Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 26 agosto 2015, n. 17166

Tributi - Irpef - Addizionali - Irap - Avviso di accertamento

 

Ritenuto in fatto

 

1— Con sentenza n. 12261/10, depositata il 19 maggio 2010 e non notificata, la Corte suprema di cassazione: a) rigettava il ricorso proposto dal contribuente L. C.i nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze e dell’Agenzia delle entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna (hinc: "CTR") n. 82/04/05, la quale aveva respinto l’appello proposto dal contribuente avverso la pronuncia di primo grado della Commissione tributaria provinciale di Ravenna (hinc: "CTP") n. 261/01/01 con cui era stato rigettato il ricorso avverso un avviso di accertamento per IRPEF, addizionale regionale all’IRPEF, IRAP, sanzioni ed interessi per l’anno 1998; b) condannava il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in € 25.100,00 (di cui € 25.000,00 per onorari), oltre contributo unificato e accessori di legge.

I nove motivi del ricorso per cassazione erano rigettati o dichiarati inammissibili.

In particolare, per quanto qui interessa: a) il secondo motivo (articolato in quattro subcensure) era dichiarato: inammissibile per difetto di autosufficienza ed in ogni caso infondato (prima subcensura: par. 7.2.1.); inammissibile per irrilevanza (seconda subcensura: par. 7.2.2.); infondato (terza subcensura: par. 7.2.3.); infondato (quarta sub censura, proposta in via subordinata: par. 7.2.4.); b) si dichiarava di esaminare congiuntamente il terzo ed il settimo motivo (par. 8.2.); c) il quinto motivo (articolato in tre subcensure) era dichiarato infondato ed inammissibile per difetto di autosufficienza (prima subcensura: par. 10.2.1.), ovvero inammissibile per irrilevanza e difetto di autosufficienza (seconda subcensura: par. 10.2.2.), nonché palesemente infondato (terza subcensura: par. 10.2.3. ); d) il sesto motivo (articolato in quattro subcensure) era dichiarato: inammissibile per difetto di autosufficienza (prima subcensura: par. 11.2.1.); in parte infondato ed in parte inammissibile (seconda subcensura: par. 11.2.2.); infondato ed inammissibile (terza subcensura: par. 11.2.3.); inammissibile (quarta subcensura: par. 11.2.4.); e) il settimo motivo (articolato in quattro subcensure) era dichiarato: infondato (prima subcensura: par. 12.2.1.); inammissibile per difetto di autosufficienza e genericità (seconda subcensura: par. 12.2.2.); infondato (terza subcensura: par. 12.2.3.); infondato (quarta subcensura, proposta in via subordinata: par. 12.2.4.); f) l’ottavo motivo (articolato in quattro subcensure) era dichiarato: infondato (prima subcensura: par. 13.2.1.); in parte "fondato" ("risposta positiva" al quesito proposto), con riguardo alla nullità della sentenza di appello per omesso esame della copia del contratto esibito dal ricorrente (seconda subcensura: par. 13.2.2.); assorbito in relazione alla decisione della seconda subcensura (terza subcensura: par. 13.2.3.); assorbito in relazione alla decisione della seconda subcensura (quarta sub censura, proposta in via subordinata: par. 13.2.4.)

2— Avverso la citata sentenza di questa Corte, il contribuente propone ricorso per revocazione, notificato all’Agenzia delle entrate ed al Ministero dell’economia e delle finanze il 4 luglio 2011, affidato ad otto motivi ed illustrato da successiva memoria.

3.- L’intimato Ministero dell’economia e delle finanze non svolge attività difensiva. L’Agenzia delle entrate partecipa alla discussione in pubblica udienza.

 

Considerato in diritto

 

1. - Il ricorrente impugna per revocazione la sentenza della Corte di cassazione n. 12261/10 (come sopra avvertito, indicata qui di séguito come "CS") deducendo la sussistenza di svariati errori di fatto.

Al riguardo è opportuno premettere che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la pronuncia della Corte di cassazione è affetta da errore di fatto revocatorio, cioè rilevante ai sensi degli artt. 391 -bis, primo comma, e 395, numero 4, cod. proc. civ.) quando esso: a) consista in un mero errore dì percezione od in una svista materiale concernenti un "fatto" (processuale o sostanziale) e, perciò, non riguardi né la violazione o falsa applicazione di norme giuridiche né l’attività interpretativa o valutativa (come l’apprezzamento delle risultanze processuali) compiuta dal giudice [ex plurimis, n. 3180 del 2015; n. 1731 del 2014; n. 22569 del 2013; n. 1381 del 2012; n. 16003 del 2011; n. 22171 del 2010; n. 8180 del 2009 e sez. un. n. 7217 del 2009; n. 14267 del 2007; n. 6198 del 2005; n. 5150 del 2003]; b) emerga dal contrasto tra una dichiarazione espressa (basata, come rilevato, su una mera "supposizione", che non integra un "giudizio" e che, quindi, non si risolve in una valutazione) contenuta nella pronncia e quanto invece risulta dagli atti interni del giudizio ("atti o documenti della causa") [ex plurimis, n. 22171 del 2010]; c) appaia oggettivamente ed immediatamente rilevabile (supposizione dì un fatto la cui verità è "incontrastabilmente" esclusa; oppure ritenuta inesistenza di un fatto la cui verità è "positivamente" stabilita), tanto da non richiedere, per essere apprezzato, lo sviluppo di argomentazioni induttive e di indagini ermeneutiche [ex plurimis, n. 3180 del 2015; n.7127 del 2006; n. 6511 e n. 4295 del 2005]; d) riguardi un fatto decisivo (nel senso che "la decisione è fondata" sul fatto erroneamente ritenuto esistente o inesistente, tanto che, se non vi fosse stato errore, la decisione sarebbe stata diversa) [ex plurimis, n. 12962 e n. 3379 del 2012; n. 4295 del 2005]; e) attenga a fatto che non abbia costituito, in giudizio, un punto controverso sul quale si sia pronunciato il giudice.

In particolare, l’omessa pronuncia da parte della Corte di cassazione può essere impugnata per revocazione quando si risolva in una omessa lettura (con la consequenziale assenza di qualsivoglia scrutinio) di alcuni motivi del ricorso per cassazione, per essere il giudice di legittimità incorso in un errore di fatto nell’esame degli atti interni al suo stesso giudizio ed avere perciò ignorato tali motivi nella sua pronuncia (explurimis, n. 1654 del 2015; n. 22569 e n. 4605 del 2013; n. 362 del 2010).

Ne segue che è inammissibile l’argomentazione del ricorrente per revocazione (argomentazione che, nella specie, ritorna quasi costantemente in tutti i motivi di ricorso) diretta a prospettare come "svista" della CS una valutazione complessiva degli elementi processuali e una interpretazione delle norme e degli atti contrastanti con le aspettative del contribuente.

Va ricordato, infine, che, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente per revocazione, la deduzione di un vizio rientrante nel n. 4 del comma primo dell’art. 360 cod, proc. civ. e la possibilità per la Corte di cassazione di esaminare direttamente gli atti processuali non esimono il ricorrente dall’onere (previsto a pena di inammissibilità dall’art. 366, primo comma, alinea e numero 6 cod. proc. civ.) di rispettare il principio di autosufficienza, indicando ove siano rinvenibili gli atti processuali posti a fondamento del ricorso e riportando in modo chiaro (per trascrizione o riassunto) i passi salienti di detti atti (ex plurimis, Cass. n. 978 del 2007; n. 9108 del 2012; n. 5344 del 2013; n. 25482 del 2014).

Alla stregua di tali riassuntive indicazioni vanno esaminate le censure del ricorrente.

2. - Con il primo motivo di revocazione, viene censurata la parte della sentenza in cui si dichiara infondata la terza subcensura del secondo motivo di ricorso per cassazione (par. 7.2.3.) con la quale era stata dedotta la violazione del principio di immutabilità del giudice (nella specie, della CTR), in quanto le udienze dell’11 giugno, del 17 settembre e del 10 dicembre 2004 e la camera di consiglio del 15 marzo 2005 sarebbero state gestite da tre collegi composti in maniera diversa.

La CS ha preliminarmente affermato che, secondo il contribuente, la causa era stata discussa nel merito solo il 10 dicembre 2004 e trattenuta in decisione, con riserva adottata lo stesso 10 dicembre e poi sciolta il 15 marzo 2005, mentre le udienze dell’11 giugno 2004 e del 17 settembre 2004, che l’avevano preceduta, si erano concluse con l’adozione di ordinanze istruttorie. Su tale premessa, la medesima CS ha rilevato che il mutamento del Collegio non aveva investito le due camere di consiglio, tenute nella medesima composizione, e che pertanto la subcensura era infondata, perché era stato rispettato il principio della coincidenza del Collegio della discussione con quello della deliberazione.

Il ricorrente per revocazione oppone che la CS è incorsa in errore revocatorio, non avendo percepito che nel ricorso per cassazione era stato invece dedotto che la discussione nel merito era iniziata, davanti alla CTR, all’udienza del 17 settembre 2004 con un relatore diverso da quello nominato con apposito provvedimento presidenziale (dottor Migani in luogo del dottor Esti, talora indicato nel ricorso anche come "D’Esti") ed era proseguita il 10 dicembre successivo con un Collegio diversamente composto rispetto a quello davanti al quale, il 17 settembre, era iniziata la discussione stessa. Il suddetto mutamento nella composizione del Collegio, non statuito dal Presidente della CTR, sarebbe vietato (ad avviso del ricorrente) ai sensi sia degli artt. 30 e 35 del d.lgs. n. 546 del 1992, sia dell’art. 174 cod. proc. civ., come eccepito nel ricorso per cassazione. Il ricorrente precisa anche la composizione dei Collegi dell’11 giugno 2004, udienza fissata per la trattazione dell’istanza cautela conclusasi con il rigetto della richiesta sospensione, la fissazione dell’udienza di merito e la nomina del relatore nella persona del dottor Esti (Presidente e relatore Esti; componenti F. e M.); del 17 settembre 2004, udienza conclusasi con l’ordine di acquisire il processo verbale di constatazione ed i relativi allegati e con il rinvio a nuovo ruolo (Presidente I.; componenti D. e M., relatore); del 10 dicembre 2004, udienza di trattazione conclusasi con una riserva di decisione, presa ai sensi dell’art. 35 del d.lgs. n. 546 del 1992 e sciolta il 15 marzo 2005 (Presidente Esti; componenti Brioli e Migani, relatore).

2.1— Il motivo dì revocazione è inammissibile sotto tutti profili, non ricorrendo, nella specie, una ipotesi di errore revocatorio.

Al riguardo è sufficiente sottolineare che detto motivo si basa, in primo luogo, sull’assunto giuridico che l’udienza del 10 dicembre 2004 costituisse la mera prosecuzione della discussione dell’udienza del 17 settembre 2004 e che quindi fosse necessaria la medesima composizione del Collegio. La CS, invece, ha ritenuto di interpretare la vicenda (in base alla medesima descrizione dei fatti esposta nel ricorso per cassazione, compresa la circostanza che, in esito all’udienza del 17 settembre, la Commissione aveva disposto l’acquisizione del processo verbale di constatazione e degli allegati, con rinvio della causa a nuovo ruolo) nel senso che l’udienza del 10 dicembre 2004 andava qualificata come nuova udienza di discussione (nella quale si sarebbero dovute eventualmente discutere anche le nuove acquisizioni istruttorie) e che, quindi, aveva rilevanza solo l’identità tra i giudici di tale udienza e quelli delle camere di consiglio dello stesso 10 dicembre e del 15 marzo 2005 (data di scioglimento della riserva di cui all’art. 35 del d.lgs. n. 546 del 1992): identità pacifica in giudizio (oltretutto ribadita nello stesso ricorso per revocazione). Manca, pertanto, qualsiasi errore revocatorio da parte della CS sia nella rilevazione delle deduzioni della parte ricorrente per cassazione, sia nella ricostruzione della vicenda, il tutto risolvendosi in valutazioni palesemente incensurabili in questa sede.

In secondo luogo, l’omessa lettura della parte del motivo del ricorso per cassazione nella quale si lamentava che il giudice relatore era stato modificato (senza l’intervento di alcun provvedimento presidenziale) con la sostituzione in tale funzione del dottor Migani al dottor Esti (udienza del 10 dicembre 2004) prospetta una omissione palesemente non decisiva.

Va preliminarmente osservato, al riguardo, che la funzione del giudice istruttore dì cui all’evocato art. 174 cod. proc. civ. è del tutto diversa da quella del giudice relatore di cui agli artt. 30, 33, 34 e 35 del d.lgs. n. 546 del 1992: al primo è affidata l’istruzione della causa, al secondo solo l’esposizione al Collegio dei fatti rilevanti della causa stessa. Inoltre, il richiamo effettuato dall’art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992 alle norme del codice di procedura civile opera solo ove non sia diversamente disposto dal suddetto d.lgs. e nei limiti della compatibilità, laddove la figura del giudice istruttore non è prevista nel processo tributario, nel quale la funzione istruttoria è di norma riservata al Collegio. A parte tali rilievi (che porterebbero al rigetto della censura nella fase rescissoria del presente giudizio), va qui sottolineato che, nella specie, il giudice nominato dal Presidente quale relatore (dottor Esti) ha effettivamente partecipato all’udienza di discussione del 10 dicembre 2004 ed alle successive camere di consiglio (Esti, Presidente; Brioli, giudice; Migani giudice relatore). Dalla pronuncia della CS illustrata al punto precedente - secondo cui l’udienza rilevante per valutare il rispetto del principio dell’immutabilità del Collegio è solo quella del 10 dicembre 2004 - discende che l’esposizione dei fatti di causa effettuata dal Migani anziché dall’Esti (pure presente nel Collegio) integra non una nullità processuale, ma (al più) una mera irregolarità non rilevante per le parti (anche ove non fosse stata giustificata, come pure è possibile, da ragioni ed impedimenti contingenti). Occorre perciò concludere che, avendo la CS deciso di valutare solo la composizione del Collegio all’udienza di discussione del 10 dicembre 2004 e tenuto conto della pacifica partecipazione ad essa delI’Esti, è del tutto irrilevante che la relazione al Collegio fosse stata fatta dal Migani anziché dall’Esti: circostanza perciò comunque non decisiva e, quindi, inidonea a giustificare la revocazione.

3. " Con il secondo motivo di revocazione, viene censurata la parte della sentenza in cui si rinvia l’esame del terzo motivo del riccio per cassazione (attinente all’omessa valutazione da parte della CTR della documentazione depositata dal contribuente in appello, in quanto la CTR aveva dichiarato di aver deciso solo sulla base della documentazione acquisita in primo grado integrata con l’acquisizione della copia del processo verbale di constatazione) a quello del settimo motivo dello stesso ricorso (par. 8.2.).

Il ricorrente per revocazione osserva che la CS è incorsa nell’errore di identificare il terzo motivo del ricorso per cassazione con il settimo motivo e, nella trattazione di quest’ultimo, di avere poi omesso di esaminare il terzo motivo.

3.1. - Il motivo di ricorso per revocazione è inammissibile, perché basato sull’errato presupposto che il terzo motivo del ricorso per cassazione non sia stato trattato dalla CS unitamente all’esame del settimo motivo.

Nella trattazione di tale settimo motivo, infatti, la CS specifica espressamente di prendere in considerazione anche la censura (caratteristica del terzo motivo) attinente all’omessa valutazione da parte della CTR della documentazione depositata dal contribuente in appello (pag. 30, par. 12.1.2.2.), con evidente riferimento al passo della sentenza di appello in cui si dichiara che la decisione è basata sulla documentazione acquisita in primo grado integrata con l’acquisizione della copia del processo verbale di constatazione. Tale passo è riportato a pag. 3, par. 3. a) della sentenza della CS ed è richiamato ulteriormente proprio nella parte relativa all’esposizione del terzo motivo di ricorso per cassazione (pag. 16, par. 8.1.2.), che a sua volta rinvia, appunto, alla trattazione del settimo motivo. Anche nell’esposizione del settimo motivo, alla pag. 32, par. 12.1.2.3., lettera b), nonché alla pag. 34, par. 12.2.2., la CS precisa che la censura che sta esaminando riguarda anche il mancato vaglio da parte della CTR dei documenti prodotti dal ricorrente. Appare perciò evidente che, sotto questo specifico aspetto, i due motivi di ricorso per cassazione (terzo e settimo) sostanzialmente coincidono. Inoltre tali motivi, sempre per l’aspetto sopra indicato, sono stati effettivamente trattati congiuntamente dalla CS alle pagine 34 e 35 (par. 12.2.2.), che ha affermato 1*inammissibilità, per difetto di autosufficienza e genericità, della seconda subcensura del settimo motivo (par. 12.2.2.); inammissibilità evidentemente estensibile al terzo motivo (come visto, sostanzialmente identico in parte qua).

4. — Con il terzo motivo di revocazione, viene censurata la parte della sentenza in cui il quinto motivo del ricorso per cassazione (articolato in tre subcensure) viene dichiarato infondato ed inammissibile per difetto di autosufficienza (prima subcensura: par. 10.2.1.), ovvero inammissibile per irrilevanza e difetto di autosufficienza (seconda subcensura: par. 10.2.2.), nonché palesemente infondato (terza subcensura: par. 10.2.3).

Il motivo di revocazione è inammissibile.

4.1- Con la prima subcensura del quinto motivo del ricorso per cassazione (par. 10.2.1.) viene dedotta (secondo la ricostruzione operata dalla CS anche in base alle conclusioni finali espresse dal ricorrente per cassazione) l’acriticità dell’avviso di accertamento rispetto al processo verbale di constatazione della Guardia di finanza di Ravenna.

Il ricorrente per revocazione osserva che la CS - nel ritenere la subcensura, da un lato, infondata, perché la CTR aveva esposto le ragioni per cui i fatti descritti nel processo verbale di constatazione potevano essere legittimamente recepiti nell’awiso; e, dall’altro, inammissibile per difetto di autosufficienza, non essendo state illustrate, in relazione al caso concreto, le particolari ragioni di illegittimità dell’avviso derivanti dalla mera ricezione dell’atto istruttorio) è incorsa nell’errore di ritenere la subcensura non corredata dall’illustrazione delle invocate ragioni di nullità della sentenza della CTR. A dimostrazione, espone i richiami contenuti nel ricorso per cassazione al fatto che il processo verbale di constatazione, non allegato e non riprodotto nel suo contenuto essenziale, faceva riferimento ad atti di procedimenti penali e ad altri processi verbali di constatazione della Guardia di finanza riguardanti terzi (tra cui la ditta Pileri Listanti Mal vi sia e la s.r.l. Rainbow) e non conosciuti o conoscibili dal contribuente.

Il motivo è inammissibile in parte qua, perché: a) nel limitarsi a censurare la pronuncia della CS nella parte relativa alla ritenuta mancata illustrazione delle ragioni di illegittimità del l’avviso derivanti dalla mera ricezione dell’atto istruttorio, il ricorrente per revocazione si oppone ad una specifica valutazione sulla sufficienza delle ragioni addotte e, quindi, non denuncia un errore revocatorio; b) la CS ha ritenuto che il contribuente non avesse indicato i motivi concreti (attinenti alla fattispecie) per i quali la mera recezione dell’atto istruttorio nell’avviso di accertamento (in generale legittima) fosse eccezionalmente illegittima nella specie, mentre il ricorrente per revocazione adduce passi del ricorso per cassazione non pertinenti, in quanto attinenti al diverso fenomeno della inadeguatezza della relatio del processo verbale ad atti di procedimenti penali e ad altri processi verbali di constatazione non comunicati.

4.2. - Con la seconda subcensura del quinto motivo del ricorso per cassazione (par. 10.2.2.) viene dedotta (sempre secondo la ricostruzione operata dalla CS) l’illegittimità dell’esercizio, da parte della CTR, del potere di acquisire d’ufficio il processo verbale di constatazione ai sensi dell’art. 7, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992.

Il ricorrente per revocazione osserva che la CS - nel ritenere la subcensura inammissibile per irrilevanza e difetto di autosufficienza, perché la CTR aveva rilevato che già l’avviso riprendeva il complesso dei dati ed elementi contenuti nel processo verbale di constatazione, dandone compiuta contezza, e perché il contribuente non aveva specificamente illustrato le ragioni per le quali l’acquisizione del processo verbale aveva influenzato la decisione di appello - non aveva percepito

che il contribuente aveva, invece, specificamente dedotto sia che il giudice d’appello aveva acquisito d’ufficio il processo verbale al fine di non dichiarare nullo l’accertamento, sia l’illegittimità di tale acquisizione d’ufficio in quanto diretta ad integrare la carente motivazione dell’accertamento, ledendo il diritto di difesa della parte privata.

Il motivo è inammissibile in parte qua, perché: a) non coglie la ratio decidendi della sentenza della CS, la quale ha rilevato che in base alla decisione della CTR, l’acquisizione del processo verbale era irrilevante in quanto il contenuto di questo era riportato nell’avviso di accertamento, che ne aveva dato "compiuta contezza al C."; b) non fa riferimento ad alcun passo del ricorso per cassazione in cui si erano dedotti (nel rispetto del principio di autosufficienza) fatti concreti idonei ad escludere l’irrilevanza dell’acquisizione del processo verbale accertata dalla CTR; c) si limita ad obiettare che nel ricorso per cassazione era stato dedotto che l’avviso non riproduceva il contenuto essenziale del processo verbale e che era stata eccepita la nullità dell’avviso; d) non individua alcun errore revocatorio in senso proprio, opponendo al giudizio di insufficienza del motivo formulato dalla CS un proprio giudizio di sufficienza.

4.3. - Con la terza subcensura del quinto motivo del ricorso per cassazione (par. 10.2.3) viene dedotta (ancora secondo la ricostruzione operata dalia CS) l’omessa pronuncia sulla validità della motivazione dell’avviso di accertamento.

Il ricorrente per revocazione osserva che la CS - nel ritenere la subcensura palesemente infondata, perché la CTR si era espressa specificamente in proposito - è incorsa nell’errore di aver trascurato che nel ricorso per cassazione si era denunciata anche il difetto di motivazione dell’avviso di accertamento sotto il profilo che il processo verbale di constatazione, non allegato e non riprodotto nel suo contenuto essenziale, faceva riferimento ad atti di procedimenti penali e ad altri processi verbali di constatazione della Guardia di finanza riguardanti terzi (tra cui la ditta Pileri Listanti Malvisia e la s.r.l. Rainbow) e non conosciuti o conoscibili dal contribuente.

Il motivo è inammissibile in parte qua, perché la CS ha interpretato la domanda del ricorrente per cassazione in base alle conclusioni finali del motivo (riportate anche a pag. 68 del ricorso per revocazione), dalle quali emerge in modo inequivoco che la censura proposta riguardava l’omessa pronuncia della CTR sul difetto di motivazione dell’avviso e non anche l’omessa o insufficiente motivazione della CTR sul punto. Ne deriva che il motivo di revocazione è inammissibilmente diretto a censurare l’interpretazione (tra l’altro, fondata) data dalla CS al motivo di ricorso per cassazione.

5. - Con il quarto motivo di revocazione, viene censurata la parte della sentenza in cui il sesto motivo del ricorso per cassazione (articolato in quattro subcensure) viene dichiarato: inammissibile per difetto di autosufficienza (prima subcensura: par. 11.2.1.); in parte infondato ed in parte inammissibile (seconda subcensura par. 11.2r2.)| ¡rifondato ed inammissibile (terza subcensura: par. 11.2.3.); inammissibile (quarta subcensura: par. 11.2.4.).

Il motivo di revocazione è inammissibile.

5.1 — Con la prima subcensura del sesto motivo del ricorso per cassazione (par. 11.1.2.1.) viene dedotta la mancata rilevazione, da parte della CTR, dell’ultrapetizione della CTP, che aveva ritenuto dimostrata la residenza fiscale del contribuente in base alla residenza civilistica, cioè ad un criterio non contenuto nell’accertamento (che si riferiva solo alla nozione civilistica di domicilio e prescindeva dalla prova quantitativa dell’effettiva presenza del contribuente in Italia), e non aveva riscontrato la carenza di prove circa l’effettivo domicilio del contribuente stesso.

Il ricorrente per revocazione osserva che la CS - nel ritenere la subcensura inammissibile per difetto di autosufficienza, per la mancata riproduzione testuale nel ricorso per cassazione degli atti ritenuti rilevanti - è incorsa nell’errore revocatorio di non considerare i passi riportati (per esteso o per parafrasi) nel ricorso per cassazione relativi all’avviso di accertamento, alla sentenza di primo grado, alla sentenza di appello.

Il motivo è inammissibile in parte qua

In primo luogo, va osservato che nel ricorso per revocazione non viene riportato il contenuto del ricorso introduttivo del giudizio (di primo grado), ma solo si afferma che il motivo dì appello richiamato dalla CTR corrisponde alle censure contenute nel ricorso originario. In secondo luogo, il tenore del motivo di ricorso per cassazione (ultrapetizione) ha fatto ritenere alla CS (con valutazione in questa sede incensurabile) che fosse necessaria, ai fini dell’autosufficienza, la riproduzione ‘testuale" dei passi salienti degli atti pertinenti; riproduzione testuale che non è avvenuta per tutti gli atti indicati, come si riscontra dal ricorso per cassazione e come lo stesso ricorrente per revocazione sembra ammettere (sia pure dubitativamente) a pag. 76 del ricorso. In terzo luogo, la riproduzione non chiara degli atti (affidata ad una esposizione discorsiva, che non consente di individuare esattamente e con immediatezza il punto rilevante dell’atto, riportato in più punti separati da numerose pagine, cosi da non consentire alla Corte un efficace e rapido riscontro: nella specie, soprattutto per quanto attiene al contenuto dell’avviso di accertamento) non è superabile dal potere della Corte di esaminare direttamente gli atti di causa (come rilevato in premessa, al punto 1 di questo "Considerato in diritto"). In terzo luogo, il giudizio di difetto di autosufficienza passa, nella specie, attraverso una complessa interpretazione dell’avviso di accertamento, (eventualmente) del processo verbale di constatazione, del ricorso, della sentenza di primo e secondo grado, del contenuto del ricorso per cassazione. Ne deriva che la CS ha valutato le modalità necessarie per adempiere l’onere di autosufficienza ed ha ritenuto che queste non fossero nella specie sufficienti, perché la riproduzione dei passi salienti non poteva essere considerata né completa né (sempre) testuale. Non sussiste, pertanto, alcun errore revocatorio.

5.2. - Con la seconda subcensura del sesto motivo del ricorso per cassazione (par. 11.1.2.2.) viene dedotta l’erroneità della nozione dì domicilio utilizzata dalla CTR

Il ricorrente per revocazione deduce che la CS - nell’affermare che il ricorso era infondato nella parte in cui denunciava la mancata indicazione, da parte della CTR, di elementi probatori dimostrativi dell’"elezione" di domicilio dì Italia ed era inammissibile nella parte in cui denunciava l’esistenza di prove circa la residenza all’estero, senza però prospettare "specificamente" vizi di insufficienza o contraddittorietà motivazionale della sentenza di appello — non avrebbe percepito che nel ricorso per cassazione: a) era stato eccepito che la CTR aveva sostituito la nozione di residenza a quella di domicilio del contribuente (utilizzata dall’ufficio tributario; peraltro senza addurre, sempre ad avviso del ricorrente, elementi dimostrativi di una elezione di domicilio in Italia); b) era stata dedotta, oltre a vizi rientranti nei nn. 3 e 4 del comma primo dell’art. 360 cod. proc. civ., anche una motivazione "omessa su alcune eccezioni" e, comunque, nel complesso "contraddittoria e insufficiente" (la CTR avrebbe omesso di rilevare che la documentazione prodotta ed elencata provava che il contribuente non aveva mantenuto in Italia il suo punto di riferimento; la decisione della CTR sarebbe contraddittoria", perché "da un lato" affermava che ai fini del domicilio occorreva far riferimento a criteri quantitativi per gli interessi economici ed a criteri qualitativi per gli interessi non economici e, "dall’altro", aveva "omesso di rilevare" che in base ai criteri quantitativi e qualitativi il domicilio doveva considerarsi fissato nel Principato di Monaco).

Il motivo di revocazione è inammissibile, in parte qua, perché la CS non ha affatto omesso di esaminare le censure del ricorrente per cassazione (correttamente riportate al par. 11.1.2.1. ed al par. 11.1.2.2.), ma ha solo interpretato, valutato e deciso il motivo di ricorso per cassazione.

In particolare, quanto, al domicilio fiscale del contribuente, la CS ha puntualmente esaminato tutti gli aspetti della censura, osservando che la CTR aveva utilizzato "solo il criterio del domicilio" (par. 11.2.3., pag. 27) e rilevando, al riguardo: 1) in punto di diritto, che la norma applicabile era quella individuata dalla CTR, secondo il principio per cui "è soggetto passivo di IRPEF il cittadino italiano che, pur residente all’estero, stabilisca in Italia suo domicilio, ossia la sede principale degli affari ed interessi economici, nonché delle proprie relazioni personali" (la deduzione di ultrapetizione era stata oggetto, come visto, dell’esame della prima sub censura del motivo di ricorso per cassazione); 2) in punto di fatto, che era infondata l’asserzione del ricorrente secondo cui non erano stati addotti né dall'Ufficio tributario né dalla CTR elementi dimostrativi di una elezione di domicilio in Italia; 3) che il ricorrente, in ordine alla valutazione degli elementi indicativi dell’elezione di domicilio espressa dalla CTR, si era limitato a contrapporre la propria valutazione. Non ricorre, pertanto, alcuna ipotesi di errore revocatorio.

Quanto, poi, alla rilevata mancata prospettazione di vizi di insufficienza o contraddittorietà motivazionale della sentenza di appello, la CS ha ritenuto che la sentenza della CTR, con la subcensura in esame, non fosse stata "specificamente criticata sotto uno dei possibili vizi motivazionali". Ciò implica che tale valutazione di genericità delle deduzioni di vizi motivazionali esclude di per sé (in quanto valutazione) ogni errore revocatorio. È appena il caso di osservare, incidentalmente, che dal ricorso per revocazione (pagine 84, 85 e 86) emerge che il ricorrente per cassazione aveva proposto, sul punto, una mescolanza di motivi eterogenei di impugnazione tra loro sovrapposti ed incompatibili, cumulando in modo pressoché inestricabile violazioni dell’art. 360, comma primo, numeri 3, 4 e 5, cod. proc. civ. e che, anche in relazione ai vizi motivazionali, aveva prospettato profili scarsamente compatibili (omessa motivazione su alcune eccezioni; motivazione contraddittoria nel suo complesso), poco chiari (omessa motivazione trattata come omessa pronuncia e viceversa) e con terminologia non tecnica ("contraddittorietà" della sentenza tra una sua affermazione ed un "omesso esame" di prove). Tali dati (che avrebbero reso inammissibile il motivo: ex plurimis Cass. n. 5471 del 2008; n. 19443 del 2011; n. 12248 del 2013) evidenziano comunque, ad abundantiam, la effettiva genericità della deduzione di vizi motivazionali.

5.3 - Con la terza subcensura del sesto motivo del ricorso per cassazione (par. Ih 1.2.3.) viene denunciato il vizio derivante dall’aver la CTR basato l’accertamento del domicilio in Italia del contribuente sulla sua presenza in Italia e sul legame con la famiglia d’origine e dal non aver considerato che il C. aveva una propria vita "personale, affettiva e sentimentale" distinta da quella dei genitori e che anche per il domicilio sarebbe stata necessaria la prova della prevalenza del periodo di permanenza in Italia.

Il ricorrente per revocazione osserva che la CS - nel ritenere la subcensura, da un lato, infondata, perché l’accertamento non era basato sulla presenza in Italia e sul computo dei giorni in cui si era realizzata (essendo quest'ultimo criterio alternativo al domicilio ed alla residenza); e, dall’altro, inammissibile, perché per l’accertamento del domicilio, la CTR si era basata sulla valutazione di una pluralità di fatti, alla quale il ricorrente sì era limitato a contrapporre una propria diversa ricostruzione, "senza una critica specifica dell’accertamento dell’autorità" — non avrebbe percepito né che nel ricorso per cassazione era prospettata una diversa interpretazione del comma 2 dell’art. 2 del TUIR (nel senso che ai fini delle imposte sui redditi è residente in Italia chi, per la maggior parte del periodo d’imposta: pagg. 89 e 90 del ricorso per revocazione), né che la sentenza di appello era stata specificamente criticata in quanto nel ricorso era stato eccepito che il centro dei propri interessi e affettivi non poteva essere mantenuto solo animo presso i propri genitori.

Il motivo di revocazione è inammissibile in parte qua, perché si risolve in una critica dell’interpretazione di norme e della valutazione degli elementi probatori nel loro complesso fatte dalla CS.

In primo luogo, quanto al domicilio, la diversità di interpretazione del comma 2 dell’art. 2 del TUIR non può costituire un errore di fatto revocatorio. In proposito la CS, pur con espressioni talora imprecise in ordine alle deduzioni del contribuente, ha comunque preso in considerazione tali deduzioni (correttamente riportate al par. 11.1.2.2. ed al par. 11,1.2.4.) ed ha affermato (pag. 27, par. 11.2.3. ) che, contrariamente alle deduzioni del ricorrente, il criterio della prevalenza dei giorni di presenza nel territorio italiano era alternativo a quello di domicilio utilizzato dalla CTR (profilo più ampiamente trattato con l’esame della quarta subcensura): ciò esclude ogni rilevanza della censura per revocazione.

In secondo luogo, quanto alla mancata "critica specifica dell’accertamento dell’autorità" in ordine alla ricostruzione dei fatti, occorre rilevare che la valutazione in base alla quale la CS ha ritenuto che il "vizio motivazionale" dedotto (incentrato sull’assenza di rilevanza del legame con la famiglia di origine) non integra una "specifica" censura della motivazione, ma costituisce solo una generica doglianza, correlata ad .una diversa ricostruzione e ponderazione dei fatti, attività, come è noto, riservate al giudice di merito e che sono incensurabili in questa sede, non risolvendosi in un errore di fatto revocatorio.

5.4 - Con la quarta subcensura del sesto motivo del ricorso per cassazione (par. 11.1.2.4.) viene dedotta, quale vizio della sentenza di appello, la ritenuta irrilevanza del periodo di permanenza in Italia per almeno 183 giorni nel 1995,

Il ricorrente per revocazione deduce che la CS - nel ritenere inammissibile la subcensura, in quanto basata su una interpretazione del comma 2 dell’art. 2 del TUIR e dell’art. 43 cod. civ. diversa da quella corretta (cioè da quella secondo cui è residente in Italia la persona che stabilisce nel territorio la sede principale dei suoi affari ed interessi per la maggior parte del periodo d’imposta) ed in quanto non era stato contestato in modo specifico ed autosufficiente l’accertamento della relazione domiciliare con Priolo Terme - non avrebbe considerato che nel ricorso per cassazione era stato eccepito che la CTR non aveva ritenuto necessaria la prova della permanenza in Italia per almeno 183 giorni.

Il motivo di revocazione è inammissibile, in parte qua, perché si risolve nella prospettazione di una diversa interpretazione del comma 2 dell’art. 2 del TUIR e dell’art. 43 cod. civ., che la CTR e la CS hanno interpretato nel senso che la relazione domiciliare prescinde dalla presenza fisica nel territorio italiano ed è sufficiente che tale relazione (non "fisica") persista per la maggior parte del periodo d’imposta. La prospettazione di un’alternativa ermeneutica e l’opposizione all’accertamento della CTR della relazione domiciliare con Priolo Terme per la maggior parte del periodo d’imposta non integrano, perciò, un errore revocatorio.

6. - Con il quinto motivo di revocazione, viene censurata la parte della sentenza in cui il settimo motivo del ricorso per cassazione (articolato in quattro subcensure) viene dichiarato: infondato (prima subcensura: par. 12.2.1.); inammissibile per difetto di autosufficienza e genericità (seconda subcensura: par. 12.2.2.); infondato (terza subcensura: par. 12.2.3.); infondato (quarta subcensura, proposta in via subordinata: par. 12.2.4.).

6.1. — Con la prima subcensura del settimo motivo del ricorso per cassazione (par. 12.1.2.3. a.) viene dedotto il vizio della sentenza di appello per avere la CTR ammesso, in violazione del comma 4 dell’art. 7 del d.lgs. n. 546 del 1992 ed in favore della sola parte pubblica, vere e proprie prove testimoniali, tramite l’acquisizione del processo verbale di constatazione, contenente dichiarazioni di terzi controinteressati.

Il ricorrente per revocazione osserva che la CS - nel ritenere la subcensura infondata, perché le dichiarazioni di terzi raccolte dall’amministrazione finanziaria nella fase procedimentale hanno, nel processo tributario, l’efficacia probatoria propria degli elementi indiziari e possono dar luogo a presunzioni, ove rivestano i caratteri di gravità, precisione e concordanza - è incorsa nell’errore revocatorio di non aver considerato che alcune dichiarazioni di terzi non erano state raccolte in occasione dell’attività procedimentale svolta nei confronti del contribuente, ma erano contenute in processi verbali (non conosciuti o conoscibili dal contribuente stesso) redatti a carico di terzi.

Il motivo è inammissibile in parte qua.

Il ricorrente per revocazione, infatti, muove da una erronea interpretazione della sentenza, assumendo che la CS, avendo citato la decisione di questa Corte n. 9402 del 2007 (la quale, nel riferirsi espressamente all’ipotesi dedotta in quel giudizio, afferma che "gli elementi indiziari, come la dichiarazione del terzo - nella specie acquisita dalla guardia di finanza nel corso di un’ispezione, il cui verbale era stato debitamente notificato al contribuente -, concorrono a formare il convincimento del giudice"), ha inteso affermare che condizione necessaria per la valutazione delle dichiarazioni dei terzi è la notificazione al contribuente dei verbali in cui sono raccolte. L’erroneità di tale assunto è palese, in quanto, la CS ha solo inteso affermare che tali dichiarazioni debbono essere state portate a conoscenza del contribuente; condizione soddisfatta anche con la notificazione del verbale in cui sono riportate le dichiarazioni rese da terzi contenute in altri verbali redatti a carico di terzi (anche se non notificati al contribuente), nonché con la notificazione dell’avviso di accertamento in cui viene riportato il contenuto essenziale di dette dichiarazioni. Quest’ultimo è proprio il caso esaminato dalla CS, la quale, come visto supra al punto 4.2., ha preso atto che, secondo quanto accertato dalla CTR, l’avviso riprendeva il complesso dei dati ed elementi contenuti nel processo verbale di constatazione, dandone autosufficiente e "compiuta contezza" al contribuente. Inoltre, la CS, nel qualificare tali dichiarazioni di terzi come "elementi indiziari" e nel richiamare la consolidata giurisprudenza di questa Corte in proposito, ha escluso (con valutazione giuridica incensurabile per revocazione) che avessero natura di prove testimoniali in senso proprio.

6.2. - Con la seconda subcensura del settimo motivo del ricorso per cassazione (par. 12.1.2.3. b.) viene dedotto il vizio della sentenza di appello per avere la CTR omesso di vagliare gli elementi indiziari di cui al processo verbale di constatazione in comparazione con altri elementi indiziari e con i documenti prodotti dal ricorrente.

Il ricorrente per revocazione osserva che la CS - nel ritenere la subcensura inammissibile per difetto di autosufficienza e genericità - è incorsa nell’errore revocatorio di non considerare che i documenti prodotti in appello dall’appellante erano stati dettagliatamente elencati nel ricorso per cassazione con l’indicazione dei passi rilevanti e comunque con il sunto dei passaggi salienti (pagine 17,20, 53,61,65,66,67,68, 69, 70 del ricorso per cassazione).

6.2.1. - Il motivo di revocazione è fondato in parte qua. Appare evidente, infatti, che la CS, nel dichiarare il difetto di autosufficienza e genericità della subcensura, non ha preso in considerazione, per una mera svista, le numerose pagine del ricorso in cui sono stati indicate le parti degli atti processuali rilevanti e la specificazione degli elementi probatori fomiti dal contribuente di cui si lamentava l’omesso esame. Va notato che la decisione di inammissibilità presa al riguardo dalla CS si riferisce anche (per quanto rilevato supra al punto 3.1.) al terzo motivo del ricorso per cassazione. Le suddette censure, pertanto, debbono ritenersi autosufficienti e specifiche. La sentenza della CS, pertanto, va revocata sul punto.

6.2.2. - Nel merito (passando alla fase rescissoria del presente giudizio), il terzo motivo del ricorso per cassazione e la seconda subcensura del settimo motivo del medesimo ricorso non sono fondati.

6.2.2.1. - Con il terzo motivo, il ricorrente per cassazione denuncia la violazione degli artt. 58 e 36 del d.lgs. n. 546 del 1992, dell’art. 36; la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.; la violazione degli artt. 24 e 111 Cost.: la omessa, insufficiente e contraddittoria pronuncia su un punto decisivo della controversia; il tutto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ.

Secondo il ricorrente per cassazione, la CTR avrebbe omesso di valutare la documentazione legittimamente depositata dal contribuente in appello (tra cui dichiarazioni e contratti), come risultava dal fatto che la stessa CTR aveva dichiarato di aver deciso solo sulla base della documentazione acquisita in primo grado integrata con l’acquisizione della copia del processo verbale di constatazione.

6.2.2.2 Con la seconda subcensura del settimo motivo del ricorso, il ricorrente per cassazione denuncia la violazione degli artt. 36 del d.lgs. n. 546 del 1992, 112 cod. proc. civ., 3, 24 e 111 Cost., per avere la CTR omesso di vagliare gli elementi indiziari di cui al processo verbale di constatazione in comparazione con altri elementi indiziari e con i documenti prodotti dal ricorrente.

Secondo il ricorrente per cassazione, la CTR avrebbe: a) omesso di valutare la documentazione legittimamente depositata dal contribuente in appello (tra cui dichiarazioni e contratti), come risultava dal fatto che la stessa CTR aveva dichiarato di aver deciso solo sulla base della documentazione acquisita in primo grado integrata con l’acquisizione della copia del processo verbale di constatazione; b) riconosciuto portata indiziaria alle dichiarazioni dei terzi, sostenuto che la CTP si era basata anche su elementi obiettivi (estratti bancari, fatture a fronte di prestazioni agonistiche del C., disponibilità in Riolo Terme di una villa, intestazione di utenze, un pagamento ICI), ritenuto che tali aspetti sarebbero stati trascurati dall’appellante (nonostante si trattasse di mere congetture, prese in esame e confutate dal contribuente sia in primo grado che in appello); c) pronunciato senza considerare le prove fomite dalla parte privata sulla villa di Riolo Terme, sul rapporto del pilota con i suoi tifosi e sulla sua presenza fisica nel territorio italiano, prove che rendevano deboli le illazioni dell’ufficio tributario.

6.2.2.3. - Le suddette censure, che vanno esaminate congiuntamente, sono in parte infondate ed in parte inammissibili: infondate, in relazione al dedotto omesso esame dei documenti prodotti in appello; inammissibili, in relazione alla dedotta omessa, insufficiente o contraddittoria valutazione di tutti gli elementi probatori versati in giudizio.

Sotto il primo profilo (omesso esame dei documenti prodotti in appello), nonostante l’incipit della sua sentenza ("le censure formulate dall’appellante [...] esaminate allo stato della sola documentazione offerta in primo grado ed integrata con l’acquisizione officiosa di copia del p.v.c. delle G. di F" non sono fondate), la CTR ha in realtà preso in considerazione i documenti versati in giudizio dall’appellante, anche se non li ha singolarmente elencati e discussi analiticamente. Innanzitutto, la sentenza non ha inteso riferirsi al processo verbale di constatazione, ma (come chiarito in altra parte della motivazione, riportata alla lettera d del par. 3., pag. 4, della sentenza della CS), all’avviso di accertamento che, a suo avviso, dava autosufficiente e "compiuta contezza" al contribuente del contenuto del processo verbale. Inoltre, la medesima CTR ha valutato: a) le dichiarazioni sostitutive prodotte in appello dall’appellante, ritenendole di discutibile valenza probatoria e comunque non rilevanti (passo riportato nella lettera d del par. 3., pag. 6, della sentenza della CS); b) irrilevante l’accordo posto in essere tra il C. e la società olandese Robin Redbreast Enterprises BV, interpretato come un mero "schermo sociale", attraverso una interposizione (passo riportato nella lettera e del par. 3., pag. 7, della sentenza della CS; ammissione dello stesso ricorrente per cassazione, secondo cui la CTR aveva fornito "una arbitraria e apodittica interpretazione dell’accordo posto in essere operato tra il C. e la società olandese", interpretazione che ovviamente giustifica l’omessa discussione del contratto prodotto in giudizio lamentata dal ricorrente: vedi il passo del ricorso per cassazione riportato alla pag. 38, par. 13.1.2.. della sentenza della CS). Occorre perciò concludere che la CTR ha esaminato la documentazione prodotta in appello, ritenendola (sia pure motivando in modo estremamente sintetico ed a volte indiretto) inidonea a sostenere le ragioni del contribuente.

Sotto il secondo profilo (vizi di valutazione comparativa di tutti gli elementi probatori), la denuncia del ricorrente si risolve in una inammissibile richiesta di (ri) valutazione del complesso delle risultanze probatorie, ritenuta dal ricorrente stesso non condivisibile. Tale valutazione, infatti, è riservata al giudice di merito, che non deve esaminare analiticamente tutti i singoli elementi acquisiti in giudizio, ma deve solo dare conto, con motivazione (come nella specie) non arbitraria e priva di vizi logici e giuridici, della considerazione complessiva delle emergenze processuali. Va ribadito, in particolare, che la CTR dà conto (senza incorrere in vizi motivazionali) delle prove ritenute sufficienti a sostenere la conclusione esaminate, come ad esempio: estratti bancari, fatture a fronte di prestazioni agonistiche del C., disponibilità in Riolo Terme di una villa, rapporti con la SCI Glaser (proprietaria della villa in Riolo Terme) attraverso il socio sovrano Robin Redbreast Enterprises BV (cessionaria dell’utilizzo dell’immagine sportiva del C., ritenuta uno "schermo sociale", in base alle stesse dichiarazioni del C. riportate nel verbale di verifica del 7 dicembre 1999), intestazione di utenze, un pagamento ICI (in contrasto con l’apparenza di mero conduttore), dichiarazioni rese alla Guardia di finanza il 18 maggio 1997.

6.3- Con la terza subcensura del settimo motivo del ricorso per cassazione (par. 12.1.2.3. C.) si chiede la cassazione della sentenza di appello per avere la CTR omesso di valutare (in violazione degli artt. 2727 e 2729 cod. civ.) che l’accertamento era basato su una serie di presunzioni a catena, dirette a dimostrare prima il domicilio in Italia del contribuente, poi la conseguente attribuzione della titolarità di rapporti giuridici in Italia (come si desume dalla citazione testuale, riportata tra virgolette, contenuta nella sentenza della CS alla pag. 30, par. 12.1.2.2. e alla pag. 35, par. 12.2.3.) e, infine, la determinazione di un "reddito stellare".

Il ricorrente per revocazione osserva che la CS - nel ritenere la subcensura infondata, perché la CTR aveva chiarito, come involontariamente ammesso anche dallo stesso ricorrente nella formulazione della subcensura, che il domicilio era stato accertato per presunzioni, mentre il reddito imponibile era stato accertato mediante prove dirette - è incorsa nell’errore revocatorio di non aver considerato: a) una nota dell’Ufficio fiscale di Faenza, che ammetteva lacune probatorie del procedimento nella costruzione presuntiva; b) derivante da prove dirette e non presuntive la titolarità di rapporti giuridici e la materiale percezione del reddito da parte del contribuente; c) insussistente una catena di presunzioni serialmente collocate nella determinazione del domicilio, della titolarità di rapporti giuridici in Italia e nell’attribuzione della materiale percezione del reddito; d) che la contestazione della titolarità di rapporti giuridici in Italia e alla materiale percezione del reddito da parte del C. è contenuta nell’ottavo e non nel settimo motivo di ricorso per cassazione.

Il motivo di revocazione è inammissibile, in parte qua, perché: in primo luogo, l’affermazione contenuta nella sentenza che un motivo di ricorso porta il numero sette invece dell’otto non costituisce errore revocatorio, in quanto non viene né dedotta né argomentata la decisività del preteso "errore"; in secondo luogo, la denuncia che l’accertamento era basato su una serie di presunzioni a catena, dirette a dimostrare prima il domicilio in Italia del contribuente, poi la conseguente attribuzione della titolarità di rapporti giuridici in Italia e, infine, la determinazione di un "reddito stellare" è contenuta proprio nella terza subcensura del settimo motivo del ricorso per cassazione (come si desume dalla citazione testuale, riportata tra virgolette, contenuta nella sentenza della CS alla pag. 30, par. 12.1.2.2. e alla pag. 35, par. 12.2.3.); in terzo luogo, le affermazioni dell’autonomia delle presunzioni (e, quindi, dell’inesistenza di una praesumptio de praesumpto), nonché dell’esistenza di una prova diretta e non presuntiva costituiscono espressioni di valutazioni della CS e non attengono a fatti; in quarto luogo, la censura non sarebbe comunque decisiva, in quanto il ricorrente, al fine di contrastare la ricostruzione operata dall’ufficio ed accolta dalla CTR, intende sostanzialmente far valere la violazione di un inesistente "divieto di doppie presunzioni" o "divieto di presunzioni di secondo grado o a catena", cioè un divieto che (benché tralaticiamente ed incidentalmente menzionato in varie sentenze di questa Corte, in genere per affermarne l’inapplicabilità alle presunzioni legali) non è riconducibile ad alcuna norma dell’ordinamento, tantomeno agli artt. 2727 e 2729 cod. civ. (infatti, come è stato più volte sottolineato da autorevole dottrina, il fatto noto accertato in base ad una o più adeguate presunzioni può legittimamente costituire la premessa per una inferenza presuntiva idonea - ove, a sua volta, adeguata - a fondare l’accertamento del fatto ignoto: vedi, in tal senso, Cass. n. 1289 e n. 9348 del 2015); in quinto luogo, è palesemente irrilevante l’opinione circa la completezza delle risultanze istruttorie manifestata da un ufficio dell’Agenzia delle entrate (in contrasto con quanto ritenuto dagli uffici che hanno emesso gli atti impositivi) e disattesa (anche se implicitamente) dal giudice.

6.4- Con la quarta subcensura del settimo motivo del ricorso per cassazione (par. 12.1.2.3., ultimo periodo), proposta in via subordinata, viene richiesta la possibilità di utilizzare la prova testimoniale richiesta e negata dalla CTR e, pertanto, di ritenere rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale (in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost.) del divieto di prova testimoniale nel processo tributario posto dal comma 4 dell’art. 7 del d.lgs. n. 546 del 1992.

Il ricorrente per revocazione osserva che la CS — nel ritenere la questione manifestamente infondata, per essere stata già decisa dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 18 del 2000 e per non avere il contribuente prospettato profili nuovi (salvo il riferimento all’art. 111 Cost. la cui violazione era prospettata, però, in termini generici e non convincenti) — è incorsa nell’errore revocatorio di non aver considerato che nel ricorso erano stati dedotti quali nuovi profili, al fine di superare la sentenza n. 18 del 2000 della Corte costituzionale, il richiamo al nuovo parametro dell’art. 111 Cost., l’ampliamento della giurisdizione tributaria e la sentenza CGCE 24 marzo 1988 in causa C-104/86.: a) una nota dell’Ufficio fiscale di Faenza, Il motivo di revocazione è inammissibile, in parte qua, perché la valutazione della (non) novità dei profili di illegittimità costituzionale del suddetto divieto di prova per testi (rispetto allo scrutinio già espletato alla Corte costituzionale) non può integrare, trattandosi appunto di una valutazione giuridica e non di un fatto, un errore revocatorio.

Va sottolineato, ad abundantiam, che non costituiscono elementi idonei a dimostrare in modo obiettivo la prospettazione di nuovi profili di incostituzionalità né l’ampliamento della giurisdizione tributaria (argomento logicamente e giuridicamente ininfluente) né la citata sentenza della CGCE (di portata non generale, ma avente ad oggetto esclusivamente l’incompatibilità con l’ordinamento comunitario dell’art. 19 del decreto - legge n. 688 del 1982, quale convertito dalla legge n . 873 del 1982, che poneva l’onere di provare soltanto con la prova documentale che i diritti e le tasse nazionali di cui il contribuente aveva chiesto il rimborso, in quanto indebitamente corrisposti perché contrastanti con gli artt. 9 e seguenti e 95 del trattato CEE, non erano stati trasferiti su altri soggetti; limitazione, tra l’altro, venuta meno a séguito della sentenza della Corte costituzionale n. 114 del 2000) né, infine, il richiamo del nuovo parametro dell’art. Ili Cost. (riferimento insindacabilmente considerato dalla CTR generico e non convincente).

7. - Con il sesto motivo di revocazione, viene censurata la parte della sentenza in cui l’ottavo motivo del ricorso per cassazione (articolato in quattro subcensure) viene dichiarato: infondato (prima subcensura: par. 13.2.1.); in parte "fondato" ("risposta positiva" al quesito proposto), con riguardo alla nullità della sentenza di appello per omesso esame della copia del contratto esibito dal ricorrente (seconda subcensura: par. 13.2.2.); assorbito, in relazione alla decisione della seconda subcensura (terza subcensura: par. 13.2.3.); assorbito, in relazione alla decisione della seconda subcensura (quarta sub censura, proposta in via subordinata: par. 13.2.4.).

7.1. - Con la prima subcensura dell’ottavo motivo del ricorso per cassazione (par. 12.1.2.3. a,), viene chiesta la cassazione della sentenza di appello per avere la CTR ritenuto provato il reddito imponibile attraverso l’imputazione al contribuente di rapporti giuridici di altro soggetto (la società olandese Robin Redbreast Enterprises BV, con la quale gli sponsors avevano stipulato i contratti di sponsorizzazione riguardanti il C.), ritenuto interposto nonostante la carenza di elementi probatori in tal senso (violazione degli artt. 2727 e 2729 cod. civ.) e nonostante il contrasto con il giudicato formatosi in materia di IVA per lo stesso anno d’imposta (violazione dell’art. 2909 cod. civ.).

Il ricorrente per revocazione osserva che la CS - nel ritenere la subcensura infondata, perché non risultava depositata alcuna sentenza munita di clausola del suo passaggio in giudicato, "la cui efficacia possa essere estesa alla presente controversi - è incorsa nell’errore revocatorio di non avere rilevato che era stata depositata copia della sentenza della CTP di Ravenna n. 289/01/01, recante la formula di passaggio in giudicato, relativa all’IVA del 1998 e favorevole al contribuente.

Il motivo di revocazione è inammissibile, in parte qua, perché non coglie la ratio decidendi della sentenza della CS, la quale afferma non l’inesistenza in atti di un documento denominato sentenza della CTP di Ravenna n. 286/01/01 recante l’attestazione di passaggio in giudicato, ma nega l’efficacia di giudicato di detta sentenza in relazione alla controversia in esame. Si tratta, dunque, di una valutazione giuridica della CS, evidentemente basata sia sulla diversità delle imposte (implicitamente ritenuta ostativa dell’estensione del giudicato), sia sul riconoscimento dell’inesistenza del suddetto giudicato (come desumibile da altra pronuncia della medesima Corte di cassazione resa tra le stesse parti). A quest’ultimo proposito giova rilevare che il giudicato invocato dal contribuente, non solo riguarda altra imposta, ma è espressamente escluso dalla sentenza di questa Corte n. 11186 del 2010 (ciò che rende comunque irrilevante il motivo di revocazione qui in esame).

Va ricordato infatti che, in base a detta decisione (la circostanza è rilevabile d’ufficio), la Guardia di finanza di Ravenna aveva proceduto ad una verifica nei confronti del contribuente per gli anni dal 1995 al 1998: all’esito era stato emesso il processo verbale di constatazione del 17 dicembre 1999. Era seguito un supplemento di indagine, per il 1998, documentato dal processo verbale di constatazione datato Io agosto 2000. Sulla scorta di tali processi verbali di constatazione, l’ufficio IVA di Ravenna (cioè un ufficio periferico del MEFI aveva emesso quattro avvisi di rettifica relativi all’IVA (dal n. 824195/00 al n. 824198/00, riguardanti, rispettivamente, gli anni d’imposta dal 1995 al 1998, notificati al contribuente il 13 dicembre 2000, presso il dottor Caroli di Imola). Il contribuente aveva proposto ricorso avverso tali avvisi davanti alla CTP di Ravenna notificando i ricorsi mediante deposito a mano il 12 febbraio 2001 (come riferito dalla CTR e dalla sentenza della Corte di cassazione). I ricorsi (di identico contenuto) erano stati notificati sia all’ufficio IVA di Ravenna, quale ufficio periferico del MEF. sia all’ufficio IVA di Faenza dell’Agenzia delle entrate. Presso la CTP erano stati iscritti a RGR sia i ricorsi proposti nei confronti dell’ufficio IVA di Ravenna sia quelli proposti nei confronti dell'ufficio IVA di Faenza. Nei quattro giudizi di cui ai ricorsi proposti nei confronti dell’ufficio IVA di Ravenna del MEF si era costituita il 15 giugno 2001 l’Agenzia delle entrate di Faenza, divenuta competente; l’atto di costituzione, denominato "nota", risulta menzionato nelle sentenze pertinenti. Negli altri quattro giudizi di cui ai ricorsi proposti nei confronti dell’ufficio IVA di Faenza dell’Agenzia delle entrate si era costituito il 15 giugno 2001 l’ufficio delle entrate" di Faenza. Tutti gli otto ricorsi erano stati accolti dalla CTP. In particolare: A) le sentenze relative età ai giudizi di cui ai ricorsi proposti nei confronti dell’ufficio IVA di Ravenna del MEF (deliberate il 21 settembre 2001 e depositate il 26 ottobre 2001) risultano passate in giudicato (come da attestazione rilasciata dalla segreteria della CTP di Ravenna) in data 11 dicembre 2002, in quanto non appellate (rispettivamente: a.l- RGR n. 312/01, anno d’imposta 1995, sentenza n. 286/01; a.2.- RGR n. 313/01, anno d’imposta 1996, sentenza n. 287/01; a.3.- RGR n. 314/01, anno d’imposta 1997, sentenza n, 288/01; a.4.- RGR n. 315/01, anno d’imposta 1998, sentenza n. 289/01; B) le sentenze relative cui ai giudizi di cui ai ricorsi proposti nei confronti dell’ufficio IVA di Faenza dell’Agenzia delle entrate fan eh1 esse deliberate il 21 settembre 2001 e depositate il 26 ottobre 2001) risultano tutte appellate dall’Agenzia delle entrate, ufficio di Faenza, e dal MEF, con appelli tutti accolti dalla CTR in data 19 aprile 205, con sentenze depositate il 17 maggio 2005 e notificate il 5 luglio 2005 (rispettivamente: b.l — RGR n. 316/01 presso la CTP, anno d’imposta 1995, sentenza della CTP n. 290/01, sentenza di accoglimento dell’appello, da parte della CTR, n. 52/11/05; b.2 - RGR n. 317/01 presso la CTP, anno d’imposta 1996, sentenza della CTP n. 291/01, sentenza di accoglimento dell’appello, da parte della CTR, n. 53/11/05; b.3 - RGR n. 318/01 presso la CTP, anno d’imposta 1997, sentenza della CTP n. 292/01, sentenza di accoglimento dell’appello, da parte della CTR, n. 54/11/05; b.4 - RGR n. 319/01 presso la CTP, anno d’imposta 1998, sentenza della CTP n. 293/01, sentenza di accoglimento dell’appello, da parte della CTR, n. 55/11/05). II contribuente aveva poi impugnato per cassazione le sentenze della CTR e la Corte suprema di cassazione ha deciso al riguardo con la sentenza n. 11186 del 2010, con la quale ha rigettato l’eccezione di giudicato delle sentenze della CTP di Ravenna (conformemente, del resto, alle pronunce della CTR, per la quale le sentenze della CTP da n. 286/01 a n. 289/01 "non erano emettibili") sull’assunto dell’inesistenza giuridica, all’epoca, dell’ufficio IVA di Ravenna, quale ufficio periferico del MEF. In particolare, la citata sentenza di questa Corte afferma che non poteva essere opposto all’Agenzia delle entrate alcun giudicato relativo a giudizi promossi dal contribuente il "12 febbraio 2001" nei confronti di un ufficio periferico del Ministero dell’economia e delle finanze (l’ufficio IVA di Ravenna) che a quella data non era più giuridicamente esistente, avendo perso ogni competenza e legittimazione processuale fin dal 1° gennaio 2001, con riguardo alle funzioni trasferite alla suddetta agenzia fiscale. In primo luogo, infatti, legittimato passivo, al momento della notificazione del ricorso in primo grado, era esclusivamente l’ufficio locale dell’Agenzia delle entrate e non l’ufficio periferico del MEF; in secondo luogo, poi, il giudicato formatosi a séguito di tale giudizio non è opponibile al soggetto, non evocato in giudizio, che sarebbe stato passivamente legittimato.

Va soggiunto, per completezza, che questa Corte, con pronuncia resa nel giudizio RGN 17304/2011, ha dichiarato inammissibile il motivo di ricorso per revocazione proposto, sul punto, dal contribuente avverso la citata sentenza della Corte di cassazione n. 11186 del 2010.

7.2. - Con la seconda subcensura dell’ottavo motivo del ricorso per cassazione (par. 13.1.2. b.) viene dedotta la nullità della sentenza di appello per avere la CTR omesso di valutare la documentazione probatoria prodotta dal ricorrente ed avere omesso di esercitare i poteri istruttori per acquisire documentazione dall’Olanda al fine di accertare l’estraneità del contribuente alla compagine sociale della società olandese Robin Redbreast Enterprises BV, che gestiva la sua immagine ed attività sportiva ed alla quale erano imputati i compensi percepiti dal team e dagli sponsors. In particolare, si denuncia la violazione degli artt. 7, 36 e 58 del d.ls. n. 546 del 1992 e 112 cod. proc. civ.

Il ricorrente per revocazione osserva che la CS - nel fornire risposta "positiva, [...] con riguardo alla considerazione della copia del contratto esibito dal ricorrente", al quesito con cui si chiedeva dichiararsi la nullità della sentenza della CTR - ha accolto la subcensura (come dimostrato anche dalla successiva dichiarazione di assorbimento delle successive due sub censure), ma ha poi rigettato il motivo nel dispositivo (par. 15.1.: "rigetto del ricorso").

7.2.1. - Il motivo di revocazione è fondato in parte qua. Appare evidente, infatti, il contrasto insanabile tra motivazione (di accoglimento della subcensura) e dispositivo (di rigetto della medesima subcensura), senza che sia possibile individuare una qualsiasi ratio decidendi (data anche la laconicità della motivazione, perfettamente simmetrica al dispositivo) e senza che sia possibile attivare un procedimento di correzione di errore materiale (Cass. sezioni unite n. 11348 del 2013, qui citata solo in relazione a tale ultimo aspetto; sezione semplice n. 28523 del 2013). La sentenza della CS, in quanto non interpretabile - nella specie - neppure in sede esecutiva, va pertanto revocata sul punto (si aderisce al riguardo, al fine di evitare una impasse, all’impostazione di Cass. n. 21521 del 2005).

7.2.2. Nel merito (passando alla fase rescissoria del presente giudizio), la seconda subcensura dell’ottavo motivo del ricorso per cassazione non è fondata.

La CTR, infatti, come rilevato supra, al punto 6.2.2.3.(al quale si rinvia), & nonostante l’incipit della sua sentenza ("le censure formulate dall’appellante [...] esaminate allo stato della sola documentazione offerta in primo grado ed integrata con l’acquisizione officiosa di copia del p.v.c. delle G. di F" non sono fondate), ha in realtà preso in considerazione i documenti versati in giudizio dall’appellante, anche se non li ha singolarmente elencati e discussi analiticamente ed ha poi ritenuto tale documentazione (sia pure motivando in modo estremamente sintetico ed a volte indiretto) inidonea a sostenere le ragioni del contribuente. La medesima CTR, poi, come sopra visto, ha proceduto alla valutazione comparativa di tutti gli elementi probatori. La denuncia del ricorrente, dato il rilevato ampio esame compiuto dal giudice di appello delle risultanze di causa, si risolve in una inammissibile richiesta di (ri) valutazione del complesso di tali risultanze. Tale valutazione, infatti, è riservata al giudice di merito, che non deve esaminare analiticamente tutti i singoli elementi acquisiti in giudizio, ma deve solo dare conto, con motivazione (come nella specie) non arbitraria e priva di vizi logici e giuridici, della valutazione complessiva delle emergenze processuali. Va sottolineato che la mancata discussione del contenuto del contratto stipulato tra il C. con la società olandese (e dei contratti degli sponsors con tale società) è diretta conseguenza della ritenuta interposizione della società a fini elusivi.

7.3. - Con la terza subcensura dell’ottavo motivo del ricorso per cassazione (par. 13.1.2.C.) viene dedotta la mancata valutazione, da parte della CTR, del contratto (prodotto in giudizio) tra il C. e la società olandese Robin Redbreast Enterprises BV, con conseguente violazione del principio di autonomia contrattuale e di capacità contributiva, nonché degli artt. 2222 cod. civ., 1, 49 e 50 del d.P.R. n. 917 del 1986 (data la mancanza di prova dei compensi contestati, nonostante gli accertamenti bancari effettuati).

Il ricorrente per revocazione osserva che la CS - nel ritenere la subcensura assorbita, in relazione alla decisione della seconda subcensura - incorre nello stesso vizio sopra denunciato (contrasto insanabile tra motivazione, che dichiara l’assorbimento per la fondatezza della seconda subcensura, e dispositivo, che rigetta la medesima terza subcensura).

7.3.1. - Il motivo di revocazione è fondato in parte qua per le stesse ragioni viste al punto 7.2.1.

7.3.2. - Nel merito (passando alla fase rescissoria del presente giudizio), la terza subcensura dell’ottavo motivo del ricorso per cassazione non è fondata per le stesse ragioni viste al punto 7.2.2.

7.4. - Con la quarta subcensura dell’ottavo motivo del ricorso per cassazione (par. 13.1.2. d.) viene dedotta la violazione dell’art. 50 del d.P.R. n. 917 del d.P.R. n. 917 del 1986 per non avere riconosciuto alcun concorso di spese nonostante la richiesta del contribuente, fin dal primo grado, di riconoscergli (nell’ipotesi in cui il giudice avesse ritenuto provata la percezione di redditi da lavoro autonomo) un concorso di spese, calcolato forfetariamente, sui compensi.

Il ricorrente per revocazione osserva che la CS - nel ritenere la subcensura assorbita, in relazione alla decisione della seconda subcensura — incorre nello stesso vizio sopra denunciato (contrasto insanabile tra motivazione, che dichiara l’assorbimento per la fondatezza della seconda subcensura, e dispositivo, che rigetta la medesima terza subcensura) e nell’errore revocatorio di avere omesso di leggere la subcensura.

7.4.1. - Il motivo di revocazione è fondato in parte qua. Appare evidente, infatti, il contrasto insanabile tra motivazione (di assorbimento della quarta subcensura per raccoglimento della seconda subcensura ) e dispositivo (di rigetto della medesima quarta subcensura), senza che sia possibile individuare una qualsiasi ratio decidendi (data anche la laconicità della motivazione, perfettamente simmetrica al dispositivo) e senza che sia possibile attivare un procedimento di correzione di errore materiale. Inoltre, il difetto di consequenzialità tra la seconda subcensura (mirante ad escludere l’imputabilità dei redditi al contribuente) e la quarta (proposta in via subordinata, nel caso in cui detti redditi fossero ritenuti di lavoro autonomo ed imputati al contribuente) evidenzia che la quarta subcensura, per una mera svista non è stata letta dalla CS. La sentenza della CS va pertanto revocata sul punto.

7.4.2. - Nel merito (passando alla fase rescissoria del presente giudizio), la quarta subcensura dell’ottavo motivo del ricorso per cassazione è inammissibile per difetto di autosufficienza. Infatti né nel ricorso per revocazione (in cui vengono trascritti i passi del ricorso per cassazione riguardanti la subcensura in esame) né nel ricorso per cassazione (nei passi trascritti) vengono testualmente riprodotti gli atti del processo (ricorso di primo grado; appello) in cui viene proposta e motivata (nei suoi esatti termini) la domanda di riconoscimento di spese forfetarie.

8 - Con il settimo motivo di revocazione, viene censurata sia la parte della motivazione della sentenza della CS rappresentata dalle "Conclusioni" (par. 15.1., pag. 43) in cui si afferma che "Le precedenti dichiarazioni comportano il rigetto del ricorso", sia la parte del dispositivo in cui si statuisce "La Corte rigetta il ricorso". Secondo il ricorrente per revocazione, la CS sarebbe incorsa in errore revocatorio per avere concluso per il rigetto anche di quelle censure che nella motivazione sono state accolte (v. supra ai punti 7.2; 7.3.; 7.4.).

Il motivo di revocazione è inammissibile, perché i punti della sentenza della CS recanti un contrasto tra motivazione e dispositivo sono stati revocati e, in fase rescissoria, le relative censure per cassazione sono state respinte (punti 7.2.1; 7.2.2.; 7.3.1.; 7.3.2.; 7.4.1.; 7.4.2.). Ne deriva che la formula del rigetto del ricorso contenuta nella motivazione e nel dispositivo della sentenza della CS impugnata è corretta e va mantenuta.

9. - Con l’ottavo motivo di revocazione viene censurata la pronuncia con cui viene rigettato il ricorso per cassazione proposto dal contribuente, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in € 20.100,00, di cui € 20.000,00 per onorari, oltre contributo unificato ed accessori di legge. Secondo il ricorrente per revocazione la decisione si fonderebbe sull’erroneo presupposto che il contribuente non ha pagato il contributo unificato.

9.1. - Il motivo è inammissibile, perché si basa su una erronea interpretazione della sentenza impugnata. Questa, infatti (a parte ogni altra considerazione), non ha affatto dato per presupposto (erroneo) il mancato pagamento del contributo unificato, ma si è limitata a liquidare l’importo delle spese di lite al netto del contributo.

10. - Le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza del ricorrente e tengono conto della proposizione di complessivi 19 motivi di ricorso per revocazione (variamente numerati) esposti in 222 pagine di ricorso ed illustrati con una memoria del ricorrente di 36 pagine. Il valore dichiarato della lite è di € 2.916.780,00.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso per revocazione in relazione ai motivi quinto e sesto, nei sensi di cui in motivazione; dichiara inammissibili gli altri motivi di ricorso per revocazione; revoca, per quanto di ragione ed in relazione ai motivi accolti, la sentenza di questa Corte n. 12260 del 2010; rigetta i motivi di ricorso per cassazione terzo ed ottavo proposti avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna n. 82/04/05, fermo il resto della predetta sentenza di questa Corte; condanna il ricorrente a rimborsare all’Agenzia delle entrate le spese del presente giudizio di revocazione, che si liquidano in € 8.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.