Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 26 agosto 2015, n. 17172

Tributi - Accertamento induttivo - Avviso motivato per relationem alle risultanze del PVC - Carenza di motivazione - Mancata esplicazione dei metodi eseguiti nei controlli - Nullità dell’avviso

 

Svolgimento del processo

 

La Commissione tributaria della regione Puglia con sentenza 10.7.2007 n. 55 ha rigettato l’appello dell’Ufficio di Gioia del Colle della Agenzia delle Entrate e confermato la decisione di prime cure che aveva annullato l’avviso di rettifica IVA notificato a D. s.r.l. con il quale venivano accertati, ai fini IVA, IRPEG ed ILOR, i maggiori ricavi non contabilizzati prodotti dalla società nell’anno 1999.

I Giudici di appello ritenevano che l’avviso, motivato per relationem alle risultanze del PVC, fosse viziato da nullità per carenza di motivazione in quanto l’accertamento non dava conto dei valori attribuiti al campionario, dei metodi eseguiti per i controlli di coerenza esterna, della circostanza che i prezzi considerati dai verbalizzanti dovevano ritenersi al lordo di eventuali sconti che si praticavano alla clientela.

La sentenza è stata impugnata con ricorso per cassazione dalla Agenzia delle Entrate con cinque mezzi. Resiste la società con controricorso.

 

Motivi della decisione

 

Occorre premettere che la CTR nel ritenere infondati i motivi di gravame dell’Ufficio in punto di "validità" della motivazione per relationem dell’avviso, a dispetto della impropria terminologia giuridica utilizzata, non ha inteso riferirsi ai requisiti formali di validità dell’atto impositivo (come individuati dagli artt. 42 Dpr n. 600/73 e 56 Dpr n. 633/72), ma ha esaminato nel merito gli elementi indiziari, raccolti dai verbalizzanti, alla stregua dei quali erano stati rideterminati in via presuntiva i maggiori ricavi imponibili della società, esprimendo un giudizio di inidoneità degli stessi a fondare la pretesa, non essendo dimostrata, secondo i Giudici di appello, la sottofatturazione contestata dall'Ufficio per l’anno 1999, né la attendibilità dei risultati economici oggetto di accertamento in base "a controlli di coerenza esterna", risultando altresì inappropriato il metodo di accertamento seguito dai verbalizzanti, fondato su dati contabili, rilevati presso la società, che si riferivano a periodi anteriori a quello oggetto di verifica e su listini prezzi che indicavano importi al lordo del normale sconto praticato alla clientela.

Con il primo motivo l’Agenzia fiscale deduce il vizio di violazione art. 42 Dpr n. 600/73, in relazione all’art. 360 co l n. 3 c.p.c., sostenendo che la CTR avrebbe annullato l’avviso opposto negando validità alla motivazione dell’atto impositivo per relationem al PVC.

Il motivo è inammissibile in quanto sia il "quesito di diritto" ex art. 366 bis c.p.c. sia la censura sono manifestamente inconferenti con la "ratio decidendi". La CTR non ha affatto ritenuto invalido l’atto impositivo perché motivato "per relationem" al PVC, ma ha preso, invece, in considerazione gli elementi indiziari indicati nel PVC, al quale rinviava l’avviso di rettifica, ritenendoli inidonei a fondare la prova presuntiva dei maggiori ricavi, in quanto privi dei requisiti di certezza e precisione.

Con il secondo motivo l’Agenzia fiscale deduce nuovamente il vizio di violazione dell’art. 42 Dpr n. 600/73, nonché eventuale violazione degli artt. 36 co 2 n. 4 Dlgs n. 546/1992 e 111 Cost., in relazione all’art. 360col nn. 3 e 4 c.p.c.

Anche questo motivo è inammissibile per le medesime ragioni esposte nell’esame della precedente censura: la Agenzia fiscale travisa il senso della statuizione della CTR, che, non decide la controversia in base alla carenza di requisiti formali di validità dell’atto impositivo, ma in base alla valutazione degli elementi indiziari posti a base dell’applicazione del metodo induttivo: i "punti controversi" cui l’avviso non avrebbe dato risposta ai quali fa riferimento la CTR, nella motivazione della sentenza, altro non sono che gli elementi probatori offerti dalla Amministrazione a sostegno della pretesa fiscale e ritenuti inidonei dal Giudice di appello.

Con il terzo motivo (per errore numerato come secondo) viene censurata la sentenza impugnata per violazione art. 112 c.p.c. in relazione art. 360 co l n. 4 c.p.c., in quanto avrebbe pronunciato sulla carenza del requisito formale della motivazione dell’atto impositivo, sebbene non dedotto dalla società contribuente tra i motivi del ricorso in primo grado.

Il motivo è inammissibile.

Dal ricorso introduttivo (trascritto nel motivo del ricorso per cassazione) risulta che la società aveva impugnato l’avviso di rettifica anche sotto il profilo della carente motivazione ex art. 42 Dpr n. 600/73 ("si invoca la nullità assoluta dell’atto impugnato ai sensi dell’art. 42 del Dpr 26 settembre 1973 n. 600 e dell’art.56 del Dpr 26 ottobre 1972 n.633..."sicché se in linea meramente teorica la questione della invalidità formale per vizio di motivazione dell’atto impositivo era certamente acquisita al "thema controversum" fin dal primo grado di giudizio, e dunque "in linea teorica" la censura si paleserebbe infondata, tuttavia il motivo va dichiarato inammissibile in quanto inconferente con la "ratio decidendi" della sentenza impugnata (infondatezza della pretesa fiscale in quanto priva di idoneo supporto probatorio), come già è stato evidenziato da Collegio nell’esame dei precedenti motivi.

Anche il quarto motivo con il quale viene dedotto il vizio di violazione dell’art. 2727 c.c. e dell’art. 1 Dpr n. 441/1997, in relazione all’art. 360 co 1 n. 3 c.p.c. per non avere la CTR ritenuto corretto il procedimento presuntivo fondato sulla valutazione del campionario e sulle dichiarazioni della parte contribuente è inammissibile:

a) in quanto il "quesito diritto" ex art. 366 bis c.p.c. è del tutto inadeguato, riferendosi ad una asserita violazione della regola di riparto dell’onere probatorio, neppure illustrata nel motivo; facendo riferimento, quanto alla violazione dello schema normativo della presunzione, a non esplicitate dichiarazioni rese dalla parte contribuente "non suffragate da alcuna prova a contrasto con solide presunzioni allegate dall’Ufficio": difetta del tutto, pertanto, la indicazione del "principio di diritto" che si richiede alla Corte di affermare e che la CTR avrebbe disatteso nella decisione impugnata

b) per difetto di autosufficienza, non avendo trascritto la ricorrente il contenuto rilevante del PVC dal quale emergerebbero i fatti indiziari e sul quale la censura si fonda atteso che la parte che, con il ricorso per cassazione, sostenga che il giudice di merito sia incorso in un errore di diritto od in un vizio logico nella valutazione della volontà negoziale, risultante dai documenti che la riproducono, ha l'onere di indicare, specificamente, il contenuto del documento trascurato dal giudice di merito; ciò al fine di consentire il controllo dei fatti da provare e, quindi, della loro decisività, dato che questo controllo, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, deve poter essere compiuto dalla Corte di Cassazione sulla base delle deduzioni contenute nell'atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative (cfr. Corte cass. Sez. 2, Sentenza n. 2613 del 22/02/2001; id. Sez. 3, Sentenza n. 5444 del 14/03/2006, ID. Sez. L, Sentenza n. 25728 del 15/11/2013)

Con il quinto motivo la Agenzia fiscale denuncia il vizio di nullità processuale della sentenza di appello per carenza assoluta del requisito della motivazione in violazione dell’art. 36 co 2 Dlgs n. 546/1992 e dell’art. 111 Cost., in relazione art. 360 co l n. 4 c.p.c.

Il motivo è infondato.

Come è stato già evidenziato la CTR è pervenuta ad esprimere un giudizio di merito in relazione agli elementi indiziari acquisiti al processo ritenendoli inidonei a supportare la pretesa ed a dimostrare la sottofatturazione contestata dall’Ufficio per l’anno 1999, nonché ad attribuire attendibilità ai risultati economici in base "ai controlli di coerenza esterna", ritenendo la CTR altresì inadeguato il metodo di accertamento dei maggiori ricavi, fondato su dati contabili che si riferivano a periodi anteriori a quello oggetto di verifica e su listini prezzi che indicavano importi al lordo del normale sconto praticato alla clientela.

Indipendentemente dalla verifica di eventuali vizi logici -non denunciati dalla Agenzia ricorrente- appare evidente come la sentenza impugnata presenti un apparato motivazionale sia pure estremamente sintetico che assolve al requisito formale minimo richiesto dall’art. 36 co. 2 n. 4) del DLgs n. 546/1992, essendo ravvisabile il vizio denunciato soltanto quando la motivazione manchi del tutto - nel senso che alla premessa dell'oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l'enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione - ovvero quando essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del "decisum" (cfr. Corte cass. IlI sez. 18.9.2009 n. 20112; id. V sez. 10.11.2010 n. 22845; conf., con riferimento alla violazione di legge ex art. 111 co 7 Cost.: Corte cass. V sez. 24.11.2006 n. 24985; id. III sez. 3.11.2008 n. 26426; id. IlI sez. 29.1.2010 n. 2043), ipotesi entrambe che non ricorrono nel caso di specie.

In conclusione il ricorso deve essere rigettato e l’Agenzia delle Entrate, soccombente, va condannata alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

- rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia fiscale alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità liquidate in € 5.500,00 per compensi, € 200,00 per esborsi, oltre gli accessori di legge.