a) l’Agenzia delle entrate aveva accertato a carico della predetta s.p.a., per l’anno 1999, una maggiore IRPEG di € 38.321,10, una maggiore IRAP di € 4,401,79 (per un reddito imponibile relativo a tali due imposte pari a € 103.569,92) ed una maggiore IVA di € 1.151,97; b) l’avviso di accertamento (derivante da un processo verbale di constatazione) era motivato con: b.l) l’errata contabilizzazione del contributo in conto impianti concesso, nel 1996, in applicazione del decreto-legge n. 415 del 1992, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 488 del 1992, relativo ad agevolazioni pubbliche a sostegno degli interventi nel Mezzogiorno d’Italia (assoggettabili ad imposizione secondo il disposto dell’art. 55, comma 3, lettera b, del TUIR: cioè accantonando il 50% in un fondo in sospensione d’imposta e suddividendo l’altro 50% in cinque annualità); b.2) l’indeducibilità di costi ritenuti non di competenza perché non documentati; b.3) l’indebita detrazione di IVA e la mancata applicazione dell’IVA su operazioni imponibili; c) l’avviso era stato impugnato dalla contribuente davanti alla CTP, che aveva accolto parzialmente il ricorso, ritenendo - da un lato - corretta la contabilizzazione del contributo seguita dalla s.p.a. (imputazione a bilancio delle quote di ammortamento degli impianti al costo storico al netto del contributo, tassato interamente) e - dall’altro - fondati gli ulteriori rilievi dell’ente impositore; d) la decisione era stata appellata, in via principale, dall’Agenzia (per la quale la contribuente aveva contabilizzato il contributo applicando erroneamente la normativa entrata in vigore successivamente alla concessione del contributo stesso) e, in via incidentale, dalla s.p.a. (la quale, dopo aver replicato che il contributo, originariamente concesso in via provvisoria, era divenuto definitivo solo successivamente all’entrata in vigore della nuova legge, opponeva la corretta deduzione dei costi e la corretta detrazione dell’IVA).

Tanto premesso, la CTR - nel rigettare l’appello principale dell’ente impositore e nell’accogliere quello incidentale - rilevava che: a) il contributo in conto impianti, concesso in via provvisoria nel 1996, era stato erogato in quattro tranches (nel 1997 per lire 1.294.880.00; nel 1998 per lire 1.294.880.00; nel 1999 per lire 906.416.000; nel 2001 per lire 388.464.000); b) la società aveva applicato la disciplina dell’art. 55, comma 3, lettera b, del TUIR, nel testo vigente all’epoca della concessione provvisoria, solo per la franche del 1997 (trattata come sopravvenienza attiva: somma per metà accantonata a riserva, per metà assoggettata a tassazione in cinque quote annuali costanti), mentre per le successive tranches aveva applicato la disciplina dello stesso articolo, quale modificato (senza la previsione di un regime transitorio), con effetto dal Io gennaio 1998, dal comma 4 dell’art. 21 della legge n. 449 del 1997 (tranches trattate, perciò, come ricavi di competenza pluriennale o riduzione del costo ammortizzabile); c) il contributo era stato concesso in via provvisoria il 20 novembre 1996 (con erogazioni sottoposte a condizione sospensiva) ed era divenuto definitivo, non più revocabile, il 25 maggio 2001; d) la contribuente, pertanto, aveva correttamente contabilizzato la franche percepita nel 1997 in base alla vecchia normativa e le tranches successive in base alla nuova (secondo le indicazioni della Commissione norme di comportamento e coerenza interpretativa in materia tributaria dell’Associazione dei dottori commercialisti, citata dalla CTP), cioè ad abbattimento del costo da ammortizzare, in quanto concorrenti alla formazione del reddito interamente nell’esercizio in cui sono state incassate o in quote costanti in quell’esercizio e nei successivi, ma non oltre il quarto; e) le spese alberghiere e di ristorazione erano effettive perché, contrariamente a quanto ritenuto dalla CTP, erano sufficientemente documentate dai pagamenti risultanti dalle carte di credito aziendali intestate agli amministratori della s.p.a. e riflettenti le ricevute fiscali regolarmente contabilizzate; f) diversamente da quanto ritenuto nella sentenza di primo grado, la s.p.a. aveva provato le donazioni alla Caritas diocesana di Acerra di cui alla fattura n. 105 del 18 marzo 1999 (con dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà: allegato n. 5 del ricorso introduttivo) ed aveva escluso la fondatezza del rilievo dell’ omessa applicazione dell’IVA su operazioni imponibili (€ 1.151,97); g) anche gli altri recuperi dell’ufficio erano infondati perché la parte aveva giustificato ogni spesa aziendale nel rispetto delle norme fiscali (acquisto batteria per cellulare al 50%, come da art. 19-bis del d.P.R. n. 633 del 1972; spese di rappresentanza; "etc.").

2. - Avverso la sentenza di appello l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione notificato il 3 - 6 giugno 2008 ed affidato a cinque motivi.

3. - La contribuente resiste con controricorso notificato il 14 luglio 2008 ed illustrato da memoria, nella quale si eccepisce l’esistenza di un giudicato interno.

 

Considerato in diritto

 

1. - Con la memoria illustrativa, la controricorrente s.p.a. ha eccepito il giudicato interno, in quanto la CTP, nell’affermare che la contabilizzazione del contributo effettuata dalla contribuente era corretta, aveva basato tale sua decisione su due autonome rationes decidendi, una delle quali (quella secondo cui la tassazione del contributo in questione sarebbe potuta avvenire solo nel 2001, quando era divenuto definitivo il contributo, cosi che la società, con la procedura adottata, aveva "anticipato l’annualità della tassazione con evidente beneficio per l’Erario") non era stata impugnata dall’ente impositore (il quale aveva proposto appello deducendo che la normativa applicabile era quella vigente fino al 31 dicembre 1997, al momento della originaria concessione del contributo, in ragione sia della continuità delle scelte contabili, sia del disposto della norma transitoria contenuta nella nuova formulazione dell’art. 55 del TUIR, riguardante le agevolazioni concesse in base alle leggi sugli interventi per il Mezzogiorno).

1.1. - L’eccezione di giudicato non è fondata.

Nella parte della sentenza di primo grado indicata nella memoria illustrativa come espressiva di una autonoma ratio decidendi, la CTP, nell’accogliere il ricorso della contribuente, assume che la disciplina contenuta nell’art. 55, comma 3, lettera b, del TUIR, quale modificata (con effetto dal 1° gennaio 1998), dal comma 4 dell’art. 21 della legge n. 449 del 1997, era applicabile al contributo solo dal 2001, quando esso era divenuto definitivo, cioè nella vigenza della nuova normativa: la procedura adottata dalla s.p.a. aveva "anticipato l’annualità della tassazione con evidente beneficio per l’Erario".

Secondo il passo riportato, dunque (a parte ogni considerazione sulla coerenza con il resto della sentenza), la CTP ha ritenuto che alle tranches riscosse anteriormente alla definitività del contributo (intervenuta il 25 maggio 2001) fosse applicabile la normativa del TUIR vigente prima del 1° gennaio 1998 e che il ricorso dovesse accogliersi per tali annualità perché l’anticipata applicazione ad esse della successiva normativa integrava un "beneficio per l’Erario".

Appare evidente, perciò, che l’appello dell’Agenzia delle entrate, chiedendo l’applicazione a tutte le tranches della normativa anteriore al 1° gennaio 1998 e mantenendo fermi i rilievi dell’avviso di accertamento basati sull’applicazione di detta normativa, ha investito l’intero ragionamento della CTP, ivi compreso l’assunto che la procedura di contabilizzazione adottata dalla s.p.a. comportasse un "beneficio per l’Erario" e che ciò fosse sufficiente per applicarla alla fattispecie. Non si è perciò formato alcun giudicato interno sul punto.

2. - Con il primo e con il secondo motivo del ricorso, corredati da quesiti di diritto, l’Agenzia delle entrate denuncia - in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. - la violazione e falsa applicazione dell’art. 21, comma 4, della legge n. 449 del 1997.

Secondo la ricorrente, la CTR ha erroneamente ritenuto che: 1) la legge n. 449 del 1997 - il cui art. 21, comma 4, ha modificato, con effetto dal 1° gennaio 1998, l’art. 55, comma 3, lettera b, del TUIR - non prevede un regime transitorio per i contributi in conto impianti concessi in base al decreto-legge n. 415 del 1992, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 488 del 1992, relativo alle agevolazioni pubbliche a sostegno degli interventi nel Mezzogiorno d’Italia; 2) comunque, il menzionato art. 55, comma 3, lettera b, del TUIR, quale modificato dalla legge n. 449 del 1997, era applicabile al suddetto contributo in conto impianti, perché questo era divenuto definitivo solo nel 2001, quando era vigente tale (nuova) normativa. La ricorrente censura, con il primo motivo, il punto sub 1, deducendo che la legge n. 449 del 1997, invece, prevede espressamente, in via transitoria, l’applicabilità della vecchia normativa alle agevolazioni concesse ai sensi del d.P.R. n. 218 del 1978, per la decorrenza prevista al momento della concessione: afferma, in proposito che tale norma è applicabile anche ai contributi in conto impianti (come quello di causa) accordati ai sensi del d.l. n. 415 del 1992, quale convertito dalla legge n. 488 del 1992.

La medesima ricorrente censura, con il secondo motivo, il punto sub 2, deducendo che la concessione del contributo in discorso non era sottoposta ad alcuna condizione sospensiva fino alla concessione definitiva (diversamente da quanto ritenuto dalla CTR), ma solo a condizione risolutiva, con la conseguenza che la normativa del TUIR applicabile nella fattispecie era quella vigente al momento della concessione dell’agevolazione (il 20 novembre 1996) e non a quello della liquidazione definitiva (il 25 maggio 2001).

2.1. - I due motivi vanno esaminati congiuntamente, data la loro connessione. II primo di essi è fondato: la normativa transitoria invocata dalla ricorrente sussiste ed è applicabile al caso concreto. II secondo motivo, pertanto, è assorbito: non può tuttavia sottacersi che, comunque, detta normativa transitoria, per il caso di specie, coincide con quella applicabile, per tutte le tranches erogate, in base alle ordinarie regole della successione delle norme nel tempo, cioè la disciplina vigente al momento della concessione ("provvisoria"), nel 1996, del contributo.

2.1.1. - Con riguardo al primo motivo di ricorso, giova ricordare che, dal 20 giugno 1996, l’art. 55 (attuale art. 88), comma 3, lettera è, del TUIR stabiliva che i proventi in denaro o in natura conseguiti a titolo di contributo o di liberalità (esclusi i contributi di cui alle lettere e e/del comma 1 dell’articolo 53, cioè, rispettivamente, quelli in denaro, o il valore normale di quelli in natura, spettanti sotto qualsiasi denominazione in base a contratto; nonché quelli spettanti esclusivamente in conto esercizio a norma di legge) concorrono a formare il reddito nell’esercizio in cui sono stati incassati o in quote costanti nell’esercizio in cui sono stati incassati e nei successivi ma non oltre il quarto: tuttavia il loro ammontare, nel limite del 50 per cento e se accantonato in apposita riserva, concorre a formare il reddito nell’esercizio e nella misura in cui la riserva sia utilizzata per scopi diversi dalla copertura di perdite di esercizio o i beni ricevuti siano destinati all’uso personale o familiare dell’imprenditore, assegnati ai soci o destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa. La norma, pertanto, si applica ai contributi in conto impianti.

Successivamente, per effetto della modifica apportata (con decorrenza dal periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 1998) dal comma 4 dell’art. 21 della legge n. 449 del 1997, il suddetto art. 55, comma 3, lettera b, del TUIR stabilisce (nei primi due periodi) che i proventi conseguiti a titolo di contributo o liberalità (diversi da quelli con funzione risarcitoria per la perdita o danneggiamento di alcuni beni merci, strumentali o patrimoniali nonché da quelli finalizzati all5acquisto di beni ammortizzabili, cioè dai contributi in conto impianti) concorrono a formare il reddito nell’esercizio in cui sono stati incassati o in quote costanti nell’esercizio in cui sono stati incassati e nei successivi ma non oltre il quarto. Tale disciplina innova la precedente sotto due profili: in primo luogo, viene esclusa la possibilità, prima prevista, di accantonare il contributo, nel limite del 50%, in una riserva in sospensione d’imposta; in secondo luogo, vengono esclusi dall’ambito di applicazione dell’art. 53, comma 3, lettera b, del TUIR i contributi in conto impianti, che sono ora sottoposti al regime di cui agli artt. 75 e 76 dello stesso TUIR e che, pertanto, non costituiscono più sopravvenienze attive regolate dal principio di cassa, ma ricavi anticipati, da ripartire in relazione alla durata dell’ammortamento dei beni cui si riferiscono e regolati dal principio di competenza. Come già osservato da questa Corte (Cass. n. 781 del 2011), detti contributi in conto impianti concorrono alla formazione del reddito di impresa nella stessa misura in cui il costo dei beni ammortizzabili cui fanno riferimento concorre a formare il reddito sotto forma di quote di ammortamento deducibili. In particolare, come si è precisato in quella pronuncia, le modalità attraverso le quali tali contributi concorrono alla formazione del reddito di impresa si differenziano a seconda della tecnica adottata per la loro contabilizzazione: se il contributo è stato portato in diretta diminuzione del costo storico del bene ammortizzabile cui inerisce, concorre alla formazione del reddito di impresa sotto forma di minori quote di ammortamento deducibili calcolate direttamente sul costo del bene ammortizzabile al netto del contributo stesso; se, invece, il contributo è stato contabilizzato come ricavo anticipato da riscontare (risconto passivo), il contributo concorre a formare il reddito di impresa in stretta correlazione con il processo di ammortamento del bene cui il contributo è collegato, cioè in misura proporzionalmente corrispondente alle quote di ammortamento dedotte in ciascun esercizio.

Nel terzo periodo della stessa lettera è) del comma 3 dell’art. 53 del TUIR (come modificato dal citato comma 4 dell’art. 21 della legge n. 449 del 1997), viene però precisato (con norma di evidente natura transitoria) che, "per la decorrenza prevista al momento della loro concessione", sono "fatte salve" le "agevolazioni" (parola da intendersi come denotativa anche dei contributi) concesse "ai sensi del testo unico delle leggi sugli investimenti nel Mezzogiorno", approvato con d.P.R. n. 218 del 1978 (oltre che per gli investimenti produttivi nei territori montani di cui alla legge n. 97 del 1994). SÌ tratta di un regime transitorio riguardante i contributi (compresi quelli in conto impianti) non ancora erogati o erogati parzialmente, ma già concessi, alla data del 31 dicembre 1997: per tali contributi continuerà ad applicarsi, per tutta la durata dell’erogazione, la normativa in vigore al 31 dicembre 1997. Per concessione dell’agevolazione deve intendersi la concessione provvisoria originaria, che fa già entrare nel patrimonio dell’interessato il diritto al finanziamento (v. amplius il punto successivo 2.1.2.).

Occorre poi ritenere che l’indicata normativa transitoria si applichi anche alle agevolazioni previste per il Mezzogiorno dal decreto-legge n. 415 del 1992, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 488 del 1992, relativo ad agevolazioni pubbliche a sostegno degli interventi nel Mezzogiorno d’Italia: ciò in ragione della omogeneità delle finalità perseguite dalle agevolazioni di cui al d.P.R. n. 218 del 1978 (richiamato espressamente dall’art. 53 del TUIR) e da quelle di cui al d.l. n. 415 del 1992, il quale ha previsto il rifinanziamento degli interventi nel Mezzogiorno, nell’ambito degli interventi in favore degli investimenti produttivi da realizzare nelle zone depresse individuate dall’Unione europea e cofinanziati dai Fondi strutturali comunitari, in parte integrando ed in parte sostituendo le prime.

L’identità del settore di intervento legislativo e della ratio normativa delle suddette disposizioni, nonché la considerazione della limitata operatività nel 1998 (dato il trascorrere del tempo) delle originarie agevolazioni previste dal citato d.P.R. n. 218 del 1978, inducono ad interpretare in via estensiva il richiamo di detto d.P.R. (contenuto nel terzo periodo della lettera b del comma 3 dell’art. 53 del TUIR, come modificato dal comma 4 dell’art. 21 della legge n. 449 del 1997) nel senso che esso ricomprende anche le agevolazioni di cui al d.l. n. 415 del 1992. Detta interpretazione, in quanto di natura estensiva (e non analogica), non è impedita dal divieto di interpretazione analogica di norme eccezionali, quali quelle relative alle agevolazioni. Del resto, la stessa prassi della pubblica amministrazione è nello stesso senso (vedi Appendice alle istruzioni per la compilazione del Modello UNICO ’99). In base alla normativa transitoria, dunque, doveva applicarsi al contributo in conto impianti in esame il testo dell’art. 53 del TUIR vigente al momento della sua concessione (20 novembre 1996), in relazione a tutte le erogazioni in tranches successive. Il motivo ricorso va, perciò accolto.

2.1.2. - Il secondo motivo di ricorso (in base al quale la normativa originaria dell’art. 53 del TUIR sarebbe stata comunque applicabile nella specie, anche ove fosse mancata la sopra menzionata disciplina transitoria) è assorbito dall’accoglimento del precedente motivo.

È opportuno, peraltro, sottolineare che il motivo, ove non assorbito, sarebbe stato fondato.

Come già affermato da questa Corte (Cass. n. 17522 del 2012; sezioni unite, n. 15618 del 2006), il contributo in discorso è in concreto disciplinato dal d.m. n. 527 del 1995 (e successive modificazioni), che regola la concessione e l’erogazione delle agevolazioni a favore delle attività produttive nelle aree depresse del paese e da attuazione alle citate disposizioni normative. Detto regolamento prevede all’art. 6, comma 7, la "concessione provvisoria" del contributo, erogato con le modalità di cui all’art. 7, revocabile ai sensi dell’art. 8 nei casi sanciti da tale norma, disponendo che, all’esito della "documentazione definitiva" di spesa, inviata dall’impresa e trasmessa dalle banche concessionarie al Ministero competente a erogare i finanziamenti, la stessa Amministrazione provveda alla c.d. concessione definitiva, disciplinata dall’art. 10 del citato d.m. L’atto di concessione qualificata "provvisoria" dal regolamento crea già un diritto di credito dell’impresa al finanziamento, che viene soddisfatto, senza margini di discrezionalità, dall’amministrazione erogante. In particolare, dall’art. 7 del citato d.m. si desume che l’importo dell’agevolazione concessa è impegnato dal Ministero competente già con il decreto di concessione "provvisoria" ed è reso disponibile, con l’erogazione da parte della banca concessionaria, subordinatamente alla effettiva realizzazione della corrispondente parte degli investimenti per cui è stato concesso. Tale disciplina comporta che l’erogazione delle quote del finanziamento costituisce l’adempimento di un debito della pubblica amministrazione e che le somme erogate entrano a far parte del patrimonio dell’impresa, in quanto devono essere utilizzate per la realizzazione dell’investimento programmato, salvo l’obbligo di restituzione in capo alla impresa beneficiaria in caso di revoca del finanziamento nelle ipotesi previste dall’art. 8 del d.m. citato o di rinuncia da parte della beneficiaria stessa. Il contributo in conto impianti concesso in via provvisoria, dunque, è sottoposto non già a condizione sospensiva (come invece affermato dalla CTR nella sentenza impugnata), ma ad eventi ed atti dotati di efficacia risolutiva.

Ne deriva che, per l’individuazione della disciplina della imputazione fiscale del provento, deve aversi riguardo al momento della formazione della fattispecie contributiva, cioè al momento della concessione provvisoria, anche se l’erogazione si protrae per più anni, nel corso dei quali sopravvenga (come nella specie) una diversa disciplina di imputazione fiscale. Lo ius superveniens, in quanto dispone solo per l’avvenire (la normativa fiscale, infatti, va interpretata, nei casi dubbi, nel senso della irretroattività: art. 3, comma 1, della legge n. 212 del 2000), va applicato solo ai contributi per i quali la concessione provvisoria sia intervenuta durante la sua vigenza. Ad ulteriore sostegno di tale conclusione vale la considerazione che: a) il contributo è unitario, anche se erogato nel corso di diverse annualità; b) è opportuno assoggettare ad una medesima disciplina di imputazione fiscale le varie tranches annuali di erogazione di un contributo unitario. Non può perciò condividersi la pronuncia di questa Corte n. 24010 del 2013 nella parte in cui sembra affermare che il contributo in conto impianti sia soggetto ad una "condizione sospensiva" (peraltro in un contesto motivazionale in cui si afferma anche che il medesimo contributo soggiace ad una "condizione risolutiva"). In conclusione, lo ius superveniens (introdotto con effetto dal periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 1998) non è applicabile al contributo in conto impianti concesso (ed in parte, nella specie, anche erogato) anteriormente al 1998: tutte le erogazioni del contributo vanno considerate sopravvenienze attive e non come ricavi anticipati (nel senso sopra precisato).

La normativa transitoria di cui al precedente punto 2.1.1., con riguardo ai contributi in conto impianti accordati ai sensi del d.l. n. 415 del 1992 è, dunque, coincidente con la disciplina applicabile in base alle ordinarie regole della successione delle norme nel tempo.

2.2. - La fondatezza del primo motivo e l’assorbimento del secondo consentono a questa Corte di decidere nel merito, ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ. (non essendo necessari accertamenti di fatto), pronunciando il rigetto del ricorso introduttivo del giudizio, nella parte in cui il ricorrente assumeva che fosse applicabile al contributo in discorso - in relazione alle tranches corrisposte nel 1998, 1999 e 2001 - l’art. 55, comma 3, lettera b, del TUIR, come modificato dall’art. 21, comma 4, della legge n. 449 del 1997.

3. - Con il terzo motivo del ricorso, corredato da una ricapitolazione sintetica, l’Agenzia delle entrate denuncia — in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. - l’insufficiente motivazione della sentenza, in quanto la CTR ha motivato l’inerenza delle spese alberghiere e di ristorazione "solo dal fatto che i relativi pagamenti furono effettuati con carta di credito aziendale da parte degli amministratori". Secondo la ricorrente, la CTR non avrebbe giustificato il suo giudizio di inerenza perché non avrebbe precisato a quali occasioni aziendali fossero riferibili le spese, dal momento che la carta di credito, quale mezzo di pagamento, non attesta né la causa né l’occasione del pagamento.

3.1. - Il motivo è inammissibile sia per difetto di autosufficienza (la ricorrente non riporta i passi salienti degli atti riguardanti i fatti in questione, in particolare le ricevute fiscali), sia per inidoneità del quesito motivazionale (che si riferisce ad un giudizio di inerenza e non al fatto evidenziante l’insufficienza della motivazione), sia per la non pertinenza della censura rispetto alla motivazione (in quanto la CTR non ha fatto esclusivo riferimento alle carte di credito - come inesattamente affermato nel motivo -, ma ha ritenuto provata l’effettività e l’inerenza delle spese alberghiere e di ristorazione in base al controllo incrociato dei pagamenti risultanti dalle carte di credito aziendali intestate agli amministratori della s.p.a. e le ricevute fiscali "regolarmente contabilizzate").

4. - Con il quarto motivo del ricorso, corredato anch’esso da una ricapitolazione sintetica, l’Agenzia delle entrate denuncia - in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. - l’insufficiente motivazione della sentenza, in quanto la CTR ha affermato che la parte aveva giustificato ogni spesa nel rispetto della norma fiscale con riferimento alle spese aziendali di acquisto di una batteria per telefono cellulare (rilievo n. 7, pag. 12 dell’avviso di accertamento) e di rappresentanza (rilievo n. 8, pagina 12 dello stesso avviso), "senza riportare analiticamente i recuperi e senza indicare quali siano stati i documenti che il contribuente avrebbe prodotto a giustificazione delle spese aziendali".

4.1. - Anche questo motivo è inammissibile, sia per difetto di autosufficienza (la ricorrente non riporta i passi salienti dei rilievi n. 7 e n. 8, contenuti nel processo verbale di constatazione e nell’avviso di accertamento), sia per l’inidoneità del quesito motivazionale (che denuncia la mancata precisazione, nella sentenza, degli "altri recuperi", ma poi li individua nei rilievi n. 7 e n. 8 dell’avviso di accertamento ed omette di riferire non solo il contenuto di detti rilievi, ma anche i fatti acquisiti nel processo che dimostrerebbero l’insufficienza della motivazione della sentenza d’appello).

5. - Con il quinto motivo del ricorso, corredato da una ricapitolazione sintetica, l’Agenzia delle entrate denuncia - in relazione all’art 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. - l’omessa motivazione della sentenza, perché la CTR ha del tutto trascurato di esaminare il fatto che le cessioni in donazione alla Caritas di cui alle fatture citate nel processo verbale di constatazione non erano state comunicate cinque giorni prima delle consegne né comprovate con atti notori ("fatti controversi dedotti nel processo verbale di constatazione e nell’avviso di accertamento la cui mancata prova esclude l’esenzione e produce il recupero dell’IVA").

5.1. - Al pari dei due precedenti, il motivo è inammissibile, sia perché privo di autosufficienza (non essendo stati riportati i passi salienti né del processo verbale di constatazione né dell’avviso di accertamento relativi alle fatture menzionate dalla ricorrente né dell’allegato 5 del ricorso introduttivo, menzionato nella sentenza di appello), sia perché la motivazione della sentenza sul punto delle riprese fiscali in esame non è omessa (la CTR ha ritenuto che l’operatività della esenzione relativa alle cessioni alla Caritas di cui alla fattura n. 105 del 18 marzo 1999 era stata adeguatamente dimostrata dalla parte privata tramite la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà: allegato n. 5 del ricorso introduttivo) e non è stata dedotta con il ricorso per cassazione una insufficienza motivazionale.

6. - Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la sostanziale e prevalente soccombenza della resistente e si liquidano come da dispositivo (con compensazione delle spese di lite delle fasi di merito).

 

P.Q.M.

 

Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; dichiara inammissibili il terzo, il quarto ed il quinto motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del giudizio con riferimento al punto correlativo a detto motivo; condanna la s.p.a. controricorrente a rimborsare alla ricorrente Agenzia delle entrate le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi € 4.500,00 per compensi, oltre le spese prenotate a debito; compensa tra le parti le spese delle fasi di merito.