Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 19 agosto 2015, n. 16969

Tributi - Processo tributario - Società di persone - Reddito imputato ai soci - Ricorsi separati - Litisconsorzio - Riunione dei ricorsi

 

Svolgimento del processo

 

La V.A. SNC di F.C. ed E.M. con sede in Sant'Antonio Abate, nonché F.C. ed E.M., entrambi residenti in Sant'Antonio Abate, quali soci di detta società, impugnavano in sede giurisdizionale gli avvisi di accertamento del maggior reddito, rispettivamente di società, e di partecipazione in detta società, in ragione della quota sociale da ciascuno posseduta, accertato dall'Ufficio, per gli anni 2003 e 2004, ai fini IVA/IRAP nei confronti della società ed ai fini IRPEF, nei confronti dei soci.

La società censurava gli avvisi di accertamento per eccesso di potere, nonché per contraddittoria ed insufficiente motivazione.

I soci in proprio, a loro volta, deducevano l'insussistenza del reddito di partecipazione, connesso al maggior reddito accertato nei confronti della società, per non averlo mai conseguito.

Pronunciando sui ricorsi della società, l'adita CTP di Napoli, con separate decisioni, rispettivamente n. 330/31/2009 e n. 331/31/2009, emesse nella medesima udienza e depositate il 23.06.2009, li accoglieva, annullando i relativi accertamenti.

Definendo, nel grado, i ricorsi dei soci, la CTP, giuste decisioni n. 332, 333, 334 e 335, emesse tutte nella stessa udienza del 17.03.2009, li accoglieva, così conformandosi alle pronunce di annullamento degli accertamenti, emesse dalla medesima CTP, nei giudizi promossi dalla società partecipata.

Tutte le decisioni, sia quelle riguardanti il reddito della società, sia pure quello dei soci, venivano appellate dall'Agenzia e la CTR, con le decisioni in epigrafe indicate ed in questa sede impugnate, dopo avere, giuste sentenze n. 440/01/2011 e n. 439/01/2011, depositate il 10.10.2011, in parziale accoglimento del gravame della società e di riforma delle decisioni di primo grado, rideterminato il relativo reddito imponibile, recuperando a tassazione alcune poste, pronunciando sui ricorsi dei soci, con le sentenze n. 441/2011, 442/2011, 443/2011 e 444/2011, depositate il 10.10.2011, determinava il relativo reddito degli anni 2003 e 2004, "proporzionalmente alla quota detenuta nella società partecipata".

L'Agenzia Entrate ha, quindi, impugnato per cassazione tutte dette decisioni, affidando a quattro motivi i ricorsi nei confronti della società ed a due mezzi quelli contro i soci.

Tutti gli intimati contribuenti, non hanno svolto difese in questa sede.

Con ordinanza n. 2978/2015, resa all'udienza del 21.11.2014, la Corte di Cassazione, Sesta Sezione Civile - Tributaria, rilevata l'insussistenza dei presupposti per la definizione delle cause in camera di consiglio, ex artt. 375 e 380 bis cpc, e ravvisata l'esigenza della riunione dei ricorsi, per ragioni di connessione, ha disposto in conformità.

 

Motivi della decisione

 

Il Collegio, in via preliminare, rileva che nel ruolo dell'odierna pubblica udienza, risultano iscritti, oltre al presente ricorso n. 26847/2012 di R.G. ed a quello iscritto al n. 27213 dell'anno 2012, entrambi proposti contro E.M., anche quegli altri iscritti ai n.ri 26849 e 27216 dell'anno 2012, proposti dalla medesima Agenzia Entrate contro l'altro socio F.C. ed, altresì, quelli iscritti ai n.ri 26850 e 26857, sempre dell'anno 2012, contro la "V.A. di F.C. & E.M.". Rileva il Collegio che, tutti detti ricorsi, proposti separatamente dai citati contribuenti e definiti, con diverse ma conformi decisioni, dai Giudici di primo e secondo grado, traggono origine da unici accertamenti, elevati, per gli anni 2003 e 2004, a carico della predetta società di persone, con i quali venivano riprese a tassazione poste varie e determinato il maggior reddito della società.

Rileva, altresì, che il maggior reddito attribuito alla società, è stato, poi, attribuito a ciascuno dei due soci, in base alle quote possedute, come reddito di partecipazione.

Poiché, dunque, i richiamati ricorsi riguardano, per un verso, il maggior reddito accertato nei confronti della società di persone e, sotto altro profilo, il reddito di partecipazione dei soci, derivante da tale maggior accertamento, è evidente la connessione esistente, tra i citati giudizi, all'odierno esame della Corte, stante il rapporto di pregiudizialità logico-giuridica che lega quello intrapreso dalla società per contestare il maggior accertamento di reddito sociale, a quegli altri promossi dai soci, per contrastare l'operato dell'Agenzia e sostenere l'insussistenza del reddito di partecipazione societaria loro attribuito, in relazione alla quota sociale detenuta.

Ritiene, conseguentemente la Corte, che, in via preliminare, vadano esaminate, contestualmente, stante l'evidente connessione, le questioni relative alla riunione dei ricorsi ed alla sussistenza, nel caso, dei presupposti per dichiarare la nullità delle sentenze di primo e secondo grado impugnate e far retrocedere il processo al primo grado di merito, ritenendo essere stato violato il principio del contraddittorio e, quindi, i primi due motivi del ricorso dell'Agenzia Entrate nei giudizi contro la società, nonché i due mezzi dalla stessa formulati nei giudizi contro i soci. Fondamentale nell'esame di tali mezzi è la questione relativa all'eventuale sussistenza dei presupposti perché si faccia applicazione dell'istituto del litisconsorzio necessario originario, tenuto conto che, nel caso, i ricorsi della società e dei soci sono stati proposti separatamente e definiti con separate sentenze.

Ritiene, in vero, il Collegio che la fattispecie in esame offra gli elementi per ritenere non applicabile il principio fissato dalle Sezioni Unite della Corte (SS.UU.n. 14815/2008) secondo cui, "La unitarietà dell'accertamento che è (o deve essere) alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società ed associazioni di cui all'art. 5 del TUIR e dei soci delle stesse (art. 40 dpr n. 600/1973) e la conseguente automatica imputazione dei redditi della società a ciascun socio proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili, indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso proposto da uno dei soci o dalla società, anche avverso un solo avviso di rettifica, riguarda inscindibilmente la società ed i soci (salvo che questi prospettino questioni personali), i quali tutti devono essere parte nello stesso processo".

Ritiene, piuttosto, che ricorrano i presupposti perché si acceda e si faccia applicazione di quell'altro orientamento che, collocandosi nel solco della citata pronuncia delle Sezioni Unite, ha precisato che, ove nei gradi di merito, come nel caso avvenuto, le sentenze siano state adottate dai medesimi Giudici nelle stesse udienze, va esclusa (Cass. n. 2907/2010, n. 3830/2010) l'esigenza di dichiarare la nullità degli atti di causa, in quanto deve ritenersi che la trattazione coeva dei vari giudizi, innanzi allo stesso Giudice, ancorché definiti con separate decisioni, ha assicurato il contraddittorio, garantito il diritto di difesa ed evitato contrasto di decisioni. Nella circostanza è stato, fra l'altro ritenuto ed affermato che "La ricomposizione dell'unicità della causa attua il diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo (derivante dall'art. 111 secondo comma Costituzione e dagli artt. 6 e 13 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali), evitando che con la (altrimenti necessaria) declaratoria di nullità ed il conseguente rinvio al giudice di merito, si determini un inutile dispendio di energie processuali per conseguire l'osservanza di formalità superflue, perché non giustificate dalla necessità di salvaguardare il rispetto effettivo del principio del contraddittorio" (Cass. n. 3830/2010).

Nel delineato sistema deve, quindi, essere confermata l'ordinanza n. 2978/2015, con la quale è stata disposta la riunione di tutti i detti giudizi e, segnatamente, essendo stato, quello di che trattasi, iscritto nel R.G. per primo al n. 26847/2012, di tutti gli altri precitati ricorsi, giusto il disposto dell'art. 335 cpc (Cass. n. 9377/2001, n. 18072/2002).

Sussistono, in vero, ragioni di unitarietà sostanziale e di economia processuale della controversia, che ne impongono unica trattazione.

Alla stregua del ricordato e condiviso principio, affermato dalle richiamate pronunce (Cass. n. 2907/2010, n. 3830/2010, nonché delle svolte considerazioni, va, dunque, dichiarata l'infondatezza dei primi due mezzi dei ricorsi dell'Agenzia Entrata contro la società, nonché degli unici due motivi dei ricorsi contro i soci, i quali, tutti, propongono la medesima questione, già risolta con la dichiarata condivisione dei principi affermati nelle anzi citate pronunce.

Con i restanti due motivi dei ricorsi contro le decisioni della CTR riguardanti la società, l'Agenzia denuncia difetto di motivazione, ex art. 360 n. 5 cpc, violazione e falsa applicazione degli artt. 109 del dpr n. 917/1986, 19 e 22 del dpr n. 633/1972, 2 della legge n. 31/1977, nonché 1, 3 e 4 del dpr n.444/1977.

Il Collegio ritiene tali doglianze, che, data l'intima connessione vanno trattate congiuntamente, siano fondate e da accogliere; e ciò alla stregua dei principi desumibili da consolidato orientamento giurisprudenziale e delle seguenti considerazioni. Costituisce, invero, ius receptum che "ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, denunziabile in sede di legittimità, ai sensi dell'art. 360, comma 1 n. 5 cpc, nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, quando il Giudice di merito ometta di indicare, nella sentenza, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indichi tali elementi senza una approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull'esattezza e sulla logicità del suo ragionamento" (Cass. n. 1756/2006, n. 890/2006).

La decisione impugnata, al riguardo, non appare in linea con il citato principio, in quanto che, con riferimento agli addebiti di cui ai capi A) e B), relativi, rispettivamente, al mancato riconoscimento dei costi per acquisto di gasolio, e alla deduzione di costi non documentati, ha espresso, in modo del tutto generico, condivisione per la decisione di primo grado, limitandosi ad affermare che le irregolarità riscontrate erano "da considerare di natura meramente formale tali da non inficiare la reale esistenza delle operazioni poste in essere e la deducibilità dei relativi costi".

I Giudici di appello, non hanno, in buona sostanza, né indicato gli elementi caratterizzanti le "irregolarità" e neppure le concrete ragioni, alla cui stregua le irregolarità, sicuramente riscontrate, erano a ritenersi, nel caso, concretamente irrilevanti nell'ordinario iter del procedimento di accertamento fiscale; i medesimi Giudici non hanno dato alcuna contezza del percorso decisionale seguito e degli elementi utilizzati, limitandosi a ripercorrere la strada tracciata dai Giudici di primo grado, i quali, lungi dall'assolvere al dovere di motivazione, come si evince dalla narrativa in fatto della decisione in questa sede impugnata, si erano limitati ad un generico richiamo degli addebiti (pag.l rigo da 5 a 10 sentenza di appello), ripresi letteralmente dai processi verbali degli accertamenti amministrativi, omettendone, del tutto, il relativo esame critico.

Conclusivamente, previa conferma della disposta riunione dei ricorsi, vanno rigettati i primi due motivi dei ricorsi contro la società partecipata, nonché entrambi i mezzi dei ricorsi contro i soci.

Vanno, invece, accolti gli altri due mezzi precitati dei ricorsi proposti contro la società e, per l'effetto ed in relazione, cassate tutte le decisioni impugnate; tanto, avuto riguardo all'effetto espansivo, ricollegabile alla pronuncia caducatoria che, giusto il disposto dell'art. 336 cpc, estende i suoi effetti, sia alle parti della sentenza dipendenti dalla parte cassata, sia pure ai provvedimenti ed agli atti dipendenti dalla sentenza riformata o cassata.

Il Giudice del rinvio, che si designa in altra sezione della CTR della Campania, procederà a riesame e, quindi, attenendosi ai richiamati principi, deciderà nel merito ed anche sulle spese del presente giudizio di legittimità, offrendo adeguata motivazione.

 

P.Q.M.

 

Pronunciando sui ricorsi riuniti, iscritti ai n.ri 26847/2012, 26849/2012, n. 26850/2012, n. 26857/2012, 27213/2012 e 27216/2012 del R.G., rigetta i primi due motivi dei ricorsi n. 26850 e n. 26857 del 2012 contro la società ed entrambi i mezzi dei ricorsi contro i soci; accoglie p.q.r., nei sensi e limiti di cui alla parte motiva, i ricorsi n. 26850/2012 e n. 26857/2012 R.G.; Cassa, in relazione ai motivi accolti, le impugnate sentenze e rinvia ad altra sezione della CTR della Campania.