Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 02 luglio 2015, n. 13580

Contratto di agenzia - Variazione unilaterale del portafoglio clienti da parte del preponente - Validità - Limiti - Esercizio secondo buona fede

 

Svolgimento del processo

 

Con sentenza depositata il 16.7.13 la Corte d’appello di Firenze rigettava il gravame interposto da T.I. S.p.A. contro la pronuncia con cui il 13.1.11 il Tribunale di Pistoia l’aveva condannata a pagare all’ex agente F. L. l’indennità sostitutiva del preavviso, quella di cui all’art. 1751 c.c. e il cd. premio presidio.

Per la cassazione della sentenza ricorre T.I. S.p.A. affidandosi a quattro motivi, poi ulteriormente illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c.

F. L. resiste con controricorso.

 

Motivi della decisione

 

1 - Con il primo motivo il ricorso lamenta omessa motivazione di fatti decisivi del giudizio (quanto alla ritenuta giusta causa di recesso) consistiti nella corrispondenza intercorsa fra le parti, prima del recesso manifestato dal controricorrente, corrispondenza da cui emergeva che la riduzione dell’88% del suo portafoglio clienti ad opera della società mandante era meramente provvisoria, in attesa di una generale rivisitazione e di una nuova assegnazione dei portafogli clienti all’esito d’un già deciso processo di ristrutturazione; inoltre, atteso che il recesso dell’agente aveva acquistato efficacia solo a far data dal 5.3.07, era significativo che già a fine febbraio il L. avesse contattato dei clienti T., da lui precedentemente seguiti, per proporre loro di passare alla concorrente Vodafone.

Il motivo è inammissibile per l’assorbente rilievo che, in virtù del combinato disposto del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c. e dell’art. 348 ter commi 4° e 5° c.p.c. (come, rispettivamente, modificato e introdotto dall’art. 54 d.l. 22.6.2012 n. 83, convertito in legge 7.8.2012 n. 134, applicabile, ai sensi del co. 3° dello stesso art. 54, alle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, cioè alle sentenze pubblicate dal 12.9.12 e, quindi, anche alla sentenza della cui impugnazione si discute), il motivo di cui al n. 5 dello stesso art. 360 c.p.c. non è spendibile - al di fuori dei casi di cui all’art. 348 bis co. 2° lett. a) c.p.c. - in ipotesi di doppia pronuncia conforme di merito, come avvenuto nella presente controversia.

2 - Con il secondo motivo il ricorso denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2 A.E.C. 2002 e dell’art. 2697 c.c., nonché omesso esame d’un fatto decisivo, atteso che la citata clausola contrattuale permette al preponente di ridurre, anche unilateralmente, le condizioni economiche di contratto (e, quindi, anche il portafoglio clienti dell’agente) in misura superiore al 20% del valore delle provvigioni di competenza dell’agente nell’anno civile precedente la variazione e la comunicazione di tale riduzione, che entro 30 giorni l’agente comunichi di non voler accettare, costituisce preavviso di recesso dal contratto ad iniziativa della casa mandante; per altro nel caso di specie - prosegue il ricorso - non era pacifico tra le parti che la percentuale di riduzione del portafoglio clienti fosse stata dell’88%.

Il motivo è infondato nella parte in cui denuncia una violazione dell’art. 2 A.E.C. 2002, mentre è inammissibile - alla stregua di quanto già osservato nel paragrafo che precede - per quel che concerne il denunciato vizio di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c.

I commi 3,4 e 5 (che qui interessano) dell’art. 2 A.E.C. 2002 così recitano:

"Le variazioni di zona (territorio, clientela, prodotti) e della misura delle provvigioni, esclusi i casi di lieve entità (intendendosi per lieve entità le riduzioni, che incidano fino al cinque per cento del valore delle provvigioni di competenza dell'agente o rappresentante nell'anno civile precedente la variazione, ovvero nei dodici mesi antecedenti la variazione, qualora l'anno precedente non sia stato lavorato per intero), possono essere realizzate previa comunicazione scritta all'agente o al rappresentante da darsi almeno due mesi prima (ovvero quattro mesi prima per gli agenti e rappresentanti impegnati ad esercitare la propria attività esclusivamente per una sola ditta), salvo accordo scritto tra le parti per una diversa decorrenza.

Qualora queste variazioni siano di entità tale da modificare sensibilmente il contenuto economico del rapporto (intendendosi per variazione sensibile le riduzioni superiori al venti per cento del valore delle provvigioni di competenza dell'agente nell'anno civile precedente la variazione, ovvero nei dodici mesi antecedenti la variazione, qualora l'anno precedente non sia stato lavorato per intero), il preavviso scritto non potrà essere inferiore a quello previsto per la risoluzione del rapporto.

Qualora l'agente o rappresentante comunichi, entro trenta giorni, di non accettare le variazioni che modifichino sensibilmente il contenuto economico del rapporto, la comunicazione del preponente costituirà preavviso per la cessazione del rapporto di agenzia o rappresentanza, ad iniziativa della casa mandante".

Nel caso di specie, l’impugnata sentenza ha in concreto verificato - con accertamento in punto di fatto che non può essere rimesso in discussione in sede di legittimità - che la variazione comunicata dalla società ricorrente ha effettivamente comportato una riduzione dell’88% del valore delle provvigioni di competenza dell’agente nell’anno civile precedente la variazione medesima.

È pur vero che tale unilaterale variazione è espressamente consentita dalla suddetta clausola collettiva, sicché l’esercizio di un diritto potestativo riconosciuto al preponente dalla contrattazione collettiva potrebbe non essere tale da determinare una giusta causa di recesso da parte dell’agente, così come è vero che tale variazione (che entro 30 gg. l’agente abbia dichiarato di non voler accettare) è considerata equipollente, per espressa volontà delle parti collettive, ad una comunicazione di preavviso di recesso da parte della casa mandante.

Tuttavia, essa è stata di entità tale da risultare contraria ai principi di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c., astrattamente applicabili pure a fronte dell’esercizio di diritti potestativi (cfr. Cass. n. 9924/09).

Invero, come questa Corte Suprema ha già avuto modo di statuire (cfr. Cass. 5467/2000, richiamata anche dalla gravata pronuncia) con indirizzo cui va data continuità, nel contratto di agenzia l’attribuzione al preponente del potere di modificare talune clausole e, in particolare quelle relative all’ambito territoriale e alla misura delle provvigioni, può essere giustificata dalla necessità di meglio adeguare il rapporto alle esigenze delle parti, così come si sono modificate durante il corso del tempo. Ma, affinché ciò non si traduca in un sostanziale aggiramento della forza cogente del contratto, è necessario che tale potere abbia dei limiti e, in ogni caso, che sia esercitato dal relativo titolare con l’osservanza dei principi di correttezza e buona fede.

Nella vicenda in oggetto, la clausola invocata dalla società ricorrente, se applicata anche a variazioni manifestamente eccessive delle condizioni contrattuali, tali da risultare di fatto inaccettabili, finirebbe con l’alterare la causa stessa del contratto di agenzia, ponendo l’agente nell’oggettiva impossibilità di proseguire il rapporto anche soltanto in via provvisoria.

E rendere all’agente di fatto impossibile accettare, anche soltanto in via provvisoria, tale variazione preclude la funzionalità stessa della clausola collettiva nella parte in cui stabilisce che la comunicazione di variazione decisa dal preponente costituisce, in caso di non accettazione da parte dell’agente, preavviso per la cessazione del rapporto di agenzia o rappresentanza ad iniziativa della casa mandante.

In breve, interpretare la clausola collettiva de qua nel senso sostenuto dalla ricorrente anche a fronte di una riduzione addirittura dell’88% del portafogli clienti implicherebbe la possibilità di ammettere un sostanziale recesso immediato ad opera del preponente (senza onere di pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso) mascherato sotto le apparenti forme d’una mera variazione dell’altrui portafoglio clienti, il tutto in violazione dei principi generali di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c. (perché ribalterebbe sull’agente le conseguenze negative di un recesso immediato sostanzialmente manifestato dalla casa mandante), oltre che in sostanziale alterazione della causa stessa del contratto d’agenzia.

3 - Con il terzo motivo il ricorso deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1751 c.c. e della direttiva 86/653/CE, perché l’indennità di cessazione del rapporto è dovuta non già in ogni caso, ma soltanto nelle ipotesi tassativamente indicate dalla norma stessa, nessuna delle quali sussistente nel caso di specie, neppure sotto forma di equa attribuzione (come ritenuto dalla gravata pronuncia) in ragione dell’asserito incremento degli affari promossi dal controricorrente.

Il motivo va disatteso perché, in sostanza, si risolve in una contestazione in punto di fatto dell’apprezzamento operato dai giudici di merito circa l’esistenza di eque ragioni, nel caso di specie, tali da legittimare l’attribuzione dell’indennità ai sensi del comma 1° del cit. art. 1751 c.c.

4 - Con il quarto motivo il ricorso deduce violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 2 e 9 A.E.C. 2002 nella parte in cui l’impugnata sentenza ha riconosciuto al controricorrente l’indennità sostitutiva del preavviso nonostante che l’iniziativa di risolvere il rapporto - con effetto immediato - fosse partita dallo stesso agente.

Per il rigetto anche di tale motivo si rinvia a quanto già osservato nel precedente paragrafo 2.

5 - In conclusione, il ricorso è da rigettarsi.

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 100,00 per esborsi e in euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge.

Ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater d.P.R. n. 115/2002, come modificato dall’art. 1 co. 17 legge 24.12.2012 n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del co. 1 bis dello stesso articolo 13.