Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 01 settembre 2015, n. 17386

Fallimento ed altre procedure concorsuali - Esdebitazione - Riparti - Soddisfazione parziale dei creditori - Giudice del merito - Valutazione discrezionale - Sussiste

 

Svolgimento del processo

 

Con il decreto impugnato la Corte d'appello di Roma ha confermato il rigetto della richiesta di esdebitazione presentata il 23 gennaio 2010 da P.D. dopo la chiusura per definitiva ripartizione dell'attivo del suo fallimento in data 6 giugno 2009.

Hanno ritenuto i giudici del merito che, benché sussistano i requisiti soggettivi dell'esdebitazione, la domanda di P.D. non possa essere accolta, per «la (oltremodo esigua) percentuale dei crediti soddisfatti», risultando il totale dei pagamenti effettuati «complessivamente pari a €. 56.878,00, a fronte di un totale dei crediti ammessi al passivo di €. 3.884.494,92», vantati per lo più «dal ceto chirografario e rimasti totalmente insoddisfatti». Sicché non si può «ritenere verificato un adeguato bilanciamento di interessi tra le ragioni del reclamante e quelle del ceto creditorio».

Contro il decreto ha proposto ricorso per cassazione P.D. sulla base di tre motivi

d'impugnazione, illustrati anche da memoria, cui resiste con controricorso l’U Bank s.p.a.

 

Motivi della decisione

 

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione ed erronea applicazione dell'art. 142 legge fall., lamentando che i giudici del merito abbiano negato l’esdebitazione sulla base di valutazioni estranee al dettato normativo dell'art. 142 legge fall., destinato in realtà a favorire il fallito onesto ma sfortunato, indipendentemente da qualsiasi accertamento sull'entità dei pagamenti ottenuti dai creditori concorsuali.

Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione dell'art. 12 delle preleggi nella interpretazione dell'art. 142 legge fall.

Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione dell'art. 1, comma 6; n. 13 legge n. 80 del 2005, in relazione all'art. 12 delle preleggi, lamentando che l'interpretazione dell'art. 142 legge fall, proposta dai giudici del merito sia in contrasto con gli specifici criteri della legge delega per la riforma della disciplina del fallimento, cui era rimasta estranea qualsiasi esigenza di bilanciamento tra le ragioni del fallito e le ragioni del ceto creditorio.

2. Il ricorso è infondato.

L’art. 142 legge fall. prevede al secondo comma che «l’esdebitazione non può essere concessa qualora non siano stati soddisfatti, neppure in parte, i creditori concorsuali».

Il riferimento alla "soddisfazione", almeno parziale, dei creditori concorsuali attribuisce evidentemente al giudice un ambito di valutazione discrezionale quanto alla portata effettivamente satisfattiva, almeno parziale, delle ripartizioni. E infatti la parzialità può essere riferita non solo al numero dei creditori soddisfatti, sul totale di quelli ammessi, ma anche alla percentuale di pagamento dei singoli crediti; con la conseguenza che si sconta una inevitabile valutazione appunto discrezionale sulla idoneità della percentuale ottenuta dai creditori.

Sicché, chiamate a chiarire il significato di questa norma, le Sezioni unite hanno riconosciuto «sufficiente che, con i riparti almeno per una parte dei debiti esistenti, oggettivamente intesi, sia consentita al giudice del merito, secondo il suo prudente apprezzamento, una valutazione comparativa di tale consistenza rispetto a quanto complessivamente dovuto» (Cass., sez. un., 16 novembre 2011, n. 24214, n. 619470).

Non v' è dunque nell'interpretazione recepita dai giudici del merito alcuna violazione dei criteri dettati dall'art. 12 preleggi.

Quanto ai criteri della legge delega, essi indicano le condizioni minime per la disciplina della esdebitazione, non precludendo al legislatore di porre condizioni ulteriori nell'esercizio dalla delega per la disciplina del procedimento e dei presupposti del beneficio. Sicché non è ipotizzabile né un eccesso di delega, peraltro neppure dedotto dal ricorrente, né una preclusione al riconoscimento di poteri discrezionali del giudice ai fini dell'ammissione.

Si deve pertanto concludere con il rigetto del ricorso.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese in favore del resistente, liquidandole in complessivi €. 7.200, di cui €  7.000 per onorari, oltre spese generali e accessori come per legge.