Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 31 agosto 2015, n. 17348

Inps - Lavoratori di pubblica utilità - Lavoratori socialmente utili - Distinzioni - Disparità di trattamento per lavori a carattere omogeneo

 

Svolgimento del processo

 

Il Tribunale del lavoro di Locri dichiarava il diritto dei ricorrenti alla rivalutazione Istat sull'assegno percepito quale lavoratori di pubblica utilità (LPU) e condannava l'INPS al pagamento del dovuto. La Corte di appello di Reggio Calabria con la sentenza impugnata in questa sede rigettava l'appello dell'INPS; la Corte territoriale rigettava le eccezioni preliminari dell'INPS in quanto la sentenza di primo grado le aveva respinte con congrue ed articolate motivazioni e l'INPS le aveva riproposte senza specifici rilievi. Circa la deduzione dell'INPS secondo la quale la situazione dei lavoratori di pubblica utilità contemplati dal D.Lgs n. 280/1997 doveva essere considerata distinta da quella dei lavoratori di cui al D.Lgs n. 468/1997, che rientrano invece nella tipologia dei lavoratori socialmente utili (LSU), con conseguente inapplicabilità ai primi dell'art. 8 comma 8 del D.Lgs n. 468/97 che prevede la rivalutazione dell'assegno (e del successivo art. 45 della legge n. 144/1999 che dal 1.1.1999 fissa la somma di lire 850.000 mensili per i lavori socialmente utili), la Corte territoriale osservava che con il D.Lgs n. 468 era stata effettuata una revisione dell'intera disciplina dei lavori socialmente utili, disciplina che copre, così, l'area di tutte le attività socialmente utili globalmente intese, compreso quelle di pubblica utilità. I due decreti n. 280 e 468 sono stati peraltro previsti in attuazione della medesima delega avente lo scopo di promuovere l'occupazione. La disciplina dell'assegno nel D.Lgs n. 468 evidentemente si riferiva anche ai lavori di cui al D.Lgs n. 280 che nulla disciplinava in materia, per cui spettava l'assegno nella misura rivalutata di 850.000 lire dal 1.1.1999. Peraltro si trattava di una interpretazione costituzionalmente orientata in quanto altrimenti opinando sussisterebbe una ingiustificabile disparità di trattamento per lavori a carattere omogeneo.

Ricorre l'INPS con un motivo. Le parti resistenti non si sono costituite.

 

Motivi della decisione

 

Con il motivo proposto sì allega la violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 8 del D.Lgs. n. 468/1997 e dell'art. 45 comma nove L. 17 Maggio 1999, n. 144 con riferimento all'art. 3 comma terzo del D. Lgs. n. 7 Agosto 1997, n. 280 e dell'art. 1 comma terzo del D.L. 1 ottobre 1996, n. 510 convertito con modificazioni nella legge n. 608/1996. Le disposizioni richiamate dai Giudici di merito erano in realtà inapplicabili ai lavoratori di pubblica utilità (LPU) in quanto previste esclusivamente per i lavoratori socialmente utili (LSU); non sussistevano i presupposti per una interpretazione estensiva di norme che avevano come destinatari solo una specifica categoria di lavoratori.

Il motivo, con II quale si ripropone la tesi già esaminata dettagliatamente dalla Corte di appello (cfr. quesito di diritto a pag. 13 del ricorso), appare infondato e pertanto va rigettato. La motivazione della sentenza impugnata è del tutto coerente con l'orientamento consolidato di questa Corte che si condivide e cui si intende dare continuità. Questa Corte, infatti, ha affermato il principio per cui "in tema di lavori socialmente utili, l’art. 1 del d.lgs. n. 468 del 1997 fornisce una definizione di portata generale dei l.s.u., comprensiva delle varie attività che hanno per oggetto la realizzazione di opere e la fornitura di servizi di utilità collettiva, nonché dei lavori di pubblica utilità mirati alla creazione di occupazione in particolari bacini d’impiego, in conformità all'intento demandato dalla legge delega - consistente nella revisione dell'intera disciplina dei lavori socialmente utili - e in vista di una configurazione unitaria di tutte le attività ivi descritte che ha, successivamente, trovato consolidamento nella nuova disciplina dettata in materia dal d.lgs. n. 81 del 2000. Ne consegue che il rapporto tra il disposto di cui all'art. 2 del d.lgs. n. 468 del 1997 - che delinea i settori di attività per i "progetti di lavoro di pubblica utilità" - e quello di cui all'art. 3 del d.lgs. n. 280 del 1997 - diretto ad individuare i "lavori di pubblica utilità" in funzione della "creazione di occupazione" in uno specifico bacino di impiego - si configura in termini di specificazione di intenti generali in ambiti territoriali determinati, all'interno di una medesima tipologia di attività e di una medesima finalità del legislatore, connessa ad obiettivi di tutela dalla disoccupazione e di inserimento dal lavoro, sicché che l'incremento dell'assegno, nella misura e nei termini determinati dall'art. 45, comma 9, legge n. 144 del 1999 trova applicazione anche per i lavori di pubblica utilità previsti dal d.lgs. n. 280 del 1997. (Principio affermato ai sensi dell'art. 360 bis, comma 1, cod. proc. civ.)" (Cass. n. 28540/2011; Cass. n. 1461/2011). La tesi dell’NPS,della radicale diversità tra le discipline di cui ai citati D. Lgs. del 1997 non può, pertanto, trovare accoglimento avendo la normativa di cui al D.Lgs. n. 468 (e le successive modifiche ed integrazioni che a tale normativa si riferiscono) portata generale riguardo le attività socialmente utili (globalmente considerate in relazione al tipo di contributo lavorativo offerto alla comunità) che trova applicazione anche ai lavoratori come gli attuali intimati circa la determinazione del compenso spettante.

Si deve quindi rigettare il ricorso. Nulla sulle spese essendo le parti intimate rimasta tali.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Nulla spese.