Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 08 luglio 2015, n. 14219

Tributi (in generale) - Accertamento tributario - Avviso di accertamento - In genere - Annullamento in autotutela - Adozione di un nuovo avviso di accertamento - Ammissibilità - Limiti - Necessità di una nuova notifica del processo verbale di constatazione - Esclusione

 

Fatto

 

Con sentenza n.41/04/09 depositata il 1.6.2009, la Commissione Tributaria Regionale del Molise respingeva l'appello proposto dall'Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Campobasso n.25/03/2006, rigettando il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, confermando l’annullamento dell’avviso di recupero del credito d’imposta, nei confronti della società M. s.r.l., per € 695,23, relativo all’anno 2003, per mancato riconoscimento dell’agevolazione fruita ai sensi dell’art. 8 l. 388/2000, per mancanza della struttura produttiva in zona svantaggiata e per il mancato avviamento dell’attività.

La Commissione tributaria regionale rilevava che, a seguito dell’annullamento in via di autotutela del pregresso accertamento, l’Ufficio avrebbe dovuto, ove nei termini, procedere a nuovo accertamento con contestuale rinotifica del processo verbale di constatazione.

L’Agenzia delle Entrate impugna la sentenza della Commissione Tributaria Regionale deducendo i seguenti motivi:

a) vizio di motivazione, in relazione all’art. 360 n. 5, c.p.c., non avendo indicato la CTR in base a quale norma l’annullamento di un atto in via di autotutela, sostituito da altro avviso regolarmente notificato, comporterebbe anche la rinotifica del processo verbale di constatazione;

b) violazione e falsa applicazione dell’art. 68 DPR 287/92, in relazione all’art. 360 n. 3, c.p.c. in materia di autotutela potendo l’Ufficio esercitare il potere di annullamento e il conseguente potere di rinnovare o sostituire l’atto impositivo.

La società si è costituita con controricorso.

Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 20.5.2015, in cui il PG ha concluso come in epigrafe.

 

Motivi della decisione

 

Il ricorso è fondato.

I motivi, in quanto connessi, possono essere esaminati congiuntamente.

In materia tributaria, il potere della pubblica amministrazione di provvedere in via di autotutela all'annullamento di Ufficio" o alla "revoca", anche in pendenza di giudizio o di non impugnabilità, degli atti illegittimi od infondati è espressamente riconosciuto dal D.L. 30 settembre 1994, n. 564, art. 2 quater, comma 1, convertito, con modifiche, in L. 30 novembre 1994, n. 656.

Accanto a tale tipizzato "rimedio demolitorio", la giurisprudenza di questa Corte ha, peraltro, riconosciuto estensivamente il potere di autotutela della Pubblica amministrazione in materia tributaria anche all'ipotesi di intervento "sostitutivo" laddove, in particolare, viene esplicitamente distinto l'esercizio del potere di rinnovo da quello di integrazione dell'atto impositivo (quest'ultimo soggetto in materia di imposte reddituali e di imposte dei consumi alla condizione necessaria della sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 43, u.c.; D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, comma 3).

Si è, al riguardo, evidenziato che "il potere di accertamento integrativo, o modificativo in aumento, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 43, comma 3, è... diverso sia strutturalmente sia funzionalmente dal potere di autotutela" - chiarendo che "l'atto amministrativo tributario di autotutela" (cioè l'atto che "assume ad oggetto un precedente avviso di accertamento... illegittimo...al quale si sostituisce") può contenere "innovazioni che possono investire tutti gli elementi strutturali dell'atto, costituiti dai destinatari, dall'oggetto e dal contenuto e, solo conseguentemente, da quelle dichiarazioni argomentative che, connettendo oggetto e contenuto, formano la motivazione del provvedimento": "l'esercizio del potere di autotutela", infatti, "può condurre alla mera eliminazione dal mondo giuridico del precedente atto o alla sua eliminazione e alla sua contestuale sostituzione con un nuovo provvedimento diversamente strutturato" (Cass. 22 febbraio 2002 n. 2531).

In particolare, è stato ricondotto al potere di autotutela anche il provvedimento di c.d. riforma dell'atto, specificandosi che il ritiro di un atto può avvenire in due diverse forme, quella del "controatto" (l'atto di secondo grado che assume l'identica struttura di quello precedente, salvo che per il suo dispositivo di segno contrario con cui si dispone l'annullamento, la revoca o l'abrogazione del primo) o quella della riforma (l'atto di secondo grado che non nega il contenuto di quello precedente, ma lo sostituisce con un contenuto diverso), caratterizzati entrambi dal fatto che l'oggetto del rapporto giuridico controverso resta identico" (Cass. n. 937/2009 in materia di iva).

L’esercizio del potere di autotutela non implica consumazione del potere impositivo, sicché rimosso con effetto "ex tunc" l'atto di accertamento illegittimo od infondato, l'Amministrazione finanziaria conserva ed anzi è tenuta ad esercitare - nella permanenza dei presupposti di fatto e di diritto - la potestà impositiva (Cass. n. 16115/07; Cass. n. 14377/07, Cass. n. 10376/2011 tutte in materia di imposte reddituali).

Il potere di sostituzione dell'atto impositivo incontra i soli limiti del termine decadenziale previsto per la notifica degli avvisi di accertamento e del divieto od elusione del giudicato sostanziale formatosi sull'atto viziato (Cass. n. 11114/2003; Cass. n. 24620/2006) nonché del diritto di difesa del contribuente (Cass. n. 7335/2010).

La permanenza in capo alla P.A. del potere impositivo (alla luce dei principi sopra enunciati) consente in ogni caso, alla stessa l’obbligo del positivo esercizio di tale potere con l'emissione di un nuovo atto impositivo "sostitutivo" del precedente.

Il potere impositivo, anche nella forma di autotutela positiva, tuttavia, deve essere esercitato secondo le forme, i tempi ed i criteri disciplinati dalla legge e tra l'altro, come già detto, può avere luogo, oltre che, in mancanza di giudicato sull'accertamento emesso dall'Amministrazione, soltanto entro il termine previsto per il compimento dell'atto (Cass. n. 11114/2003, id. n. 24620/06; id. n. 1557/2010; id. 21719/11).

Nel caso di specie l’Ufficio era legittimato ad emettere un secondo avviso di accertamento, sostitutivo del primo,senza necessità di rinotifica del processo verbale di constatazione, in quanto non è contestato che non fossero trascorsi i termini di decadenza ex art. 43 DPR 600/73, non era intervenuto un giudicato di merito in relazione al primo avviso poi annullato, affetto da vizi formali in quanto notificato prima del decorso dei sessanta gg. dalla notifica del p.v.c. (termine entro cui il contribuente può proporre memorie illustrative all’ente impositore) (cfr Cass. Sez. 5, Sentenza n. 22827 del 08/10/2013; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 10376 del 12/05/2011) Va, conseguentemente accolto il ricorso, cassata l’impugnata sentenza con rinvio ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Molise, che si pronuncerà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza con rinvio ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Molise che si pronuncerà anche sulle spese del giudizio di legittimità.