Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 24 agosto 2015, n. 17097

Procedure concorsuali - Fallimento - Dichiarazione di fallimento - Socio accomandatario receduto oltre un anno dalla dichiarazione del fallimento della società - Non fallisce - Rigetto dell’istanza - Ricorso straordinario avverso il decreto di rigetto - Inammissibilità - Sussiste - Diritto soggettivo del creditore istante alla dichiarazione di fallimento - Non sussiste - Legittimazione del creditore - Sussiste

 

Svolgimento del processo

 

La ricorrente propone, sulla base di due motivi, ricorso per la cassazione del decreto della Corte d'appello di Milano del 25 marzo 2009, la quale ha confermato il decreto del Tribunale di Como, che aveva respinto l'istanza proposta dalla Immobiliare C. s.r.l. volta alla dichiarazione di fallimento di P.M.B. in estensione del fallimento della E. s.a.s. di B.T. & C. s.a.s. e dell'accomandatario medesimo.

La corte territoriale, rilevato come il fallimento fu dichiarato il 13 marzo 2008 ed il B. socio accomandatario, abbia ceduto la quota sociale sin dal 10 maggio 2006, ha escluso l'estensione del fallimento per essere trascorso oltre un anno da tale memento, mentre ha negato che sia stata provata in giudizio la conservazione della qualità di amministratore di fatto della società.

Resiste l'intimato con controricorso, depositando pure la memoria di cui all'art. 378 c.p.c.

 

Motivi della decisione

 

1. - Con il primo motivo, la ricorrente denunzia la nullità della sentenza, in relazione agli art. 112 e 277 c.p.c., perché essa aveva dedotto la qualità di socio occulto del B. e l'estensione al medesimo del fallimento non ex art. 147, 2° comma, ma ex art. 147, 4° comma l.f.

Con il secondo motivo, deduce il vizio di motivazione, sotto ogni profilo, perché il decreto impugnato non ha adeguatamente motivato circa la solo apparente cessione della quota e la permanenza dell'attività di socio amministratore in capo all'intimato, sulla base delle circostanze di fatto allegate.

2. - Il controricorrente eccepisce l'inammissibilità del ricorso straordinario ex art. 111 Cost., avendo ad oggetto un provvedimento privo dei caratteri della decisorietà e definitività.

L'eccezione è fondata.

Il ricorso è proposto avverso il decreto con cui la corte d'appello ha respinto il reclamo avverso il provvedimento di rigetto dell'istanza di fallimento emesso dal tribunale, il quale è inidoneo ad acquistare efficacia di giudicato in ordine all'esistenza del credito fatto valere, alla qualità di soggetto fallibile in capo al debitore ed è privo di carattere decisorio e definitivo (Cass. 2 aprile 2015, n. 6683; 10 novembre 2011, n. 23478; 23 settembre 2011, n. 19446, ord. 21 dicembre 2010, n. 25818; sez. un., 7 dicembre 2006, n. 26181). Infatti, il creditore non è titolare di un diritto al fallimento del soggetto contro cui l'istanza è proposta.

Proprio con riguardo all'ipotesi del fallimento in estensione ex art. 147 l.f. la Corte si è pronunciata (Cass. 7 ottobre 2005, n. 19643; 27 novembre 2011, n. 15018), ribadendo il principio secondo cui il ricorso per cassazione è inammissibile, poste che non esiste, inoltre, un diritto del creditore al fallimento del proprio debitore in stato di insolvenza, ma solo ¡una legittimazione del creditore a proporre istanza dì fallimento dell'imprenditore insolvente, atteso che, nella pluralità di interessi coinvolti nella dichiarazione dì fallimento, non esiste un diritto del creditore a vedere attuata la par condicio creditorum in sede concorsuale: la partecipazione al concorso viene chiesta dal creditore soltanto con la domanda di ammissione al passivo. L'azione del creditore ha, pertanto, ad oggetto soltanto la dichiarazione di fallimento rispetto alla quale." però, non si può configurare un diritto. L'inattitudine al giudicato del rigetto dell'istanza di fallimento comporta, quindi, l'inconfigurabilità di una preclusione da cosa giudicata in ordine al credito fatto valere, alla qualità dì soggetto fallibile in capo al debitore ed allo stato di insolvenza dello stesso, con la conseguente possibilità, dopo un provvedimento di rigetto, di dichiarare il fallimento sulla base della medesima situazione, anche su istanza di un diverso soggetto.

3. - Le spese seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore del Fallimento, che liquida in e 5.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfetari" ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore dell'Avv. R. M., dichiaratosi antistatario.