Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 04 settembre 2015, n. 17631

Contributi - Riscossione - Cartella notificata a società di persone estinta - Fattispecie

 

Ragioni di fatto e di diritto della decisione

 

1. Con sentenza del 21 febbraio 2009, la Corte d'appello di Brescia ha rigettato l’impugnazione proposta da L.C. contro la sentenza resa dal Tribunale di Bergamo che aveva rigettato la opposizione proposta dall’appellante contro la cartella di pagamento notificatagli il 24/5/2005, e con la quale gli era stato intimato il pagamento di € 55.724,09 per contributi omessi e somme relative al periodo gennaio 1993-dicembre 1997.

2. La Corte territoriale ha ritenuto che la notificazione della cartella eseguita in data 5/6/2001 presso la sede legale della C. s.a.s., di cui il C. era socio accomandatario, a mani di un’impiegata addetta al ritiro, era valida, essendo irrilevante l’avvenuta cancellazione della società dal registro delle imprese. Ne conseguiva che la mancata opposizione alla cartella nei termini di decadenza aveva reso definitivo l’accertamento in essa consacrato e preclusa la possibilità del socio di rimettere in discussione le questioni di merito, salvo le eccezioni relative al contratto sociale che, nella specie, non erano state dedotte.

3. Contro la sentenza il C propone ricorso per cassazione sostenuto da quattro motivi, illustrati da memoria, cui resistono Equitalia Esatri s.p.a. con controricorso e l’INPS con delega in calce al ricorso, mentre non svolge attività difensiva la S. s.p.a.

4. Con il primo motivo il ricorrente censura la sentenza per falsa applicazione degli artt. 2495 e 2312 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1°, n. 3, c.p.c. Sostiene che non è mai stata posta in discussione la responsabilità dei soci o dei liquidatori in caso di cancellazione della società, anche per il periodo successivo alla cancellazione. Assume, tuttavia, che la cartella esattoriale avrebbe dovuto essere notificata a lui personalmente, nella qualità di socio accomandatario illimitatamente responsabile, e non invece presso la ex sede legale della società, ormai cancellata e a tutti gli effetti estinta. Proprio la nuova formulazione dell’art. 2495 c.c. — secondo cui la domanda, se proposta entro un anno dalla cancellazione, può essere notificata presso l'ultima sede della società - avrebbe dovuto indurre la Corte bresciana a ritenere la "novità" di tale norma rispetto al sistema previgente (nel cui contesto si poneva la vicenda in esame), disciplinato dall’art. 2312 c.c. secondo cui "i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci". Formula il seguente quesito di diritto: "dica la Suprema Corte di cassazione se, correttamente interpretando l’art. 2312 c.c. nella sua formulazione vigente all’epoca del fatto, possa considerarsi valida ed efficace la notifica eseguita nei confronti di una società cancellata presso la sua ex sede sociale, ovvero se essa debba essere compiuta presso il legale rappresentante o comunque presso il socio nella sua residenza".

5. Con il secondo motivo denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 46 e 145 c.c. e sostiene che la notificazione eseguita presso la ex sede legale della società, e, in specifico, in Monza, presso lo studio del suo commercialista, non è equiparabile alla sede effettiva, quanto meno ai fini della notifica, in caso di cancellazione della società. Dalla visura prodotta in primo grado emergeva infatti con chiarezza che l’attività della C. s.a.s. era svolta presso l’unità locale ubicata in Caravaggio, unità "cessata" al momento della cancellazione. Ai sensi dell’art. 46 c.c. doveva intendersi per sede effettiva il luogo di concreto svolgimento delle attività amministrative e di direzione dell’ente, e non anche quello che era stata la sede legale, coincidente con Io studio del commercialista. Chiede pertanto che questa Corte dichiari se "applicando correttamente l'art. 145 c.p.c. e l’art. 46 c.c., la notifica effettuata nei confronti di una società cancellata dal registro delle imprese debba avvenire nelle forme di cui alla citata prima norma e se, del caso, possa ritenersi rituale la notifica presso lo studio di un commercialista dove era insediata la sede legale ma non la sede effettiva della società.

6. Il terzo motivo si incentra sull’erronea applicazione degli artt. 139 e ss. c.p.c., "nell’individuazione del soggetto validamente idoneo al ritiro del plico in assenza del destinatario". Ribadisce che, proprio perché la società era cessata e cancellata dai pubblici registri, essa non poteva più dirsi insediata presso la sua sede legale. La persona che risultava aver ritirato il piego, indicata nella relata di notifica come "impiegata addetta al ritiro", era in realtà impiegata dello studio del commercialista, ma non si era mai qualificata come mandataria della C. s.a.s. o di esso ricorrente. Inoltre dalla stessa relata risultava che della consegna era stato informato il contribuente con raccomandata, ma non vi era prova di questa raccomandata. In sintesi, ritiene che la cartella notificata in data 5/6/2001 era stata consegnata persona non certa, né identificata, né riconducibile in alcun modo alla società C. s.a.s., ormai inesistente al momento della notifica. Chiede pertanto che questa Corte dichiari se "correttamente applicando gli artt. 139 e seguenti c.p.c, la notifica effettuata a mani di un soggetto del tutto estraneo alla società destinataria dell’atto possa dirsi efficace e ritualmente avvenuta".

7. L’ultimo motivo è invece fondato sulla violazione o falsa applicazione dell’art 2945 c.c., in relazione agli artt. 139 e 145 c.p.c. Asserisce che la notifica ad un soggetto divenuto inesistente presso la vecchia sede legale, anch’essa ormai non più esistente, nonché consegnata ad un soggetto diverso dal contribuente che si è qualificato come addetto ad altro ente, non può essere ritenuto idoneo ad interrompere la prescrizione.

8. I motivi, per la connessione logica che li avvince, meritano una trattazione congiunta. Essi sono infondati, oltre a presentare profili di inammissibilità.

9. Occorre muovere dalle sentenze delle Sezioni Unite di questa Corte del 22 febbraio 2010, nn. 4060, 4061 e 4062 del 2010, con le quali si è affermata la portata innovativa dell'art. 2495 cod. civ. così come riformato col D.Lgs. n. 6 del 2003. Ne è seguito, tra gli altri, il principio di diritto, da applicarsi al caso di specie, in forza del quale in tema di società, una lettura costituzionalmente orientata dell'art. 2495 c.c., comma 2, come modificato dal D.Lgs. 11 gennaio 2003, n. 6, art. 4, nella parte in cui ricollega alla cancellazione dal registro delle imprese l'estinzione immediata delle società di capitali, impone un ripensamento della disciplina relativa alle società commerciali di persone, in virtù del quale la cancellazione, pur avendo natura dichiarativa, consente di presumere il venir meno della loro capacità e soggettività limitata, negli stessi termini in cui analogo effetto si produce per le società di capitali, rendendo opponibile ai terzi tale evento, contestualmente alla pubblicità nell’ipotesi in cui essa sia stata effettuata successivamente all'entrata in vigore del D.Lgs. n 6 del 2003, e con decorrenza, dal 1 gennaio 2004 nel caso in cui abbia avuto luogo in data anteriore (Cass. S.U. n. 4060/10).

10. Come ribadito anche dalla più recente sentenza a Sezioni Unite n. 6070/13, la regola di cui sopra, per ragioni di ordine sistematico, desunta anche dal disposto del novellato l. fall., art. 10, è applicabile anche alla cancellazione volontaria delle società di persone dal registro delle imprese, quantunque tali società non siano direttamente interessate dalla nuova disposizione dell’art. 2495 e sia rimasto per loro in vigore l'invariato disposto dell'art. 2312 c.c. (integrato, per le società in accomandita semplice, dal successivo art. 2324 c.c.). Pertanto, poiché è incontestato che la C. s.a.s. è stata cancellata dal registro delle imprese in data 7 marzo 2001, l'evento della cancellazione è divenuto opponibile ai terzi soltanto a far data dal 1 gennaio 2004.

11. Corollario di quanto sopra è che, al momento della notificazione della cartella di pagamento (5/6/2001), la società doveva ritenersi ancora giuridicamente esistente, con tutti gli effetti conseguenti in ordine alla identificazione del luogo di notificazione della cartella di pagamento, correttamente avvenuta presso la sua sede legale, non operando l'effetto estintivo immediato della cancellazione se non a far data dal 1 gennaio 2004 (Cass , 8 agosto 2013, n. 18923; v. pure Cass., 24 settembre 2003, n. 14147, che, con riferimento ad un rapporto previdenziale passibile di accertamento, ha ritenuto che legittimamente l’amministrazione fa valere la pretesa fiscale direttamente nei confronti della società e notifica l'avviso di accertamento al soggetto che la rappresentava prima della formale cancellazione, permanendo in quest'ultimo, per i rapporti non definiti o rimasti in sospeso, la relativa rappresentanza sostanziale e processuale, seguito da Cass., 26 settembre 2008, n. 25472).

12. Deve aggiungersi che, con riguardo ai motivi inerenti alla diversità della sede effettiva rispetto a quella legale, alla consegna dell’atto a persona non legittimata alla sua ricezione e alla mancanza dell’invio di un’ulteriore raccomandata "al contribuente", essi si profilano inammissibili per difetto di autosufficienza. La parte, invero, non trascrive integralmente la relata di notifica né la visura camerale, né offre precise indicazioni circa la sua facile reperibilità nel presente giudizio. In tal modo, risulta non osservato il duplice onere imposto, a pena di inammissibilità del ricorso, dall’art. 366, primo comma, n. 6, c.p.c., e, a pena di improcedibilità, dall’art. 369, secondo comma, n. 4, c.p.c. di indicare esattamente nell'atto introduttivo in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovi l’atto o il documento in questione, e di evidenziarne il contenuto, trascrivendolo o riassumendolo nei suoi esatti termini, al fine di consentire al giudice di legittimità di valutare la fondatezza del motivo, senza dover procedere all'esame dei fascicoli d'ufficio o di parte (v. da ultimo, Cass., 12 dicembre 2014, n. 26174; Cass., 7 febbraio 2011, n. 2966).

13. Per contro, la Corte ha dato atto che la notificazione è avvenuta presso la sede legale della società risultante dalla visura camerale e che l’atto è stato consegnato a persona che si è qualificata come addetta al ritiro. Si è dunque in presenza di una notificazione rituale, dovendosi infatti considerare che "fino a prova contraria, anche per le società prive di personalità giuridica (ma comunque iscritte nel registro delle imprese) si deve presumere la coincidenza tra sede legale e luogo di svolgimento continuativo dell'attività sociale" (Cass.,ord., 21 luglio 2006, n. 16800). Inoltre, vale il principio espresso da Cass. 6 agosto 1997, n. 7279 che valorizza le indicazioni (tra le quali quella relativa alla sede) contenute nell'atto costitutivo e nelle relative registrazioni quale sistema di garanzia per i terzi e di pubblicità legale (in tal senso, Cass. 25 settembre 2012, n. 16245).

14. In definitiva, il ricorso deve essere rigettato. Il ricorrente deve essere^condannato al pagamento, in favore di Equitalia Esatri s.p.a. e dell’INPS (quest’ultimo limitatamente all’attività difensiva svolta per lo studio della causa e la partecipazione alla discussione orale), delle spese del presente giudizio, in applicazione del criterio della soccombenza. Nessun provvedimento sulle spese deve invece essere adottato nei confronti della S.C.C.I. s.p.a., che non ha svolto attività difensiva.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida, in favore dell’INPS, in € 100,00 per esborsi e € 1.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge, e, in favore di Equitalia Esatri s.p.a., in € 100,00 per esborsi e € 2.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge. Nulla per le spese nei confronti della S s.p.a.